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Climate and environmental politics needs to be supported by accurate information and communication. What is the role of the scientific community?

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 17, Pages 17-22 (2020)
doi: https://doi.org/10.3832/efor3348-017
Published: Jan 21, 2020 - Copyright © 2020 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

A petition entitled “Italian forests: an invaluable environmental heritage under attack” was recently published on the web. The petition is a perfect example of how environmental communication and public awareness can be manipulated. And, even more seriously, how people claiming to be environmental experts, use the “environment” label to spread their messages and slogans without accurately checking their sources. It is nevertheless of high importance that people are able to express their opinion and ideas freely and this communication between politics, communities and the academic world contribute to our growth as a society. However, any discussions must be underpinned with accurate and precise information. Furthermore, it is the scientific community’s duty to check sources of information and contribute to the spread of accurate environmental communication.

Keywords

Science Communication, Scientific Debate, Sustainable Forest Management, Climate-Smart Forestry, Public Engagement

La petizione online 

Da alcuni mesi è in rete una petizione avente come oggetto le foreste italiane dal titolo: “Foreste italiane: un patrimonio inestimabile sotto attacco”. Questa petizione ha ottenuto migliaia di firme, e questo è un segnale confortante in quanto dimostra un’attenzione dei cittadini alle tematiche forestali e ambientali, ed è stata anche pubblicata su altri siti web e blog (ad es., ⇒ https:/­/­www.ilfattoquotidiano.it/­2020/­01/­06/­le-foreste-italiane-sono-un-patrimonio-sotto-attacco-bisogna-tutelarle-non-tagliarle/­5651603/­).

Il problema è che questa petizione è basata su analisi erronee riguardo all’attuale normativa e sistema di competenze ministeriale e regionali, e contiene affermazioni non corrette (che giungono a capovolgere la realtà) sulla situazione forestale italiana, come si può invece facilmente evincere consultando i dati ufficiali disponibili a livello italiano, europeo e mondiale.

Riportiamo qui sotto il dettaglio del nostro confronto tra i contenuti della petizione e i dati derivati da fonti ufficiali, i riferimenti alla normativa attualmente in vigore e alle competenze ministeriali e regionali sulla materia forestale.

Confronto tra contenuti della petizione e dati ufficiali 

Petizione: “In Italia non tutti sanno che la maggior parte del patrimonio forestale (quello pubblico, e non ricadente in parchi nazionali, altre riserve e aree circoscritte), dipende dal Ministero delle politiche agricole, altrimenti detto MIPAAF. Viene da chiedersi: cosa hanno in comune le foreste con i campi per la produzione agricola?

Dati ufficiali: I ministeri che hanno competenza sulle foreste in Italia sono tre: il MIPAAF (Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali), il MATTM (Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare) ed il MIBACT (Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo). Il MATTM ha primaria competenza sui vincoli naturalistici (Parchi ed aree “Natura 2000”) che interessano oltre un quarto della copertura forestale. Il MIBACT ha competenza primaria sul paesaggio e il 100% delle foreste italiane ha un vincolo di tipo paesaggistico. La competenza del MIPAAF è relativa agli aspetti patrimoniali e quindi anche alla gestione ordinaria. A differenza degli altri due ministeri, però, il MIPAAF ha solo il compito di “indirizzo e coordinamento” mentre la competenza primaria sulla gestione forestale, come sancito dall’art. 117 della Costituzione, appartiene a Regioni e Province Autonome. Non è quindi corretto affermare che “la maggior parte del patrimonio forestale (quello pubblico e non ricadente in parchi nazionali) dipende dal MIPAAF”. Al contrario, tutto il patrimonio forestale, boschi pubblici e privati, ma anche aree ricadenti dentro parchi e riserve, per quanto riguarda gli aspetti patrimoniali, è di competenza primaria delle Regioni e dalle Province Autonome, che nell’esercitare questa competenza devono ovviamente tenere conto di tutto il sistema vincolistico.

Petizione: “Il motivo è presto detto: i boschi vengono valutati in primo luogo per i loro aspetti produttivi.

