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Demand and supply of wood biomass for energy use in the province of Trento (Italy): a survey

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 16, Pages 16-25 (2019)
doi: https://doi.org/10.3832/efor3037-016
Published: Mar 07, 2019 - Copyright © 2019 SISEF

Research Articles

Abstract

In the last decades, the energy policy of European Union (EU) has fostered the use of biomass from forests and outside forests for energy purposes. Firstly, the Green Paper on renewable energies of the European Commission, then, the Directive 2009/28/EC on the promotion of the use of energy from renewable sources, the objectives of reducing the greenhouses gases (GHG) emissions and increasing the share of final consumption covered by renewable sources have been established. In this context, the present study investigated the flow of wood residues for energy use in the Trentino province - involving 82 wood processing enterprises (74% of total enterprises) and 22 biomass energy plants (85% of total biomass energy plants) - and quality of raw material used. The results show that in the Trentino province 100% of wood residues produced by wood processing enterprises are sold in the market (90.6%) or re-used within the enterprise (9.4%). Concerning the biomass sold on the market, 46% of wood biomass is marketed within the Trentino province, while 54% is marketed outside the province (Bolzano province, Veneto and Lombardy region). The biomass energy plants mainly use woodchips from forest and sawmills (86%), while sawdust and bark cover the remaining 10% and 4%, respectively. The biomass energy plants sample involved in the survey buys mainly raw material from traders (42.5%) followed by wood processing enterprises (34.3%) and forest enterprises (23.2%). Regarding the quality of wood biomass, only 54.5% of biomass energy plants sample checks the water content, while 41% buy certified woodchips. The results of this study highlight that forest-wood chain in the Trentino province is efficient in re-using wood residues produced in accordance with the principles of the circular bioeconomy, while there are still margins for improvement about the controls of the quality of raw materials used and to enhance of wood products of high added value (bio-textiles, bio-plastics).

Keywords

Circular Bioeconomy, Short Chain, Cascading Approach, First Wood Processing Enterprises, Biomass Energy Plants, Wood Residues, Trentino

Introduzione 

Negli ultimi decenni, la politica energetica dell’Unione Europea (UE) ha dato un notevole impulso all’impiego delle biomasse legnose per finalità energetiche al fine di ridurre la dipendenza dei paesi membri dall’uso di combustibili fossili e di contenere le emissioni dei gas clima alteranti in atmosfera ([6], [1]). Le biomasse legnose rappresentano la principale fonte di energia rinnovabile dell’UE, coprendo il 48% dei consumi totali di rinnovabili e il 67% della bioenergia ([39], [21]).

Nel 1996, il Libro Verde sulle fonti energetiche rinnovabili della Commissione Europea ha dato un primo impulso positivo a favore dell’impiego delle energie rinnovabili, prevedendo un aumento della quota energetica da rinnovabili dal 6% al 12% per il periodo 1996-2010 ([7], [23]). In seguito, la Direttiva Europea 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili ha fissato una riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra in atmosfera del 20% (periodo di riferimento 1990-2020), un aumento dell’efficienza energetica del 20% e un incremento del fabbisogno di energia da fonti rinnovabili del 20% (target 20-20-20 - [5]). Recentemente, il Consiglio Europeo (2014) ha approvato il “Quadro per il clima e l’energia 2030” ponendo come obiettivi prioritari: una riduzione almeno del 40% delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990; la copertura del 27% dei consumi finali lordi di energia con le fonti rinnovabili; un miglioramento almeno del 27% dell’efficienza energetica. La suddetta strategia energetica dell’UE ha avuto i suoi effetti positivi, portando ad un aumento della quota coperta da fonti rinnovabili sui consumi energetici finali dall’8.5% del 2004, al 13% del 2011, fino al 17% del 2016. In questo contesto, ci sono paesi più virtuosi che hanno abbondantemente superato già nel 2016 il proprio target al 2020 - quali ad esempio Svezia (53.8%), Finlandia (38.7%), Austria (33.5%), Estonia (28.8%), Croazia (28.3%) - mentre altri paesi si trovano in ritardo nel conseguimento del target fissato (Paesi Bassi 6%, Belgio 8.7%, Irlanda 9.5%).

Nello specifico, l’Italia ha visto accrescere la propria quota di consumi energetici finali coperta da fonti rinnovabili dal 6.3% del 2004 al 17.4% del 2016. In accordo con gli obiettivi comunitari, con il decreto dell’8 marzo 2013 è stata adottata la Strategia Energetica Nazionale, aggiornata nel 2017. Tale Strategia prevede una riduzione dei consumi finali da 118 a 108 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) con un risparmio di circa 10 Mtep al 2030, una riduzione della dipendenza energetica dall’estero dal 76% del 2015 al 64% del 2030, e il raggiungimento del 28% di rinnovabili sui consumi complessivi al 2030 rispetto al 17.5% del 2015. In questo contesto in rapida evoluzione, la domanda bioenergetica è in costante crescita anche a seguito dei nuovi impianti di teleriscaldamento e cogenerazione che sono stati realizzati in Italia negli ultimi decenni. Con riferimento al 2010, Francescato & Antonini ([13]) hanno stimato un consumo di cippato di circa 1.8 Mt (milioni di tonnellate) nei 45 grandi impianti di produzione di energia elettrica (450 MWe), di 0.41 Mt negli 86 impianti di teleriscaldamento e 0.39 Mt nelle mini-reti. In seguito, la domanda di cippato è andata ulteriormente crescendo di pari passo con la realizzazione di nuovi impianti a biomasse sia di piccola sia di media taglia.

