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Soil, humipedon and forest management

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 20, Pages 13-19 (2023)
doi: https://doi.org/10.3832/efor4293-020
Published: Jan 15, 2023 - Copyright © 2023 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

Forest soil is a living and important part of the forest. It is essential for the development and reproduction of plants and for the evolution of the entire ecosystem. Proper management of the forest must also take into account the vitality and biodiversity of the soil. Due to an erroneous and non-biological conception of soil, and consequent difficulty in linking the physical aspect to the biological functioning of this complex ecosystem, the official soil classification of the last 30 years has abandoned the original link with climate, vegetation and the ecology of the environment in which soil evolves and coexists. In recent years the soil profile was divided into three sections (Humipedon, Copedon and Lithopedon), and it was then possible to link the first and most biological section of the soil to the characteristics of the environment and to its genesis. In particular, it is now possible to distinguish organic horizons generated essentially by arthropods and enchytraeids in cold and acidic or dry and arid environments, from organo-mineral horizons created by earthworms in more temperate and mesotrophic situations. Each set of horizons can be assigned to a system or form of humus, with important implications for forestry. For example, earthworms are more present in the early and late stages of sylvogenesis; by completely recycling the litter, they accelerate the provision of the organic and inorganic nutrients of the soil to the roots and the pedofauna. In general, it is now possible to associate a humus system with a given environment, with a spatial and temporal scale suitable for forest management. This paper promotes a more in-depth knowledge of the soil, to encourage foresters to take care of even half of the forest under their boots.

Keywords

Humus, Soil, Humipedon, Soil Dynamics, Forms of Humus, Spruce Forest

Che cos’è il suolo forestale? 

Non è facile definire che cosa sia il suolo. Vari aspetti di questo oggetto sfuggono ancora alla scienza. In un contesto funzionale si può affermare che il suolo è la “pancia” del nostro pianeta Terra. Difatti esso “digerisce” tutto quello che gli cade sopra e ricicla in permanenza ogni cosa. Non è chiarissimo ancora come e cosa diventino nel dettaglio tutte le strutture riciclate nel tempo, ma di sicuro il frutto di quest’incessante digestione nutre l’evoluzione naturale dell’intero pianeta.

Nel caso delle foreste alcuni riferimenti possono essere di aiuto per definire sotto l’aspetto descrittivo e funzionale ovvero fisicamente e biologicamente, cosa sia il suolo forestale ed indicare risposte collegate ai bisogni di una buona gestione forestale.

Da un punto di vista fisico in foresta, si cammina sul suolo forestale: un pabulum (substrato) che gli scienziati del suolo suddividono in “orizzonti”. Sono ben individuabili: orizzonti organici (di lettiera intera: OL; di lettiera frammentata: OF; di lettiera trasformata in humus: OH; di lettiera in acqua: H); orizzonti organo-minerali (A da lombrichi, A da artropodi, A non zoogenici); orizzonti minerali (impoveriti: E; neoformati: B; di roccia frammentata: C; di roccia compatta: R).

Biologicamente gli orizzonti del suolo sono il risultato di un’interazione tra l’ambiente geo-climatico di un’area geografica del pianeta Terra e gli organismi che più o meno stabilmente sono presenti in quel volume di biosfera (Fig. 1). Molti di questi organismi sviluppano completamente il loro ciclo vitale solo nell’ecosistema suolo. Pur appartenenti allo stesso ecosistema foresta, soprassuolo e suolo hanno funzioni molto diverse, ma complementari. Non possono esistere l’uno senza l’altro se non fino all’esaurimento del limite delle proprie riserve.