Dati ufficiali: L’affermazione non ha fondamento, come si può evincere dal comma 3 articolo 1 della DL 34 del 18 aprile 2018 (TUFFF): “Lo Stato e le regioni, nell’ambito delle rispettive competenze, promuovono attraverso il fondamentale contributo della selvicoltura la gestione forestale sostenibile con particolare riferimento a quanto previsto dalle risoluzioni delle Conferenze ministeriali per la protezione delle foreste in Europa del Forest Europe, al fine di riconoscere il ruolo sociale e culturale delle foreste, di tutelare e valorizzare il patrimonio forestale, il territorio e il paesaggio nazionale, rafforzando le filiere forestali e garantendo, nel tempo, la multifunzionalità e la diversità delle risorse forestali, la salvaguardia ambientale, la lotta e l’adattamento al cambiamento climatico, lo sviluppo socio-economico delle aree montane e interne del Paese”. In nessuna legislazione nazionale, regionale o provinciale c’è un riferimento ad una priorità degli aspetti produttivi.

Petizione: “Un patrimonio inestimabile che rischia di degradarsi ulteriormente da quando Alfonso Alessandrini definì l’Italia «Un Paese ricco di boschi poveri».”

Dati ufficiali: Come evidenziato nei punti successivi le foreste italiane si stanno espandendo in termini di copertura forestale (Fig. 1), stanno aumentando di volume e al loro interno sta aumentando la necromassa. Dunque non c’è, a livello nazionale, nessun segnale di degrado. Alcune eccezioni, in quanto tali, non possono essere considerate indicative dello stato del patrimonio forestale italiano.

Fig. 1 - Le foreste italiane sono in fase di espansione ormai da più di un secolo. Tra il 2005 ed il 2015 l’aumento di copertura forestale è stato mediamente di oltre 60.000 ha all’anno (circa 7 ettari all’ora) e nel 2019, per la prima volta dopo secoli, in Italia la superficie occupata da foreste ha superato la superficie utilizzata dall’agricoltura (Foto: G. Vacchiano).

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Petizione: “Eppure, nonostante una sempre maggiore presa di coscienza dei problemi ambientali da parte dell’opinione pubblica, in Italia si continua a ossequiare una visione improntata al riduzionismo economico che degrada le foreste a materia inerte da sfruttare.

Dati ufficiali: Vedi comma 3 articolo 1 della DL 34 del 18 aprile 2018. L’Italia ha uno dei tassi di prelievo (prelievo/incremento) legnoso più bassi a livello europeo (⇒ https:/­/­www.eea.europa.eu/­data-and-maps/­indicators/­forest-growing-stock-increment-and-fellings-3/­assessment).

Petizione: “Se gli interessi della filiera del legno sono ampiamente noti, cosa ben diversa accade per l’utilizzo dei boschi a fini energetici: occorre infatti rimarcare che la direttiva UE 2018/2001 sulle rinnovabili contempla anche l’uso di biomasse forestali.

Dati ufficiali: Per quanto riguarda l’uso dei boschi a fini energetici, occorre sottolineare che non ci sono incentivi all’uso dei boschi a fini energetici, ma ci sono incentivi alla costruzione di centrali che utilizzano biomasse. Queste scelte esulano dalle politiche agricole e forestali, ma dipendono, sia a livello europeo che a livello italiano, dalle politiche industriali ed energetiche (⇒ https:/­/­ec.europa.eu/­clima/­policies/­strategies/­2030­_en).

Di conseguenza né il MIPAAF, né le Regioni e le Province Autonome hanno competenza sulle politiche energetiche (nessuna amministrazione può imporre ad un proprietario, pubblico o privato, la destinazione commerciale del prodotto). La costruzione di un impianto a biomasse dovrebbe essere fatta all’interno di una pianificazione che valuta a priori la disponibilità locale di materiale (filiere corte) e la sostenibilità dei prelievi, ma se questo non avviene non è responsabilità della politica agricola-forestale.

Petizione: “Ora, sebbene frutto delle migliori intenzioni, l’aumento del target 2030 sulle rinnovabili rischia di incrementare questa pratica, sconfessata da un documento sottoscritto da circa 800 scienziati , nonché dall’European Academies Science Advisory Council, come pure da un recente studio pubblicato su Nature”.

Dati ufficiali: L’utilizzo di biomasse (che dovrebbe seguire un uso a cascata del legname) è uno strumento importante nelle politiche di mitigazione alla crisi climatica (⇒ http:/­/­www.efi.int/­sites/­default/­files/­files/­publication-bank/­2018/­ThinkForest­_carbon­_neutrality­_2016­_0.pdf).

