Based on UNFCCC and EEA (European Environmental Agency) data, changes in the emissions (no LULUCF considered) of green-house gases in the period 1990-2004 either in the Annex 1 as well in the UE-27 countries are summarized and commented.
In base agli obblighi assunti nell’
In questi inventari le emissioni/assorbimenti di gas ad effetto serra sono distinte per fonte nei seguenti sette settori:
In questo articolo, sulla scorta dei valori pubblicati dal UNFCCC (http://www.unfccc.int), e per l’Unione Europea anche dal EEA (
Nell’illustrazione delle situazioni si procederà per due tappe: dapprima verranno evidenziate e discusse le variazioni dell’entità fisica delle emissioni annuali di GHG (che sono quelle che interessano fisicamente l’atmosfera), mentre successivamente esse verranno rapportate, Paese per Paese, all’impegno di riduzione o di limitazione assunto con il Protocollo di Kyoto (PK).
In
Dalla prima riga di tale tabella si evince che per i 40 Paesi dell’
Da questi pochi numeri appare evidente che se il risultato al 2000 appare molto positivo e incoraggiante (-5.6% in 10 anni), non altrettanto può dirsi per il successivo quadriennio, durante il quale le emissioni sono risalite al ritmo di 0.6% all’anno con tendenza a crescere ulteriormente.
Osservando le successive due righe di
Nel quadriennio successivo, che è storia più recente, la situazione si è invece invertita, e ad accusare la maggiore crescita relativa di emissioni sono stati i Paesi EIT, che con un +1.04% all’anno hanno registrato un incremento più sostenuto dei Non EIT, nei quali la crescita si è limitata a +0.49% all’anno. Nell’insieme dei Paesi
Dalla considerazione complessiva del periodo 1990-2004 emerge dunque chiaramente che il sostanzioso calo delle emissioni nei primi 10 anni è dovuto esclusivamente all’irripetibile circostanza delle riduzione dell’intensità energetica della produzione industriale dei Paesi EIT, resesi economicamente necessarie. Per il quadriennio successivo si può invece osservare che nei Paesi Non EIT prosegue il tentativo di porre freno alla crescita delle emissioni (ritmo di aumento annuo che cala da +0.88% a +0.49%), mentre nei Paesi EIT - che comunque possono ancora vantare un notevole credito di emissione - per il risollevamento dell’economia dopo le dolorose dismissioni e ristrutturazioni, la crescita dei tassi di emissione comincia a destare notevoli preoccupazioni per l’atmosfera (
Per il mondo intero non sono attualmente disponibili valori della medesima origine e della stessa qualità di quelli in
Risultando al livello planetario meno sensibile l’effetto riducente dei Paesi EIT e mancando per i Paesi Non
Per fornire un idea sulla dinamica delle emissioni dei Paesi emergenti si possono citare i valori calcolati da ENERDATA per i consumi energetici dei Paesi Non OCSE: +20.4% dal 2000 al 2004, con Cina al +43.5%, India al +12.9% e Libia al +7.1%.
Secondo l’IEA dal 1973 al 2005 le
In
Confrontando questi dati con quelli dei Paesi non comunitari del blocco
Come già accennato per l’intero gruppo
Per confronto e per evidenziare la particolarità della situazione europea si può calcolare che i valori omologhi per i Paesi extracomunitari Non EIT e EIT sono, rispettivamente -37.4% e +16.6%. Da ciò si evince, tra l’altro, che solo nell’Unione Europea i Non EIT non sono in crescita di emissione.
Passando ad un primo dettaglio che ribadisce quanto appena evidenziato, nella quarta colonna di
Immaginando una carta geografica dell’UE27, nella fascia dei Paesi EIT se si esclude nuovamente l’atipica Slovenia, si può osservare che le maggiori riduzioni al 2004 sono state conseguite dai tre Paesi Baltici (media aritmetica: -56.7%). Per i restanti sei Paesi si può notare una differenza significativa tra quelli centrali (Polonia, Cechia, Slovacchia e Ungheria con media aritmetica di -29.6%) e quelli meridionali (Romania e Bulgaria con media -45.1%), verosimilmente più colpiti dalla transizione verso l’economia di mercato.
