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The National Handbook for Habitat monitoring: a reply to C. Urbinati and G. Iorio

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 13, Pages 66-68 (2016)
doi: https://doi.org/10.3832/efor2289-013
Published: Dec 01, 2016 - Copyright © 2016 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

This is a reply to the paper “Actual or virtual habitats? Commentary to «Manual for monitoring species and habitats of EC interest (Directive 92/43/CEE) in Italy: habitats»”. We used some additional information to clarify keypoints raised in the paper.

Keywords

Chiarimenti, Dir. 92/43/CEE, Tipi Di Habitat, Monitoraggio

 

Lo scorso 26 ottobre è uscito sulla rivista Forest@ della Società Italiana di Ecologia Forestale (SISEF) l’editoriale "Habitat reali o virtuali? Commenti a «Manuali per il monitoraggio di specie e habitat di interesse comunitario (Direttiva 92/43/CEE) in Italia: habitat»” ([8]) nel quale vengono avanzati commenti critici riguardo ad alcuni contenuti del manuale ([1]) pubblicato dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA). Tale interessante lettura ha fornito lo spunto per riportare alcuni chiarimenti evidentemente necessari.

In base all’articolo 13, comma 1 e 2, del DPR 357/97 (recepimento nazionale della Direttiva CEE/92/43 “Habitat”) il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha l’obbligo di redigere ogni sei anni un Rapporto Nazionale a partire dai risultati del monitoraggio che le Regioni e le Province autonome sono tenute a trasmettere. Il Rapporto deve essere realizzato sulla base degli standard e dei modelli predisposti in ambito comunitario (⇒ http:/­/­bd.eionet.europa.eu/­activities/­Reporting/­Article­_17/­reference­_portal) e reso pubblico dopo essere stato trasmesso alla Commissione Europea.

In vista della realizzazione del IV Rapporto nazionale ex art. 17 della Direttiva Habitat in Italia (periodo 2013-2018), al fine di poter assicurare una raccolta di dati standardizzata a livello nazionale, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha dato incarico a ISPRA di curare lo sviluppo di un protocollo condiviso per il monitoraggio degli habitat e delle specie di Direttiva. Il risultato di questa attivitàè stato descritto nell’insieme dei tre volumi ISPRA “Manuali per il monitoraggio di specie e habitat di interesse comunitario (Direttiva 92/43/CEE) in Italia”.

Il Manuale per il Monitoraggio degli Habitat di ISPRA non è quindi una sintesi delle esperienze nazionali in tema di monitoraggio, che dovranno meritatamente e necessariamente godere di uno spazio opportuno in futuro. Si tratta invece del necessario adattamento degli orientamenti espressi in ambito comunitario e contenuti in specifiche linee guida ([4]) che hanno funzionato come riferimento per la redazione delle schede nazionali. La necessità da coprire era proprio quella di riportare in ambito nazionale il frutto delle esperienze istituzionali prodotte dall’attività decennale di esperti (anche italiani) nell’ambito della Commissione Europea e a cui la Commissione stessa ci vincola ([4]).

È da questo momento in poi che si apre, in effetti, una fase più specificatamente operativa in cui sarà necessario mettere a punto una sintesi delle esperienze locali su cui costruire, integrandole opportunamente, il poderoso corpo di dati su cui si baserà il futuro del monitoraggio nazionale ai sensi della Direttiva Habitat degli habitat di interesse comunitario.

È opportuno ricordare che questi tipi di habitat a cui si riferisce il manuale, sono combinazioni complesse di elementi abiotici e biotici e la loro descrizione, anche di quelli prettamente forestali, non può essere ridotta ad una singola componente, come la sola struttura forestale. Per essere riconosciuti come tali, gli habitat sono identificati attraverso le comunità vegetali che costituiscono l’indicatore prossimo più diffusamente riconosciuto come sintetico delle condizioni di un habitat ([5], [6]). La struttura forestale di queste comunità, sulla quale Urbinati & Iorio ([8]) pongono la loro attenzione, anche per evidenti motivi di formazione e di esperienza professionale, rappresenta quindi solo una parte dell’habitat. Di conseguenza, il monitoraggio non può limitarsi ai soli parametri forestali, come possono essere la densità o la produttività delle foreste, ma deve essere teso a comprendere i cambiamenti nella struttura e, soprattutto, nella composizione in specie. Quest’ultimo elemento, certamente il più importante dal punto di vista della Direttiva che è alla base di tutto il processo, è parametrizzabile solo conoscendo la composizione tassonomica delle comunità vegetali e le relazioni di abbondanza esistenti tra le specie.

