Analysis of the bark beetle outbreak in the forest “Alta Val Parma” (Corniglio, Parma, Italy) and strategies for its regeneration. Norway spruce plantations located in the Foresta Demaniale Alta Val Parma (Corniglio, province of Parma - Italy) experienced since 2004 a massive outbreak of Norway spruce bark beetle (
Il 2003 è stato un anno che ha segnato la storia ambientale del nostro paese, evidenziando a tutti gli effetti un andamento meteorologico con caratteri di assoluta eccezionalità. La Foresta Demaniale dell’Alta Val Parma (località Lagdei, Comune di Corniglio, Parma) è diventata uno degli esempi più eclatanti di come eventi di questo tipo possano influenzare l’evoluzione degli ecosistemi e modificare il paesaggio. L’andamento meteorologico anomalo ha portato a una situazione di stress idrico che ha favorito la comparsa dei primi focolai di
La situazione è ulteriormente peggiorata nelle successive annate a seguito del ripetersi di situazioni siccitose estive, vanificando i primi sforzi per contenere i focolai tramite il taglio (
Per questi motivi, l’amministrazione del Parco si è attivata per:
garantire il perseguimento degli scopi di tutela della biodiversità propri del Parco stesso;
ottemperare alla messa in sicurezza delle zone fruibili dagli utenti;
mantenere un’adeguata copertura del suolo per evitare il dissesto idrogeologico.
Nel contempo, in collaborazione con il Gruppo Foreste e Verde Urbano della Fondazione E. Mach di San Michele all’Adige (FEM-CTT), è stato avviato fin dal 2007 un progetto di studio sull’evoluzione delle infestazioni di bostrico in relazione all’andamento climatico. Allo scopo sono stati analizzati i dati meteorologici relativi alle stazioni di Lagdei e Bosco di Corniglio, per avere conferma dei fattori che hanno innescato e/o accompagnato l’infestazione. Parallelamente è iniziata anche la valutazione degli effetti della mortalità sulla trasformazione del soprassuolo attraverso indagini in aree di saggio selezionate: queste dal 2009 sono diventate oggetto di una sperimentazione selvicolturale, con l’obiettivo di individuare le migliori strategie per una rapida rinnovazione della foresta.
La Foresta Demaniale Alta Val Parma si trova nel Comune di Corniglio (provincia di Parma), nella parte più alta del bacino idrografico del Torrente Parma (tra i 1100 e i 1700 m s.l.m.), e interessa un’area di estensione pari a 1812 ha circa. La specie forestale dominante è il faggio, con la presenza di sparuti nuclei di abete bianco autoctono. Sono presenti anche estese formazioni di conifere di origine artificiale, introdotte a partire dal 1914 dal Demanio forestale Alta Val Parma, e successivamente amministrato dall’Azienda di Stato per le Foreste Demaniali.
Le specie utilizzate per la piantumazione furono prevalentemente abete bianco, abete rosso e pino nero. Nel corso degli anni ’ 30 furono realizzate insieme all’Istituto Sperimentale per la Selvicoltura di Firenze anche particelle sperimentali di conifere esotiche (douglasia e abete di Sitka).
Il bosco di conifere così ottenuto ebbe poi la possibilità di crescere più o meno indisturbato, con interventi selvicolturali basati su diradamenti di bassa intensità ed eliminazione delle piante morte.
Varie vicende amministrative assegnarono la proprietà prima al Demanio Regionale, poi al Parco Regionale delle Valli del Cedra e del Parma. Dal 2005 il territorio è entrato a far parte del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano. Inoltre, l’area di Lagdei fa parte del SIC-ZPS IT4020020 - Crinale dell’Appennino Parmense.
Dopo la comparsa dei primi focolai già alla fine dell’estate del 2003, la situazione è stata monitorata mediante rilievo e mappatura delle zone interessate dalla morìa. Nell’ambito dei rilievi svolti negli anni è stata osservata l’evoluzione generale delle aree colpite, rilevando anche l’eventuale presenza di altri agenti patogeni.