Nell’ambito dei 5 Paesi Non EIT la situazione è molto più complessa e spesso non facilmente spiegabile nella sua causalità. Comunque, stando ai numeri di colonna 4 di
Il blocco anglo-germanico, che comprende i due Paesi che contestualmente sono i maggiori emettitori (al 2004 1.680.6 Gt CO2 eq contro le 4.235.3 Gt complessive dei Non EIT = 39.7%) e i più grandi riduttori (-321.8 Gt CO2 eq contro le -7.8 Gt degli altri tre riduttori - Francia, Svezia e Danimarca - e le +300.0 Gt CO2 dei non riduttori Non EIT);
Il grande asse Sud-Ovest/Nord-Est che si estende dal Golfo di Biscaglina fino alla tundra svedese e comprende sei Paesi con variazioni relativamente modeste delle emissioni tra il 1990 e il 2004 (Francia -0.8%, Belgio +1.4%, Lussemburgo 0%, Olanda +2.4%, Danimarca -1.1% e Svezia -3.5%) e variazione assoluta complessiva -0.6 Gt CO2 eq su una variazione totale non EIT di -29.6 Gt CO2 eq;
Le quattro appendici meridionali che rappresentano il “
I tre grandi Paesi periferici con forte aumento relativo delle emissioni (Finlandia +14.5%, Austria +15.7% e Irlanda +23.2%), che assieme provocano un aumento 1990-2004 delle emissioni pari a 35.6 Gt CO2eq, valore superiore a quelli del Portogallo (+24.5 Gt) e della Grecia (+29.1 Gt) ma molto inferiore a quelli dell’Italia (+62.9 Gt) e della Spagna (+140.7 Gt).
Una situazione molto complessa, dunque, che vede incrementi forti in Paesi molto dotati e/o impegnati nel settore delle rinnovabili, come l’Austria, la Finlandia, la Spagna e più recentemente anche la Grecia, accanto ad altri ancora in ritardo con le misure di mitigazione, come l’Irlanda, l’Italia e forse anche il Portogallo.
Pur nella loro essenzialità, le due terne di valori (assoluti e percentuali) dell’ultima riga di
Dai valori riportati si può calcolare che nell’ambito del periodo 1990-2004, complessivamente molto positivo (calo del -9.7% con rata annua dello 0.69%), sono ben distinguibili i seguenti quattro sottoperiodi:
1990-1995 con spettacolare riduzione al ritmo di -2% all’anno;
1995-2000 con riduzione ridotta al -0.5% all’anno;
1990-2000 con rata di riduzione media annua del -1.2%;
2000-2004 con sensibile aumento delle emissioni al ritmo annuo del +0.64%.
La sopra evidenziata inversione comunitaria di tendenza, da riduzione ad incremento, rilevata per l’anno 2000 è poi singolarmente rilevabile, seppur con differenze numeriche anche notevoli, per 9 Paesi EIT (tutti tranne la Cechia) e per 5 Paesi Non EIT (Svezia, Finlandia, Francia, Danimarca e a Lussemburgo).
Un secondo tipo di svolta al peggioramento, che si manifesta come crescita del ritmo annuale medio di aumento delle emissioni nell’ultima parte del periodo 1990-2004, si riscontra invece per l’Italia, l’Austria e l’Olanda. Infine una terza svolta al peggioramento, cioè un calo terminale del ritmo di riduzione delle emissioni, è osservabile per il Regno Unito, la Germania e la Cechia.
Per i restanti 5 Paesi si possono invece rilevare tendenze al miglioramento che si manifestano secondo due tipologie:
calo terminale del ritmo di aumento delle emissioni (registrato per il Belgio, la Grecia, il Portogallo e la Spagna);
inversione terminale della tendenza, che passa da crescente a calante (riscontrata solo per l’Irlanda).
Con i 20 casi di peggioramento che si sono manifestati al 2000 sull’83.9% delle emissioni di quell’anno (4255.5 su 5069.8 Gt CO2 eq), viene spontaneo chiedersi come faccia l’Unione a sperare di raggiungere per il 2008-2012 il suo impegno di riduzione del -8.0%: è facile infatti osservare che l’aumento 2000-2004 delle emissioni, pari a 130.0 Gt CO2 eq, pur risultando preceduto dalla riduzione di 687.3 Gt CO2 eq compiuta nel decennio precedente prevalentemente nei Paesi EIT, è una pericolosa tendenza a sostanziale peggioramento. Dai calcoli risulta infatti che nel periodo 2000-2004 l’Unione ha consumato anno per anno il 4.7% del capitale di riduzione accumulato tra il 1990 e il 2000, che di per sé risultava superiore del 49.2% all’impegno per il 2008-2012. Se il trend di aumento delle emissioni registrato per il periodo 2004 dovesse mantenersi tale negli sei anni successivi, al 2010 risulterebbe che il capitale di riduzione accumulato dal 1990 al 2000 si ridurrebbe a 362.3 Gt CO2 eq e la riduzione complessiva delle emissioni rispetto al livello del 1990 risulterebbe uguale al -6.3%, contro il -8.0% previsto dal Protocollo di Kyoto. Ma di ciò si dirà diffusamente più avanti.
