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Perceptive analysis of the Sustainable Forest Management (SFM) through the cognitive maps

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 11, Pages 125-137 (2014)
doi: https://doi.org/10.3832/efor1245-011
Published: Jun 10, 2014 - Copyright © 2014 SISEF

Research Articles

Abstract

Perceptive analysis of the Sustainable Forest Management (SFM) through the cognitive maps. SFM is the current paradigm in forest management. This paradigm has mixed the principles of multifunctionality with the concept of sustainable development. Despite the association between SFM and public participation, the sustainable management of forest resource can be achieved from the technical point of view both with a top-down approach, where a low number of social actors are involved in the decision making process, and a bottom-up approach, where the number of social actors and interests is broad. Following this second approach, a preliminary stage is the construction of the scenario perceived (mapping of stakeholders and analysis of the hierarchy of preferences and interests). This analysis, achieved through the construction of individual and collective cognitive maps, improves the cognitive framework and supports the facilitator in the decision making process. The cognitive maps of the stakeholders are the starting point of the participatory forest management. The paper focuses on the implementation of a method, based on the cognitive maps, aimed to identify and analyse the perception and the hierarchy of interests of the stakeholders with respect to the SFM. The method was tested in a case study characterized by rural vocation where the primary sector has a key role from both social and economic point of views (Alto Matese, Molise Region).

Keywords

Sustainable Forest Management (SFM), Social Perception, Stakeholders, Cognitive Maps, Matese

Introduzione 

I cambiamenti sociali, economici, politici e culturali dell’ultimo secolo hanno portato, nei paesi ad economia avanzata, a una serie di mutamenti socio-politici tangibili quali l’urbanizzazione, l’educazione di massa, la specializzazione occupazionale e la burocratizzazione ([21]). Tali cambiamenti hanno fatto emergere nuovi bisogni e richieste da parte della società nei confronti delle risorse naturali. È in questo contesto che nell’ambito della gestione delle risorse naturali si è affermato un nuovo paradigma di gestione forestale, che ha combinato i principi della multifunzionalità forestale con il concetto di sviluppo sostenibile così come definito dal “Rapporto Brundtland” ([4]). Il suddetto paradigma, definito come Gestione Forestale Sostenibile (GFS), è il prodotto del cambiamento nella gerarchia dei valori che ha messo in secondo piano i valori materialistici a favore di quelli post-materialistici ([18]). Se analizziamo tale gerarchia di valori nell’ambito del rapporto tra società e risorse naturali, i valori materialistici sono rappresentati dai cosiddetti valori economici utili al sostentamento delle comunità locali (ad esempio, la legna da ardere, quella da lavoro ed i prodotti eduli forniti dal bosco). Viceversa, i valori post-materialistici comprendono i valori ecologici e sociali la cui importanza non è strettamente legata alla sopravvivenza dei singoli membri della comunità, ma al loro benessere espressivo e di autorealizzazione ([22]).

La GFS è stata concettualizzata nel corso di una serie di conferenze internazionali tra le quali merita ricordare la Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo di Rio de Janeiro (1992) e le Conferenze Ministeriali sulla Protezione delle Foreste in Europa (MCPFE). In particolare, nel corso della seconda Conferenza Ministeriale, tenutasi a Helsinki nel 1993, la GFS viene definita come “la gestione e l’uso delle foreste e dei terreni forestali nelle forme e ad un tasso di utilizzo che consentano di mantenerne la biodiversità, produttività, capacità di rinnovazione, vitalità e potenzialità di adempiere, ora e nel futuro, a rilevanti funzioni ecologiche, economiche e sociali a livello locale, nazionale e globale, senza comportare danni ad altri ecosistemi”. Emerge da questa definizione come il cuore della GFS sia la conservazione della funzionalità dell’ecosistema forestale in un’ottica dinamica e di interazione con gli altri ecosistemi naturali e si pone l’accento su una gestione che adegui i prelievi ai limiti di accrescimento dei sistemi forestali ([12]). Intorno al concetto di sostenibilità della gestione si incontrano studiosi di molteplici discipline (ecologi, sociologi, economisti, filosofi) ed il dibattito intorno a cosa si intende per gestione sostenibile e a come questa debba essere applicata e messa in atto rimane acceso nel tempo. Nel delineare strategie di sostenibilità della gestione la difficoltà maggiore sta nel trovare un punto di equilibrio utile a conciliare lo sviluppo economico con la protezione dell’ambiente. In tal senso, al fine di poter quantificare la sostenibilità della gestione forestale e di offrire indicazioni utili a chi deve gestire i soprassuoli, sono stati messi a punto una serie di Criteri e Indicatori (C & I) che misurano la direzione in cui si muove la gestione in termini funzionali e strutturali e, al contempo, quali effetti tale gestione ha sui beni e servizi erogati dall’ecosistema forestale ([24]). A livello europeo, nel corso della terza MCPFE (Lisbona 1998), sono stati identificati sei criteri e un insieme di indicatori quali-quantitativi per misurare i risultati della gestione forestale che rappresentano ad oggi il punto di riferimento per la GFS in Europa.

A livello nazionale le iniziative volte alla definizione di C & I per la GFS si raccordano a quelle definite in sede internazionale, approfondendo e specificando in maniera coerente alcuni elementi, in considerazione delle specifiche condizioni delle risorse forestali nazionali. Va ricordato che in alcune Regioni italiane, in relazione alla notevole disponibilità di dati e alle fonti informative dettagliate, l’implementazione del set di C & I è stato più semplice e produttivo che a livello nazionale ([26]).