Per quanto concerne l’offerta di biomasse legnose, Pettenella et al. ([30]) hanno quantificato in un valore tra 10.2 e 11.2 Mt il quantitativo di biomassa legnosa annua per usi energetici suddivisa in 2.7 Mt di residui legnosi da foresta ([8]), tra i 3 e 4 Mt di biomassa legnosa da alberi fuori foresta (trees outside forests - [11]), 3.8 Mt di biomasse importate dall’estero ([36]) e 0.7 Mt di legno reimpiegato per usi energetici in accordo con i principi dell’economia circolare ([12]). Questi numeri, seppur provenienti da fonti differenti, mettono in luce l’importanza strategica delle biomasse legnose come fonte di energia rinnovabile al fine di conseguire gli obiettivi del 2030 previsti dalla Strategia Energetica Nazionale. Inoltre, è presumibile aspettarsi un’ulteriore crescita dell’offerta di biomasse legnose, al fine di soddisfare la crescente domanda interna, in particolare attraverso la valorizzazione dei residui forestali derivanti dai diradamenti e dai tagli di utilizzazione finale e dei residui agricoli derivanti dalla potatura dei frutteti ([24]). Viceversa, è difficilmente ipotizzabile un ulteriore incremento delle colture dedicate a ciclo breve (Short Rotation Forestry) che hanno raggiunto una discreta diffusione alla fine del secolo scorso grazie ai finanziamenti legati ai Piani di Sviluppo Rurale (PSR - [9]).

In riferimento al materiale destinato agli impianti a biomasse, il Testo Unico Ambientale (D.lgs. 152/2006) considera le seguenti tipologie di biocombustibili potenzialmente impiegabili: (1) materiale prodotto da coltivazioni dedicate; (2) materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico, lavaggio con acqua o essicazione di coltivazioni agricole dedicate; (3) materiale vegetale prodotto da interventi selvicolturali, da manutenzione forestale e da potatura; (4) materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica del legno vergine e cascami di legno vergine non contaminati da inquinanti; (5) materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico, lavaggio con acqua o essicazione di prodotti agricoli. La qualità del materiale impiegato negli impianti a biomasse, in termini di composizione, umidità e contenuto di ceneri, è un fattore di fondamentale importanza in quanto ha una diretta influenza sulla resa e sul corretto funzionamento delle caldaie ([15], [35], [28], [33]). La qualità del cippato è correlata alla provenienza del materiale - ad es., da residui forestali o proveniente dal processo di lavorazione del legno - e alla tecnologia di produzione ([32]). Francescato et al. ([14]) hanno effettuato un’estesa campagna di misure con diverse qualità di pellet e cippato, ed hanno evidenziato l’importanza di un corretto settaggio dell’impianto per consentire il rispetto dei limiti emissivi, mentre Olave et al. ([28]) sottolineano l’importanza della composizione del combustibile per le emissioni di NOx e particolato (legati alla percentuale di N, P, K), e dell’umidità per le rese dell’impianto.

La classificazione qualitativa dei biocombustibili solidi è stata normata a livello comunitario dalla specifica tecnica CEN/TS 14961 “Solid biofuels, fuel specification and classes” (2005), sulla base della quale nel 2007 in Italia è stata pubblicata la specifica tecnica UNI/TS 11264 “Caratterizzazione di legna da ardere, bricchette e cippato”. Le specifiche tecniche descritte dalla norma ISO 17225-4 “Biocombustibili solidi: Specifiche e classificazione del combustibile - Parte 4. Cippato” prevedono quattro classi di qualità (A1+, A1, A2, B1). A questo si aggiunge la possibilità di ottenere il marchio volontario BiomassPlus, rilasciato dall’Associazione Italiana Energie Agroforestali (AIEL) per assegnare un livello più prestigioso a coloro che si impegnano nel garantire la qualità della filiera (Tab. 1).

Tab. 1 - Classificazione del cippato in base alla norma ISO 17225-4 e alla certificazione BiomassPlus.

Classificazione Parametro Classe cippato
A1+ A1 A2 B1
ISO 17225-4 Origine e tipologia materia prima Alberi interi senza radici;
Tronchi;
Residui delle utilizzazioni forestali;
Residui di legno non trattato chimicamente
Legno di foresta, di piantagione, e altro legno vergine;
Residui di legno non trattato chimicamente
Contenuto idrico W (%) ≤ 10 ≤ 25 ≤ 35 Deve essere dichiarato
il valore massimo
Cenere residua (% secco) ≤ 1 ≤ 10 ≤ 1.5 ≤ 3
BiomassPlus Responsabile qualità × × × ×
Adeguatezza dei mezzi per la trasformazione e movimentazione × × × ×
Controlli interni sulla qualità del prodotto conforme alla classe certificata × × × ×
Adeguato stoccaggio della materia prima × × × -
Adeguati spazi per lo stoccaggio e movimentazione del prodotto finito, separato in base alla qualità × × × -
Adeguatezza del sistema di imballaggio e impacchettamento × × × -
Infrastruttura coperta per lo stoccaggio del prodotto finito × × - -
Sistema di essicazione e vagliatura × - - -

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Le caratteristiche fisiche prese in considerazione dalla norma per determinare la qualità del prodotto sono l’origine e provenienza, il contenuto idrico, le ceneri e il potere calorifico ([2]).

A partire dalle suddette considerazioni, l’obiettivo del presente contributo è stato quello di quantificare la domanda e l’offerta di biomasse legnose provenienti dalle imprese di prima trasformazione del legno in provincia di Trento e di analizzare la qualità della materia prima commercializzata. Il lavoro si è focalizzato sui residui provenienti dal processo di lavorazione del legno in quanto essi rappresentano la quota più consistente delle biomasse legnose utilizzate per scopi energetici in provincia di Trento e perché sono quelli attualmente più richiesti dal mercato.