Il monitoraggio del volo dell’insetto è stato eseguito a partire dal 2007 al 2012 mediante l’esposizione ed il controllo regolare di trappole tipo Theysohn innescate con il feromone specifico per
All’interno dell’area indagata sono state selezionate 6 aree campione circolari con raggio di 30 m, nelle quali dal 2009 sono state sperimentate diverse opzioni gestionali e ne è stato valutato l’effetto sulla ricostituzione della copertura forestale. Le aree sono state poi suddivise in 8 settori di 45 gradi cadauno (N-NE, E-NE, E-SE, S-SE, S-SO, O-SO, O-NO, N-NO) per semplificare le operazioni di rilievo. Le opzioni testate sono state le seguenti:
evoluzione naturale con rilascio degli alberi morti in piedi;
evoluzione naturale dopo taglio e asportazione degli alberi morti;
semina a spaglio sotto copertura delle piante morte in piedi;
piantumazione di latifoglie autoctone sotto copertura delle piante morte in piedi;
piantumazione di latifoglie autoctone dopo taglio ma senza asportazione delle piante morte;
evoluzione naturale in area di controllo, porzione costituita da pecceta non colpita dal bostrico.
La semina è avvenuta nel mese di aprile del 2010 e 2011. Nella prima stagione si sono utilizzati: 20 litri di semi di faggio, 25 litri di acero montano, tra 5 e 10 litri di frassino maggiore, seminati a spaglio con leggera lavorazione della lettiera. Nella seconda stagione sono state utilizzati boli di argilla e stallatico mescolati ai semi leggermente interrati. In questo intervento si è usato l’equivalente di 5 litri di seme di acero, 2 litri di faggio, 1 litro di sorbo degli uccellatori e piccole quantità di olmo (0.5 kg) e maggiociondolo (0.3 kg).
Per la piantagione sono stati utilizzati acero di monte, sorbo montano, faggio, ciliegio, agrifoglio, sorbo degli uccellatori, olmo montano, frassino maggiore e tiglio. Il materiale, di origine autoctona, era tutto dell’età di 2 anni e in contenitore. Il sesto d’impianto utilizzato è stato 1.5 × 1.5m evitando l’andamento geometrico. Le piantine sono state riparate singolarmente con una rete di protezione.
Il rilievo della rinnovazione è stato eseguito nei mesi autunnali su due settori di ogni area scelti in maniera randomizzata la prima stagione e mantenuti costanti nelle successive. In tal modo l’area percorsa dai rilevatori era pari a 707 m2 per ogni tesi.
Per l’analisi dell’andamento meteorologico durante il periodo della sperimentazione sono stati utilizzati i dati delle stazioni di Lagdei, che si trova all’interno della foresta attaccata dal bostrico a quota 1250 m s.l.m., e di Bosco di Corniglio, situata invece circa 5 km a nord ed a quota inferiore (902 m s.l.m.). I parametri analizzati sono stati precipitazioni e temperatura per Lagdei (dal 2000 al 2012 poiché la stazione è stata attivata nel 2000) e solo le precipitazioni (dal 1952 al 2012) per Bosco di Corniglio, come riferimento per le medie climatiche. I dati sono stati cortesemente forniti dal servizio Idro-Meteo-Clima dell’ARPA Emilia-Romagna.
I focolai di bostrico, come si osserva in
Gli attacchi si sono manifestati a macchie sull’intera superficie di abete rosso, mostrando sempre la stessa successione di sintomi: prima l’arrossamento della chioma in senso basipeto, seguito dalla caduta progressiva degli aghi, talvolta ancora verdi, quindi la comparsa dei fori di sfarfallamento degli adulti di
Il monitoraggio effettuato dal 2007 al 2012 ha permesso di constatare la presenza di popolazioni bivoltine (ossia con 2 generazioni/anno), talvolta con un accenno di sfarfallamento in tarda estate, probabilmente dovuto al volo per la ricerca di un luogo adatto allo svernamento e non a una vera terza generazione. L’andamento delle curve di volo (
Negli anni successivi si sono riscontrati valori minori (poche centinaia di catture per trappola) con un’improvvisa ripresa nel 2011 (anno con estate calda e siccitosa), quando la media è stata di nuovo prossima alla soglia di rischio (circa 7 000 individui/trappola). Nel 2012, tuttavia, la densità di popolazione di
Il rapporto tra catture estive (individui di 1a generazione) e catture primaverili (individui che emergono dopo lo svernamento) è ritenuto un indice utile per la previsione dell’aumento delle popolazioni nell’anno successivo, con una soglia stabilita come significativa pari a 0.62 (
Dai sopralluoghi effettuati nelle zone attaccate, si è evidenziato come nel piano dominato fossero quasi completamente assenti specie diverse dall’abete rosso, con solo poche e sporadiche piante sottoposte di faggio e di abete bianco. Ciò ha inciso sensibilmente sulla rinnovazione osservata anche nelle aree di saggio, che si è rivelata assai effimera e costituita inizialmente soprattutto da semenzali di un anno di abete rosso e più raramente di faggio e abete bianco, per lo più incapaci di sopravvivere e arrivare alla seconda estate. Come riportato in
Nell’altra tesi a evoluzione naturale (tesi 1), i risultati sono stati molto differenti, a causa dell’invasione di megaforbie dopo la morte degli abeti, che ha fortemente limitato le possibilità di affermazione della scarsissima rinnovazione presente.