Nel tempo sono stati creati specifici strumenti che attestano la conformità della gestione forestale ai principi e criteri di GFS, prevedendo un iter certificativo accreditato da un organo indipendente e terzo. Esistono vari schemi di certificazione ambientale, tra i più diffusi merita ricordare ([20]): ISO14001, Forest Stewardship Council (FSC), Canadian Standards Association (CSA), Programme for the Endorsement of Forest Certification (PEFC) e Sustainable Forestry Initiative (SFI).

Per quanto concerne gli schemi di certificazione specifici per la gestione forestale due sono particolarmente importanti a livello internazionale: FSC e PEFC. Il primo, nato nel 1993 da organizzazioni ambientaliste, è caratterizzato dallo sviluppo di un sistema di accreditamento e certificazione aziendale specificamente finalizzato al settore forestale. Il secondo, creato con l’obiettivo di stimolare una buona gestione dei boschi e il consumo di prodotti legnosi di origine controllata, si è diffuso in Italia nel 2001 grazie ad alcune pubbliche amministrazioni e ai rappresentanti dei proprietari forestali che si sono fatti promotori dell’iniziativa.

Specificatamente per l’ambiente appenninico e mediterraneo sono da segnalare gli “Standard di buona gestione forestale per i boschi appenninici e mediterranei” rientranti nello schema FSC e caratterizzati da specifiche linee guida per la certificazione di tali tipi di boschi ([27]).

Svariati autori affermano che, essendo la GFS basata sul principio della molteplicità di beni e servizi forniti dalla foresta alla società ([16], [13]), debba seguire un approccio partecipativo che tenga nella debita considerazione i differenti usi e richieste sociali ([30], [29], [15]). Dal punto di vista tecnico il conseguimento di una molteplicità di obiettivi molte volte non sinergici o, addirittura, in conflitto, nella pratica selvicolturale non è sempre realizzabile con un trattamento specifico; in molti casi la massimizzazione di un obiettivo comporta la massimizzazione parziale o addirittura la minimizzazione di altri obiettivi. Una valutazione multicriteriale è uno strumento utile per riconoscere i conflitti tra obiettivi, in modo da poter trovare delle soluzioni soddisfacenti volte a valorizzare le funzioni forestali considerate prioritarie. Nell’approccio di tipo partecipativo, dove il numero di attori sociali e di interessi in gioco è ampio e variegato, una valutazione multicriteriale comporta in primo luogo la costruzione dello “scenario percepito” ([11]), con la mappatura identificativa dei diversi portatori d’interessi coinvolti nel processo decisionale e l’analisi degli stessi al fine di evidenziare le preferenze e la gerarchia di interessi dei diversi stakeholders ([6]). Un’analisi di questo tipo consente di migliorare il quadro cognitivo e di accrescere gli strumenti attraverso cui sviluppare gli scenari alternativi di gestione forestale. In particolare, le mappe cognitive sono delle rappresentazioni del sistema di opinioni (belief-systems) di un individuo, o di un gruppo di individui, in relazione ad una particolare situazione o nella risoluzione di un determinato problema ([8]). In altri termini, le mappe cognitive sono un tipo di modello matematico impiegabile in una duplice veste: normativa, al fine di comprendere come una persona deduce una nuova opinione da quelle pregresse, ed empirica, allo scopo di interpretare il comportamento di una persona sulla base del proprio sistema di opinioni ([3]).

Le mappe cognitive sono, inoltre, impiegate per analizzare la percezione cognitiva del contesto sociale da parte dei singoli individui al fine di comprenderne comportamenti e azioni ([2]). Pertanto, il sistema conoscitivo fornito dalle mappe cognitive, che risulta in parte legato alle preferenze individuali e in parte ad una matrice culturale comune, è di fondamentale importanza ogni qual volta si voglia intraprendere un processo partecipativo di gestione delle risorse naturali che consenta di integrare in modo efficace le preferenze sociali nelle scelte tecnico-gestionali.

Nelle scienze politiche, le mappe cognitive sono impiegate per descrivere la percezione consapevole della realtà, il modo in cui uno o più decision maker coglie una determinata situazione o un particolare problema da affrontare consentendo un esame più approfondito delle motivazioni che stanno dietro certe scelte o nel prevedere futuri comportamenti. Le mappe cognitive possono essere di tipo individuale, la cui finalità ultima è quella di analizzare le decisioni di un singolo decision maker, oppure di tipo collettivo, il cui scopo è rappresentare il sistema di opinioni del gruppo. Nell’ambito della gestione forestale le mappe cognitive individuali sono utili nel caso della redazione di un piano di gestione secondo l’approccio tradizionale dall’alto, mentre le mappe cognitive collettive si adattano particolarmente bene nel caso della pianificazione partecipata o interattiva. In quest’ultimo caso mettono in evidenza gli elementi condivisi dai membri del gruppo e rappresentano la realtà da loro socialmente costruita ([8]). Le applicazioni concrete delle mappe cognitive nella gestione delle risorse naturali sono ancora piuttosto limitate; tra gli esempi più interessanti merita segnalarne l’impiego nella gestione forestale sostenibile (GFS) in Zimbabwe ([23]), nel coinvolgimento dei portatori d’interessi nella gestione delle foreste in Danimarca ([14]), nell’individuazione degli obiettivi gestionali dei proprietari forestali della Finlandia ([32]), nello studio della percezione sociale nei confronti di differenti ecosistemi umidi in Turchia ([9]) e nell’indagare le conoscenze dei piccoli agricoltori del Ghana in merito alla gestione delle agroforestry ([17]).

