The present paper focuses on the structural, synecological and floristic diversity features of beech-dominated forest communities in four major areas of the Antiapenninic Tyrrhenian system in Tuscany: Metalliferous hills, mountains to the south of Mt. Amiata, volcanic area of the upper Lente valley and Mt. Cetona. These are relict woodlands of Holo-Pleistocene origin with a special ecological and conservation value due to their extrazonal location in lowland submediterranean areas. Results show substantial among-area differences in structure, synecology and plant species composition, but in general a potential for coppices to reach the tall forest stage, as demonstrated by the old-growth stands of Pietraporciana and Sassoforte. Compared with montane Apenninic beechwoods, the relatively rich flora of the studied communities include thermophilous species with a southern Apennine-Balkan distribution, making their syntaxonomical position unclear. Closer affinities are found with the calcicolous Beech Forests of the association and with the silicicolous ones of the . Based on the Natura 2000 system, all the examined communities belong to the priority Habitat “Apennine beech forests with and ” (code: 9210*). Due their relict nature, these biotopes appear vulnerable to climate changes and to a production-oriented forest management. Criteria of naturalistic silviculture should instead promote the dynamic development of these communities towards tall forests and their natural regeneration.
Col termine di popolamento extrazonale o eterotopico si designano quei nuclei di vegetazione zonale di origine naturale posti al di fuori del contesto macroclimatico tipico, e quindi della regione biogeografica di normale appartenenza. Generalmente tale fenomeno è ascrivibile all’azione combinata di cause storiche ed ecologiche. È infatti spesso legato a vicende paleoclimatiche e paleogeografiche l’insediamento di determinati popolamenti forestali in un dato territorio, mentre la loro conservazione in alcune parti di esso al mutare delle condizioni generali è da attribuirsi alle caratteristiche microclimatiche ed edafiche particolari rispetto alle zone circostanti (
In Italia, ed in Toscana in particolare, esistono diversi esempi di popolamenti forestali extrazonali, quali, ad es., i nuclei relitti di
Senza dubbio, una delle specie forestali maggiormente presenti sul territorio con popolamenti di natura eterotopica è il faggio (
Le faggete extrazonali si possono inquadrare in due tipologie differenziate, le abissali e le cacuminali. Le prime sono accantonate solitamente al di sotto dei 500 m s.l.m., in valloni in prossimità di corsi d’acqua con marcati fenomeni di inversione termica (
L’interesse per tali biotopi è testimoniato da diversi contributi che descrivono popolamenti locali da vari punti di vista; oltre a quelli già ricordati si citano
Tuttavia, molte situazioni risultano ancora poco conosciute, e soprattutto manca una visione d’insieme delle loro caratteristiche sinecologiche e della loro possibile posizione sintassonomica in rapporto alle unità attualmente riconosciute per le faggete italiane. Tali aspetti assumono un certo interesse anche in considerazione della natura di transizione fitogeografica della Toscana meridionale, territorio al limite tra la zona europea e quella mediterranea (
Il presente studio intende contribuire ad una maggiore conoscenza di questi particolari ambienti forestali, analizzandone le principali caratteristiche strutturali, fitosociologiche e di diversità floristica, e offrendo spunti utili per una loro gestione sostanzialmente conservativa.
Sulla base dei dati bibliografici a disposizione (
Dal punto di vista geologico il territorio è caratterizzato dalla cosiddetta serie ridotta, in cui la Falda toscana non è presente in maniera continua; da ciò deriva una certa varietà nella pedologia (
All’interno delle aree di studio non esistono stazioni termo-pluviometriche, quindi i principali parametri climatici sono stati dedotti in base ai dati raccolti nelle stazioni più vicine (
Nelle aree indagate sono stati eseguiti 24 rilevamenti strutturali in fitocenosi omogenee su aree di saggio rettangolari di 20 x 10 m (200 m2), scelte in maniera soggettiva ma randomizzata all’interno delle aree dominate dal faggio: dopo un sopralluogo iniziale di ogni popolamento di interesse si sono stabilite tali aree in zone rappresentative delle varie condizioni del popolamento stesso, aumentandone il numero laddove maggiori fossero l’eterogeneità e/o l’estensione. Per consentire lo svolgimento anche del rilevamento fitosociologico nella stessa area, la dimensione è stata scelta secondo i principi del metodo Braun Blanquet (
Nelle stesse fitocenosi analizzate dal punto di vista strutturale sono stati eseguiti 24 rilevamenti fitosociologici col metodo di Braun Blanquet (
In linea con un recente studio sulle formazioni forestali mesofile del Casentino (
La
Nella zona del Monte Penna si trovano cedui abbandonati, con densità mediamente elevate (> 50 m2/ha) e dimensioni delle piante abbastanza sostenute (c. 23 cm). Esiste una certa variabilità all’interno del comprensorio ed in alcuni tratti la struttura si avvicina a quella della fustaia a causa del lungo tempo di invecchiamento. La curva delle frequenze diametriche evidenzia la presenza di soggetti di notevoli dimensioni, e illustra come la competizione tra i polloni del vecchio ceduo stia favorendo le classi intermedie (15-25 cm). La struttura orizzontale è caratterizzata da una copertura elevata sia degli strati dominanti e codominanti (> 50%), che dello strato erbaceo. Ridotta è invece la percentuale di copertura degli strati intermedi e arbustivi.
