Abstract

Global changes push to set up strategies able to mitigate and adapt agricultural and forest crops to environmental variability, and the sustainable intensification of production processes under agricultural and forestry systems is one of the approaches mainly supported. In Italy biomass and biogas are the renewable energy sources that have shown the greatest potential for growth in recent years. In this context, during the XV National Congress held in Bolzano in February 2018, the Italian Association of Agricultural Scientific Societies has promoted an analysis about potentialities and limits of the sustainable intensification of agricultural and forestry systems for bioenergy production. This document reports the outcome, in the form of a commented discussion, on the main evidences and proposals from technical-scientific and operational points of view.

Keywords

Energy, Renewable Energy Sources, Biomass, Agroforestry Systems, Forest-wood Supply Chain

Introduzione 

I cambiamenti climatici e socioeconomici globali spingono la ricerca a sostenere la definizione e attuazione di efficaci strategie di mitigazione e adattamento per le colture e gli ecosistemi e per l’intensificazione sostenibile dei processi produttivi dei sistemi agrari e forestali. In questo contesto si rileva che in Italia le biomasse e il biogas sono le fonti energetiche rinnovabili che hanno dimostrato il maggiore potenziale di crescita in questi ultimi anni ([19]). L’Associazione Italiana delle Società Scientifiche Agrarie (AISSA) ha promosso, nell’ambito del XV Congresso Nazionale tenutosi a Bolzano nel febbraio 2018, una riflessione su potenzialità e limiti per l’intensificazione sostenibile dei sistemi agricoli e forestali ai fini della produzione di bioenergie (biomasse, biogas, biodiesel). L’apposito tavolo tecnico, coordinato dalla Società Italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale (SISEF), ha discusso quali siano le modalità più sostenibili e multifunzionali per utilizzare l’offerta interna, così da promuovere uno sviluppo ecocompatibile su scala locale dei bacini di approvvigionamento di biomassa a scopo energetico. Il proposito è di facilitare non solo l’incontro tra domanda e offerta ma anche di promuovere un uso efficiente delle risorse verso una economia sempre più decarbonizzata. All’uopo ci si è interrogati sulle priorità della ricerca e sulle tecnologie da applicare a scala locale per promuovere filiere agro-silvo-energetiche corte. In questo documento sono riportate, in forma di discussione commentata, le principali evidenze e proposte emerse sul piano tecnico-scientifico e di trasferimento operativo.

Intensificazione sostenibile dei sistemi colturali per la produzione di energia da biomassa 

Secondo la FAO ([6]), l’energia prodotta da biomassa è pari a circa il 10% di tutta l’energia primaria che viene consumata a livello globale, costituendo la quarta fonte di energia dopo carbone, petrolio e gas naturale. Il legno rappresenta ancora l’87% circa di tutta la biomassa utilizzata a livello mondiale per produrre energia, quasi tutto prodotto e consumato nei Paesi in via di sviluppo. Nel sistema energetico nazionale le biomasse, i biogas e i biodiesel sono i prodotti da fonti rinnovabili (FER) che hanno dimostrato il maggiore potenziale di sviluppo in questi ultimi anni. Secondo GSE ([7]), in Italia la bioenergia rappresenta circa il 18% della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, attestandosi al terzo posto dopo l’idroelettrico (39%) e le fonti solari (20%). Per quanto riguarda il settore termico, la biomassa solida è la fonte energetica rinnovabile più importante, con circa il 67% del totale dei consumi diretti di energia termica da fonti rinnovabili.