Molti documenti sottoscritti da scienziati non contestano l’uso di biomasse ma l’utilizzo di incentivi alla costruzione di centrali a biomasse o sono critici verso gli obiettivi della politica europea sulle rinnovabili che danno troppo peso alle biomasse, favorendo così comportamenti non virtuosi a livello europeo o globale (ad esempio l’importazione di biomasse provenienti dagli USA in Gran Bretagna) e, di fatto, sono in contraddizione con la politica virtuosa dell’uso a cascata del legname (a sua volta sostenuta dall’Unione Europea). L’utilizzo di biomasse in filiere corte ha, al contrario, un bilancio del carbonio favorevole rispetto all’uso di combustibili fossili e non provoca leakage.

Petizione: “È importante sottolineare che gli effetti della gestione forestale sono rilevanti e possono alterare profondamente il bilancio del carbonio degli ecosistemi boschivi.”

Dati ufficiali: Le foreste europee catturano circa il 10% della CO2 immessa in atmosfera e compensano le emissioni del settore agricolo (⇒ https:/­/­science.sciencemag.org/­content/­300/­5625/­1538)

Già il protocollo di Kyoto ha individuato nel rimboschimento e nella gestione forestale due strumenti efficaci per la mitigazione della crisi climatica, quindi una gestione corretta e sostenibile può contribuire alla mitigazione della crisi climatica.

Petizione: “Le foreste funzionano come serbatoi, diventando fonte o pozzo in riferimento alla direzione che assumono i flussi di scambio con l’atmosfera: una fonte aumenterà la quantità di carbonio nell’atmosfera (emissioni di CO2), mentre un pozzo la catturerà (sequestro di CO2). Da questo punto di vista, i boschi soggetti a taglio ceduo, da pozzo diventano sorgenti di CO2.

Dati ufficiali: I boschi cedui, così come i boschi di alto fusto, per alcuni anni dopo il taglio emettono carbonio in atmosfera (sono source) per poi ritornare ad essere immagazzinatori (sink), soprattutto a causa della respirazione del suolo che non è bilanciata dagli incrementi che nella fase giovani sono limitati. Se consideriamo tutto il ciclo produttivo, come correttamente previsto dall’approccio LCA (Life Cycle Assesssment), l’applicazione di una corretta gestione sostenibile permette alla fine del turno di avere sempre un bilancio neutro o positivo (che è massimizzato dall’uso a cascata dal legname). A titolo di esempio si veda: ⇒ https:/­/­doi.org/­10.1016/­j.jclepro.2016.07.041 oppure anche ⇒ https:/­/­iforest.sisef.org/­abstract/­?id=ifor2424-011.

Petizione: “Rispetto invece ai dati sempre più incoraggianti sull’aumento della superficie forestale diffusi dal MIPAAF, occorre rimarcare che il computo in oggetto non comprende le volumetrie delle biomasse forestali, che risultano molto ridotte a seguito dei tagli. D’altra parte, il terzo inventario forestale nazionale (INFC 2015) non si è ancora concluso poiché non sono stati completati i rilievi a terra: in assenza di questa informazione è impossibile calcolare la densità e il volume complessivo. Ogni stima è dunque provvisoria e non definitiva. E a riprova dello «stato dell’arte» vi è l’approvazione da parte del Governo Gentiloni del Testo Unico in materia di foreste e filiere forestali (TUFF), che benché privo dei decreti attuativi, sancisce di fatto l’ingresso dell’interventismo gestionale all’interno del nostro patrimonio boschivo. Non che la situazione attuale sia più confortante: tutt’altro.

Dati ufficiali: Come evidenziato dai dati ufficiali dell’INFC 2005 (e 2015 di prossima pubblicazione - ⇒ https:/­/­www.sian.it/­inventarioforestale/­), dai dati del RAF (⇒ https:/­/­www.reterurale.it/­flex/­cm/­pages/­ServeBLOB.php/­L/­IT/­IDPagina/­19231), da Forest Europe (⇒ https:/­/­www.foresteurope.org/­docs/­fullsoef2015.pdf) e dalla FAO (⇒ http:/­/­www.fao.org/­3/­a-i5588e.pdf) - cioè dalle statistiche ufficiali a livello italiano, europeo e mondiale - la copertura forestale e la biomassa presente nelle foreste italiane è in costante aumento da almeno un secolo ed è, in questo periodo di tempo, più che raddoppiata (⇒ https:/­/­foresta.sisef.org/­contents/­?id=efor2796-015).