Fig. 1 - Suoli iniziali su cenge acide (a sinistra) o calcaree (a destra) campionati da due studenti alpinisti ([8] e [10], rispettivamente). Questi profili sono stati prelevati su pareti rocciose verticali a circa 2000 metri di altitudine, piantando un tubo nel suolo portato da cenge larghe 50-150 cm. Sulla foto di sinistra, si vede la parte organica infeltrita da radici (OH) che si stacca da quella organo-minerale (A) un po’ più chiara e appoggiata sulla roccia; a destra lo stacco si verifica tra una parte organica bruno chiara fatta di muschio in decomposizione (OF) e una parte organica più scura in contatto con la roccia (OH). Questi micro-suoli appoggiavano su un orizzonte di roccia frammentata che non è stato prelevato dalla sonda (orizzonte C). Questi profili illustrano le prime fasi della formazione del suolo in ambienti di alta quota non antropizzati. Gli orizzonti diagnostici sono composti di escrementi di artropodi ed enchitreidi, oltre che da granelli di roccia frammentata e sostanza organica sminuzzata ed in via di decomposizione operata da batteri e funghi.

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Le caratteristiche biologiche riguardano in primo luogo la biodiversità che nel suolo si distingue nettamente da quella del soprassuolo per la minore presenza di autotrofi e per la dominanza di una più complessa rete di eterotrofi. Come numero e varietà di specie e di individui il suolo è più ricco del soprassuolo ([14], [17], [1], [12]).

Importante è poi la funzione di stoccaggio. Il suolo è la “banca viva” del sistema foresta. Riceve energia e materia dall’esterno che confeziona in strutture di conservazione e di liberazione sensibili a stimoli biologici. Assomiglia a una “spugna viva” collocata sulla roccia. Può avere diversi metri di spessore solo in condizioni particolarmente favorevoli. Alle nostre latitudini, lo spessore del suolo raggiunge dimensioni inferiori a 100 cm. In esso giacciono dormienti i semi delle piante della foresta. Quando è il momento giusto, che può corrispondere anche a un forte disturbo (frana vento, valanga), la rete trofica del suolo “sveglia” questi semi per dare avvio alle fasi evolutive dell’ecosistema bosco.

Infine la genesi (Fig. 1). Il suolo soprassiede al rinnovo e alla crescita permanente dell’ecosistema foresta. Per poter resistere all’usura, e mantenere un’azione efficace nel tempo, gli organismi viventi devono subire un perenne riciclo. In una foresta composta di viventi multicellulari complessi e interconnessi, la morte naturale di questi comporta il riciclo di volumi importanti di componenti che vengono trasformati nel suolo. Questo riciclo si espleta in due fasi: smantellamento delle strutture originali e ricostruzione di nuove strutture pronte al riutilizzo nel e fuori dal suolo. I due movimenti contrapposti si spingono fino a un punto che rimane ancora oggi non completamente noto. Quest’incognita si estrinseca nella parola humus che racchiude un significato trascendentale che stimola da sempre gli scienziati. Una pietra miliare di questo cammino scientifico fu certamente l’esperienza di Miller & Urey ([21]). Essi collocarono in una provetta le molecole di un brodo-suolo primitivo e, imitando l’ambiente di un pianeta agli albori, tentarono di creare i primi mattoncini del mondo vivente. Nelle scariche elettriche artificiali imitanti tempeste remote, quel suolo-brodo primitivo produsse molte delle molecole che compongono le cellule viventi.

Occorre sottolineare che il suolo non è un habitat. Non esiste una “casa” per organismi viventi che si chiami suolo. Non c’è, perché i microrganismi del suolo sono suolo. Il suolo della luna è un habitat perché non contiene microrganismi ([31]). Sul nostro pianeta si può fabbricare un suolo-habitat; basta sterilizzare un suolo ordinario mettendolo in autoclave a 105 °C per 24 ore. Problema: quando lo tiriamo fuori è diventato un habitat, ma non è più un suolo. Quando gli organismi viventi abitano un suolo-habitat, esso diventa qualcos’altro, si trasforma in un sistema capace di interagire con il resto dei viventi e con l’ambiente, e cioè diventa un suolo. Un suolo-habitat è costituito di roccia più o meno frammentata e polvere sterili, mentre un suolo è costituito di aggregati organo-minerali e quindi è una “costruzione viva”, più simile a una gigantesca ameba che a un sasso.