Materiali e metodi 

Area di studio

L’area di studio è la provincia di Trento - 621 200 ha di superficie territoriale per una popolazione di 538 579 (densità pari a 0.87 abitanti per ettaro) - dove storicamente il settore forestale svolge un ruolo di primaria importanza, grazie alla molteplicità di beni e servizi ecosistemici erogati dalla risorsa forestale alla società ([17], [26]).

I boschi della provincia di Trento sono gestiti dagli anni ’50 del XX secolo secondo i principi della selvicoltura naturalistica volti a favorire la rinnovazione naturale del popolamento, i boschi misti e lo sviluppo di strutture multiplane ([10], [38]). La selvicoltura naturalistica oltre a dar luogo ad un aumento della massa legnosa - che attualmente ammonta a 54 milioni di metri cubi in riferimento ai boschi provinciali pianificati - consente contestualmente di migliorare la stabilità dei versanti dal rischio di dissesti idrogeologico, il deflusso idrico e la biodiversità specifica e paesaggistica dei popolamenti forestali ([31]).

Nell’ultimo secolo il valore economico del legname è andato progressivamente diminuendo, conseguentemente la funzione produttiva legnosa ha perso il proprio primato nel bilancio comunale di molti piccoli comuni di montagna. Contestualmente è però aumentata l’importanza sociale di alcuni servizi ecosistemici quali la mitigazione dai cambiamenti climatici, la funzione turistico-ricreativa, la conservazione della quantità e qualità dell’acqua, la protezione nei confronti dei dissesti idrogeologici quali frane, valanghe e caduta massi ([37]). Seppure questi servizi ecosistemici erogati dalle foreste rivestano un ruolo chiave agli occhi della società, molti di essi non hanno un vero e proprio valore di mercato e quindi non sono contabilizzati portando ad una sottostima del valore globale della risorsa forestale ([18]).

Attualmente i boschi in Trentino coprono oltre 390 000 ha (63% della superficie territoriale provinciale) - 23.6% di proprietà privata e 76.4% di proprietà pubblica - dei quali circa il 72% è gestito attraverso piani di gestione forestale a scadenza decennale. I principali tipi forestali in termini di superficie sono i boschi a prevalenza di abete rosso (32%), faggio (14%), larice (13 %) ed abete bianco (11%). Negli ultimi decenni si è registrata una crescita annuale della superficie forestale del Trentino stimata attorno allo 0.1%, mentre nel 2018 a causa della “tempesta Vaia” si è registrata una drastica diminuzione della superficie forestale con l’abbattimento di oltre 2.8 milioni di m3 di legname su 18 389 ha, prevalentemente concentrati nelle valli del Trentino Orientale ([22], [3]).

Per quanto concerne il comparto produttivo delle aziende di prima lavorazione del legno risultano presenti 52 aziende di segagione per un totale di 425 addetti impiegati, 50 aziende produttrici di imballaggi con 479 addetti. A queste vanno aggiunte 36 aziende di assemblaggio con 319 addetti che principalmente acquistano semi-lavorati per la produzione di bancali e cassette per prodotti ortofrutticoli. Il legname tondo lavorato ammonta a circa 750 000 m3 l’anno di cui la maggior parte è di provenienza locale (76% del legname lavorato dalle aziende di segagione e 66% da quelle produttrici di imballaggi). Il legname grezzo proveniente dall’estero ammonta a circa 20 000 m3 per le aziende di segagione (6% del legname grezzo totale lavorato da queste aziende) e a circa 45 000 m3 per le aziende produttrici di imballaggi (11% del legname grezzo totale lavorato da queste aziende - [4]).

Struttura dell’indagine

Il presente studio ha investigato la quantità/flussi e qualità delle biomasse legnose prodotte dalle imprese di prima trasformazione del legno e impiegate negli impianti di teleriscaldamento e cogenerazione in provincia di Trento. A tal fine, l’indagine è stata strutturata in quattro fasi così sintetizzabili: (1) individuazione del campione di imprese di trasformazione del legno e di impianti a biomasse da coinvolgere nell’indagine; (2) preparazione e somministrazione di persona (face-to-face) di un questionario al campione di imprese di trasformazione e impianti a biomasse precedentemente individuato; (3) raccolta di campioni di biomasse legnose e analisi di laboratorio per la determinazione del contenuto idrico; (4) elaborazione statistica delle informazioni raccolte al fine di evidenziare i flussi di materiali interni ed esterni alla provincia di Trento e la qualità delle biomasse legnose impiegate per uso energetico.

Individuazione del campione

In riferimento al 2017, in provincia di Trento risultano attivi 26 impianti a biomasse per una potenza globale installata di 72 MW (Fig. 1): 17 impianti hanno una taglia inferiore a 1.5 MW (impianti di piccola taglia), 6 impianti hanno una potenza installata superiore a 10 MW (impianti di grossa taglia), mentre i restanti 3 impianti hanno una taglia compresa tra 3 MW e 10 MW (impianti di media taglia). Sul totale degli impianti presenti, sette sono impianti di cogenerazione per una potenza elettrica globale installata di circa 5MW. In tal senso, va ricordato che gli impianti di cogenerazione, proprio per il fatto di produrre sia energia termica sia energia elettrica, sono generalmente quelli di taglia superiore (media o grossa) rispetto agli impianti che producono unicamente calore.

Fig. 1 - Impianti a biomasse presenti in provincia di Trento suddivisi per comune e potenza installata.

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Ai fini del presente progetto, tutti gli impianti a biomasse presenti in provincia di Trento sono stati contattati, ma soltanto 22 si sono detti disponibili a partecipare all’indagine (tasso di risposta dell’84.6%).

