An analysis is presented of the ecological basis of the so-called “selvicoltura sistemica” (systemic silviculture). Systemic silviculture implies an “a-structured forest”: the meaning of this particular condition is discussed in the paper, exploring the different possible interpretations and thus demonstrating that an “a-structured” forest can not be observed in nature. The silvicultural method proposed therefore seems to have a fragile ecological basis moving it away from a close-to-nature forest management approach, which is currently believed to be the most promising one for achieving forests that provide multiple goods and services.
La gestione di un ecosistema non può prescindere dalla conoscenza delle caratteristiche del sistema stesso. Relativamente agli ecosistemi forestali, significa che l’attività di gestione selvicolturale si debba basare sulla conoscenza della foresta, conoscenza che deriva,
Vorrei presentare una breve analisi su quella che viene definita “selvicoltura sistemica” (
Testualmente “la selvicoltura sistemica presuppone un bosco astrutturato, disomogeneo, autopoietico” (
Ogni ecosistema si caratterizza da più attributi che, di norma, vengono riassunti come (
In tutti gli ecosistemi vi sono delle regole (a diverse scale): ad esempio, non è possibile che le componenti eterotrofe consumino più energia di quanta ne producano le componenti autotrofe. È noto, anche, che per garantire la sopravvivenza di una popolazione ci debba essere certa struttura cronologica ed uno specifico rapporto tra i sessi. Così come per le popolazioni animali una certa struttura cronologica è necessaria, così per la foresta, si potrebbe ipotizzare che una certa struttura debba essere presente per garantirne la sopravvivenza. Dato che per la foresta conta più la dimensione che l’età, ogni foresta dovrebbe caratterizzarsi per la presenza di un determinato numero di individui in ogni classe dimensionale. La quantificazione della numerosità delle coorti di diversa dimensione in una certa area viene utilizzata efficacemente dai forestali come rappresentazione della struttura della foresta (la curva di distribuzione diametrica). Anche riguardo la struttura ci sono delle regole: ad esempio non è possibile che 1000 individui piccoli occupino lo stesso spazio di 1000 individui molto grandi: necessariamente, questi ultimi, dovranno occupare un’area molto più ampia, ossia la densità deve diminuire in relazione alla dimensione media degli alberi. Questo processo detto di autodiradamento o
Torniamo, ora, alla foresta proposta dalla selvicoltura sistemica che dovrebbe tendere verso una condizione “astrutturata”. Tale condizione, mi sembra, possa essere interpretata in due soli modi. La prima interpretazione è che per “foresta astrutturata” (
L’altra interpretazione (che, in verità, mi sembra esclusa anche dalla selvicoltura sistemica stessa) è che il sistema sia “privo di struttura”, ossia ogni parte sia indipendente dalle altre che costituiscono il tutto o più semplicemente ogni albero sia indipendente dalla presenza degli alberi vicini. Questa seconda ipotesi porta alla paradossale conseguenza che una foresta astrutturata, visto il legame intimo tra struttura e funzione, sia anche “afunzionale” ossia senza funzione come entità complessiva, quindi morta.
Ne deriva la conclusione, in entrambe le interpretazioni, che la selvicoltura sistemica proponga, di fatto, una condizione non “in armonia con la natura” (
Le conseguenze dell’applicazione della selvicoltura sistemica appaiono preoccupanti per i selvicoltori oltre che per gli ecologi. Infatti, viene proposto un procedimento tecnico basato sul sistema “tentativi ed eliminazione degli errori” (
Che la “fertilità” della ricerca della causalità sia elevata è dimostrato dalla proposta di nuovi contributi riguardo i fattori guida della dinamica della foresta (
Variazione della densità (N/ha) degli individui in funzione della loro dimensione (diametro o massa). Si osservano delle condizioni di struttura “impossibili” (condizione A ad esempio) e delle condizioni “possibili” (condizione B). Siccome la dimensione della chioma aumenta con l’aumentare del diametro, la curva rappresenta la condizione di massima compenetrazione delle chiome tra individui (che in genere è la minima possibile). Compenetrazioni troppo elevate non sono compatibili con la sopravvivenza degli individui che, quindi, vengono sottoposti ad un severo autodiradamento. Ne deriva che in una foresta non “tutte le condizioni” possano essere realmente osservate.