Per quanto riguarda la biomassa presente in bosco, anche questa risulta in costante aumento a partire dall’Inventario del 1985. Facendo un confronto tra Italia e Francia possiamo vedere che il volume medio dei “boschi alti” è per la Francia 170 m3 ha-1 (2010) e per l’Italia circa 145 m3 ha-1 (2005). In particolare, le peccete hanno in Francia un volume medio di 216 m3 ha-1 ed in Italia di 372 m3 ha-1, le abetine in Francia 207 m3 ha-1 ed in Italia di 427 m3 ha-1, le faggete in Francia 283 m3 ha-1 ed in Italia 231 m3 ha-1, i castagneti in Francia 128 m3 ha-1 ed in Italia 177 m3 ha-1. Le differenze maggiori tra l’Italia ed i paesi confinanti e centro-europei è concentrata nei boschi di latifoglie (soprattutto nelle querce, che in Italia sono quasi totalmente ceduate) e nella maggiore presenza in Italia di boschi di sempreverdi mediterranee e di “altre terre boscate”, che sono prevalentemente concentrate nella fascia mediterranea, che non è presente o meno rappresentata nei paesi confinanti. A titolo di esempio, il volume medio delle leccete in Italia è di 73 m3 ha-1 mentre in Francia è di 47 m3 ha-1, ma in Italia ci sono molte più leccete e quindi queste, pur essendo molto più ricche di biomassa di quelle francesi, incidono maggiormente sulla media nazionale. Considerando poi che i volumi di tutte le categorie citate sono relativi al 2005 e sono in costante aumento (di fatto preleviamo meno del 40% dell’incremento) non si evidenziano “volumetrie ridotte a causa dei tagli”.

I dati dell’Inventario forestale nazionale non sono raccolti e diffusi dal MIPAAF ma dal “Comando unità per la tutela forestale, ambientale ed agroalimentare dell’Arma dei carabinieri”.

Petizione: “Già perché nel silenzio generale dei media, e in un contesto di crisi ambientale che sta mobilitando le coscienze e i governi di tanti Paesi, l’Italia è oggetto di un vero e proprio sacco boschivo, a causa di pratiche di «gestione» che prevedono un massiccio ricorso al taglio (spesso eseguito nel peggiore dei modi: cosiddetto ceduo «stecchino»), passando poi per la pressione delle succitate centrali a biomasse - peraltro lautamente finanziate con contributi pubblici -, senza contare i tagli abusivi che si succedono senza sosta (persino nei parchi nazionali, con particolare riferimento a quelli calabresi), e che generalmente trovano nella mera contravvenzione la loro sanzione giuridica.

Dati ufficiali: Non si può definire “oggetto di un vero e proprio sacco boschivo” un paese che ha triplicato la sua copertura forestale negli ultimi 120 anni ed in cui l’incremento annuo di 77.960 ha nel periodo 1985-2005 e di 52.856 ha nel periodo 2005-2015 (dati INFC). Non si può parlare di “massiccio ricorso al taglio”: l’Italia è il paese dell’Europa continentale che, come evidenziato da tutte le statistiche ufficiali, preleva meno legno dalle foreste rispetto all’incremento. L’Italia è il paese europeo (e forse mondiale) nel quale le foreste hanno il più elevato livello di tutela: il 100% delle foreste sono soggette a vincolo paesaggistico, l’85% delle foreste a vincolo idrogeologico ed il 28% delle foreste (oltre 3.9 milioni di ettari) ha un vincolo di carattere naturalistico. L’Italia è anche l’unico paese europeo con un corpo addirittura militare preposto ai controlli diffusi su quasi tutto il territorio nazionale, vicariato da corpi regionali di polizia forestale nelle regioni e province a statuto speciale.

Il problema dei tagli abusivi esiste, almeno in alcune parti del paese, ma questo, come già ricordato, è un problema limitato (che non incide sul trend nazionale) e che non riguarda la gestione ma i controlli (che sono di competenza dei Carabinieri Forestali). Rispetto a quanto riportato nella petizione, si ricorda che un taglio non autorizzato (abusivo) non può essere oggetto di sola sanzione amministrativa, ma è un reato di carattere penale (sia all’interno che all’esterno di un Parco nazionale).