Per quanto concerne le imprese di prima trasformazione del legno, a partire dagli elenchi forniti dalla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura (CCIAA) di Trento è stata redatta una lista di imprese attive nell’ambito della segagione e della produzione di imballaggi. La lista finale ricomprendeva 102 imprese di prima trasformazione del legno, di cui 52 specializzate nella segagione e 50 produttrici di imballaggi. A partire dalla suddetta lista è stato estratto un campione casuale di 82 imprese - corrispondente all’80% delle imprese di prima trasformazione del legno attive in provincia di Trento - che sono state contattate telefonicamente chiedendo la disponibilità ad essere coinvolte nell’indagine. A seguito di questa fase di coinvolgimento, 75 imprese si sono dette disponibili a partecipare all’indagine (tasso di risposta del 91.4%).

Preparazione e somministrazione del questionario

Al fine di investigare la produzione media annua di residui legnosi con i relativi flussi interni e esterni alla provincia di Trento sono stati predisposti tra febbraio e marzo 2018 due questionari: il primo da somministrare ai gestori degli impianti di teleriscaldamento e cogenerazione, il secondo per le imprese di prima trasformazione del legno. Entrambi i questionari sono stati testati al fine di valutarne la congruenza con gli obiettivi dello studio, il grado di comprensione delle singole domande e la semplicità di compilazione nel suo complesso. Al termine della fase di pre-test, che ha dato luogo ad alcune modifiche migliorative in termini di comprensibilità, i questionari risultavano formati da 23 domande, quello per le imprese di prima trasformazione del legno, e da 24 domande, quello per gli impianti di teleriscaldamento e cogenerazione.

Il questionario per le imprese di prima trasformazione del legno è stato ripartito in quattro sezioni tematiche: (1) “Materia prima utilizzata” (p. es., quantitativi acquistati e lavorati annualmente; provenienza del materiale; principali specie utilizzate; numero di addetti impiegati; tipologie di prodotti; certificazione della materia prima acquistata); (2) “Scarti legnosi prodotti” (p. es., resa del processo produttivo; ammontare totale degli scarti legnosi prodotti suddivisa per tipologia: corteccia, segatura e trucioli, cippato, refili e sciaveri; percentuale di scarti reimpiegati in azienda; destinazione finale degli scarti prodotti); (3) “Impieghi alternativi degli scarti legnosi” (p. es., conoscenze e disponibilità di vendere i residui legnosi prodotti per usi alternativi quali packaging in legno, bio-plastiche, bio-tessuti, artigianato/oggettistica); (4) “Relazioni professionali con enti istituzionali nell’ambito della ricerca, innovazione e sviluppo”.

Il questionario per gli impianti a biomasse è stato strutturato nelle seguenti sezioni tematiche: (1) “Caratteristiche generali dell’impianto” (p. es., potenza termica e elettrica impianto; ore di funzionamento annuo; numero caldaie e tipo di alimentazione; caratteristiche della rete di teleriscaldamento); (2) “Dati energetici impianto” (p. es., quantità di energia prodotta annualmente; percentuale di autoconsumo; combustibili e fonti di energia impiegati nell’impianto); (3) “Caratterizzazione delle biomasse utilizzate” (p. es., tipologia, costo, quantità e provenienza delle biomasse impiegate; percentuale di biomasse acquistata da commercianti; caratteristiche qualitative della biomassa acquistata); (4) “Emissioni e rifiuti” (p. es., tipo di filtro applicato al camino; emissioni medie dall’impianto annue; rifiuti prodotti dall’impianto e modalità di smaltimento); (5) “Relazioni professionali con enti istituzionali nell’ambito della ricerca, innovazione e sviluppo”; (6) “Informazioni addizionali” (p. es., personale impiegato; agevolazioni e contributi; modello di processo decisionale interno all’impianto).

La somministrazione dei questionari è avvenuta nel periodo compreso tra aprile e agosto 2018. Tutti i questionari sono stati somministrati di persona, previo appuntamento telefonico, ad esclusione di tre segherie che hanno manifestato il loro desiderio di compilarlo autonomamente ed inviarlo via posta elettronica.

I dati raccolti con la somministrazione dei questionari alle imprese di trasformazione del legno e agli impianti a biomasse hanno permesso di ricostruire i flussi di biomasse legnose prodotte e impiegate per finalità energetiche in provincia di Trento.

Raccolta dei campioni di biomasse e analisi di laboratorio

Contestualmente alla somministrazione del questionario alle imprese di prima lavorazione del legno sono stati raccolti dei campioni di biomasse legnose (cippato, trucioli e segatura, corteccia) su un sotto-campione di 24 imprese che si sono dette disponibili a partecipare a questa fase della ricerca (32.0% del totale delle imprese intervistate, corrispondente al 23.5% del totale delle imprese di prima trasformazione della provincia di Trento). È stato poi misurato il contenuto idrico dei campioni raccolti, essendo questo uno dei principali parametri per la valutazione della qualità del cippato, come indicato dalla normativa UNI EN ISO 18134-2:2017. I singoli campioni raccolti sono stati pesati con bilancia digitale di precisione, entro 48 ore dalla raccolta, al fine di determinare il peso fresco (Pf) come indicato dalla norma. A seguito di questa operazione di pesatura, i campioni di biomasse sono stati riposti in contenitori di alluminio precedentemente tarati e seccati in stufa ad una temperatura di 105 °C per 24 ore (Fig. 2).

Fig. 2 - Tipologie di campioni di biomassa legnosa analizzati in laboratorio.

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Trascorse 24 ore, il campione è stato raffreddato in un essiccatore con gel di silice per garantire un’atmosfera anidra, ed è stato misurato il peso secco (Ps1). In seguito, i campioni sono stati nuovamente riposti in stufa alla temperatura di 105 °C per ulteriori 24 ore al fine di determinare se un maggior tempo di essicazione porta a delle differenze statisticamente significative in termini di contenuto idrico. Il terzo giorno, i campioni (raffreddati in atmosfera anidra) sono stati nuovamente pesati con bilancia digitale di precisone al fine di determinare il peso secco dopo 48 ore di essicazione in stufa (Ps2).