È comunque opinione largamente condivisa, anche a livello europeo, che i monitoraggi degli habitat rappresentino attività multidisciplinare per eccellenza. Infatti, nel Manuale, nella sezione dedicata alle “indicazioni operative” (pag. 23), si raccomanda sempre la conduzione delle attività coinvolgendo diverse professionalità: “Il disegno sperimentale, la scelta delle aree di saggio e il protocollo di indagine, sono attività che possono esser svolte o per lo meno coordinate o concertate, nella fase di interpretazione dei dati, da operatori di provata competenza nelle discipline afferenti alla Scienza della Vegetazione (geobotanica, fitogeografia, ecologia vegetale, fitosociologia). I sofisticati metodi e protocolli di indagine utilizzati di norma dagli studiosi delle Scienze Forestali nei soprassuoli boscati sono eccellenti strumenti di valutazione ed indagine, per cui il monitoraggio di comunità di tipo forestale, soprattutto derivate da un uso selettivo prolungato nel tempo è brillantemente svolto da operatori di settore. È però sempre necessario assicurare l’interazione con studiosi di matrice non applicativa (geobotanica) nella scelta del “modello cenologico di riferimento” a cui avviare lo sviluppo del consorzio forestale. Lo stesso dicasi per esperti di Scienze Agronomiche nel caso di monitoraggio delle praterie secondarie (vedi schede corrispondenti), soprattutto nel momento in cui sia necessario dai dati del monitoraggio estrarre indicazioni sui rapporti con eventi attuali o pregressi di variazione del carico di bestiame.”

È stato quindi rilevato, evidenziato e qui ribadito quanto importante sia il contributo delle Scienze Forestali e delle altre discipline richiamate nel manuale, nelle attività di monitoraggio degli habitat. Il loro contributo è certamente necessario, integrativo a quello di ecologi vegetali e statistici.

Riguardo ad altre obiezioni sollevate relativamente all’identificazione dell’habitat 9210 Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex, si ricorda che l’intento del Manuale è consapevolmente non diagnostico, attività per cui in ambito nazionale esiste già una ricca base documentaria (Interpretation Manual EUR28 - [2]) a cui fare riferimento anche sulla base di indicazioni nazionali (⇒ http:/­/­www.prodromo-vegetazione-italia.org/­, ⇒ http:/­/­vnr.unipg.it/­habitat/­) e a cui si rimanda espressamente e ripetutamente nel Manuale. La Direttiva Habitat ha lo scopo di proteggere la natura in Europa attraverso la tutela di tipi di habitat e specie elencati negli allegati I e II. L’allegato I indica i tipi di habitat meritevoli di conservazione in ambito comunitario e lo fa introducendo una lista che non ha intenti classificatori (rappresentando solo una ricodifica di unità già individuate in altri apparati nomenclaturali validi in ambito Europeo: Corine Biotopes prima e Palaearctic Classification poi, per arrivare alla più recente codifica EUNIS le cui corrispondenze sono disponibili nella versione online ⇒ http:/­/­eunis.eea.europa.eu/­habitats-annex1-browser.jsp) ma rappresenta un elenco di codici alfanumerici la cui descrizione è demandata ad uno strumento ufficiale che è l’ Interpretation Manual of European Union Habitats. Tale strumento è stato aggiornato nel corso degli anni, quale conseguenza dell’ingresso di nuovi Stati membri nell’UE. La prima versione del manuale europeo risale al 1995, quando erano rappresentati 12 Stati Membri, la versione più recente è dell’aprile 2013, quando alla Direttiva Habitat hanno aderito i 28 Stati Membri. Quest’ultima versione è disponibile all’indirizzo web:

⇒ http:/­/­ec.europa.eu/­environment/­nature/­legislation/­habitatsdirective/­docs/­2007­_07­_im.pdf

La descrizione contenuta nel manuale Europeo riporta, oltre alle corrispondenze con Corine Biotopes nelle prime edizioni e con la Palaearctic Classification nelle versioni più recenti, ulteriori informazioni atte a chiarire quali ambienti realmente afferiscano ai singoli habitat. Le note esplicative chiariscono inoltre che l’interpretazione va considerata in maniera stretta per gli habitat prioritari, mentre può avere una certa flessibilità, includendo sottotipi regionali solo per gli habitat non prioritari.

La grande quantità di informazioni contenute nel sopraccitato manuale, insieme a quelle ulteriori fornite localmente “a parere esperto”, talvolta ha portato, non solo in Italia, ad equivoci nell’interpretazione dei tipi di habitat. A livello istituzionale, la posizione di ISPRA è quella di attenersi strettamente a quanto indicato dalle fonti ufficiali e considerare con estrema cautela la possibilità di allargamenti interpretativi a parere esperto, proprio per evitare discrepanze e confusioni.

È comunque di soddisfazione, in quanto proprio tra gli obiettivi auspicati dal Manuale, l’estrema attenzione che è stata posta da Urbinati & Iorio ([8]) alla disamina dei contenuti, compreso il corredo iconografico. Come ripetutamente detto, questo Manuale, cosi come gli analoghi per le specie ([3], [7]), rappresenta un punto di partenza, momento essenziale su cui costruire le attività future. La partecipazione sempre maggiore di esperti ed esponenti delle varie tematiche coinvolte nella ampia diversificazione dei tipi di Habitat elencati in allegato I e meritevoli di misure di conservazione, non potrà che essere un elemento di pregio che arricchirà le formulazioni future delle attività connesse al monitoraggio degli habitat di interesse comunitario in Italia.

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