Tuttavia, anche se al 31/12/2012 l’EU27 non avrà raggiunto completamente l’obiettivo, essa sarà assieme ai gruppi CIS e
Il protocollo di Kyoto, concordato nel dicembre 1997 durante la COP5 dell’UNFCCC nella città giapponese, prevede per i 38 Paesi industrializzati dell’
La quota complessiva di riduzione, stabilita nell’ammontare globale di 5%, non è gran che se messa in relazione ai circa 28 miliardi di tonnellate di anidride carbonica (CO2) da combustibili fossili che annualmente vengono scaricati nell’atmosfera. à invece, specie per i Paesi obbligati a riduzione, un impegno relativamente pesante se si pensa al ritmo con cui le emissioni di GHG erano cresciute nel decennio precedente al 1990 e col quale tendono ancora a crescere, in condizioni di
La misura complessiva di riduzione concordata del 5% rispetto al livello del 1990 è stata ripartita fra Paesi o gruppi di Paesi
Queste grandi differenze tra i
Anche se i valori 2004 delle emissioni senza LULUCF riportati in
Adottando questo criterio che permette di legare omogeneamente le constatazioni fatte sul passato alle previsioni per il futuro, nei due paragrafi che seguono si procederà nella seguente maniera:
per gli anni per i quali è disponibile il valore rilevato: confronto di questo con l’impegno di Kyoto rapportato linearmente all’anno del dato rilevato; il divario constatato non ha effetti operativi ma serve ad illustrare il percorso verso l’appuntamento del 2012;
per il rendiconto per il periodo di impegno: confronto tra il valore obiettivo per le emissioni e tre proiezioni per i 2010, anno centrale di tale periodo.
La discordanza fra le emissioni constatate o previste e il rispettivo impegno coevo verrà sempre espressa in termini percentuali calcolati con la semplice formula (
Per l’insieme dei 25 Paesi considerati si può osservare che il periodo dal 1990 al 2004 ha segnato una notevole riduzione delle emissioni non solo in termini fisici (vedi
In questo contesto appare evidente anche la maggiore uniformità nel gruppo EIT, nel quale su 30 valori evidenziati (3 scadenze per 10 Paesi) solo quello della Slovenia per il 2004 porta il segno +, indicatore di emissione superiore all’impegno di tappa. Fra i 15 Paesi Non EIT, invece, in occasione di tutte le scadenze si nota una maggioranza di segni + (10 al 1995, 9 al 2000 e 11 al 2004), che indica altrettante inadempienze temporanee nei confronti dell’impegno. Nei periodi 1995-2000 e 2000-2004 i risultati sempre positivi di Francia, Germania e Regno Unito e temporaneamente positivi al 2000 per Finlandia, Svezia e Lussemburgo, nonché ancora per la Svezia al 2004, sono diventati sempre più insufficienti a bilanciare i risultati, in peggioramento, degli altri nove Paesi.
Passando poi, ad alcuni dettagli per i singoli Paesi, si può osservare che nel gruppo EIT i massimi di riduzione rispetto all’impegno sono stati conseguiti dalla Lituania al 1995 e dalla Latvia al 2000, in misura sbalorditiva (-60% per entrambe). E non si tratta di “mosche bianche”, perché nel gruppo si riscontrano altri 5 casi di divario superiore al -50%, tutti conseguiti nei tre Paesi baltici. Le riduzioni minori, se si esclude il caso atipico della Slovenia, sono state invece conseguite dalla Cechia (-19.7% al 1995, -20.8% al 2000 e -20.6% al 2004) e dalla Slovacchia (-25.8% al 1995 e -26.3% al 2004). Per un discreto numero di Paesi EIT si nota poi una ristretta variabilità dell’indicatore alle tre scadenze, che tra massimo e minimo rimane sotto al 10% per quattro Paesi e compreso tra il 10% e 20% in altri tre.
Molto diversa è invece la situazione per i Paesi Non EIT, per i quali l’indicatore emissione/impegno è il seguente:
sempre di segno + (= inadempienza di tappa) per Austria, Belgio, Danimarca, Irlanda, Italia, Olanda, Portogallo e Spagna, con valori continuamente in crescita per Austria, Italia e Spagna;
sempre di segno - per Francia, Germania e Regno Unito, con un lieve peggioramento dell’indicatore 2004 rispetto a quello del 1995 per i primi due Paesi;
virante dal + al -, cioè in miglioramento, per la Svezia;
virante dal - al +, cioè in peggioramento, per Grecia e Lussemburgo.
Nel quadro complessivo delle tre scadenze, i superamenti percentuali dell’impegno sono 30 su 45; con i massimi per la Spagna al 2004 (+34.9%), per l’Austria al 2004 (+27.2%) e ancora per la Spagna al 2000 (+24.5%), mentre i minimi sono verificati, tutti al 1995, per Finlandia (+0.5%), Svezia (+1.1%) e Irlanda (+2.6%). Per le 15 riduzioni rispetto all’impegno le percentuali massime si sono riscontrate per l’atipico Lussemburgo (-15.5% al 1995 e -11.2% al 2000) e il Regno Unito (-7.6% al 2000), mentre i minimi sono stati conseguiti tutti dalla Francia, con -0.8% al 2004, -0.9% al 1995 e -1.0% al 2000 (
All’ultima scadenza del periodo di accertamento, indubbiamente la più importante fra le tre, i superamenti dell’impegno sono stati - sempre ancora per i Paesi Non EIT - 11 su 15 con massimi per la Spagna (+34.9%) e l’Austria (+27.2%) e minimi per Olanda (+6.9%) e Belgio (+7.1%). Nell’ambito delle quattro riduzioni la massima è stata conseguita dal Regno Unito (-6.1%), al pari con la Svezia, e la minima è risultata quella della Francia con -0.8%. A questa scadenza del 2004 l’Italia (con +17.4%) appare quarta fra gli insufficienti ponendosi tra il Lussemburgo (+24.7%) e la Danimarca (+15.9%).