I dati ottenuti dalle operazioni di laboratorio sono serviti per stimare il contenuto idrico (w%) dei campioni essiccati in stufa per 24 e 48 ore (eqn. 1):

\begin{equation} w \text{%}= \left (\frac{P_{f} -P_{s}}{P_{f}} \right ) \cdot 100 \end{equation}

I risultati ottenuti hanno permesso di stimare il contenuto idrico delle diverse tipologie di biomasse (cippato, trucioli e segatura, corteccia) prodotti nelle imprese di prima trasformazione del legno in provincia di Trento. Infine, è stato testato se le differenze in contenuto idrico dei campioni essiccati per 24 ore e quelli essiccati per 48 ore sono statisticamente significative. A tal fine è stato applicato il test non-parametrico di Wilcoxon per due campioni dipendenti (Wilcoxon paired-sample test) impiegando un livello di significatività α = 0.05.

Elaborazione statistica

I dati forniti dalle imprese di prima trasformazione del legno sono stati elaborati al fine di quantificare l’offerta legata ai differenti tipi di residui legnosi derivanti dal processo di lavorazione del legno (cippato, trucioli e segatura, corteccia, refili e sciaveri), mettendo in luce i principali acquirenti (impianti a biomassa, privati, commercianti) e la destinazione finale del prodotto (interna o esterna al Trentino). Invece, i dati forniti dagli impianti di teleriscaldamento e cogenerazioni sono stati elaborati al fine di evidenziare la domanda di biomasse per finalità energetica enfatizzando in particolare la tipologia (cippato da bosco, cippato da segheria, corteccia) e la provenienza della materia prima impiegata.

Tutte le elaborazioni statistiche del presente studio sono state fatte impiegando il software XLStat™ 2017 (Addinsoft Inc., Paris, France).

Risultati 

Offerta di biomasse legnose

I risultati concernenti l’offerta di biomasse legnose da parte del campione di imprese di prima trasformazione del legno coinvolte nell’indagine mettono in luce un quantitativo totale di residui prodotti pari a 215 123 m3 l’anno (anno di riferimento 2017), corrispondente ad una media per impresa di 2868 m3 l’anno e ad una resa media del processo produttivo del 67%. Il range di valori è piuttosto elevato andando da un valore minimo di 2 m3 di residui prodotti l’anno, di una piccola segheria familiare, ad un valore massimo di oltre 33 000 m3 di residui prodotti ogni anno.

Le principali tipologie di biomasse legnose prodotte dal campione intervistato sono così distribuite: 20 368 m3 di corteccia (9.5% delle biomasse legnose totali), 19 552 m3 di refili e sciaveri (9.1%), 86 309 m3 di cippato (40.1%) e 88 894 m3 di segatura e trucioli (41.3%).

La quota di biomassa che le imprese di trasformazione del legno reimpiegano in azienda per finalità energetiche è pari al 9.4% del totale delle biomasse prodotte (20 128 m3) e riguarda 30 delle 75 imprese coinvolte nell’indagine. Nello specifico le biomasse legnose reimpiegate in azienda sono così distribuite tra le varie tipologie: 6.0% di refili e sciaveri, 54.6% di cippato e 39.4% di trucioli e segatura. Tale quota reimpiegata in azienda viene utilizzata principalmente per la produzione di energia termica e acqua calda sanitaria e in maniera minoritaria per l’essicazione dei prodotti legnosi.

Pertanto, i residui legnosi immessi sul mercato corrispondono a circa 195 000 m3 l’anno. Interessante è notare come questi residui legnosi siano interamente allocati sul mercato, ad esclusione di due imprese di trasformazione del legno che cedono gratuitamente a privati locali 24 m3 di corteccia e 25 m3 di segatura e trucioli. Questi dati mettono in evidenza un’ottima efficienza della filiera foresta-legno locale nel riutilizzare tutti i residui prodotti in accordo con i principi base della bioeconomia circolare.

La destinazione geografica finale delle biomasse legnose vendute è principalmente interna alla provincia di Trento (46% delle biomasse totali), il 31% è venduto in provincia di Bolzano, mentre il restante 23% è venduto principalmente in Veneto e Lombardia (Fig. 3). Entrando nello specifico delle singole tipologie di biomasse vendute sul mercato (Tab. 2) si evince come il 46.7% del cippato sia venduto in provincia di Bolzano o in altre regioni d’Italia, mentre soltanto il 28.2% è venduto nello stesso distretto forestale e il 25.1% in altri distretti della provincia di Trento. Analogamente la segatura e i trucioli sono venduti per il 67.5% esternamente alla provincia di Trento (23.9% in provincia di Bolzano e 43.6% in altre regioni d’Italia), mentre il restante 32.5% viene venduto internamente (di cui l’11.8% all’interno dello stesso distretto forestale). Per gli altri due sottoprodotti legnosi la situazione è differente, in quanto sia i refili/sciaveri sia la corteccia sono commercializzati prevalentemente in provincia di Trento rispettivamente con il 65% e il 63.8% del totale. Interessante è notare la discreta percentuale di queste due biomasse legnose che viene commercializzata internamente allo stesso distretto forestale in cui è prodotta: 19.8% per i refili e sciaveri e 46.1% per la corteccia.

Fig. 3 - Flussi di biomasse legnose prodotte dalle imprese di prima trasformazione del legno in provincia di Trento.

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Tab. 2 - Destinazione geografia finale delle biomasse legnose per tipologia.