L’espansione del settore delle biomasse agricole e forestali a fini energetici ha reso inevitabile a livello internazionale il dibattito circa la definizione di criteri chiari e univoci per garantire la sostenibilità del comparto. In particolare, con riferimento al contesto italiano, si impongono riflessioni circa le modalità più corrette per sostenere l’offerta interna, orientandola verso criteri di qualità e responsabilità (ad esempio, per le biomasse di origine forestale tramite la diffusione dei sistemi di certificazione per la gestione forestale sostenibile, rendendola obbligatoria quando l’impresa beneficia di aiuti pubblici) e facendo sì che ci sia un più ampio processo di sviluppo del settore agro-forestale su scala locale. In Italia la maggior parte degli impianti di produzione energetica alimentati con bioenergie (biomasse solide, biogas, biodiesel) è di piccole dimensioni: nel 2014 gli impianti erano oltre 2482, pari a 4044 MW di potenza complessiva e a 1.6 MW di potenzia media per impianto. Gli impianti che utilizzano principalmente legno e suoi derivati (pellet, cippato, ecc.) erano 251 pari a 664 MW di potenza complessiva, in media pari a circa 2.6 MW ciascuno. Sempre nel 2014, gli impianti a biogas in funzione in aziende agricole erano 1362, con una potenza media inferiore a 1 MW, ed erano alimentati con deiezioni animali in combinazione con foraggi e residui agricoli ([7]); le sostanze lignocellulosiche possono adattarsi alla produzione di biogas dopo specifici trattamenti meccanici di macinazione. Per quanto riguarda il biodiesel, alcune colture oleaginose industriali possono fornire una fonte sostenibile per la produzione di olio (ad esempio, cardo, cartamo, lino), con il vantaggio di produrre anche residui ligno-cellulosici a loro volta utilizzabili a scopo energetico: ciò potrebbe consentire la valorizzazione di terreni marginali e/o abbandonati ([21]) con coltivazione anche in aridocoltura.

Il concetto di “intensificazione sostenibile”, come definito da Buckwell et al. ([1]), riconosce la necessità di garantire un incremento della produttività agricola e forestale senza compromettere l’ambiente, riducendo gli impatti potenzialmente negativi. Si applica in maniera diversa alle “produzioni agricole” e alle “produzioni agro-forestali per biomassa a impiego energetico”, in quanto queste ultime: (i) non sono di per sé in contrasto con la sostenibilità ambientale, che invece favoriscono riducendo le emissioni di gas a effetto serra (GHG) e limitando, conseguentemente, il cambiamento climatico; (ii) non sono generalmente “intensive”, nel senso di un maggiore apporto di acqua, fertilizzanti, fitofarmaci e altre sostanze chimiche rispetto alle produzioni agricole convenzionali, in quanto di regola utilizzano o rappresentano scarti, residui e sottoprodotti di colture principali. Le colture agro-forestali per bioenergia sono “estensive” per definizione, a eccezione di quelle il cui prodotto principale è destinato alla produzione di energia per biocarburanti di prima generazione.

Anche per le “produzioni agro-forestali per biomassa a impiego energetico” esistono tuttavia problemi di sostenibilità ambientale ed economica, che vanno affrontati allo scopo di: (i) dimensionare gli impianti sulle reali capacità e possibilità di approvvigionamento locale, considerando fonti di origine diversificata; (ii) individuare le filiere maggiormente sostenibili; (iii) individuare le forme e le pratiche produttive maggiormente sostenibili all’interno di ciascuna filiera.

In questo contesto l’adozione di sistemi di certificazione ambientale e tracciabilità in relazione all’origine delle biomasse può contribuire a fornire adeguate garanzie. Allo stesso modo potrebbero essere certificate con Catena di Custodia le imprese che gestiscono gli impianti a biomasse, a dimostrazione che la biomassa utilizzata provenga da sistemi colturali gestiti in modo responsabile.

È necessario distinguere gli “indicatori di sostenibilità ambientale” in relazione alle principali finalità del loro impiego. Buckwell et al. ([1]) considerano gli “indicatori di sostenibilità ambientale delle aziende agricole” utilizzabili a fini di politica agricola, ma diverso è parlare di “indicatori di sostenibilità ambientale” per le filiere bioenergetiche. Nella normativa della Unione Europea, questo tipo di indicatori è ben definito per i biocarburanti, in particolare dalla Direttiva 2009/28/EC ([2]) e dalla Direttiva (UE) 2015/1513 ([23]), e gli stessi criteri potrebbero essere estesi anche ai biocombustibili solidi, essendo sufficienti, in linea di massima, a garantire una adeguata sostenibilità ambientale a largo spettro. Peraltro, nella realtà operativa l’implementazione dei processi di intensificazione sostenibile necessita anche di una valutazione del grado di resilienza dei sistemi agricoli e forestali potenzialmente soggetti a tale intensificazione, e in particolare della resilienza del suolo ([22]), tramite indicatori associati alla geomorfologia e alle principali proprietà fisiche e biogeochimiche dei terreni. Valutare le potenzialità di un’area ad un’intensificazione sostenibile significa quindi: (i) considerare le vocazioni agroforestali del territorio; (ii) analizzare le disponibilità potenziali di approvvigionamento delle biomasse alla luce delle limitazioni d’uso (a esempio, vincoli naturalistici); (iii) tenere conto degli indicatori di sostenibilità ambientale e della resilienza dei sistemi produttivi coinvolti.