Ricordando i valori di colonna 4 di
Per compiere delle ragionevoli previsioni per le emissioni senza LULUCF per l’anno 2010 (centrale del primo periodo di impegno del PK) fra le tante metodologie di proiezione possibili ne vengono qui impiegate tre, perché semplici e facilmente verificabili, basate rispettivamente sulle seguenti ipotesi.
Ipotesi A. Si suppone che nel periodo 2005-2012 le emissioni tendano al livello medio registrato per il periodo 2000-2004 e che la media 2008-2012 resti uguale a quella del 2000-2004: è un ipotesi di presunta compensazione, che ritiene che i provvedimenti calmieranti in atto contrastino l’effetto del
Ipotesi B. Si suppone che a partire dall’anno 2004 le emissioni risultino calanti, di anno in anno, nella misura di 0.5, 0.6,..., 1.0 per cento del valore medio del biennio 2003-2004. È un ipotesi che cerca di coniugare realismo con ottimismo, tenendo conto tanto degli insuccessi del passato (crescita annuale media dell’ultimo quadriennio rilevato che arriva fino al 4% in alcuni Paesi) quanto della consapevolezza della necessità di misure calmieranti efficaci anche già nel breve periodo.
Ipotesi C. Si suppone che nel periodo 2005-2010 rimanga in essere il
Ne è risultato che, come era del resto prevedibile, il procedimento basato sull’ipotesi B - che prevede, a partire dalla media delle emissioni constatate per il 2003-2004, una diminuzione delle emissioni con un ritmo linearmente crescente da -0.5% per l’anno 2005 fino a -1% per l’anno 2010 - ha dato, nel complesso, il risultato più confortante. Quello meno confortante è invece stato registrato con il procedimento C, che calcola l’emissione al 2010 sulla base dell’inclinazione della retta che interpola i valori delle 5 emissioni del periodo 2000-2004. In mezzo, più vicino a quelli di B che a quelli di C, si collocano i risultati del procedimento A, che assume semplicemente che la media delle emissioni nel periodo 2008-2012 sia uguale alla media di quelle contattate per il 2000-2004.
Per l’intera UE27, nell’ultima riga delle ultime tre colonne di
Nel contesto dei due raggruppamenti il quadro è ben delineato perché con tutti tre i procedimenti il gruppo dei Non EIT, cioè dei Paesi della vecchia UE15, risulterebbe in difetto rispetto all’impegno, con misure che vanno dal +3.0% adottando l’ipotesi B al +6.8% in caso di ipotesi A fino al +11.6% per l’ipotesi C: di queste solo la prima (procedimento B) risulta migliore dell’accertamento al 2004. Il lieve peggioramento (da +5.3% a +6.8%) risultante dall’impiego del procedimento A è dovuto soprattutto all’abbassamento, al passare del tempo, del valore assoluto del
Per i Paesi EIT l’impiego delle tre diverse proiezioni non porta a rimarchevoli differenze rispetto a quanto constatato per il 2004 (due modesti miglioramenti in caso di A e B e un piccolo peggioramento in caso di C) ma, comunque, l’ipotesi più favorevole risulta la B (-34%). Desta però meraviglia il fatto che nell’intreccio delle varie situazioni l’impiego del procedimento di estrapolazione (C), nonostante l’elevato
Guardando ai singoli Paesi, il panorama dei divari percentuali tra le emissioni proiettate al 2010 con i tre procedimenti e l’impegno finale del PK - con valori che spaziano tra il +86% del Lussemburgo con l’ipotesi C e il -62% della Lituania anch’esso di C - è alquanto variato e interpretabile solo caso per caso. Infatti nella formula istitutiva:
il risultato, oltre che dagli “individualizzati” 14 valori del
nel procedimento A, solo della media delle emissioni nel periodo 2000-2004;
nel procedimento B, dalla media del biennio 2003-2004;
nel procedimento C, da quest’ultima media e dai parametri della retta di interpolazione, con particolare peso del coefficiente angolare.
Confrontando i risultati ottenuti con i procedimenti B e A, si trovano 5 Paesi su 25 con D%B peggiore di D%A (Austria, Finlandia,Lussemburgo, Estonia e Romania), tutti con emissioni particolarmente elevate nel 2003 e 2004. Nel confronto fra i risultati dovuti ai procedimenti C ed A sono invece 5 i casi con D%C migliore di D%A (in Germania, Irlanda, Regno Unito, Cechia e Lituania), tutti caratterizzati da tan α negativa.