E’ importante sottolineare un aspetto riguardante l’applicabilità delle mappe cognitive. Non sempre gli stakeholders sono soggetti esperti, ma è comunque importante che esprimano le loro opinioni in merito alla pianificazione applicata al territorio di loro competenza. Bisogna quindi considerare opportunamente il fatto che quanto espresso dagli stakeholders rientra nel campo delle opinioni e non in quello dei pareri tecnici esperti. Le mappe cognitive sono quindi un ottimo strumento per formalizzare la percezione degli stakeholders, ma il loro uso acritico può portare a conseguenze negative nei processi di pianificazione forestale.

La mappa cognitiva risulta fondamentale per comprendere le posizioni degli stakeholders e individuare gli obiettivi a cui aspirano. Ma la valutazione della sostenibilità tecnica di ciò cui gli stakeholders aspirano deve essere compiuta da tecnici esperti.

La mappa cognitiva può quindi aiutare il pianificatore anche nel comprendere dove ci sono errate conoscenze tecniche. Da questa valutazione può partire un percorso di formazione da realizzare nell’ambito del processo partecipativo al fine di far comprendere quali obiettivi sono effettivamente realizzabili e quali sono le tecniche migliori da adottare.

Partendo da queste considerazioni, il presente contributo si è focalizzato sulla messa a punto di un metodo, bastato sull’impiego di mappe cognitive, finalizzato ad individuare e analizzare la percezione e la gerarchia d’interessi degli stakeholders nei confronti dei criteri di GFS. Il metodo è stato testato in un caso di studio a forte vocazione rurale, il territorio del Matese in provincia di Campobasso. Il Matese racchiude in modo emblematico tutte le componenti insite nel concetto di ruralità elaborate da Willits & Bealer ([33]) e riprese da Jacob & Luloff ([19]) quali: la componente ecologica, la componente occupazionale e la componente socio-culturale. Per quanto concerne la componente ecologica il territorio del Matese è caratterizzato da una bassa densità di popolazione con una distribuzione diffusa di centri abitati di piccole dimensioni. A livello occupazionale il settore primario svolge un ruolo chiave sia dal punto di vista sociale (forza lavoro impiegata e legame tra popolazione e territorio) sia dal punto di vista economico (sviluppo dell’economia locale). Infine, dal punto di vista socio-culturale la popolazione del Matese è fortemente legata ai valori tradizionali, tipici della ruralità, presentando un profondo legame con il territorio di appartenenza. Queste caratteristiche fanno si che il territorio del Matese si presti particolarmente bene ad un analisi empirica del sistema di valori e del sense of place degli attori locali attraverso l’impiego delle mappe cognitive ([10]).

Materiali e metodi 

Area di studio

L’area di studio è il territorio del Matese in provincia di Campobasso (Regione Molise), la cui estensione territoriale è pari a 36 539 ettari. Dal punto di vista amministrativo l’area indagata risulta ripartita in undici comuni (Bojano, Campochiaro, Cercemaggiore, Cercepiccola, Colle d’Anchise, Guardiaregia, San Giuliano del Sannio, San Massimo, San Polo M., Serpino e Spinete) e abitata da una popolazione di poco superiore alle 21 mila persone (densità di 0.58 abitanti/ettaro). Il trend demografico degli ultimi sessant’anni (1951-2009) ha registrato una perdita del 35.5% dovuta principalmente all’emigrazione verso le città circostanti (Campobasso e Isernia), ma anche al flusso migratorio fuori regione (resto d’Italia e estero).

Lo sviluppo territoriale del Matese si fonda su agricoltura, pastorizia e gestione delle foreste che rappresentano i tre settori chiave. In termini di uso del suolo, le foreste - principalmente cerrete, faggete e orno-carpineti - e gli arbusteti interessano il 45% del territorio, mentre l’agricoltura il 31% e i prati-pascoli il 16%.

Dal punto di vista economico il tasso di disoccupazione è circa il 18% e la forza lavoro locale è quasi equamente distribuita tra settore terziario (39%), industriale (34%) e primario (27%).

Nel territorio del Matese sono stati realizzati i rilievi propedeutici alla realizzazione del Piano Forestale Territoriale di Indirizzo, volto a definire le regole con sui saranno eseguiti gli interventi di gestione delle foreste e dei pascoli ad una scala intermedia tra la pianificazione forestale aziendale (di proprietà forestale) e quella regionale e provinciale ([1]). Tale piano coinvolge nella sua fase di implementazione un elevato numero di soggetti (pubblici e privati) e di interessi contrapposti derivanti dalle differenti istanze sociali ([5]). Durante la fase conoscitiva, preliminare alla scrittura del piano, è stata condotta una consultazione dei principali portatori d’interesse allo scopo di far emergere le preferenze e le richieste dei singoli gruppi d’interesse in merito alla gestione delle foreste.