La classificazione del suolo 

In generale, per meglio conoscere ed utilizzare correttamente le componenti della natura, è necessario intraprendere una loro classificazione. Nel caso della pedologia il fatto di aver posto fondamentale la differenza concettuale tra “suolo-sistema-vivente” ed “habitat” ha complicato non poco il lavoro di classificazione del suolo.

Tra l’altro, storicamente, i pedologi forestali hanno concentrato la loro ricerca di descrizione e classificazione, di suoli naturali o semi-naturali non manomessi da pratiche antropiche programmate (non arati). Tali suoli mostrano una stratificazione verticale (presenza di orizzonti) poiché l’apporto di lettiera in superficie, e l’alterazione del substrato roccioso sul fondo, hanno effetti contrastanti sul profilo del suolo. Venne descritto il meccanismo d’integrazione biologica della lettiera nel resto del profilo (primi 30 cm), distinguendo diversi gradi di biodegradazione di questa lettiera, che rimane intera in superficie, e si frammenta poi fino a diventare humus in contatto con la parte minerale del suolo ([26]). I forestali notarono che tali orizzonti superficiali si diversificavano a seconda del clima, delle specie del soprassuolo e degli animali che integrano la lettiera nel suolo. Con un po’ di confusione, l’uno o l’insieme degli orizzonti di superficie di un suolo forestale venivano chiamati “humus forestale”. Oggi questi orizzonti di superficie sono classificati in sistemi e forme di humus.

Gli agronomi classificarono suoli generalmente arati per coltivare piante e produrre alimenti ([20]). In questi suoli, periodicamente gli orizzonti più superficiali vengono miscelati per via meccanica con quelli soggiacenti per formare una matrice più efficace per la coltura. La stratificazione artificiale si sommava in superficie a quella naturale più profonda. Gli agronomi si interessarono soprattutto alle caratteristiche chimiche e fisiche di quello che considerano un substrato di coltura. Dei campioni di suolo dello strato arato (primi 30-40 cm) potevano essere raccolti prima e dopo la coltura, ed essere analizzati per fare un bilancio e colmare con i fertilizzanti quello che la coltura aveva tolto al suolo come elementi minerali. Gli esseri viventi dei suoli agricoli erano definiti utili, indifferenti, o nocivi a seconda delle ripercussioni sulla produzione.

Negli orizzonti minerali che si sviluppano sotto i primi 10-40 cm (appena descritti), gli aspetti biologici sono meno importanti e la loro composizione e struttura cambiano meno velocemente nel tempo. Le loro caratteristiche chimiche e fisiche (ad es., spessore, tessitura, pH, colore) vennero suddivise in classi definite con l’esperienza storica da specialisti, e associate tra loro per descrivere degli orizzonti diagnostici. Particolari serie di orizzonti diagnostici vennero assegnate a gruppi di suoli di riferimento tramite nomi (Reference Soil Groups). Degli aggettivi (qualifiers) possono migliorare la definizione dell’unità di appartenenza del profilo osservato. La Scuola americana considerava anche il clima ([19], [29]); la Scuola russa dava peso alla vegetazione ([13]); nella sintesi moderna della WRB (World Reference Base), queste storiche basi “ecologiche” non vengono considerate nella classificazione dei suoli ([32]).

Nella pratica quotidiana gli scienziati che hanno bisogno di conoscere il nome di un suolo (per forzare i ricercatori a utilizzare la classificazione del suolo, alcune riviste richiedono l’uso del nome del suolo) chiedono a degli specialisti pedologi di intervenire. Questi leggono il profilo e consegnano un nome che rimane privo di significato ecologico. Lavorando sul bilancio di elementi nutritivi e del carbonio organico, o sulla presenza eventuale di un orizzonte argilloso e impermeabile in profondità, agronomi e forestali riescono a gestire il suolo senza bisogno della classificazione. Purtroppo questo ha delle ripercussioni nefaste. Conosciamo tutti la situazione dei suoli agricoli, che hanno perso l’80 % della sostanza organica che contenevano 50 anni fa ([22]). La sostanza organica è collegata all’energia stoccata nel suolo e alla capacità di ritenzione idrica del suolo. Sappiamo che tale perdita è dovuta a una diminuzione brutale della biodiversità (collegabile all’uso di erbicidi e pesticidi), che è conseguenza della scarsa importanza che si è data a questa componente nella diagnosi della qualità del suolo ([16]).