Filiere agro-silvo-energetiche 

In Italia le filiere bioenergetiche sostenibili sono principalmente la filiera legno da residui agro-forestali e coltivazioni dedicate e la filiera biogas-biometano da residui agro-zootecnici.

Le biomasse ligno-cellulosiche possono essere considerate risorse primarie rinnovabili e, quindi, inesauribili nel tempo purché vengano utilizzate con un tasso complessivamente non superiore alle capacità di rinnovamento biologico in quanto esse non sono quantitativamente illimitate. Infatti, per ogni specie vegetale la disponibilità è vincolata dalla superficie ad essa destinata, da eventuali vincoli climatici, pedologici e ambientali che tendono a selezionare, in ogni regione, le specie che effettivamente vi possono crescere e il loro incremento annuo, o che possono essere coltivate in maniera ambientalmente ed economicamente conveniente.

Se evidenti appaiono i vantaggi ottenibili dall’utilizzo razionale delle biomasse ligno-cellulosiche in una filiera agro-energetica, è possibile individuare anche gli eventuali aspetti che ostacolano la diffusione della filiera stessa. Su questi parametri e criteri dovrebbe quindi, in primo luogo, essere dimensionato ciascun impianto, al fine di garantirne la sostenibilità non solamente economica, ma anche ambientale.

Lo sviluppo di filiere agro-silvo-energetiche va in primo luogo dimensionato alle reali capacità di approvvigionamento locale e attuato attraverso la messa a punto di un sistema che assicuri che le produzioni portino reali benefici al bilancio energetico ed ambientale complessivo, mirando a una effettiva riduzione delle emissioni di CO2 e salvaguardando specie e habitat.

Il concetto di sostenibilità racchiude in sé molteplici aspetti, principalmente ambientali, economici, sociali e istituzionali, tra loro correlati ([19]). Esistono ancora molti margini nel processo di ottimizzazione dell’efficienza e della sostenibilità delle filiere bioenergetiche: la valutazione d’insieme dei bilanci energetici e ambientali, sia a livello globale che locale, è uno dei presupposti.

La logica della filiera corta e la valorizzazione prioritaria delle biomasse già presenti nel territorio o introducibili tramite lo sviluppo di colture arboree specializzate o aridocoltura di oleaginose industriali su suoli degradati, marginali e/o abbandonati sono le chiavi per lo sviluppo sostenibile delle bioenergie, che deve essere coniugato con la realizzazione di impianti decentrati, di media o piccola dimensione. Le necessità energetiche delle utenze presenti sul territorio devono pertanto essere compatibili con le reali disponibilità e potenzialità del territorio, e quindi non superare il limite di approvvigionamento annuo disponibile.

La pianificazione e il dimensionamento degli impianti rispetto alle reali capacità di approvvigionamento locale e alle necessità energetiche locali costituiscono uno dei principali passi per la realizzazione di filiere efficienti e sostenibili ([19]). Per quanto attiene le biomasse di origine forestale (bosco e arboricoltura), l’impiego a fini energetici deve comunque fare salvo il principio dell’utilizzo a cascata del legno, prevedendo l’uso a scopo energetico solo a fine ciclo di utilizzo, cioè quando non è più possibile un utilizzo da parte del settore industriale e manifatturiero (principio applicato, ad esempio, con l’Accordo interregionale per il prelievo legnoso e la filiera legno sottoscritto a Verona il 26/02/2016).

Per quanto attiene invece specificatamente all’utilizzazione forestale, l’effettiva disponibilità di prelievo delle biomasse legnose deve essere sempre coniugata al rispetto della sostenibilità ambientale, ma ogni ragionamento sul loro impiego anche a fini energetici non può prescindere dalla risoluzione di problematiche diffuse sul territorio forestale nazionale come l’inadeguatezza della rete di viabilità forestale e la frammentazione fondiaria.