Confrontando i dati riportati nelle ultime quattro colonne di
Per i Paesi che non cambiano di categoria, si può anzitutto osservare che una buona concordanza tra la constatazione al 2004 e la media delle proiezioni al 2010 sussiste solo per 5 Paesi EIT su 10 e per 3 Paesi Non EIT su 15. In questi ultimi i peggioramenti più vistosi si possono osservare per l’Austria (da +27.2% a +38.1%), la Danimarca (da +15.9% a +29.1%), il Regno Unito (da -6.1% a -4.4%) e il Lussemburgo (da +24.7% a +44.0%). Nei primi tre casi si tratta di Paesi con
Fra i Paesi in miglioramento spiccano il Portogallo (da +18.6% a +10.8%), l’Irlanda (da +12.8% a +6.7%) e, in misura un po’ minore, la Spagna (da +34.9% a +30.3%), tutti accumunati da
Considerando, Paese per Paese, solo le ipotesi meno favorevoli, appare abbastanza chiaro che all’appuntamento del 2012 potranno andare molto tranquillamente tutti i Paesi EIT ad eccezione della Slovenia nonché - fra i Non EIT - il Regno Unito e la Svezia. Fra i certamente inadempienti spiccano l’Austria (+59% in C) e la Spagna (+48% in C), nonché - almeno sulla scorta dei calcoli - il Lussemburgo (+86% in C). L’analisi del risultato C di questi tre Paesi è molto esemplificativa per comprendere la singolarità di ogni caso. Infatti il D%2010 del Lussemburgo, che risulta assolutamente il peggiore, è conseguito con emissioni 2004 non cresciute rispetto a quelle del 1990; il risultato per l’Austria, leggermente migliore, è collegato con una crescita 1990-2004 del 16%; il D%2010 della Spagna, ancora di poco migliore, si congiunge con una crescita delle emissioni pari al 49% in 14 anni. Si vede, da ciò, l’influenza spesso decisiva del
Per concludere l’argomento del divario tra emissioni proiettate e impegno, è opportuno ribadire che i valori riportati in
Così se un Paese nel periodo 2008-2012 farà registrare un volume medio di emissioni conteggiabili pari a quello corrispondente all’anno base 1990 (pari, ad esempio, a 100 Mt CO2 eq), il suo divario assoluto tra emissione e impegno può equivalere a un credito (ad esempio, di 27 Mt CO2 eq se si tratta del Portogallo), a un pareggio (nel caso della
Così, venendo al concreto dei numeri di colonna 4 di
Da questi numeri risulta evidente la duplice relatività del D%2010, dovuta per una volta al suo carattere di valore percentuale e per la seconda volta alla considerazione del
Così, ricorrendo a valori assoluti, qui non evidenziati, si può calcolare che il Regno Unito con un D%A2010 di -1.61% avrebbe ridotto le sue emissioni di 108.0 Mt CO2 eq (= -13.9%), mentre per la Grecia il D%A2010 di -1.0% indicherebbe un aumento delle emissioni di 25.9 Mt CO2 eq (= +23.8%). Due piccoli superamenti (in discesa) dell’impegno, che per l’atmosfera sono nel caso del Regno Unito una sostanziale riduzione dell’aggravio comunque procurato dall’emissione di CO2 da fossile, nel caso della Grecia un notevolissimo aumento dell’aggravio.
Scorrendo i valori della colonna dei
Ma questi ed altri dettagli negoziali e politici non interessano il corpo unico e indiviso dell’atmosfera, per la quale conta solo il saldo dei saldi che purtroppo - oltre ad essere pesantemente positivo (= aumento della concentrazione di GHG) in termini assoluti di crescita delle ppm - lo è anche in termini relativi, considerando cioè la variazione rispetto all’anno di riferimento del 1990 (anno del resto arbitrario dal punto di vista dell’atmosfera), e ciò non solo ad opera dei Paesi Non
Uscendo dall’Unione Europea e guardando al complesso dei Paesi dell’
Anche qui ad aver rallentato sensibilmente le emissioni sono quasi esclusivamente i Paesi EIT (che comprendono la Federazione Russa, l’Ucraina, il Belarus e la Croazia), le cui emissioni 2004 senza LULUCF, pari a 2539 Mt CO2 eq, superano del 150% quelle dei 10 Paesi EIT dell’UE 27 e segnavano un calo del -37.4% nel periodo 1990-2004 e una crescita di +4.3% nel periodo 2000-2004.
Nell’area del Pacifico per i tre Paesi Non EIT (Australia, Giappone e Nuova Zelanda) con emissioni annue complessive al 2004 di 1959.5 Mt CO2 eq (di cui 1355.2 dovute al Giappone), la situazione è a dir poco sconfortante: +11.5% dal 1990 al 2004 e, all’interno del periodo, +2.1% dal 2000 al 2004, con crescite più forti per Australia e Nuova Zelanda.