La semina sotto copertura (tesi 3) ha avuto esiti decisamente negativi, con percentuali di germinazione del seme e di sopravvivenza dei semenzali praticamente nulle, oltre all’assenza anche in questo caso di rinnovazione naturale. Più positivi sono stati i risultati delle piantagioni, sia sotto copertura (tesi 4), sia dove erano state tagliate le piante morte (tesi 5): le percentuali di mortalità sono state intorno al 10-15 % ogni anno con una sopravvivenza abbastanza alta alla fine dei tre anni di sperimentazione (circa il 50%). Anche in queste tesi si è constatata la ridotta presenza di rinnovazione naturale. Nell’area di controllo (tesi 6) a fronte di un elevato numero di plantule, nella quasi totalità abete rosso di un anno, si è registrata nel terzo anno una presenza di rinnovazione estremamente ridotta e simile alle altre aree.
In sostanza, la sperimentazione ha confermato quanto osservato direttamente nel resto del soprassuolo colpito: la rinnovazione naturale è avvenuta solo in prossimità di piante portaseme come nelle fasce di margine del bosco colpito mentre ben poco riesce ad affermarsi nella maggior parte della pecceta pura colpita.
Dall’analisi più approfondita dei dati meteorologici e climatici è possibile delineare una caratterizzazione termopluviometrica dell’area. Per quanto riguarda le precipitazioni, l’autunno è la stagione più piovosa, seguita dalla primavera, dall’inverno e infine dall’estate. Il massimo delle precipitazioni occorre nel mese di novembre e il minimo nel mese di luglio. Le quantità di precipitazioni totali annue a Lagdei è stata in media di 2496.2 mm/anno nel periodo 2001-2012, mentre alla stazione di Bosco di Corniglio la media nel periodo 1952-2001 è stata di 1951.0 mm/ anno, e la media del periodo 2001-2012 è stata pari a 1871.4 mm/anno. Il regime delle temperature ricade all’interno del tipo
Per quanto concerne l’andamento delle precipitazioni, dal confronto con la serie storica (1952-2001) dei dati relativi alla stazione di Bosco di Corniglio, risultano molto evidenti sia l’eccezionalità del 2003, sia la particolarità dell’intero decennio 2003-2012. Durante il periodo vegetativo (aprile-agosto) le precipitazioni sono sempre state inferiori alla media del cinquantennio precedente, eccetto che nel 2002, 2010 e 2012 (
Analogamente i dati registrati nella stazione di Lagdei mettono in evidenza nel 2003 un periodo estremamente scarso di precipitazioni e con temperature molto al di sopra della norma, che si è protratto da maggio all’inizio di settembre. (
Da tutto ciò si evince come l’area sia stata da sempre caratterizzata da un clima piovoso, anche nel periodo estivo, con eventi di deficit pluviometrico rari o rarissimi fino al 2003. Ciò avvicinerebbe il modello di regime pluviometrico al tipo subcontinentale, spiegando almeno in parte il buono stato di salute che ha caratterizzato fino all’ultimo decennio la pecceta in questione, vegetante al limite del suo areale naturale (
La perturbazione causata dall’evento eccezionale del 2003 ha indicato la necessità di individuare degli indirizzi selvicolturali adatti a gestire l’evoluzione di questo tipo di soprassuoli forestali artificiali, nati da una precisa esigenza oltre un secolo fa, ma bisognosi di un adeguamento alle mutate condizioni ambientali. In particolare, il caso di Lagdei ci mostra come, dove la selvicoltura di questi soprassuoli non abbia già indirizzato gli stessi verso condizioni di maggior naturalità, il rischio sia quello di avere ampie superfici prive di nuova vegetazione forestale per lunghi periodi. Occorre quindi chiedersi se convenga assecondare l’evoluzione naturale di tali soprassuoli, ritornare ad impianti totalmente artificiali o seguire un approccio intermedio. Ognuna di queste scelte pone vantaggi e svantaggi che vanno valutati con attenzione:
il primo approccio ha tempi di evoluzione assai lunghi vista l’assenza di una adeguata complessità e biodiversità nei soprassuoli interessati;
il secondo approccio si scontra con costi non più proponibili allo stato attuale, nonché con la mancanza di materiale vegetale adeguato per una piantumazione che non sia solo produttiva;
il terzo approccio dà forse più garanzie per l’evoluzione rapida della copertura forestale, ma assomma, sia pure su scala ridotta, le medesime problematiche degli altri due.