Preliminarmente alla fase di consultazione è stata realizzata la stakeholders analysis che ha consentito di identificare e classificare tutti i portatori d’interessi presenti nel territorio del Matese che è importante coinvolgere nelle successive fasi del processo decisionale. La stakeholders analysis ha identificato 22 stakeholders ripartiti in quattro principali gruppi d’interesse: enti pubblici comunali e sovracomunali (10), associazioni ambientaliste locali (4), proprietari forestali privati (4), altri attori della filiera foresta-legno quali imprese di utilizzazione boschive e di prima trasformazione del legname (4). Questi attori chiave attraverso un processo partecipativo a più fasi collaborano con gli esperti in pianificazione forestale alla definizione degli indirizzi gestionali del futuro Piano Forestale Territoriale di Indirizzo del Matese.

Raccolta dati

Al fine di evidenziare la percezione degli intervistati nei confronti dei singoli criteri di GFS e delle relazioni tra pratiche gestionali e criteri di GFS (Tab. 1) è stato predisposto un questionario semi-strutturato. Le informazioni sono state raccolte tramite la somministrazione face-to-face del questionario ai 22 portatori d’interesse individuati durante la stakeholders analysis.

Tab. 1 - Criteri di Gestione Forestale Sostenibile (GFS) e pratiche gestionali considerate.

Criteri di gestione forestale sostenibile (GFS) C1 Mantenimento e appropriato miglioramento delle risorse forestali e loro contributo al ciclo globale del carbonio
C2 Mantenimento della salute e vitalità degli ecosistemi forestali
C3 Mantenimento e sviluppo delle funzioni produttive nella gestione forestale (prodotti legnosi e non legnosi)
C4 Mantenimento, conservazione e appropriato miglioramento della diversità biologica negli ecosistemi forestali
C5 Mantenimento e appropriato miglioramento delle funzioni protettive della gestione forestale (con specifica attenzione alla difesa del suolo e alla regimazione delle acque)
C6 Mantenimento delle altre funzioni e delle condizioni socio-economiche
Pratiche gestionali P1 Incrementare i prelievi in bosco di legname e legna da ardere rispetto ai quantitativi attuali
P2 Impiegare i residui dei tagli di utilizzazione (cimale e ramaglie) per la produzione di biomasse (cippato)
P3 Non asportare il legno morto a terra e le piante morte in piedi di grosse dimensioni (diametro minimo 30 cm)
P4 Favorire attraverso gli interventi selvicolturali boschi misti composti da più specie forestali
P5 Migliorare i sentieri in bosco (pulire) e mettere in opera panchine, tavolini, aree attrezzate per il pic-nic, cartellonistica esplicativa
P6 Potenziare la viabilità forestale (strade forestali per prelievo legname) e le piazzole di stoccaggio del materiale legnoso (imposti)
P7 Favore il passaggio dal bosco ceduo alla fustaia (conversioni)
P8 Eliminare le piante malate e deperienti (tagli fitosanitari)
P9 Non prevedere tagli di utilizzazione boschiva nelle zone ad elevata pendenza

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La prima sezione del questionario mira a valutare l’importanza percepita nei confronti dei sei criteri di GFS, definiti nel corso della terza MCPFE di Lisbona (1998), e concernenti i principali beni e servizi erogati dalle foreste alla società ([25]):

  • Stoccaggio dell’anidride carbonica e stabilizzazione climatica.
  • Stato di salute dell’ecosistema foresta.
  • Fornitura di prodotti legnosi (legname e legna da ardere) e non legnosi (funghi, tartufi e piccoli frutti).
  • Conservazione della biodiversità di specie, genetica ed ecosistemica.
  • Protezione dai rischi naturali, principalmente di tipo idrogeologico.
  • Assolvimento delle principali funzioni socio-economiche legate alla filiera foresta-legno.

L’efficacia di ciascun criterio nel migliorare la gestione sostenibile della risorsa forestale è valutata dagli intervistati esprimendo un grado di preferenza in una scala da 0, nessuna importanza, a 4, elevata importanza (scala Likert a cinque valori).

Nella seconda sezione del questionario è stato chiesto agli intervistati di esprimere un giudizio sugli effetti potenzialmente generabili da nove pratiche di gestione forestale nei confronti dei sei criteri di GFS, ciò significa che viene indagata la percezione-opinione che i singoli intervistati hanno in materia. Al fine di valutare l’intensità dell’effetto è stata impiegata una scala a cinque valori: -2 (effetto molto negativo), -1 (effetto negativo), 0 (nessun effetto/effetto neutro), +1 (effetto positivo), +2 (effetto molto positivo).

L’analisi congiunta delle due sezioni del questionario permette un’analisi gerarchica a tre livelli (GFS, Criteri e pratiche gestionali) circa la percezione degli effetti che le pratiche gestionali hanno sulla GFS.

Tale ripartizione gerarchica rappresenta il punto di partenza per la predisposizione e l’analisi delle mappe cognitive.

Analisi ed elaborazione dei dati

Le informazioni ricavate dai questionari sono state elaborate al fine di investigare la percezione della GFS da parte dei diversi gruppi di interesse. L’elaborazione si è strutturata in tre fasi di lavoro: (1) predisposizione ed analisi delle mappe cognitive individuali e collettive dei portatori d’interesse; (2) individuazione della strategia d’intervento prioritaria per ciascun gruppo d’interesse, sulla base dei valori di outdegree centrality delle pratiche gestionali presenti nelle mappe cognitive; (3) valutazione del livello di soddisfazione dei vari gruppi d’interesse in considerazione della strategia d’intervento adottata (per gruppo e complessiva).