Destinazione/
Tipologia
Corteccia
(m3)
Refili e sciaveri
(m3)
Cippato
(m3)
Segatura e trucioli
(m3)
Nello stesso distretto 9 385 3 546 21 243 9 553
In provincia di Trento 3 591 8 547 18 923 16 656
In provincia di Bolzano 3 138 4 123 33 147 19 316
Altre regioni d’Italia 4 230 2 125 2 011 35 158
Totale 20 344 18 342 75 324 80 683

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In merito all’uso finale delle biomasse legnose prodotte, si nota come la principale destinazione siano i commercianti e gli impianti a biomasse che acquistano rispettivamente il 51% e il 44% delle biomasse legnose complessivamente vendute dalle imprese di prima trasformazione del legno. La restante parte è destinata ai privati (4%) e alle imprese di seconda trasformazione del legno (1%). In particolare, i commercianti acquistano prevalentemente segatura, trucioli e corteccia, mentre gli impianti di teleriscaldamento e cogenerazione acquistano quasi esclusivamente cippato.

A livello di prezzi si riscontra che le centrali a biomasse pagano mediamente il cippato 16 € al metro stero (mst-1), la segatura e trucioli 10 € mst-1, e la corteccia 9 € mst-1, mentre i commercianti acquistano gli stessi prodotti a cifre leggermente più basse, ad esclusione della corteccia che viene acquistata mediamente a 13 € mst-1. Inoltre, merita segnalare come esistano interessanti differenze nei prezzi tra i vari distretti forestali, che sono principalmente legate ad accordi tra venditori e acquirenti locali, che consentono prezzi più vantaggiosi per i venditori e una sicurezza nell’approvvigionamento della materia prima per gli acquirenti.

Domanda di biomasse legnose a uso energetico

I risultati raccolti con la somministrazione del questionario a 22 dei 26 impianti a biomasse attivi in provincia di Trento evidenziano una domanda di biomasse legnose ad uso energetico pari a 167 296 m3 l’anno corrispondente ad un consumo medio pari a circa 7600 m3 l’anno. Al di là del valore medio è interessante evidenziare l’elevato range nei consumi degli impianti che va da un valore minino di 107 m3 l’anno ad un valore massimo di oltre 57 000 m3 l’anno.

Gli impianti sono stati realizzati nel periodo che va dalla fine degli anni ’90 del secolo scorso - l’impianto di Bioenergia Fiemme di Cavalese è stato realizzato nel 1999 - fino al recente impianto di Livo in Val di Non inaugurato nel 2018. La potenza termica complessiva del campione di impianti a biomassa coinvolti nello studio è pari a 64 MW di cui 11 impianti hanno una potenza termica inferiore a 1 MW, 6 impianti hanno una potenza compresa tra 1 e 10 MW, mentre i restanti 5 impianti sono sopra i 10 MW. Il 45% del campione di impianti ha un funzionamento stagionale, mentre il restante 55% ha un funzionamento annuale. In riferimento alle caratteristiche della rete di teleriscaldamento si va da un minimo di 4 utenze pubbliche servite fino ad un massimo di 979 utenze - sia pubbliche sia private - servite per una lunghezza della rete di 45 km.

In riferimento alla tipologia di materiale legnoso impiegato negli impianti a biomasse intervistati (Tab. 3) prevale il cippato con l’86.0% del totale seguito dai trucioli e segatura (10.0%) e dalla corteccia (4.0%). In tal senso, va segnalato come uno degli impianti a biomasse coinvolto nell’indagine impiega esclusivamente corteccia per alimentare l’impianto, mentre solo 6 degli impianti intervistati utilizzano cippato da bosco, in percentuali tra il 50-70% e sempre mescolato con cippato da segheria.

Tab. 3 - Provenienza delle biomasse legnose impiegate dagli impianti di teleriscaldamento e cogenerazione in provincia di Trento (m3).

Tipologia biomassa/
Provenienza
Segheria Foresta Commercianti Totale
Cippato 49 397 33 368 61 166 143 930
Segatura 16 699 - - 16 669
Corteccia 6 667 - - 6 667
Totale 72 762 33 368 61 166 167 296

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All’interno della categoria “cippato” la maggior parte viene acquistata da commercianti (42.5%), mentre il 34.3% viene acquisto direttamente dalle segherie (cippato da segheria) e il restante 23.2% dalle imprese boschive specializzate nella fase di cippatura (cippato da bosco). Il cippato - sia da segheria sia da bosco - proviene quasi esclusivamente da foreste dello stesso distretto in cui è localizzato l’impianto, mentre la situazione è differente quanto il cippato viene acquistato da commercianti. Questi ultimi acquistano per il 46% del totale dallo stesso distretto in cui è localizzato l’impianto, per il 14.6% da altri distretti forestali del Trentino, mentre per il restante 39.4% da altre regioni d’Italia.

In riferimento alla qualità del materiale acquistato, il 54.5% degli impianti (12 dei 22 impianti a biomasse) non effettua nessun controllo sull’umidità del cippato acquistato, mentre il restante 45.5% misura sistematicamente l’umidità del prodotto. Secondo le dichiarazioni degli intervistati, l’umidità media del prodotto acquistato misurata alla consegna è del 35% con un range compreso tra un minimo del 17% e un massimo del 50%.

Inoltre, 9 impianti su 22 (41%) acquistano cippato certificato nella seguente misura: un impianto acquista cippato A1+, sei impianti acquistano cippato A1, uno cippato A2 e un altro cippato B1.