Nell’area più settentrionale delle Colline Metallifere sono state rilevate diverse faggete non in continuità una con l’altra e su diversi substrati geomineralogici, determinando quindi un’ulteriore causa di variabilità dimensionale dei soggetti arborei. Mediamente si ha una densità leggermente inferiore al caso precedente. Si tratta ancora di cedui invecchiati, ma con strutture meno evolute verso l’alto fusto. La distribuzione delle frequenze dei diametri mostra in questo caso il netto predominio delle classi inferiori sulle altre. Un’importante eccezione è data dalla faggeta relitta sul ripido versante settentrionale del M. Sassoforte, che presenta la struttura tipica di un bosco di alto fusto di notevole sviluppo verticale (> 20 m) ed individui di diametro medio di 32 cm. Questo, unitamente alla presenza di discrete quantità di necromassa legnosa in decomposizione, conferisce al popolamento l’aspetto di bosco vetusto. Sul Fosso del Bardellone e nel Poggio di Montieri si ha una situazione di elevata densità, ma l’evoluzione del ceduo verso la fustaia è meno avanzata, soprattutto nel primo caso. In una singola località, Fontalcinaldo, è presente una condizione anomala, in cui il faggio compare solo con pochi esemplari (10% in numero) di grosse dimensioni, i soli rilasciati durante recenti utilizzazioni molto intense.
Nella zona della valle del Lente, la più meridionale tra quelle analizzate, le faggete presentano una densità minore (38.2 m2/ha), e dimensioni medie degli alberi inferiori. La struttura è quella di cedui invecchiati in uno stadio avanzato di evoluzione verso la fustaia. La variabilitàè generalmente inferiore agli altri casi. L’andamento delle frequenze diametriche è simile al caso precedente. La struttura orizzontale è piuttosto diversa dagli altri casi: la copertura maggiore per le specie arboree è rappresentata dallo strato codominante, mentre sotto il 50% risultano i due strati superiori, che comunque raggiungono altezze ragguardevoli; se gli strati arbustivi sono comunque piuttosto contenuti, la situazione avvantaggia nettamente le specie erbacee, presenti con la copertura più elevata in assoluto (70%).
L’area del Cetona presenta complessivamente una situazione intermedia per quanto riguarda le dimensioni diametriche, mentre molto elevata risulta la densità, con i massimi valori di area basimetrica riscontrati (56.7 m2/ha). I coefficienti di variazione sono spesso molto elevati, poiché tale comprensorio riunisce due situazioni estreme: la faggeta secolare di Pietraporciana e la faggeta del Monte Cetona, in cui le utilizzazioni del vecchio ceduo sembrano sospese da un minor numero di anni, e pertanto la struttura risulta meno evoluta (molti polloni per ceppaia e a ettaro). Nel complesso la distribuzione delle frequenze mostra ancora una volta un elevato numero di soggetti di diametro inferiore ai 20 cm. La struttura orizzontale di queste faggete presenta valori di copertura mediamente elevati per gli strati dominanti e codominanti, bassi per quelli dominati e arbustivi, intermedi per lo strato erbaceo.