Le mappe cognitive di ciascun stakeholder sono state elaborate a partire dai dati raccolti con la somministrazione del questionario. Successivamente, aggregando le ventidue mappe cognitive individuali prodotte, sono state predisposte quattro mappe cognitive collettive, una per ciascun gruppo d’interesse. Infine, come punto di arrivo del processo di elaborazione, è stata costruita una mappa strategica che ha riunito le diverse mappe cognitive collettive.

Per la predisposizione delle mappe cognitive collettive e della mappa strategica sono stati considerati i valori medi per gruppo di interesse (mappe cognitive collettive) e i valori medi complessivi (mappa strategica) attribuiti alle diverse pratiche forestali in relazione agli effetti prodotti sui criteri di GFS. Quando il valore medio risultava compreso tra -0.25 e +0.25 non è stato riportato il legame tra pratiche gestionali e criteri di GFS considerando tale intervallo la soglia oltre la quale considerare rilevanti gli impatti di una pratica su un criterio.

Sulla base del calcolo dell’indice di outdegree centrality delle singole mappe prodotte sono state individuate le pratiche di gestione da attuare per migliorare la sostenibilità. Tale indice mette in evidenza i nodi che possono raggiungere un elevato numero di altri nodi attraverso una rete di percorsi diretti ([7]). Nel presente caso di studio i nodi sono le pratiche gestionali e i criteri di GFS, ed i valori di outdegree centrality (calcolati per ciascun criterio di GFS e pratica di gestione) consentono di comprendere su quali interventi è possibile puntare per influenzare positivamente la gestione forestale. La outdegree centrality dei singoli nodi è stata calcolata sulla base dei legami positivi in uscita (sono stati eliminati i legami negativi tra una pratica e un criterio), con i rispettivi pesi (valori indicati dagli intervistati), in quanto l’obiettivo è quello di osservare quali pratiche svolgono un ruolo chiave nel valorizzare più criteri e, conseguentemente, hanno un effetto positivo sulla GFS nel suo complesso. In altre parole, puntare su un limitato numero di pratiche gestionali chiave consente di ottenere un risultato soddisfacente in termini di gestione complessiva con un minor dispendio di risorse economiche.

Nel presente lavoro, per ciascun gruppo d’interesse e per tutti gli stakeholders nel complesso è stata delineata una strategia di intervento prioritaria, finalizzata a valorizzare la GFS. Si è valutato di rappresentare tale strategia tramite l’insieme delle due pratiche gestionali con i valori più elevati di outdegree centrality.

Sulla base della strategia d’intervento prioritaria delineata da ciascun gruppo d’interesse è stato possibile definire il Risultato Gestionale Percepito (Rp), indice che esprime il livello di soddisfazione di un singolo o di un gruppo di interesse rispetto alla strategia prioritaria complessiva (riferita a tutti gli stakeholders) adottata per il conseguimento degli obiettivi preposti.

Rp è il prodotto tra il valore medio dell’effetto di una pratica su un criterio, così come dichiarato nell’intervista, moltiplicato per l’importanza di ciascun criterio in termini di GFS (attribuita dagli intervistati durante l’intervista) considerando unicamente le due pratiche gestionali prese in considerazione nella strategia d’intervento prioritaria per il complesso degli stakeholders. L’espressione per il calcolo del risultato gestionale percepito per ciascuna pratica può essere così espressa (eqn. 1):

\begin{equation} R_{pi} = \frac{\sum_{i}^{{n}} E_{ij}} {n} \cdot I_{j} \end{equation}

dove Rpi è il risultato gestionale percepito per la pratica di gestione i, Eij è l’effetto della pratica gestionale i sul criterio di GFS j, Ij è l’importanza media del criterio j così come dichiarata dagli intervistati e n è il numero di criteri di GFS (6).

È stato così possibile calcolare il risultato percepito per gruppo d’interesse, come somma del risultato gestionale percepito per le due pratiche considerate nella strategia d’intervento prioritaria.

Questi due tipi di informazioni, la strategia d’intervento prioritaria e il risultato gestionale percepito, consentono di analizzare l’agenda politica dei singoli gruppi d’interesse sia in termini di interventi concreti da intraprendere, sia di percezione dei risultati conseguibili con una strategia gestionale.

Risultati e discussione 

Le mappe cognitive collettive per ciascun gruppo d’interesse consentono di comprendere l’importanza attribuita ai sei criteri in favore della GFS e, in secondo luogo, di capire quali pratiche gestionali vengono considerate più idonee nel valorizzare uno o più criteri.

La mappa collettiva relativa agli enti pubblici, comunali e sovracomunali, evidenzia (Fig. 1) che i due criteri considerati più importanti per promuovere la GFS sono il Criterio 2 e il Criterio 5 entrambi con un valore medio di 2.90. La mappa mette inoltre in luce come due siano le pratiche gestionali considerate in grado di migliorare contemporaneamente tutti i criteri di GFS: gli interventi selvicolturali volti a favorire i boschi misti (P4) e i tagli fitosanitari finalizzati ad eliminare le piante morte e deperienti (P8) che potrebbero compromettere la funzionalità dell’ecosistema attraverso la diffusione di patologie o attacchi di insetti. La vitalità degli ecosistemi e la stabilità idrogeologica dei popolamenti forestali risultano quindi essere l’elemento chiave della sostenibilità per questo gruppo di attori, da conseguirsi tramite interventi colturali e tagli mirati o tramite la diversificazione strutturale e specifica dei popolamenti.