Petizione: “Si aggiunga pure una nuova strategia adottata da molte amministrazioni comunali: la vendita di porzioni boschive - con conseguente abbattimento - al solo scopo di fare cassa. Emblematica la vicenda del Comune di Paola (CS): una superficie di 22 ettari di faggeta verrà tagliata per ricavare 54.000 euro .

Dati ufficiali: Definire “una nuova strategia adottata da molte amministrazioni comunali: la vendita di porzioni boschive” significa ignorare la storia del nostro paese e l’economia delle aree interne. I comuni sono i principali proprietari forestali in Italia e per secoli hanno avuto nelle foreste un elemento importante dell’economia e della coesione sociale. I comuni, in quanto proprietari forestali, hanno piena titolarità nelle scelte gestionali delle loro foreste (naturalmente rispettando le norme forestali ed i vincoli naturalistici, idrogeologici e paesaggistici), ed hanno il diritto/dovere di utilizzare in modo sostenibile i beni demaniali per massimizzare i servizi ecosistemici a beneficio delle comunità locali e dell’interesse pubblico (⇒ https:/­/­agriregionieuropa.univpm.it/­it/­content/­article/­31/­45/­le-foreste-delle-aree-interne-potenzialita-di-sviluppo-delleconomia-locale-e).

Petizione: “Per tutte queste ragioni chiediamo a gran voce l’abbandono di una anacronistica gestione boschiva tarata sul produttivismo, a vantaggio di una improntata a criteri prettamente conservativi.

Dati ufficiali: Come più volte citato, in nessuna legge o regolamento nazionale, regionale o provinciale si fa riferimento ad una priorità degli aspetti produttivi. Tuttavia, gli aspetti produttivi sono importanti a livello locale, nazionale e globale (l’IPCC chiede di produrre più legno, in quanto materia prima rinnovabile, e di sostituire i prodotti derivati da combustibili fossili o che richiedono alte emissioni di carbonio con prodotti legnosi) e negarlo, o addirittura criminalizzarlo, non solo non è corretto, ma è profondamente sbagliato dal punto di vista della sostenibilità e della lotta alla crisi climatica (⇒ http:/­/­www.greenreport.it/­news/­aree-protette-e-biodiversita/­confini-planetari-e-lotta-al-cambiamento-climatico-eliminare-carbone-petrolio-e-gas-e-la-parte-facile/­).

Infine, gli aspetti “conservativi” sono già oggi di competenza del MATTM che li esercita all’interno delle aree che hanno un vincolo naturalistico e anche nell’ambito del TUFFF, in quanto tutta la legislazione forestale è di fatto il risultato di una concertazione tra il MIPAAF, gli altri ministeri competenti (che per esempio partecipano ai tavoli di lavoro dei decreti attuativi riguardanti anche le loro competenze), regioni e province autonome.

Petizione: “Troppo alta la posta in gioco: le foreste sono ecosistemi complessi adattativi e come tali richiedono una pianificazione e gestione adeguate, sia per garantire la conservazione dei boschi cosiddetti «funzionali», sia per quanto concerne il restauro di quelli degradati. Per far ciò, occorre innanzitutto che la delega sulle foreste passi dal MIPAAF al dicastero dell’Ambiente, e allo stesso tempo che quest’ultimo riceva in dote le giuste professionalità nonché gli strumenti adeguati per poter operare al meglio.

Dati ufficiali: Questo punto è di difficile interpretazione: la soluzione a tutti problemi (presunti) evidenziati è il trasferimento della competenza (indirizzo e coordinamento) dal MIPAAF al MATTM? In molte Regioni e Province Autonome (che hanno competenza primaria per la gestione forestale) già adesso le foreste non sono inserite nello stesso Assessorato dell’Agricoltura, ma dipendono dagli Assessorati Ambiente, Territorio, Protezione civile ecc. La collocazione con l’agricoltura spesso è preferita perché il legno è una componente importante del settore primario e perché le politiche europee (la PAC) accomunano foreste ed agricoltura, ma non è rilevante. In ogni caso non si percepisce come questo proposto spostamento possa in alcun modo influire sulla gestione dei popolamenti forestali, che è di competenza di regioni e provincie autonome.

Petizione: “Ciò non vuol dire farsi promotori di richieste che hanno il sapore dell’utopia romantica: riteniamo infatti che la silvicoltura, mediante un processo di graduale transizione, debba essere sostituita dall’arboricoltura, cosicché una buona parte del fabbisogno di materia legnosa potrà provenire da foreste messe a dimora in spazi agricoli non utilizzati (come del resto già accade con la pioppicoltura).