La stratificazione verticale mediata dei popolamenti dei quattro comprensori, derivata dal rilevamento fitosociologico condotto per strati separati, è rappresentata in
I 24 rilievi fitosociologici mostrano un grado di eterotonia piuttosto elevato (indice di Klement = 6.15), a causa del considerevole numero di specie con frequenza < 40%. Le più diffuse, oltre al faggio, sono risultate
Nei restanti rilievi si individuano due gruppi principali, A e B, suddivisi rispettivamente in due e tre sottogruppi, illustrati qui di seguito.
Contiene faggete su substrato siliceo, in particolare Verrucano e Arenaria. Il gruppo è caratterizzato dalla presenza importante di
Sottogruppo A.1: raggruppa le faggete del Bardellone con un rilievo del Monte Penna. Tale vicinanza è spiegabile per la presenza di castagno nello strato codominante (molto raro negli altri rilevamenti del Monte Penna), e in misura minore anche per la presenza di
Sottogruppo A.2: comprende le faggete di Montieri, caratterizzate dalla presenza di
Comprende situazioni piuttosto varie, accomunate dalla presenza abbondante di
Sottogruppo B.1: contiene faggete che crescono su substrato vulcanico (Sassoforte, Valle del Lente).
Sottogruppo B.2: comprende quattro fitocenosi del Monte Penna, dove le specie più comuni sono
Sottogruppo B.3: comprende le faggete del Monte Cetona e di Pietraporciana, entrambe nello stesso comprensorio e su litologia calcarea, insieme a un rilievo del Monte Penna: in questo caso i motivi sono probabilmente da ricercare nella presenza di
L’ordinamento dei rilevamenti sulla base degli indici di Ellenberg secondo
Le due componenti principali estratte dall’analisi spiegano, rispettivamente, il 52.4% ed il 40.6% della variazione totale nella matrice di varianza-covarianza di partenza. Pur essendovi solo limitate variazioni nei principali fattori ecologici, fatto legato alla relativa omogeneità ecologica delle faggete, il diagramma a dispersione (
La variazione opposta di umidità e nutrienti da una parte e quella di luce e temperatura dall’altra determinano un’ulteriore ripartizione dei rilevamenti in funzione della seconda componente. Quelli con flora più spiccatamente mesosciafila ed esigente di nutrienti sono raggruppati nella parte bassa, e sono rappresentativi di faggete cacuminali o di dorsale, poste generalmente sopra i 700 m s.l.m., quindi relativamente fresche e con suolo eutrofico. Al contrario, i rilevamenti di faggeta abissale del Fosso Bardellone e della Valle del Lente, a quote inferiori a 500 m, sono caratterizzati da flora relativamente più termofila, che li dispone in maggioranza sui valori positivi delle ordinate (principalmente gruppo B).
La flora rilevata nelle faggete relitte conta 126 specie di piante vascolari, con un numero medio di 19-20
Le variazioni che gli spettri corologico e biologico subiscono passando da un’area all’altra sono molto limitate e non sembrano meritevoli di commento.
Da evidenziare il fatto che tre entità sono considerate “di pregio” nel Manuale Italiano di Interpretazione degli Habitat della Direttiva Europea 92/43 “Habitat” (
Il valore medio dell’indice di Shannon per l’intero campione di rilevamenti è H’=1.48, con valori oscillanti fra 0.43 e 2.86 (
Nelle curve
Nessuna correlazione tra indice di diversità H’ ed area basimetrica del faggio è emersa per i rilevamenti del gruppo A, mentre essa è risultata tendenzialmente negativa per quelli del gruppo B (
Il presente contributo allarga le basi conoscitive su un particolare ambiente forestale di natura relitta dell’Antiappennino tirrenico, portando alla luce nuove stazioni di faggio di tipo sia abissale (ad es., Fosso del Bardellone) che cacuminale (ad es., Sassoforte). Al pari di quelle già note, come ad esempio Pietraporciana e l’Alta Valle del Lente (
Dalle analisi dendrometriche è emersa una certa disformità strutturale dovuta soprattutto agli interventi pregressi e al tempo di abbandono dei soprassuoli. In generale però si evidenzia un’elevata densità delle piante e alti valori di area basimetrica all’ettaro che, assieme alla presenza di rinnovazione, sottolineano le buone potenzialità di sviluppo intrinseche ai popolamenti e la loro capacità di recupero, indipendentemente dalle differenze nella sinecologia e nella diversità floristica. A dimostrazione di ciò stanno le faggete di Pietraporciana e Sassoforte, che grazie ad un lungo periodo di abbandono, oggi mostrano caratteristiche strutturali e biocenotiche di “bosco vetusto” o potenzialmente tale su scale temporali brevi.