In un contesto di un’area protetta teso ad una gestione più naturale possibile esiste l’esigenza di rispettare i tempi della natura, ma nell’alta Val Parma la necessità di protezione idrogeologica e la valenza paesaggistica e turistica del bosco hanno un notevole valore che non può essere trascurato.
Pertanto, si è ritenuto opportuno procedere con un approccio ibrido, reso necessario anche dalla ridotta disponibilità finanziaria. Dopo gli interventi di taglio immediati per la messa in sicurezza delle aree fruite, intervento che la rapida degradazione riscontrata in più zone con i successivi schianti ha pienamente giustificato, si è proceduto alla zonizzazione dell’area colpita dividendola in zone ad evoluzione naturale, nuclei di rinnovazione, piantumazione nelle tagliate.
Ciò ha permesso di programmare una selvicoltura puntuale, che è stata inserita nel piano di assestamento dell’intera superficie della foresta. Le zone meno accessibili saranno lasciate all’evoluzione naturale, mentre si interverrà con appositi tagli per liberare i nuclei di rinnovazione e le piante di altre specie, nonché per favorire l’inserimento di faggio e abete dai margini della pecceta. Le piantagioni saranno limitate a pochi interventi nelle aree già ripulite perché fruite, velocizzando la costituzione di quinte verdi lungo le strade e nei siti di sosta.
Gli ingenti danni da
Focolai d’infestazione di
Aree colpite dal bostrico tipografo all’interno del Parco nel periodo 2003-2005 (Ante) e, singolarmente, negli anni 2006, 2007, 2008 e 2011.
Distacco della corteccia da tronco interamente colonizzato da
Ovideposizione di
Corpo fruttifero di
Catture medie/trappola di
Precipitazioni totali nel periodo vegetativo (aprile-agosto) rilevate dalla stazione meteorologica di Bosco di Corniglio per il periodo 1952-2012. I dati relativi agli anni 1999/2000 non sono disponibili.
Climogrammi di Gaussen ottenuti dai dati della stazione meteorologica di Lagdei: (a) situazione media del periodo 2002-2012 e (b) all’anno 2003.
Catture medie/trappola (e relativo errore standard) di
Catture | 2007 | 2008 | 2009 | 2010 | 2011 | 2012 |
---|---|---|---|---|---|---|
Media | 20381.5 | 403.8 | 503.8 | 203.3 | 7020.0 | 2145.0 |
Errore standard | 6753.3 | 69.1 | 176.6 | 49.8 | 2597.8 | 1083.1 |
n | 4 | 4 | 4 | 4 | 4 | 4 |
2°gen./1°gen. | 0.67 | 0.39 | 0.66 | 4.81 | 1.84 | 0.62 |
Andamento della rinnovazione naturale rilevata nelle diverse tesi secondo le differenti scelte gestionali sperimentate.
Annorilievo | Tesi 1 Evoluzione naturale sotto piante morte in piedi | Tesi 2 Evoluzione naturale dopo taglio e asporto | Tesi 3 Semina sotto piante morte in piedi | Tesi 4 Piantumazione sotto piante morte in piedi | Tesi 5 Piantumazione dopo taglio e rilascio | Tesi 6 Testimone | Totale |
---|---|---|---|---|---|---|---|
2010 | 128 | 842 | 747 | 299 | 233 | 1097 | 3346 |
2011 | 39 | 399 | 119 | 30 | 56 | 31 | 674 |
2012 | 6 | 689 | 65 | 39 | 47 | 55 | 901 |