Nell’America settentrionale, poi, nel blocco Canada-USA, dominato per oltre il 90% dagli Stati Uniti, le cose sono andate ancora peggio, con +16.8% dal 1990 al 2004 e +1.6% dal 2000 al 2004. In termini relativi il Canada ha mostrato tassi di crescita delle emissioni notevolmente superiori a quelli degli Stati Uniti, particolarmente nel periodo 2000-2004.
Nel complesso dei 39 Paesi dell’
calo dal 1990 al 2004 da 18.55 Gt CO2 eq a 17.93 Gt CO2 eq (= -3.3%) e aumento dal 2000 al 2004 di +2.4%, equivalente al +0.6% all’anno;
sostanziale pareggio con l’impegno nominale del PK ragguagliato al 2004 (pari a 14 · -5 / 20 = -3.5%).
Ne consegue che, anche con un eventuale sostanziale smorzamento dell’attuale
Se, come dovuto, si considerano anche gli assorbimenti del settore LULUCF il pareggio con l’impegno potrà venire forse raggiunto, ma con i dati aggregati disponibili i calcoli non sono possibili a causa del diverso criterio di accreditamento degli assorbimenti ex paragrafo 3.3 e 3.4 del PK e dai limiti (
Tornando all’Unione Europea, che come si è detto sopra ha visto una riduzione al 2004 del -9.7% delle emissioni GHG (escluso LULUCF), quasi esclusivamente imputabile all’evenienza irripetibile della ristrutturazione industriale dei 10 membri EIT, e che comunque comprende la crescita del +2.6% nel periodo 2000-2004, ha destato meraviglia il coraggio dimostrato dalla Commissione Europea e dalla sua allora Presidente Angela Merkel nel proporre ai Grandi della Terra per il 2020 il traguardo del “20+20”: questo mira ad una riduzione del 20% delle emissioni di GHG e un aumento al 20% dell’aliquota di energia da fonti rinnovabili (attualmente al 7.5%). Più in particolare si può aggiungere che la Commissione Europea sarebbe disposta ad aumentare la riduzione delle emissioni anche al 30% se USA, Cina e India prendessero sostanziali impegni coagenti. Nell’ambito delle fonti energetiche rinnovabili sarebbe previsto, sempre per il 2020, un
Un impressionante
Voleva, questo, essere un autorevole richiamo alla necessità di rimboccarsi le maniche, anche facendo certi inevitabili sacrifici, al fine di “cambiare marcia” nella politica e nella realtà del contenimento delle emissioni di GHG. E così è anche stato, visto l’ammorbidimento della posizione americana al G8 di Heiligendamm e le crescenti preoccupazioni di molti Paesi per le negoziazioni relative ad un secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto.
Se, come appena visto, a livello mondiale al 2012 si potrà dire che l’Unione Europea è, dopo la Federazione Russa e gli altri Paesi
E sono proprio gli unionisti storici, due terzi dei quali sono giunti al 2004 con le emissioni cresciute rispetto al 1990 e ancora in allegra crescita, che dovranno impegnarsi energicamente (o, per quelli che già lo stanno facendo, continuare a farlo) e trovare - più rispettosi dei vari Piani di Azione della Comunità - vie nazionali di riduzione a presa rapida e duratura. Non si invocano lacrime e sangue, ma si ritiene che qualche contributo, che in certi casi non costituisce neppure un vero sacrificio, lo debbano dare tutti: cittadini, parti sociali, gruppi di interesse e Stato, al quale ultimo spetta la guida strategica e non piuttosto l’erogazione di incentivi che non siano sufficientemente compensati da ritorni di interesse pubblico.
A tal proposito valga, nel suo piccolo, l’esempio del pannello solare sul tetto. Se la riduzione della bolletta energetica (o, possibilmente la sua trasformazione in fattura energetica) ripaga l’investimento dopo 8-10 anni per poi diventare un netto mancato esborso per altri 10-12 anni, non sembra necessario che esso venga anche cofinanziato dalla mano pubblica. Altrettanto può valere per quanto riguarda la sostituzione della vecchia caldaia con una più efficiente, l’applicazione di un “cappotto” alla casa o la promozione di una centrale di teleriscaldamento.
Le cose però cambiano se dal piccolo si passa al medio (un paio di pale eoliche o una minicentralina idroelettrica) o al grande (un impianto di produzione industriale di biodiesel o una centrale cogenerativa a biomassa): infatti in tal caso si entra nell’ambito dell’impresa, dove il calcolo finanziario “a durata di impianto” deve venire fatto con metodo e rigore, spesso scontrandosi con costi molto elevati che richiedono - questi sì - un aiuto pubblico. E interviene pure l’elemento del rischio d’impresa che implica anche la previsione dell’andamento di prezzi e costi finanziari e di gestione nel lungo periodo.