Fig. 1 - Mappa cognitiva collettiva relativa agli enti pubblici del Matese. Con C sono indicati i diversi Criteri di GFS e con P le diverse pratiche gestionali, descritti in Tab. 1. I valori rappresentano i valori medi per gruppo di interesse attribuiti alle diverse pratiche forestali in relazione agli effetti prodotti sui criteri di GFS. Il range dei valori va da -2 (effetto molto negativo) a +2 (effetto molto positivo).

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Le associazioni ambientaliste considerano invece prioritari i Criteri 4 e 5, a dimostrazione che questo gruppo d’interesse vede nella conservazione della biodiversità, sia specifica che ecosistemica, e nella protezione dai rischi naturali le priorità della gestione sostenibile. La mappa cognitiva (Fig. 2) di questo gruppo evidenzia come due pratiche gestionali siano percepite in modo antitetico: l’incremento dei tagli in bosco al fine di accrescere i prelievi di legname (P1) è considerata una pratica che influenza negativamente tutti i criteri di GFS; all’opposto la Pratica 9, relativa alla sospensione dei prelievi legnosi nelle zone ad elevata pendenza per motivi idrogeologici, è vista positivamente non solo per il Criterio 5, relativo alla funzione protettiva della gestione, ma anche per gli altri cinque criteri. I due aspetti analizzati in modo congiunto portano a concludere che le associazioni ambientaliste locali hanno come priorità gestionale la riduzione dei tagli di utilizzazione per finalità di conservazione naturalistica e protezione dai rischi naturali. Questi due aspetti sono pienamente in linea con i valori ecologici e di conservazione dell’ambiente di cui le associazioni ambientaliste sono i principali promotori nella società. Nello specifico viene enfatizzato il valore intrinseco della natura così come teorizzato, negli anni ’70, dall’etica ambientale ([28]). Tale prospettiva di analisi la si intuisce dall’elevata importanza attribuita da questo gruppo di attori alla componente morta in foresta e alla diversità specifica dei popolamenti forestali, entrambi considerati aspetti rilevanti per la conservazione della diversità naturale nel suo complesso.

Fig. 2 - Mappa cognitiva collettiva relativa alle associazioni ambientaliste del Matese. Con C sono indicati i diversi Criteri di GFS e con P le diverse pratiche gestionali, descritti in Tab. 1. I valori rappresentano i valori medi per gruppo di interesse attribuiti alle diverse pratiche forestali in relazione agli effetti prodotti sui criteri di GFS. Il range dei valori va da -2 (effetto molto negativo) a +2 (effetto molto positivo).

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Le imprese della filiera foresta-legno (Fig. 3) prediligono una più ampia rosa di pratiche gestionali al fine di conseguire la sostenibilità, dando priorità agli effetti che tali pratiche hanno su due criteri considerati prioritari (Criterio 2 e 5). Dall’analisi della mappa si evince che la sola pratica gestionale considerata del tutto negativa sia la Pratica 3, viceversa le pratiche i cui effetti vengono visti in modo più positivo sono le pratiche gestionali finalizzate alla produzione legnosa (P1, cioè incrementare i tassi di utilizzazione in bosco, e P2, cioè l’impiego dei residui nella produzione di cippato) e l’esecuzione dei tagli fitosanitari per mantenere la vitalità e funzionalità dell’ecosistema forestale (P8). Queste informazioni evidenziano potenziali conflitti tra le associazioni ambientaliste e le imprese della filiera foresta-legno che hanno priorità gestionali antitetiche. Se le associazione ambientaliste considerano prioritaria la conservazione della biodiversità da conseguirsi attraverso il rilascio del legno morto in bosco, le imprese considerano l’incremento dei tassi di utilizzazione e l’impiego dei residui del taglio come pratiche utili per incentivare la filiera energetica locale, pur valutando la vitalità degli ecosistemi e la protezione idrogeologica criteri prioritari per la sostenibilità della gestione.

Fig. 3 - Mappa cognitiva collettiva relativa alle imprese della filiera foresta-legno del Matese. Con C sono indicati i diversi Criteri di GFS e con P le diverse pratiche gestionali, descritti in Tab. 1. I valori rappresentano i valori medi per gruppo di interesse attribuiti alle diverse pratiche forestali in relazione agli effetti prodotti sui criteri di GFS. Il range dei valori va da -2 (effetto molto negativo) a +2 (effetto molto positivo).

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I proprietari forestali privati (Fig. 4) considerano, invece, come criterio chiave della gestione sostenibile il ruolo di protezione delle foreste nei confronti dei rischi naturali (Criterio 5) e secondariamente altri tre criteri a cui attribuiscono eguale importanza (Criterio 1, 2 e 4). Stupisce come il criterio produttivo (Criterio 3) sia considerato il meno rilevante per questo gruppo di attori. Tale fatto può essere legato alla consapevolezza del basso valore economico dei boschi di proprietà privata del Matese, dovuto da un lato alla composizione specifica dei boschi (latifoglie principalmente destinate a legna da ardere) e dall’altro alla frammentazione e polverizzazione della proprietà forestale. In termini di pratiche gestionali il rilascio del legno morto a terra e in piedi di grosse dimensioni (P3) è valutato negativamente verso tutti i criteri di GFS con cui ha legami, mentre i tagli fitosanitari (P8) vengono considerati positivi verso tutti i criteri.