Dal punto di vista fitosociologico e sinecologico, emerge innanzitutto che le faggete extrazonali non rientrano nelle conformazioni tipiche di quelle appenniniche, e che sono caratterizzate da contaminazioni evidenti tra la flora fagetale tipica (
la presenza sui substrati arenacei e sul verrucano di un limitato contingente di specie acidocline (
la contaminazione, più o meno importante, da parte di specie relativamente termofile e/o dei
la presenza in molti gruppi di specie a gravitazione meridionale (ad es.,
Dal punto di vista strettamente sintassonomico, la sola presenza di
Riepilogando si può quindi affermare che, nonostante le difficoltà dette (limitate estensioni, contaminazioni floristiche, influenza del disturbo antropico, relativa povertà del corteggio floristico), la frequenza di specie differenziali di alleanza, insieme al contesto cenologico permettono di attribuire le faggete calcaree rilevate all’associazione
Riguardo all’habitat di appartenenza però, nonostante le faggete appenniniche siano di difficile interpretazione (
Le faggete analizzate ospitano un discreto numero di specie, nonostante la loro limitata estensione. Sotto il profilo qualitativo, è importante osservare che alcune di esse sono legate, nell’area di studio, a questo tipo di habitat che quindi rappresenta per esse un vero e proprio rifugio. È questo il caso di entità mesosciafile come
I dati rilevati non supportano una chiara relazione con la densità del faggio in termini di area basimetrica, né considerando l’indice H’ né come semplice numero di specie. Questo risultato è in linea con quanto recentemente rilevato per i boschi del
Dal punta di vista conservazionistico, la natura relitta delle faggete extrazonali ne aumenta la vulnerabilità verso i possibili fenomeni di riscaldamento climatico globale e la documentata diminuzione delle precipitazioni in atto nella Toscana meridionale (
La strategia gestionale principale dovrebbe quindi basarsi su tecniche proprie di una selvicoltura prossima alla natura, al fine di favorire la conservazione di tali popolamenti, escludendo interventi di ogni genere nelle fustaie di Pietraporciana e Sassoforte, così come nelle faggete abissali della valle del Lente e del Fosso Bardellone. Negli altri casi, interventi di diradamento dal basso volti alla conversione all’alto fusto potrebbero accelerare un’evoluzione naturalmente già innescata ma ancora in fase arretrata, dove ci siano buone potenzialità per il faggio e assenza di particolari rischi di erosione del suolo e perdita di fertilità (ad es., Monte Cetona).
Sarebbe infine importante analizzare e monitorare, la quantità e la frequenza della produzione di frutto da parte del faggio, per poter programmare gli interventi sulla base della capacità ed i cicli di rinnovazione da seme del bosco.
Si ringraziano sentitamente per l’insostituibile aiuto fornito nei rilevamenti in bosco, nonché per il supporto e l’incoraggiamento morale, i seguenti colleghi del corso in Gestione dei Sistemi Forestali dell’Università degli studi di Firenze: Eunice Assako, Federico Guasconi, Elisa Locandro.
Localizzazione dei comprensori analizzati. Le sfere coprono la superficie del comprensorio al cui interno sono localizzati i rilevamenti effettuati.
Distribuzione delle frequenze diametriche rilevate nelle faggete dei quattro comprensori. L’andamento della curva fornisce indicazioni circa la struttura dei popolamenti analizzati. (A): Monte Penna; (B): Colline Metallifere; (C): Valle del Lente; (D): Cetona.
Struttura verticale ottenuta considerando la percentuale media di copertura dei vari strati della vegetazione, indicati tramite la loro altezza media nell’asse delle ordinate. (A): Monte Penna; (B): Colline Metallifere; (C): Valle del Lente; (D): Cetona.
Dendrogramma da
Diagramma a dispersione della PCA basata sugli indici di Ellenberg delle specie nei rilevamenti. I cerchi neri indicano i singoli rilevamenti accompagnati dalla rispettiva sigla, mentre le frecce derivano dal
Correlazione diversità /struttura dei gruppi (A) e (B). La distribuzione dei rilevamenti nei due gruppi secondo il dato di area basimetrica ad ettaro in funzione della diversità non riporta in nessun caso un valore significativo dell’indice di correlazione. (H’): indice di Shannon; (G): area basimetrica. (R2): indice di correlazione.