Contenuto idrico delle biomasse legnose

I risultati delle analisi di laboratorio evidenziano un contenuto idrico medio per i campioni di segatura e trucioli del 32.2% sia nel caso di essiccazione per 24 ore sia di essiccazione per 48 ore, mentre per i campioni di cippato il contenuto idrico medio risulta del 35.6% e del 35.4% e, per i campioni di corteccia, del 29.9% e del 30.2% rispettivamente (Tab. 4). Indipendentemente dai suddetti valori medi emerge un elevato range nel contenuto idrico per tutte e tre le tipologie di biomasse (dal 8.7% al 56.2% per la segatura e trucioli, dal 10.2% al 54.2% per il cippato, dal 10.2% al 52.1% per la corteccia), questo fatto è legato ai mesi di stagionatura del legno, alle successive lavorazioni e alle modalità di stoccaggio/conservazione dello stesso. Interessante è evidenziare come il 42% dei campioni di cippato investigato avesse un contenuto idrico inferiore al 35%, mentre soltanto il 16% dei campioni presentava un contenuto idrico superiore al 50% (Fig. 4).

Tab. 4 - Valori di contenuto idrico (w%) dei campioni di residui di biomasse legnose prodotte dagli impianti di prima trasformazione del legno in Trentino.

Tipologia prodotti Segatura e trucioli
(n=18)
Cippato
(n=19)
Corteccia
(n=8)
w%
24 ore
w%
48 ore
w%
24 ore
w%
48 ore
w%
24 ore
w%
48 ore
Media 32.2 32.2 35.6 35.4 29.9 30.2
Dev. st. 14.6 14.8 14.4 14.5 14.9 15.0
Min 8.7 8.7 10.7 10.2 10.2 10.5
Max 55.8 56.1 53.9 54.2 52.0 52.1

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Fig. 4 - Distribuzione dei campioni di biomasse legnose analizzati per classi di contenuto idrico (w%).

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Inoltre, è importante sottolineare come l’essiccazione dei campioni per 48 ore rispetto a quella per 24 ore non porta a differenze statisticamente significative come evidenziato dal test non-parametrico di Wilcoxon per tutte e tre le tipologie di campioni: segatura e trucioli (p=0.057), cippato (p=0.077) e corteccia (p=0.219).

Discussione 

I risultati ottenuti attraverso la presente indagine mettono in evidenza come la filiera foresta-legno in Trentino sia efficiente nel reimpiego dei residui prodotti dalle imprese di trasformazione del legno per finalità energetica. Nello specifico risulta che il 100% dei residui legnosi prodotti dal campione di imprese coinvolte nell’indagine sono reimpiegati in azienda (9.4%) oppure venduti sul mercato (90.6%). Questi dati sono perfettamente in linea con i principi base della bioeconomia circolare che presuppone una riduzione della dipendenza dalle energie non-rinnovabili e dai prodotti a base fossile, in quanto caratterizzati da un’elevata impronta ambientale ([16]). La bioeconomia circolare pone l’accento su un uso più efficace e il riciclaggio delle risorse basandosi sul 4R framework (Reduce, Reuse, Recycle, Recover). Considerando che le quattro R sono poste tra loro in maniera gerarchica, un processo produttivo dovrebbe in primo luogo ridurre l’uso delle risorse naturali impiegate (Reduce), in secondo luogo utilizzare un prodotto più volte prima di eliminarlo (Reuse), in terzo luogo suddividere i materiali di cui è composto al fine di ottenere sottoprodotti di alta qualità e di bassa qualità (Recycle), ed infine recuperare energia dai prodotti di rifiuto (Recover - [20], [29]). In questa prospettiva di analisi, sarebbe opportuno valutare usi alternativi dei residui legnosi delle imprese di trasformazione del legno prima di convertirli in energia al fine di allungarne il tempo di vita degli stessi. In accordo con quanto enfatizzato dallo European Forest Institute (EFI) nel report “Future of the European Forest-Based Sector: Structural Changes Towards Bioeconomy” le nuove possibilità offerte dal mercato sono molteplici, anche se ancora poco conosciute a livello nazionale, e vanno dalla realizzazione di bio-tessuti ([34]) - realizzati impiegando un filato ottenuto tramite una tecnologia innovativa che permette di passare direttamente dalle fibre di legno al filato senza un utilizzo intensivo di prodotti chimici e con un risparmio di acqua e energia di processo oltre l’80% - alle bio-plastiche prodotte a partire dal liquid wood che risulta composto da lignina (30%), fibre di cellulosa (60%) e additivi ([27]).

Il Decreto Ministeriale (DM) del 2 marzo 2010 sulla tracciabilità delle biomasse da destinare alla produzione di energia elettrica definisce le biomasse da filiera corta quelle prodotte entro il raggio di 70 km dall’impianto di produzione di energia. Secondo tali principi di filiera corta, i risultati della presente indagine evidenziano come poco meno del 50% delle biomasse legnose prodotte dalla lavorazione del legno siano riutilizzate all’interno della provincia di Trento. Emerge però una quota considerevole di biomasse legnose (31% del totale) - principalmente cippato - vendute in provincia di Bolzano. Questo fatto non dove stupire visto che in provincia di Bolzano sono in funzione 77 impianti a biomassa (consumo annuo stimato di 83 300 m3 di cippato), contro i 26 della provincia di Trento. Le aziende che prevalentemente vendono i residui agli impianti dell’Alto Adige, sono quelle ubicate in Val di Non (alta concentrazione di segherie e produttori di pallet in legno), che sono incentivate sia per la vicinanza con gli impianti alto atesini, sia per i prezzi più interessanti pagati dagli impianti a biomasse di questa provincia rispetto a quelli pagati in Trentino (valore medio di 23-25 € mst-1 rispetto ai 16-18 € mst-1). Da evidenziare un punto di debolezza della filiera locale, legato al fatto che i controlli sulla qualità delle biomasse non sono effettuati sistematicamente da parte degli impianti, ma soltanto i gestori che hanno una maggiore consapevolezza dell’importanza della qualità della materia prima utilizzata acquistano cippato certificato oppure effettuano controlli periodici sul contenuto idrico.