Fig. 4 - Mappa cognitiva collettiva relativa ai proprietari forestali privati del Matese. Con C sono indicati i diversi Criteri di GFS e con P le diverse pratiche gestionali, descritti in Tab. 1. I valori rappresentano i valori medi per gruppo di interesse attribuiti alle diverse pratiche forestali in relazione agli effetti prodotti sui criteri di GFS. Il range dei valori va da -2 (effetto molto negativo) a +2 (effetto molto positivo).

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La mappa strategica di Fig. 5 sintetizza i dati per tutti gli stakeholders intervistati, nel loro complesso. La mappa rappresenta quindi quello che può definirsi uno scenario percepito collettivo degli intervistati. Va precisato che il maggior peso, in termini numerici, dei rappresentanti degli enti pubblici rispetto agli altri gruppi d’interesse influenza i valori rappresentati nella mappa nella direzione della percezione degli attori pubblici. Al di là di ciò, si nota come il criterio di gestione ritenuto più importante sia il Criterio 5 finalizzato alla protezione idrogeologica, con un valore prossimo a 3. Del resto tale criterio è ritenuto prioritario da tutti i gruppi di interesse. Il valore più basso viene assegnato alle funzioni produttive della foresta (Criterio 3) a confermare che la produzione di legname non è considerata un aspetto chiave in un’ottica di gestione forestale sostenibile. Le pratiche gestionali idonee per migliorare i criteri reputati più importanti, sono da un lato il favorire i boschi misti (P4) e dall’altro gli interventi fitosanitari (P8). In questo risultato è da considerare il peso rivestito dagli attori pubblici, come precedentemente accennato. La mappa strategica si rivela un prezioso strumento nell’ambito di un processo decisionale partecipativo perché, mostrando l’importanza assegnata ai singoli criteri di GFS e, al contempo, la percezione nei confronti degli effetti delle diverse pratiche gestionali, facilita la definizione di soluzioni condivise volte a favorire a livello locale una gestione sostenibile della risorsa forestale.

Fig. 5 - Mappa strategica relativa a tutti i portatori d’interesse del Matese. Con C sono indicati i diversi Criteri di GFS e con P le diverse pratiche gestionali, descritti in Tab. 1. I valori rappresentano i valori medi per gruppo di interesse attribuiti alle diverse pratiche forestali in relazione agli effetti prodotti sui criteri di GFS. Il range dei valori va da -2 (effetto molto negativo) a +2 (effetto molto positivo).

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Il calcolo della outdegree centrality al fine di individuare le due pratiche gestionali principali su cui puntare per migliorare la GFS del territorio del Matese (Tab. 2) evidenzia che tre gruppi su quattro mostrano una situazione chiara, in cui due pratiche prevalgono sulle altre. Invece le imprese della filiera foresta-legno considerano quattro pratiche gestionali egualmente importanti. Emerge comunque che tra i gruppi le pratiche gestionali considerate come prioritarie non sono le stesse. Enti pubblici e proprietari privati condividono le medesime priorità (P4 - favorire con interventi selvicolturali ad hoc i boschi misti, e P8 - interventi fitosanitari), ma con un gradiente d’importanza differente; tali priorità prevalgono anche a livello complessivo. La P4 è percepita come pratica prioritaria anche dalle associazioni che hanno come altra pratica preferita la P3 cioè il rilascio del legno morto in bosco per motivi di conservazione della biodiversità. Le imprese della filiera presentano invece un insieme più ampio di pratiche considerandone 4 con il massimo punteggio possibile. In sintesi, come anticipato, la strategia d’intervento complessiva dei 22 portatori d’interesse punta sul favorire i boschi misti in quanto considerati più stabili rispetto ai boschi monospecifici e sui tagli fitosanitari mirati ad incrementare la stabilità dei popolamenti. In linea con quanto emerso dalla mappa collettiva, pratiche selvicolturali mirate ad incrementare la diversità specifica dei popolamenti, garantendone anche una stabilità strutturale con interventi mirati a limitare il diffondersi di patologie, sembrano essere quelle ritenute prioritarie nella direzione della gestione sostenibile della risorsa forestale.

Tab. 2 - Outdegree centrality di ciascuna pratica di gestione per gruppo d’interesse. (a): le due principali pratiche per gruppo d’interesse da includere nella strategia d’intervento.

Pratiche Enti pubblici Associazioni Proprietari privati Imprese filiera Totale
Pratica 1 0.33 0.00 0.17 1.00 a 0.17
Pratica 2 0.83 0.00 0.67 1.00 a 0.67
Pratica 3 0.00 1.00 a 0.00 0.00 0.00
Pratica 4 1.00 a 1.00 a 0.83 a 0.83 1.00 a
Pratica 5 0.33 0.50 0.17 0.17 0.17
Pratica 6 0.33 0.50 0.50 1.00 a 0.33
Pratica 7 0.50 0.50 0.17 0.33 0.50
Pratica 8 1.00 a 0.50 1.00 a 1.00 a 1.00 a
Pratica 9 0.67 0.75 0.33 0.83 0.83

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Analizzando i risultati relativi alla percezione dei gruppi d’interesse nei confronti della strategia di intervento prioritaria collettiva emergono delle differenze degne di nota (Tab. 3). Il risultato gestionale percepito mostra valori maggiori per gli enti pubblici e le imprese della filiera foresta-legno, mentre le associazioni ambientaliste mostrano un risultato particolarmente basso.

Tab. 3 - Rp per le due pratiche prioritarie di GFS suddiviso per gruppo d’interesse ed Rp totale.