Formule climatiche delle stazioni termo-pluviometriche più prossime alle aree di studio, secondo
Stazione termo-pluviometrica (area di riferimento) | Quota stazione (m s.l.m.) | Quote aree di riferimento (m s.l.m.) | T media annua (°C) | P medie annue (mm) | Formula climatica | Bioclima | Fascia bioclimatica |
---|---|---|---|---|---|---|---|
Chiusdino(Colline Metallifere) | 564 | 450-1000 | 13.7 | 956 | B1 B’2 s b’4 |
|
|
San Casciano dei Bagni (M. Cetona) | 582 | 800-1100 | 12.4 | 1021 | B2 B’2 r b’4 |
|
|
Piancastagnaio(rilievi a Sud del M. Amiata) | 772 | 770-880 | 11.4 | 1270 | B4 B’1 r b’4 |
|
|
Pitigliano(Alto Bacino del Fiora) | 313 | 420-450 | 13.9 | 918 | B1 B’2 s b’4 |
|
|
Valori medi dei principali parametri dendrometrici in ogni comprensorio. (G/ha): area basimetrica ad ettaro.
Valori medi Comprensorio | Diametro medio [cm] (CV%) | Ceppaie/ha (CV%) | Piante/ha (CV%) | Polloni/ceppaia (CV%) | G/ha [m2/ha] (CV%) |
---|---|---|---|---|---|
Monte Penna | 23.3 (19.2%) | 738.0 (50%) | 1438.0 (64.4%) | 1.8 (32.4%) | 50.5 (39.2%) |
Colline Metallifere | 23.1 (30.6%) | 715.8 (48.9%) | 1560.1 (67.7%) | 2.2 (39.4%) | 46.9 (39.2%) |
Valle Lente | 15.3 (27.3%) | 1017.3 (41.1%) | 1728.7 (41.8%) | 1.7 (17.6%) | 38.2 (8.3%) |
Cetona | 19.7 (56.7%) | 970.7 (31.0%) | 2639.8 (88.0%) | 2.4 (64.6%) | 56.7 (57.6%) |
Totale | 21.5 (34.5%) | 812.1 (43.5%) | 1775.6 (76.0%) | 2.1 (45.2%) | 48.7 (42.7%) |
Rilevamenti e diversità. (Gruppo): ricavato da analisi multivariata; (H’): Indice di Shannon.
Comprensorio | Rilievo n. | Gruppo | Num. dispecie | H’ |
---|---|---|---|---|
Monte Penna | 1 | B2 | 39 | 1.8 |
2 | A1 | 14 | 0.56 | |
3 | B2 | 21 | 0.8 | |
4 | B2 | 28 | 2.34 | |
5 | B3 | 29 | 2.02 | |
6 | B2 | 14 | 0.43 | |
Colline Metallifere | 7 | B1 | 20 | 1.41 |
8 | B1 | 28 | 1.71 | |
9 | B1 | 20 | 1.28 | |
10 | A1 | 11 | 0.78 | |
11 | A1 | 11 | 1.27 | |
12 | A1 | 14 | 0.94 | |
13 | A2 | 23 | 2 | |
14 | A2 | 17 | 1.31 | |
15 | A2 | 16 | 1.18 | |
16 | - | 33 | 2.86 | |
Valle del Lente | 17 | B1 | 29 | 2.19 |
18 | B1 | 21 | 2.68 | |
19 | B1 | 20 | 1.66 | |
Cetona-Pietraporciana | 20 | B3 | 8 | 0.57 |
21 | B3 | 6 | 0.73 | |
22 | B3 | 15 | 1.63 | |
23 | B3 | 21 | 1.98 | |
24 | B3 | 21 | 1.44 | |
Medie | Gruppo A | 15.14 | 1.15 | |
Gruppo B | 21.25 | 1.54 | ||
Totale | 19.96 | 1.48 |
Schema sintassonomico
Il seguente schema sintassonomico è stato individuato per gli ambienti oggetto di studio:
cfr.
Principali caratteristiche stazionali.
Specie sporadiche presenti nei rilevamenti con valori di abbondanza/dominanza di “+” o “r”.
Gruppi A1, A2 e B1: cfr.