Sono però, molte di queste iniziative, imprese che tra progettazione, autorizzazione e costruzione richiedono un tempo alquanto lungo, che nel contesto dei 12 anni compresi tra oggi e il 2020 è tanto, e rischia di diventare troppo e di fare slittare oltre il traguardo temporale il vantaggio dell’opera. In realtà questo - se contingente e non strumentale - non sarebbe poi tanto grave, perché se l’obiettivo del 20+20 venisse raggiunto, ad esempio, nel 2025, sarebbe comunque un immenso progresso rispetto alla situazione attuale, assolutamente insufficiente.
Tornando alla politica e considerando gli eventi più recenti pare possibile dire che per molti i risultati della megaconferenza di Bali del dicembre scorso sono stati una delusione.
In una Babele di più di 10000 partecipanti occupati in una molteplicità di COP, COP/MOP, “
Nuove aggregazioni del tipo dell’
Così tra alti e bassi nei diversi consessi con protagonismi più o meno evidenti di USA, Federazione Russa, G77/Cina, India e Nuova Zelanda le speranze di un ritrovamento dello spirito di Kyoto e di Marrakech sono andate sempre più rivolgendosi alla Conferenza di Copenhagen del 2009, che l’Unione Europea spera di vedere conclusiva.
Nel frattempo gli incontri e i negoziati proseguiranno a ritmo intenso, ma è difficile prevedere chi ne uscirà vincitore; speriamo che sia la nostra Terra, di tutti e di nessuno.
Emissioni di GHG senza LULUCF (Gt CO2 eq). Fonte UNFCCC. (*) = Australia Croazia, Turchia e USA. EIT = Economia in Transizione.
Gruppi di Paesi | Emissioni dell’anno | Differenze percentuali | ||||
---|---|---|---|---|---|---|
1990 | 2000 | 2004 | 1990-2004 | 1990-2000 | 2000-2004 | |
Paesi |
18.552 | 17.515 | 17.932 | -3.34 | -5.59 | +2.38 |
Paesi |
13.001 | 14.148 | 14.425 | +10.95 | +8.82 | +1.96 |
Paesi |
5.551 | 3.367 | 3.507 | -36.82 | -39.34 | +4.16 |
Paesi |
11.824 | 9.730 | 10.012 | -15.32 | -17.71 | +2.90 |
Paesi |
6.727 | 7.784 | 7.920 | +17.73 | +15.71 | +1.75 |
Paesi UNFCCC Non |
12.000 | - | - | - | - | - |
Tre tappe della serie storica delle emissioni GHG (in Mt CO2 eq) escluso LULUCF per i Paesi dell’Unione europea. Fonte UNFCCC, Tab. 4. Nota. 1 GgCO2 = 1000 t CO2 = 0.273 tC ≈ 1000 m3 legno fresco. Fonte. FCCC/SBI/2006/26, pag 12.
Paese | 1990 | 2000 | 2004 | % 04 / 90 | % 00 / 90 | % 04 / 00 | Target % |
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PAESI NON EIT | |||||||
Austria | 78.9 | 81.3 | 91.3 | 15.7 | 3 | 12.3 | -13 |
Belgio | 145.8 | 147.4 | 147.9 | 1.4 | 1.1 | 0.3 | -7.5 |
Danimarca | 70.4 | 69.6 | 69.6 | -1.1 | -1.1 | 0 | -21 |
Finlandia | 71.1 | 70 | 81.4 | 14.5 | -1.5 | 16.3 | 0 |
Francia | 567.1 | 561.4 | 562.6 | -0.8 | -1 | 0.2 | 0 |
Germania | 1226.3 | 1022.8 | 1015.3 | -17.2 | -16.6 | -0.7 | -21 |
Grecia | 108.7 | 131.8 | 137.8 | 26.8 | 21.3 | 4.6 | 25 |
Irlanda | 55.6 | 68.7 | 68.5 | 23.2 | 23.6 | -0.3 | 13 |
Italia | 519.6 | 554.6 | 582.5 | 12.1 | 6.7 | 5 | -6.5 |
Lussemburgo | 12.7 | 9.7 | 12.7 | 0 | -23.6 | 30.9 | -28 |
Olanda | 213 | 214.4 | 218.1 | 2.4 | 0.7 | 1.7 | -6 |
Portogallo | 60 | 82.2 | 84.5 | 40.8 | 37 | 2.8 | 27 |
Spagna | 287.2 | 384.2 | 427.9 | 49 | 33.8 | 11.4 | 15 |
Svezia | 72.4 | 68.4 | 69.9 | -3.5 | -5.5 | 2.2 | 4 |
Regno Unito | 776.1 | 672.2 | 665.3 | -14.3 | -13.4 | -1 | -12.5 |
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PAESI EIT | |||||||
Bulgaria | 132.3 | 64.3 | 67.5 | -49 | -51.4 | 5 | -8 |
Cechia | 196.2 | 149.2 | 147.1 | -25 | -24 | -1.4 | -8 |
Estonia | 43.5 | 19.7 | 21.3 | -51 | -54.7 | 8.1 | -8 |
Latvia | 25.9 | 9.9 | 10.7 | -58.7 | -61.8 | 8.1 | -8 |
Lituania | 50.9 | 19.9 | 20.2 | -60.3 | -60.9 | 1.5 | -8 |
Polonia | 564.4 | 386.2 | 388.1 | -31.2 | -31.6 | 0.5 | -6 |
Romania | 262.3 | 131.8 | 154.6 | -41.1 | -49.8 | 17.3 | -8 |
Slovacchia | 73.4 | 49.4 | 51 | -30.5 | -32.7 | 3.2 | -8 |
Slovenia | 20.2 | 18.8 | 20.1 | -0.5 | -6.9 | 6.9 | -8 |
Ungheria | 123.1 | 81.9 | 83.9 | -31.8 | -33.5 | 2.4 | -6 |
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Divari percentuali fra l’impegno PK ed emissioni rilevate e proiettate per i Paesi dell’Unione europea.