Parametri di sostenibilità ambientale 

Affinché siano ecosostenibili, le filiere agro-silvo-energetiche oltre che rinnovabili devono anche: (i) essere corte (nello spazio) e piccole (nella potenza energetica), dimensionate su un approvvigionamento costante e continuo a impianti che non superino i limiti reali di disponibilità locale; (ii) garantire un bilancio energetico positivo e una produzione complessiva di CO2 negativa o nulla; (iii) contribuire, attraverso buone pratiche a una migliore fissazione di carbonio nel suolo, alla lotta al degrado e all’erosione del suolo, al processo di graduale sostituzione dei concimi di sintesi e al miglioramento della qualità dei suoli ([3]).

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in attuazione della Legge Finanziaria 2007 (n. 296) e del collegato Decreto Legge 159/2007 ([4]) sulla tracciabilità delle biomasse per la produzione di energia elettrica, ha emanato il Decreto Ministeriale 2 marzo 2010 (che integra il Decreto Ministeriale 18 dicembre 2008), in cui viene definita “biomassa da filiera corta” la biomassa e il biogas derivanti da colture agricole e forestali e da allevamenti zootecnici entro il raggio massimo di 70 km dall’impianto di produzione dell’energia elettrica ([13]). La lunghezza del predetto raggio è misurata come la distanza in linea d’aria che intercorre tra l’impianto di produzione dell’energia e i confini amministrativi del comune in cui ricade il luogo di produzione della biomassa (art. 2). In alternativa, le biomasse dovrebbero provenire da accordi di filiera o contratti quadro ai sensi degli artt. 9 e 10 del Decreto Legge 102/2005 ([12]). Queste disposizioni si applicano anche a biomasse derivanti da gestione forestale, colture agro-forestali e oleaginose industriali dedicate e residui ligno-cellulosici di trasformazione dei prodotti agro-forestali sopra citati.

L’adozione di un mero criterio di distanza geografica per la qualificazione di una filiera come corta appare tuttavia non sufficiente a coprire la molteplicità di aspetti a cui questo concetto rinvia e, nel contempo, pone un problema di coerenza e univocità di parametri per i medesimi materiali ([11]). In questo contesto, il piano di approvvigionamento rappresenta la base di dimensionamento e valutazione della sostenibilità per la realizzazione di un impianto a biomasse ([19]).

Nel concetto di filiera corta rientrano tutte le pratiche finalizzate al recupero di un rapporto diretto tra produttori e consumatori, anche al fine di contenere e ridurre i costi al consumo dei prodotti (energia). Nelle filiere corte possono rientrare sia le micro-filiere di autoconsumo per la produzione di energia termica e acqua sanitaria destinata al fabbisogno di locali con volumetrie ridotte, sia le esperienze di microgenerazione. Questa tipologia di filiera ben si adatta all’interno di aziende agrarie, zootecniche o a vocazione serricola. Per quanto riguarda le prime, lo sfruttamento del cascame termico prodotto nei piccoli impianti consente non solo di garantire la sostenibilità economica dell’investimento, ma anche di valorizzare le potenzialità energetiche delle biomasse, nonché la stretta congiunzione che lega il territorio di produzione della materia prima all’utenza finale. Anche lo sviluppo di filiere agricole innovative nel territorio dedicate a colture oleaginose in grado di fornire olio per biodiesel e una gamma di sottoprodotti può essere valorizzato a livello locale, in un’ottica di circolarità rivolta verso la minimizzazione della produzione di scarti.

In relazione alla performance ambientale delle diverse filiere, si possono registrare problemi di sostenibilità, a esempio: (i) quando la riduzione delle emissioni di GHG sia insufficiente rispetto agli obiettivi o inferiore ad altre fonti rinnovabili (eolico, solare); (ii) quando vi siano effetti negativi della combustione della biomassa sulla qualità dell’aria; o (iii) quando la biomassa venga importata da aree non soggette a vincoli di sostenibilità ambientale delle produzioni (ad esempio, Paesi extra EU).

La riduzione effettiva delle emissioni di GHG può essere limitata da numerosi fattori: elevati input energetici per coltivazione, trasporto e conversione della biomassa (soprattutto alcuni biocarburanti liquidi, a causa dell’elevata energia di processo); ridotta efficienza di conversione (ad es., generazione elettrica senza riutilizzo del calore di cogenerazione); cambio di uso del suolo, diretto o indiretto che può comportare variazioni nelle riserve di carbonio (carbon stock). Quest’ultimo problema riguarda soprattutto le biomasse importate, la cui produzione può essere realizzata in seguito a deforestazione o stimolata per aumentare la superficie a colture alimentari.