Errori nella scelta delle specie utilizzate negli impianti di boschi, è spesso collegabile al fatto che si considerava il suolo un prodotto della vegetazione e non un ecosistema quasi indipendente e in equilibrio con essa ([24]).

Recentemente, per tentare di fare chiarezza e capire meglio come funziona il suolo della foresta, è stato riconosciuto che esso corrisponde ad un ecosistema diviso in tre sotto-unità funzionali. Così gli orizzonti sono stati raggruppati in tre componenti: Humipedon (orizzonti organici e organo-minerali a determinante biologica: O e A), Copedon (orizzonti minerali di formazione recente: E, B) e Lithopedon (orizzonti minerali rocciosi: C, R - [36]).

Nell’Humipedon (⇒ https:/­/­encyclopedia.pub/­entry/­history/­show/­61444) si compiono gran parte delle attività biologiche del suolo, perché fortemente dipendenti dall’entrata di energia che arriva sotto forma di molecole organiche dal soprassuolo vegetale.

Il Lithopedon è invece la parte più profonda del suolo, in contatto con una roccia che si trasforma. Nel Lithopedon si trovano blocchi minerali che si disaggregano e contribuiscono ad alimentare un flusso di acqua e nutrienti che circolano nel suolo, per gravità, capillarità, e risalita biologica. Nella parte centrale dell’ecosistema suolo, o Copedon, avvengono processi chimico-fisici e biologici che trasformano questa massa di confine tra gli strati organico e minerale in qualcosa di nuovo (neo-argille, idrossidi, ecc.) e adatto a comporre la spugna vivente che è il suolo nel suo insieme.

La classificazione dell’Humipedon (Fig. 2) è biologica e morfo-funzionale. Essa si fonda sul principio che gli orizzonti diagnostici che lo costituiscono siano il frutto di attività biologiche riconoscibili in campo ad occhio nudo (Fig. 3). Specifiche serie di tali orizzonti definiscono dei sistemi di humus che si sviluppano in ambienti naturali ecologicamente circoscritti. Gli spessori relativi degli orizzonti diagnostici definiscono delle forme di humus all’interno di ogni sistema di humus (Fig. 4).

Fig. 2 - Gli humipedon forestali italiani sono attribuibili per la maggior parte a tre sistemi di humus: Mull (da lombrichi), Moder (da artropodi) e Amphi (da lombrichi e artropodi). Quest’ultimo fu riconosciuto per primo da Franz Hartman 50 anni fa e fu chiamato humus gemellare. Nel 1995, i francesi lo avevano considerato come uno strano Mull, chiamandolo Amphimull. Ha ritrovato un pieno riconoscimento come unità fondamentale della classificazione solo nel 2018, con il nome definitivo di Amphi (= doppio, gemellare). Con questo sistema di humus è molto più facile capire la dinamica di breve periodo (anni, decine di anni) del suolo, collegata alla dinamica del bosco e dei suoi tipi strutturali.

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Fig. 3 - Ritratto satirico di Darwin (L. Sambourne) pubblicato nel 1881 (Fonte: New York Public Library - ⇒ https:/­/­www.nypl.org/­blog/­2012/­04/­19/­earthworms-darwins-last-manuscript). Si noti che il lombrico è stato raffigurato come un punto di interrogazione, facendo corrispondere la sua coda appiattita alla testa di un potenziale e pericoloso cobra. Darwin fu il primo a capire l’importanza dei lombrichi nella dinamica del suolo ([11]).