Paesi | Divario per le scadenze | Divario per le proiezioni al 2010 | ||||
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al 1995 | al 2000 | al 2004 | Ipotesi A | Ipotesi B | Ipotesi C | |
PAESI NON EIT | ||||||
Austria | 5.03 | 10.09 | 27.23 | 27.27 | 27.79 | 59.25 |
Belgio | 6.51 | 5.07 | 7.07 | 8.99 | 4.61 | 9.94 |
Danimarca | 16.04 | 10.41 | 15.91 | 28.07 | 24.60 | 34.49 |
Finlandia | 0.53 | -1.59 | 14.55 | 9.70 | 12.23 | 47.09 |
Francia | -0.94 | -1.00 | -0.79 | -1.15 | -5.38 | -0.89 |
Germania | -5.78 | -6.81 | -2.94 | 5.62 | 0.53 | 3.51 |
Grecia | -2.03 | 7.70 | 7.87 | -0.95 | -3.35 | 8.55 |
Irlanda | 2.61 | 16.04 | 12.83 | 9.82 | 3.96 | 6.35 |
Italia | 4.20 | 10.32 | 17.45 | 16.82 | 14.01 | 28.66 |
Lussemburgo | -15.45 | -11.21 | 24.71 | 19.91 | 26.26 | 85.90 |
Olanda | 7.29 | 3.80 | 6.90 | 7.84 | 3.47 | 10.55 |
Portogallo | 11.35 | 20.77 | 18.60 | 10.93 | 5.50 | 15.86 |
Spagna | 6.72 | 24.48 | 34.86 | 21.55 | 20.90 | 48.42 |
Svezia | 1.11 | -7.34 | -6.09 | -7.44 | -10.69 | -2.37 |
Regno Unito | -5.00 | -7.62 | -6.06 | -1.61 | -6.50 | -5.02 |
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PAESI EIT | ||||||
Bulgaria | -35.97 | -49.41 | -45.95 | -46.36 | -46.94 | -40.18 |
Cechia | -19.67 | -20.81 | -20.57 | -18.29 | -22.04 | -20.96 |
Estonia | -47.71 | -52.91 | -48.07 | -49.36 | -49.03 | -38.78 |
Latvia | -51.98 | -60.06 | -56.04 | -55.82 | -57.00 | -50.18 |
Lituania | -59.93 | -59.30 | -58.00 | -58.49 | -61.87 | -62.83 |
Polonia | -24.93 | -29.46 | -28.23 | -28.00 | -30.64 | -27.46 |
Romania | -31.27 | -47.64 | -37.55 | -40.79 | -39.99 | -21.69 |
Slovacchia | -25.80 | -29.89 | -26.32 | -24.58 | -27.75 | -22.34 |
Slovenia | -6.42 | -3.04 | 5.09 | 5.61 | 1.97 | 15.91 |
Ungheria | -30.45 | -31.46 | -28.86 | -28.08 | -30.59 | -25.40 |
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Emissioni/assorbimenti di GHG nel settore LULUCF nei Paesi dell’Unione Europea. Valori 2004 in Mt CO2 eq. Fonte UNFCCC, Tab. 13, 14 e 15. Nota. Valori per altri Paesi: Australia +4.3, Canada +80.8, Giappone -94.9, Federazione Russa -198.6, USA -773.2.
Paese | Mt CO2 eq | Paese | Mt CO2 eq | Paese | Mt CO2 eq |
---|---|---|---|---|---|
Austria | -16.6 | Germania | -36.3 | Romania | -34.7 |
Belgio | -1.2 | Grecia | -5.4 | Slovacchia | -4.3 |
Bulgaria | -22.2 | Italia | -105.1 | Slovenia | -5.6 |
Cechia | -4.8 | Latvia | -13.9 | Spagna | -30.5 |
Danimarca | -2.3 | Lituania | +4.4 | Svezia | -16.7 |
Estonia | -8.0 | Olanda | +2.4 | Ungheria | -5.5 |
Finlandia | -18.5 | Polonia | -26.2 | Regno Unito | -1.9 |
Francia | -51.8 | Portogallo | -2.6 | TOTALE | -406.6 |