Gruppi d’interesse P4 P8 Σ
Enti pubblici 1.8 1.8 3.6
Associazioni 1.4 -0.3 1.1
Proprietari privati 1.4 1.6 3.0
Imprese filiera 1.3 2.5 3.8
Totale 1.6 1.5 3.0

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Questi risultati possono essere considerati confortanti, preludendo al fatto che durante la fase di negoziazione non dovrebbero sorgere particolare conflitti. Si osserva infatti, in primo luogo che gli enti pubblici ed i proprietari forestali privati vedono coincidere totalmente le loro pratiche prioritarie con quelle complessive, e in secondo luogo, che le associazioni ambientaliste e le imprese della filiera foresta-legno risultano comunque soddisfatte per un criterio su due.

Conclusioni 

Nel presente lavoro le mappe cognitive sono state impiegate per mettere in evidenza i belief-systems ([31]) dei portatori d’interessi e, conseguentemente, per facilitare il processo decisionale inerente la scelta degli interventi di gestione forestale da attuare per rispondere alla richieste internazionali di gestione sostenibile. È emerso che l’impiego delle mappe cognitive nella gestione forestale riveste un’importanza strategica come strumento di supporto del processo decisionale nei casi in cui le decisioni vengono prese da un gruppo di soggetti in modo interattivo (group decision making), come avviene normalmente nella pianificazione forestale partecipata. Infatti, le interazioni dirette (face-to-face) tra i partecipanti possono dare luogo a fenomeni come il pensiero di gruppo (groupthink), vale a dire la persuasione coercitiva e il rafforzamento delle posizioni di potere ([14]). Questi due fenomeni fanno sì che da un lato gli attori con un maggior prestigio e potere durante il processo partecipativo possono, in maniera più o meno consapevole, influenzare e modificare a proprio favore le posizioni degli altri portatori d’interessi. Dall’altro lato uno spostamento di posizione di alcuni stakeholders nella direzione degli attori che detengono già una posizione privilegiata nella comunità non fa altro che rafforzare ulteriormente tali attori. La concomitanza di questi due fenomeni influenza negativamente il processo partecipativo limitando il vaglio di tutte le opzioni possibili alle sole opzioni gradite dagli attori in posizione privilegiata. All’interno dei gruppi omogenei e coesi accade di uniformare le opinioni dei singoli all’opinione della maggioranza poiché la tendenza a ricercare l’unanimitàè più forte del desiderio di far emergere le motivazioni e le richieste dei singoli. Una frequente conseguenza del groupthink è il fatto che le soluzioni alternative non vengono prese in considerazioni dal gruppo, facendo emergere un’unica soluzione condivisa da tutti.

Nella gestione forestale, dove i portatori d’interessi sono molteplici e dove frequentemente gli interessi sono divergenti il fenomeno del pensiero di gruppo si verifica raramente. Il rischio si può semmai riscontrare in quelle zone dove la risorsa forestale non svolge un ruolo rilevante per la popolazione locale, la comunitàè omogenea dal punto di vista sociale e culturale e il potere decisionale è ripartito tra pochi attori.

Il supporto delle mappe cognitive è determinante se vengono utilizzate nelle prime fasi del processo decisionale, e nel caso della gestione forestale a monte dell’individuazione dei diversi scenari gestionali. In queste fasi le mappe consentono ai tecnici ed ai gestori di cogliere la percezione consapevole dei singoli stakeholders e dei gruppi d’interesse in merito alla strategia da adottare per gestire la risorsa forestale in modo sostenibile.

Vanno comunque evidenziate alcune criticità per la predisposizione e l’elaborazione delle mappe cognitive, insite nel settore forestale. Una prima difficoltàè legata alla somministrazione del questionario a causa della disomogeneità, in termini di conoscenze e competenze, da parte dei portatori d’interessi. Alcuni stakeholders presentano un bagaglio conoscitivo ampio e tale da poter valutare appropriatamente tutte le interazioni tra pratiche gestionali e criteri di GFS; altri, invece, si trovano in difficoltà a valutare interventi di gestione forestale tecnici o ad esprimersi su questioni che richiedono conoscenze specialistiche non in loro possesso. Un altro elemento di criticitàè legato al frequente squilibrio numerico tra gli attori. Infatti, come nel presente caso, reperire ed intervistare gli attori pubblici non comporta particolari difficoltà. Per quanto riguarda invece attori quali le imprese di utilizzazione boschiva, le ditte di trasformazione del legname e i rappresentanti di piccoli gruppi di interesse, accade frequentemente che per motivi di tempo, di difficoltà nella localizzazione e talvolta di diffidenza, questi attori non siano facilmente contattabili. Ne deriva un campione non equilibrato che può ovviamente influenzare i risultati nella direzione del gruppo più rappresentato.

In conclusione, si può asserire che nell’ottica di una gestione che ribadisce come pilastro della sostenibilità il perseguimento delle funzioni ecologiche, economiche ma anche sociali della foresta, l’impiego di strumenti tipici delle scienze sociali è auspicabile. Tali strumenti sono di supporto nell’indagare gli aspetti percettivi e nel mettere in luce le relazioni tra gli attori in merito alla gestione della risorsa forestale, in modo da accrescere il quadro conoscitivo a disposizione dei tecnici e, di conseguenza, migliorare il processo decisionale.

Ringraziamenti 

Gli autori intendono ringraziare la Regione Molise per il supporto finanziario alla realizzazione della presente ricerca. Il presente lavoro è stato svolto in parti uguali dagli Autori.

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