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Fig. 4 - Chiavi sintetiche per la classificazione dell’humipedon (da [36]) in sistemi di humus di riferimento per ambienti Terrestri (suoli non asfittici) o per Semiterrestri (suoli più o meno sommersi, torbe). Queste chiavi si basano sul riconoscimento di orizzonti diagnostici. L’insieme sovrapposto di questi orizzonti corrisponde a un funzionamento dell’humipedon, in armonia con il resto del suolo, con la vegetazione e il clima di quegli ambienti. Legenda sommaria: Orizzonti dell’humipedon -> terrestri (aerati) organici: OL, OF, OH - organo-minerali: A; -> Semiterrestri (più o meno sommersi): organici: HF, HM, HS - organo-minerali: A; zo = zoogenico, noz = non zoogenico, szo = debolmente zoogenico, an = di Anmoor, ma = biomacrostrutturato, me = biomesostrutturato, mi = biomicrostrutturato, ms = massivo, sg = a grano singolo, Fibri = generalmente sommerso e molto fibroso, Sapri = completamente trasformato in poltiglia organica, Mesi = transizione tra Fibri e Sapri; A ≥ 2 OH: spessore dell’orizzonte A ≥ a 2 volte quello dell’OH; A < 2 OH: spessore dell’orizzonte A < a 2 volte quello dell’OH; OH > graduale > A: passaggio graduale tra OH ed A, imprecisione > 5 mm; OH/netto/A: passaggio brusco tra OH ed A, imprecisione < 3 mm; Moor = torbe.

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Il Copedon corrisponde agli orizzonti E e B della classificazione del suolo. Non esiste ancora una sua classificazione come unità componente dell’ecosistema suolo.

La classificazione del Lithopedon riconsidera l’insieme dell’orizzonte C e del substrato R del suolo, proponendo delle unità legate al funzionamento di questa parte profonda di suolo.

Forestali ed agronomi hanno iniziato a indagare l’Humipedon (primi 30 cm) in quanto ritenuto parte importante per gli aspetti biologici e dinamici dell’ecosistema suolo.

Gli agronomi più vicini ad una agricoltura sostenibile (che fa parte del recentissimo piano di sviluppo europeo dell’agricoltura) lo studiano attraverso gli indici di qualità biologica del suolo (separatamente per gli artropodi e per i lombrichi). Tra l’altro sono noti i tentativi di imitare la natura riducendo il lavoro del suolo in superficie rispettando la stratificazione biologica del suolo.

I forestali hanno invece migliorato la descrizione degli orizzonti diagnostici superficiali e consolidato i riferimenti ai diversi ambienti in cui essi si generano (Fig. 4). Il quadro generale è molto ben organizzato, con collegamenti precisi verso la comprensione della funzionalità del suolo, considerando il ciclo del carbonio, la dinamica degli elementi minerali e della lettiera, le relazioni con la rinnovazione naturale del soprassuolo e i cambiamenti del suolo nelle fasi strutturali del bosco ([5]).

L’humipedon nella gestione forestale 

Una superficie orizzontale immaginaria situata sotto i piedi del forestale divide la foresta in due ecosistemi ben diversi e relativamente interdipendenti. In generale, si conosce meglio il soprassuolo, la parte più accessibile alla vista, ai rilevamenti ed alle misure, e sulla quale il selvicoltore interviene con il prelievo di biomassa. Sotto i suoi piedi c’è il suolo, con la sua “fucina biologica”, l’humipedon, il quale, a sua volta, corrisponde a un ecosistema vivo, funzionale ed efficiente che supporta, alimentandolo, il soprassuolo. Per conoscerlo ed usarlo il forestale impugna la zappa o la pala meccanica, vi pianta nuovi alberi, e/o vi incide la viabilità necessaria per la gestione della foresta.