Vi sono inoltre problemi di sostenibilità economica quando vengono incentivate forme di bioenergia che presentano costi di produzione superiori ad altre fonti di energie rinnovabili, come vale, ad esempio, per la produzione di elettricità da biomasse legnose o da certe forme di biogas.

Strategie operative per incrementare in modo sostenibile la produzione di bioenergia da biomasse lignocellulosiche da sistemi agricoli e forestali sono analizzate e discusse, tra gli altri, da Magnani ([9]), Zecca ([24]), ITABIA ([8]), MiPAAF ([14], [15]), Regione Toscana ([18]), Pettenella et al. ([17]), Romano & Plutino ([19]).

In via prioritaria, lo scopo consiste in genere nel: (i) utilizzare in modo efficiente le risorse ligno-cellulosiche tramite approccio a cascata e valorizzare il riutilizzo e il riciclo dei principali prodotti agro-forestali lungo il loro ciclo di vita; (ii) diversificare l’uso delle risorse agricole per la fornitura di cibo, fibra, legname ed energia; (iii) utilizzare biomasse locali come fonte per la generazione di calore o la cogenerazione realizzando una filiera corta per la produzione di energia dimensionata sulle effettive capacità e potenzialità di approvvigionamento locali; (iv) ottimizzare la sostenibilità del prelievo di biomasse ligno-cellulosiche agro-forestali per finalità energetiche, minimizzando gli impatti negativi sugli ecosistemi.

Una pianificazione finalizzata ad assicurare l’approvvigionamento di materia prima locale a un impianto a biomasse deve in primo luogo procedere con una mappatura delle reali disponibilità di biomassa e degli attori della filiera agro-silvo-energetica coinvolti nel distretto territoriale di interesse. La dimensione del bacino di approvvigionamento deve essere inoltre attentamente modulata anche tenendo conto della morfologia e orografia del territorio, delle limitazioni connesse alle peculiarità naturalistiche e della infrastrutturazione stradale (principale e secondaria).

A seguito di questa mappatura è quindi possibile procedere con l’analisi di confronto tra l’offerta reale e l’offerta potenziale di materia prima nel distretto considerato. Solo questa indagine consente di dimensionare l’impianto sulla base delle biomasse agro-forestali realmente ritraibili entro il raggio di 70 km. Quest’ultimo valore fornisce un importante elemento di valutazione della sostenibilità della filiera corta, ma rappresenta solamente il primo passo per definire una strategia efficace di recupero della biomassa agro-forestale disponibile localmente. L’offerta reale è ricavabile attraverso statistiche ufficiali, indagini conoscitive quantitative e qualitative sul potenziale agroforestale prodotto e inutilizzato, e attraverso interviste ai proprietari e analisi dei flussi produttivi delle aziende agricole e forestali locali. Il dato ottenuto considererà quindi quanto materiale è effettivamente disponibile per il mercato al momento dell’indagine. L’offerta potenziale può essere invece stimata sia attraverso uno studio delle capacità e vocazioni produttive non valorizzate dei sistemi agroforestali locali, sia attraverso sistemi di supporto alle decisioni che elaborano scenari gestionali, ipotizzando valori variabili dei tassi di prelievo o dell’efficienza del processo produttivo ([20]).

Un’attenta analisi dell’offerta reale e potenziale annua consente di poter realizzare un Piano di approvvigionamento e quindi un primo dimensionamento dell’impianto in relazione alle necessità energetiche locali, comprendendo se esso può essere alimentato totalmente, o quasi totalmente, da materia prima locale. Al fine di fornire stime attendibili del potenziale di biomasse estraibili dal distretto territoriale considerato, questi strumenti devono tenere comunque e sempre in debita considerazione i seguenti aspetti chiave: tipo di proprietà e relativa estensione; accessibilità alle singole porzioni di territorio (aspetto particolarmente determinante per quanto riguarda l’utilizzo delle biomasse forestali); livello di meccanizzazione effettivamente disponibile; analisi di convenienza economica di estrazione della materia prima; vincoli ambientali, paesaggistici e urbanistici.