Dati ufficiali: L’arboricoltura è in Italia una realtà che interessa circa 100.000 ha e produce circa il 50% del legname ad uso industriale prodotto sul territorio nazionale. L’arboricoltura è un’attività legata all’azienda agraria o all’imprenditore privato ed è effettuata su terreni agricoli (non bosco). Gli spazi agricoli non utilizzati sono già stati in buona parte colonizzati dal bosco (sono bosco e quindi su di essi non si può fare arboricoltura, perché sarebbe una trasformazione di uso del suolo). Una politica d’incentivazione delle produzioni legnose fuori bosco non potrebbe, in tempi brevi e medi, sostituire le produzioni legnose in foresta e la necessità, accanto alla produzione legnosa, di una gestione multifunzionale finalizzata all’erogazione di tutti i servizi ecosistemici richiesti dalla società. La disponibilità di terreni agricoli per arboricoltura in Italia deve anche tenere conto del fatto che i prodotti agricoli sono la prima voce per importanza nelle importazioni nazionali e che è necessario intensificare le produzioni agricole nazionali non solo per ridurre il deficit nella bilancia dei pagamenti, ma anche per ridurre la deforestazione equatoriale e tropicale (vedi ⇒ http:/­/­www.aissa.it/­­_docs/­news/­190628­_Intensificazione­_sostenibile­_versione­_ecostampa.pdf).

Petizione: “Altresì pensiamo che il Ministero dell’Ambiente, in virtù delle nuove competenze, potrà acquisire al demanio dello Stato i cosiddetti «boschi di protezione», ovverosia quelle formazioni forestali che difendono il territorio da valanghe e dissesto idrogeologico, in modo da sottrarli a qualsiasi ipotesi di taglio.

Dati ufficiali: Anche questo punto è di difficile interpretazione: si vuole proporre un “esproprio” statale nei confronti dei proprietari forestali che hanno foreste che svolgono il ruolo di protezione diretta? Nella sola Val d’Aosta questo provvedimento riguarderebbe oltre il 70% dei boschi, pari ad oltre 70.000 ha di foreste (⇒ https:/­/­www.regione.vda.it/­risorsenaturali/­risorsenaturali/­Foresteprot/­default­_i.aspx). Si vuole creare un “demanio forestale statale"? Come si pensa di compensare i proprietari espropriati? Come si pensa di gestire poi i boschi passati al controllo statale? Si pensa che l’esproprio e la statalizzazione siano un sistema corretto ed efficiente per la gestione del patrimonio forestale? Si pensa che lo Stato italiano avrà risorse da investire e strutture tecniche per supportare i massicci e capillari interventi distribuiti su tutto il territorio nazionale?

Per quanto riguarda le foreste di protezione diretta si invitano gli estensori dell’appello a leggere il TUFFF, articolo 15 comma 4 lettera 7: “I boschi aventi funzione di protezione diretta di abitati, di beni e infrastrutture strategiche, individuati e riconosciuti dalle regioni, non possono essere trasformati e non può essere mutata la destinazione d’uso del suolo, fatti salvi i casi legati a motivi imperativi di rilevante interesse pubblico nonché le disposizioni della direttiva 2004/35/CE e della relativa normativa interna di recepimento”. Come si vede il MIPAAF invita le Regioni ad individuare i boschi di protezione diretta (definiti all’art3, comma 2, lettera r della stessa legge: “Bosco di protezione diretta: superficie boscata che per la propria speciale ubicazione svolge una funzione di protezione diretta di persone, beni e infrastrutture da pericoli naturali quali valanghe, caduta massi, scivolamenti superficiali, lave torrentizie e altro, impedendo l’evento o mitigandone l’effetto”) ed a tutelarne la funzione svolta. Già ora alcune regioni (ad es., Piemonte, Valle d’Aosta, Provincia Autonoma di Trento) dispongono di una mappatura completa delle foreste di protezione e prevedono misure di gestione specifiche per la loro gestione (⇒ http:/­/­www.regione.piemonte.it/­foreste/­images/­files/­pubblicazioni/­selvicoltura­_foreste­_protez.pdf).