Dalla prospettiva degli impianti a biomasse si evidenzia come il prodotto impiegato - cippato sia da bosco sia da segheria - provenga quasi interamente nel raggio dei 70 km previsti dal Decreto Ministeriale (DM) del 2 marzo 2010. Al fine di rendere più efficiente la filiera locale bisognerebbe riflettere sulla quota acquistata dai commercianti, infatti, l’acquisto della materia prima da questi intermediari comporta dei costi maggiori per l’impianto e una percentuale non trascurabile (circa il 40%) proveniente non da boschi locali.

In ultima analisi, l’impiego degli scarti prodotti dalle imprese di prima trasformazione del legno per alimentare gli impianti di teleriscaldamento e cogenerazione è pienamente in linea con i principi teorici dell’approccio a cascata che presuppone una gestione forestale finalizzata alla produzione di assortimenti da destinare a impieghi con il più alto valore aggiunto possibile (p. es. legname da costruzione) e utilizzare per fini energetici gli assortimenti minori e gli scarti di trasformazione ([19]). In questo senso, la provincia di Trento ha da sempre cercato di valorizzare dal punto di vista energetico unicamente gli scarti legnosi derivanti dalle utilizzazioni boschive (ramaglia, cimale, alberi storti e malformati) e i residui legnosi derivanti da tutte le fasi di lavorazione del legno (prima e seconda trasformazione) senza considerare, a differenza di altre realtà, la possibilità di realizzare popolamenti forestali ad esclusiva o a prevalente finalità energetica.

Infine, i dati del presente studio possono essere comparati con quelli prodotti da un’indagine analoga condotta nel 2011 su 59 segherie in provincia di Trento (56% del totale delle segherie attive nell’anno dell’indagine). Suddetto studio condotto nell’ambito del progetto Biomasfor aveva messo in luce un quantitativo di scarti di segagione pari a 195 000 m3 ripartiti nel seguente modo tra singole tipologie di prodotti ([25]): 44.8% di cippato, 41.2% di segatura e trucioli, 7.0% di corteccia e di refili e sciaveri. In termini di destinazione finale, gli autori del sopracitato studio sottolineano come la corteccia fosse venduta per il 27% agli impianti di teleriscaldamento e il restante 73% per la pacciamatura di giardini, a vivai e a imprese di seconda trasformazione del legno, mentre la segatura fosse in parte reimpiegata in azienda (12%) e venduta agli impianti a biomasse (11%), mentre la più parte veniva conferita alle imprese di seconda trasformazione del legno per la produzione di pannelli e pellet (77%). Per quanto concerne il cippato il 73% di quello prodotto veniva conferito agli impianti a biomasse e in piccola parte reimpiegato in azienda ([25]).

Conclusioni 

La presente ricerca si inserisce nel filone di studi inerenti la filiera foresta-legno-energia con il fine di migliorare l’efficienza della filiera stessa in accordo con i principi della bioeconomia circolare e della filiera corta. Questi studi hanno l’obiettivo di evidenziare possibili disfunzioni o inefficienze lungo tutta la filiera di trasformazione del legno al fine di migliorarne l’efficienza sia in termini di impiego del materiale locale sia di ottima allocazione dei residui prodotti. Inoltre, studi di filiera, come quello condotto nel presente lavoro, possono essere di supporto alla ridefinizione della programmazione degli interventi a seguito di eventi estremi, come quelli verificatisi a fine ottobre 2018. La tempesta “Vaia” - che ha interessato oltre 42 525 ha di foresta e 8.5 milioni di m3 in tutto l’arco alpino ([3]) - sta immettendo ingenti quantitativi di legname sul mercato con delle inevitabili ripercussioni economiche per i proprietari e i gestori forestali. In tal senso, anche i quantitativi di cippato prodotto sono destinati a crescere nei prossimi anni con un rischio di flessione dei prezzi finali di vendita. Al fine di evitare un deprezzamento eccessivo sarebbe opportuno, dove possibile, stoccare il cippato in piattaforme logistico-commerciali in modo da immettere il prodotto gradualmente sul mercato.

Allo scopo di analizzare la filiera foresta-legno a livello territoriale è necessario coinvolgere un campione rappresentativo di imprese locali che consentano di tracciare un quadro il più esaustivo possibile della situazione di un determinato territorio. Questo aspetto è anche il principale punto di debolezza di questo tipo di studi in quanto la raccolta dei dati direttamente in azienda necessità di tempi lunghi e di buone capacità relazionali da parte del personale coinvolto nelle interviste.

In conclusione, ci preme sottolineare come la provincia di Trento, così come altre regioni alpine, abbia ormai raggiunto un buon livello di recupero energetico dai prodotti di scarto della filiera foresta-legno, a questo punto sarebbe opportuno valutare l’ipotesi imprenditoriale di valorizzare i residui legnosi di maggiore qualità (basso contenuto idrico e assenza di inclusi terrosi e sassosi) per la produzione di prodotti dall’elevato valore aggiunto quali bio-tessuti e bio-plastiche.

Ringraziamenti 

Il presente contributo è stato realizzato nell’ambito EU-Strategy for the Alpine Region (EUSALP) con specifico riferimento all’Alpine Region Preparatory Action Fund (ARPAF). Gli autori desiderano ringraziare tutti i partner del progetto (Salzburg University of Applied Sciences, Istituto per lo sviluppo regionale dell’EURAC Research, il Dipartimento di Ecologia Forestale dello Slovenian Forestry Institute, BIOPRO Baden-Württemberg GmbH) e tutti coloro che si sono resi disponibili nella compilazione del questionario.

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