Ricerca finalizzata e trasferimento operativo 

Per favorire i processi descritti nelle sezioni precedenti, si rende necessario lo sviluppo di adeguate attività di ricerca “finalizzata” e di assistenza per il trasferimento operativo delle conoscenze, con prioritario riferimento agli ambiti qui di seguito delineati.

  1. Mappatura dei suoli a una scala adeguata (almeno di semi-dettaglio, 1:50.000) come elemento essenziale per poter delineare in quali aree e per quali sistemi produttivi vi siano significativi margini per un’intensificazione colturale.
  2. Pianificazione degli approvvigionamenti con sviluppo di tecniche colturali e selvicolturali di intensificazione sostenibile.
  3. Tecniche di meccanizzazione agricola e forestale: condizionamento e pretrattamento dei sottoprodotti agricoli e forestali per un’ottimizzazione dei bilanci energetico-ambientali.
  4. Produzione di biomateriali per edilizia (isolamento termico e acustico, prodotti da costruzione, ecc.) e per il settore tessile e delle bioplastiche a partire da sottoprodotti agricoli, agro-alimentari (sanse, vinacce, ecc.) e forestali e da colture no-food: sviluppo di filiere innovative con integrazione di produzione di energia da biomasse residuali all’interno del processo produttivo.
  5. Ottimizzazione spaziale e temporale multi-obiettivo: sviluppo di strumenti geospaziali di supporto alle decisioni, quando possibile open-source e web-based, per definire localizzazione, dimensioni e tecnologie per impianti di produzione di biomateriali ed energia da biomasse, in funzione di vincoli tecnologici ed ambientali, aspetti economici, occupazionali, fornitura di utilità ecosistemiche, salvaguardia del territorio.
  6. Integrazione della bioenergia negli attuali e futuri sistemi energetici: opportunità tecnico-economiche per un’ottimale integrazione delle filiere bioenergetiche nei sistemi energetici in aree rurali, periurbane, agro-industriali e residenziali e, in particolare, sviluppo di configurazioni impiantistiche ibride solare/biomassa, gas/biomassa.
  7. Sviluppo di processi e impianti più efficienti ed economici per ridurre le emissioni di particolato nella combustione delle biomasse ligno-cellulosiche.
  8. Integrazione tra reti di distribuzione calore, elettricità, gas, biometano, ed altre infrastrutture (acqua, trasporti, smart grids); uso delle biomasse come fonte di accumulo energetico attraverso processi avanzati di upgrading; le biomasse sono fonti rinnovabili programmabili che ben si prestano ad un integrazione con fonti energetiche rinnovabili intermittenti (solare, eolico) e convenzionali (per conseguire economie di scala e maggiori efficienze di conversione energetica nella realizzazione di impianti di dimensione maggiori) e per la produzione congiunta di intermediate biomass carriers, biofuels e bulk chemicals (per la sostituzione di materiali e combustibili da fonte fossile - [5]).
  9. Sviluppo di tecnologie adatte alla produzione di biogas e biometano da impianti di piccola (<1 MW) e piccolissima (<100 kW) taglia e aumento della relativa flessibilità di esercizio.
  10. Analisi dello stato dell’arte e diffusione di buone pratiche di efficientamento energetico combinato all’uso di bioenergia; analisi del ruolo dell’agricoltura di precisione, dei sistemi di monitoraggio e controllo dei consumi energetici e delle tecniche colturali e di gestione impiantistica sostenibili nello sviluppo di filiere bioenergetiche; le biomasse sono spesso utilizzate con processi a bassa efficienza e causano elevate emissioni ambientali, pertanto un’attività prioritaria è migliorarne l’attuale utilizzo diffondendo buone pratiche ed effettuando monitoraggio dei sistemi esistenti.
  11. Ottimizzazione di processi termici per energia e materiali: confronto tra tecnologie termiche e termo-chimiche di torrefazione, densificazione, pirolisi, carbonizzazione di materiali ligno-cellulosici per la produzione di energia e biomateriali, in funzione della tipologia di biomassa, delle esigenze di mercato, dei bilanci energetico-ambientali (in quali condizioni tecnico-economiche e ambientali è preferibile produrre biochar per l’incremento di carbon stock, charcoal o pellet per piccole applicazioni diffuse, cippato per teleriscaldamento o cogenerazione); definizione dei processi tecnologici che devono essere implementati per facilitare il riutilizzo agronomico delle ceneri di combustione, con la determinazione degli standard tecnici e delle indicazioni legislative necessarie per superare le attuali barriere.