Petizione: “Infine, riteniamo prioritario riportare la competenza sui boschi pubblici e privati da regioni, province e comuni allo Stato centrale: dal momento che il patrimonio arboreo rappresenta un interesse strategico nazionale, esso va sottratto ai meccanismi di riduzione al criterio dell’utile.

Dati ufficiali: Questa proposta richiederebbe una modifica della costituzione (art. 117). Trasferire la competenza (della gestione patrimoniale, in quanto la competenza primaria ambientale e paesaggistica sono già attualmente dello Stato) significa accentuare il distacco tra le comunità locali e le loro foreste. Inoltre, l’interesse nazionale deve necessariamente essere esteso anche alla materia prima legno, per la quale dipendiamo dalle importazioni per oltre l’80%. Il settore foresta-legno ed il suo indotto rappresentano circa il 3-4% del PIL nazionale e danno lavoro a circa 300.000 persone: dunque la disponibilità di materia prima ha un ruolo strategico anche dal punto di vista economico e sociale. Ogni anno importiamo dall’estero circa 30 milioni di metri cubi di legname (di cui circa il 20% si stima di provenienza illegale) che provocano il degrado di migliaia di ettari di foreste equatoriali e tropicali. L’interesse planetario ed europeo (⇒ https:/­/­www.foresteurope.org/­docs/­fullsoef2015.pdf) è quello di intensificare la produzione di legname in modo sostenibile nelle foreste temperate (⇒ http:/­/­www.aissa.it/­­_docs/­news/­190628­_Intensificazione­_sostenibile­_versione­_ecostampa.pdf), riducendo il prelievo dalle foreste equatoriali e tropicali (⇒ http:/­/­www.fao.org/­3/­a-i4793e.pdf).

Considerazioni conclusive 

La petizione rappresenta un esempio emblematico di come la comunicazione ambientale può essere manipolata e, fatto ancora più grave, di come molti divulgatori/comunicatori che utilizzano l’etichetta “ambientale” inoltrano e veicolano messaggi o slogan senza il minimo controllo delle fonti e della attendibilità della provenienza di queste.

Per quanto riguarda il settore foresta-legno questa petizione rappresenta una delle tante iniziative nate in seguito alla approvazione del TUFFF (Decreto legislativo 3 aprile 2018 n. 34, Testo Unico in materia di Foreste e Filiere Forestali). La presenza di opinioni e punti di vista diversi è una componente fondamentale della democrazia ed il confronto politico, sociale e accademico è una garanzia ed un motore di crescita sociale e culturale del paese. Il confronto però deve utilizzare dati corretti e trasmettere messaggi coerenti con i dati e non mirati a falsare la realtà.

Il settore foresta-legno è uno strumento fondamentale per la lotta alla crisi climatica, come sottolineano IPCC, UE, FAO con sempre maggiore insistenza. In un momento in cui la lotta contro la crisi climatica richiede da un lato un pieno supporto della ricerca e del mondo scientifico e dall’altro un’informazione semplice, completa e soprattutto corretta, le voci che usano l’etichetta “ambientale” per trasmettere messaggi falsi e/o per raggiungere obiettivi e scopi che nulla hanno a che fare con la lotta contro la crisi climatica, il miglioramento della sostenibilità e/o la difesa della biodiversità, contribuiscono ad alimentare confusione e dubbi che possono essere utilizzati e strumentalizzati dai negazionisti. Anche per questi motivi si è recentemente costituito nell’ambito della SISEF un gruppo di lavoro sulla “comunicazione”. L’obiettivo di questo gruppo è la diffusione di una corretta “cultura forestale” nella società e presso il grande pubblico in Italia, cioè di una maggiore consapevolezza del patrimonio forestale italiano, del ruolo delle foreste come fornitori di servizi ecosistemici, delle pratiche e degli obiettivi della gestione forestale sostenibile, della selvicoltura come strumento di mitigazione dei cambiamenti climatici e dei pericoli naturali. Ma il rapporto tra scienza e società non è fatto solo di comunicazione di contenuti, ma passa attraverso il consolidamento di un rapporto di fiducia tra cittadini ed esperti. Per consolidare questo rapporto è importante vigilare sulla diffusione di notizie false ed essere consapevoli dell’importanza del nostro ruolo nella crescita di una cultura scientifica nel nostro paese.

Principali risorse informative 

Di seguito alcune delle principali risorse informative di possibile interesse per l’approfondimento degli argomenti trattati:

 
 
 

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