L’humipedon è dotato di una propria piramide ecologica a diversi livelli. Tra gli animali più tipici di questo ecosistema i lombrichi occupano un ruolo di particolare importanza. Essi si nutrono della biomassa rilasciata dalle specie del soprassuolo (foglie, aghi, corteccia, legno) insieme al terreno minerale. Nel loro intestino, lungo quasi quanto il proprio corpo, digeriscono le foglie ed estraggono l’energia e i minerali per nutrirsi. In questo processo di digestione, parte delle molecole risultanti finiscono in circolazione nel corpo del lombrico, che in questo modo riceve energia e materia per compiere il suo ciclo vitale. È chiamato “suolo” la pasta-rifiuto espulsa dal corpo del lombrico che Darwin (Fig. 3) scoprì nel lontano 1881 ([11]). Ci è di aiuto immaginare un tubo elastico e vivo, che avanza nel suolo ingerendo foglie e terra ed espellendo “suolo”. Questo fenomeno diventò ancora più interessante quando Marcel Bouché ([7]) scoprì che i lombrichi mangiano anche i loro stessi escrementi. Non li ingeriscono freschi, ma solo dopo che questi hanno trascorso un certo periodo di maturazione nel suolo. I lombrichi riescono a estrarre dai loro stessi escrementi di che vivere, percorrendo il suolo incessabilmente e rendendolo omogeneo. Indisturbati nel suolo di una foresta, essi riescono anno dopo anno ad incrementare la quantità di carbonio nell’humipedon ed a distribuirlo in modo uniforme nel profilo. Inoltre, con il loro movimento, creano delle gallerie dove l’aria e l’acqua possono circolare permettendo la degradazione di tale sostanza organica e la riproduzione dei viventi presenti nelle profondità. Così si può immaginare l’humipedon come se fosse la batteria della foresta. Il riciclo della sostanza organica prodotta dagli autotrofi fuori dal suolo è delegato ai lombrichi che ricaricano continuamente la batteria-humipedon della foresta.

I lombrichi sono tipici degli humipedon Mull, che si sviluppano in ambienti climaticamente temperati, miti, caldi e umidi, come quelli che si realizzano nei prati descritti da Darwin, e in tutte le foreste planiziali d’Europa a latifoglie. Non presentano l’orizzonte OH (umifero) tipico di ambienti più freddi o secchi, a base di conifere o di specie xerofile. Altri animali (enchitreidi e/o soprattutto artropodi) sono responsabili della ricarica della batteria-suolo in questi ambienti sia più freddi, o anche più secchi come quelli mediterranei ([34], [35]). Più in generale, considerando anche le zone umide, per ogni ecosistema-ambiente si sono sviluppati sistemi viventi di ricarica e mantenimento dell’energia nel suolo (Fig. 4).

È disponibile gratuitamente anche un’applicazione iOS (⇒ https:/­/­apps.apple.com/­us/­app/­terrhum/­id1366575503) e Android (⇒ https:/­/­play.google.com/­store/­apps/­details?id=fr.inra.terrhum) per tablet e cellulari, in modo da disporre rapidamente in campo di indicazioni utili per la classificazione e di esempi fotografici di orizzonti, forme e sistemi di humus.

Da quanto detto si deve concludere che occorre prevedere e praticare una gestione specifica del suolo forestale. Quando si cammina su un suolo forestale si poggiano i piedi su un’utilissima spugna vivente, che esiste non solo come supporto per l’ancoraggio statico degli alberi, ai quali è assegnato comunque il ruolo dominante di driver dell’ecosistema, ma anche come fonte di energia per la vita della foresta.