Varie attività di assistenza per il trasferimento operativo nel settore agro-silvo-energetico hanno trovato attuazione tra le priorità di investimento del Piano di Sviluppo Rurale (PSR) 2014-2020 ([10]), per “incentivare l’uso efficiente delle risorse e il passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio e resiliente al clima, nel settore agro-alimentare e forestale”.

In questo ambito emergono le seguenti focus area: “rendere più efficiente l’uso dell’acqua in agricoltura”; “favorire l’approvvigionamento e l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili, sottoprodotti, materiale di scarto, residui e altre materie grezze non alimentari ai fini della bioeconomia”; “ridurre le emissioni di metano e protossido d’azoto a carico dell’agricoltura”; e “promuovere il sequestro del carbonio nel settore agricolo e forestale”.

Da queste focus area discendono varie misure dei PSR regionali che interessano il settore delle agro-silvo-energie. Le risorse impegnate per il periodo 2014-2020 per realizzare interventi volti, direttamente o indirettamente, alla produzione e trasformazione delle biomasse agricole e forestali (frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dalla selvicoltura e dalle industrie connesse) è stata pari a circa di 2.5 miliardi di euro (13.5% dei fondi PSR complessivi). Le Regioni settentrionali hanno allocato al settore biomasse il 48% dei fondi (1.2 miliardi di euro), il 31% quelle del Centro (773 milioni di euro) e il 21% quelle del Sud (520 milioni di euro); le risorse vengono principalmente impegnate nella Misura 4 (1596 milioni di euro), nella Misura 8 (355 milioni di euro) e nella Misura 6 (314 milioni di euro).

Conclusioni 

Il lavoro svolto dal tavolo tecnico ha portato all’individuazione di possibili modalità sostenibili e multifunzionali per sostenere l’offerta interna di biomassa a scopo energetico e promuovere uno sviluppo dei bacini di approvvigionamento su scala locale.

Tra le principali criticità tecnico-finanziarie emerge lo squilibrio negli incentivi tra produzione elettrica e termica: in alcune Regioni, l’attuale panorama degli incentivi sulle FER premia la sola produzione di elettricità e non di calore e ciò ha generato uno spostamento del mercato del cippato verso centrali che producono energia elettrica, con aumenti del costo del combustibile e sprechi ambientali.

Emergono al contempo varie potenzialità e opportunità: ampia disponibilità a scala nazionale di biomassa legnosa e di residui agroforestali; produzioni di materiale (legno, pellet, cippato e cippatino) di buona qualità e di origine locale; presenza di aree non metanizzate in cui è possibile offrire sistemi di riscaldamento sostenibili dal punto di vista ambientale ed economico (notevoli risparmi economici da parte dell’utente); opportunità di reddito aggiuntivo e sviluppo imprenditoriale e occupazionale in aree interne e a marcato declino socioeconomico.

Queste opportunità meritano di essere valorizzate attraverso: l’incentivazione all’impiego sostenibile di biomasse legnose a fini energetici basato su filiere corte (nello spazio), piccole (nella potenza energetica) e pulite (soluzioni tecnologiche avanzate per l’abbattimento delle polveri sottili); la promozione dei principi dell’uso a cascata del legno; l’aumento della competitività di aziende agro-forestali e lo sviluppo di un mercato regionale e/o nazionale di biocombustibili, con il controllo dei prezzi, domanda e offerta stabili nel tempo; la diversificazione delle attività per le aziende agroforestali e ditte boschive, non solo produttori di biomasse forestali, anche fornitori di energia; lo sviluppo di un indotto a livello locale in termini di impiego di manodopera per la raccolta, trasformazione e vendita dei biocombustibili e la realizzazione di manufatti accessori agli impianti.

Ringraziamenti 

Si ringraziano gli organizzatori del XV Congresso AISSA, e in particolare Massimo Tagliavini, per lo stimolo e il supporto all’analisi e discussione degli argomenti presentati in questo documento.

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