Dovremmo quindi gestire il suolo forestale con strategie equivalenti a quelle utilizzate per il soprassuolo. Abbiamo un piano di assestamento del soprassuolo? È necessario associarvi un piano di gestione del suolo che contenga informazioni relative: (i) alla quantità media di carbonio organico presente nel suolo delle unità di coltura e gestione (provvigione del soprassuolo, struttura e consistenza delle eco-unità, tipi strutturali del soprassuolo - [18], statura del mosaico forestale - [27]); (ii) al sistema e alle forme di humus dominanti nelle eco-unità; (iii) alla lista dei gruppi funzionali di animali del suolo con il numero di individui in relazione alla stagionalità. È noto da tempo che i tipi strutturali hanno un proprio humipedon collegato all’età degli alberi e al ciclo della foresta ([6], [4], [23]). Un equilibrio coordinato suolo-soprassuolo è necessario alla continuità del ciclo forestale con una fase di consumo delle risorse del suolo nelle fasi di giovane foresta e di rifornimento e ricapitalizzazione delle risorse durante la fase matura e finale della foresta ([33], [28]). Saper distinguere nell’humipedon gli orizzonti da lombrichi dagli altri (Fig. 2 e Fig. 4) permette di controllare se l’evoluzione dell’humipedon segue in modo armonioso quella del soprassuolo e di diagnosticare problemi legati alla rinnovazione ([25], [3], [9]).

In Fig. 5 riproduciamo come esempio i risultati di una tesi di dottorato realizzata in peccete trentine ([33]). In essa si vede come alle fasi di sviluppo della foresta (apertura erbacea, rinnovazione naturale, età intermedia, foresta adulta/matura) corrispondano humipedon che si classificano in sistemi di humus diversi. Tali sistemi sono raffigurati schematicamente in Fig. 4: Mull e Amphi sono caratterizzati da un orizzonte A formato da lombrichi che non è presente nei Moder e Mor. Praticamente, il suolo della foresta evolve con l’età degli alberi che porta sopra, in equilibrio con i bisogni di questi. Possiamo pensare che alla fine della loro vita gli alberi preparino il suolo per la nuova generazione, alimentandolo e richiamando i lombrichi i quali preparano degli aggregati organo-minerali che garantiscono la buona alimentazione in acqua e nutrimenti ai nuovi alberi.

Fig. 5 - Sistemi di humus nelle fasi di sviluppo della pecceta disetanea, in ambiente acido (A) con esposizione Sud (AS) o Nord (AN), oppure basico (B) con esposizioni Sud (BS) o Nord (BN). Si noti come il sistema di humus cambi in modo ciclico. Nei sistemi Amphi e Mull ci sono dei lombrichi (degli orizzonti A simili a quelli dell’orto di casa), negli altri vengono sostituiti da enchitreidi e artropodi che formano orizzonti molto più organici, simili a tabacco sminuzzato. La varianza spiegata dal modello rappresentato sul piano dei primi due assi di un’analisi delle componenti principali (le componenti principali sono elencate con importanza crescente o decrescente lungo l’asse) è di circa il 68%.

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Conclusioni 

Di grande interesse sarebbe pervenire ad una futura lista dei viventi dell’humipedon, attraverso il sequenziamento del metagenoma del suolo (Shotgun Metagenomic Sequencing) non solo per comprendere (i) quali gruppi funzionali di microrganismi sono presenti nel suolo, ma anche (ii) le relazioni di questi con le specie vegetali del soprassuolo e con gli altri viventi dell’ecosistema ([15], [2]).

È necessario nutrire l’humipedon, per mantenere la foresta in salute. Teoricamente questo significherebbe riportare in bosco un quantitativo di sostanza organica pari a quella esportata con le utilizzazioni. Poiché la materia prima legno rappresenta bene insostituibile, occorre definire la parte dell’incremento corrente da restituire con la consapevolezza che così facendo stiamo impoverendo il sistema. Un primo indirizzo gestionale potrebbe riguardare l’allungamento dei turni di utilizzazione e il rispetto degli alberi monumentali ([30]).

Occorre rispettare il suolo in armonia con l’osservanza dei diritti del soprassuolo considerando il suo funzionamento negli stadi di sviluppo del popolamento e di rinnovazione della foresta.

Infine è indispensabile potenziare la ricerca e diffondere le conoscenze della funzionalità del suolo forestale. In Fig. 6: un lombrico verde… indice di speranza.

Fig. 6 - Allolobophora smaragdina (Lumbricidae, Oligochaeta) nell’orizzonte organo-minerale di un Dysmull in un abieteto misto del Parco dei sogni, Lorenzago di Cadore (Belluno).

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