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Mitigazione del pericolo incendi nelle aree di interfaccia urbano/foresta: un esempio di selvicoltura preventiva in Sardegna

Forest@ - Rivista di Selvicoltura ed Ecologia Forestale, Volume 11, Pagine 156-167 (2014)
doi: https://doi.org/10.3832/efor1187-011
Pubblicato: Lug 10, 2014 - Copyright © 2014 SISEF

Articoli Scientifici

Abstract

Wildfires at the wildland/urban interface (WUI) areas have recently taken on alarming dimensions, and most of the catastrophic wildfires in recent years are of this type (Greece 2003 and 2007, Italy, 2007; Australia, 2009; Spain 2003, 2007, 2012). Contrastingly to forest stands, where fuel has to be managed also taking into consideration stand conservation and improvement purposes, in WUI fuel management has the imperative goal of the protection of property and people. The present paper deals with the implementation of a methodology for assessing fire hazard in a WUI area in Sardinia, and assess the most appropriate prevention silvicultural practices to be applied to mitigate the hazard (i.e., the probability of fire occurrence and the difficulty to extinguish it, based on the current vegetation characteristics). We applied a method aimed at defining a “danger value” for each fuel model found in the study area, and derived the silvicultural practices to be applied for the reduction of fuel and the associated risk. The effects of silvicultural prevention were assessed for each fuel model in the study area in terms of flame length and fire intensity for the pre-, during and post phases.

Keywords

Preventive Sylviculture, Conversion, Hazard, Intensity, Flame Length

Introduzione 

Gli incendi in zona di interfaccia hanno assunto preoccupanti dimensioni negli ultimi anni (Grecia 2003 e 2007, Italia 2007, Australia 2009, Spagna 2003, 2007, 2012 - [30], [21], [15], [31]). Per tale motivo in molti paesi le zone di interfaccia sono oggetto di interventi particolarmente severi di modifica dei combustibili, destinati a creare lo spazio difensivo ([17], [16]). A differenza dagli interventi in foresta, in cui la gestione del combustibile non può prescindere da una logica di conservazione e miglioramento del soprassuolo, nella zona di interfaccia Urbano/Foresta l’imperativo della salvaguardia dei beni e delle persone impone interventi drastici di modifica dei soprassuoli ([13]). Si tratta in ogni caso di interventi di selvicoltura di prevenzione ([34], [35], [36]), finalizzata a creare discontinuità, evitando superfici monospecifiche troppo ampie e realizzando un mosaico di aree a differente livello d’infiammabilità che rallenti il fuoco nella sua avanzata.

Le tecniche selvicolturali di prevenzione mirano ad un aumento della capacità di difesa intrinseca del soprassuolo, a ridurre la facilità di progressione del fuoco, e ad agevolare le operazioni di lotta diretta limitando i danni ([24]). Gli interventi consistono in modifiche della struttura verticale della vegetazione, finalizzate a regolare la distribuzione nello spazio dei diversi tipi di combustibile, a ridurne il carico e ad interrompere la continuità tra gli strati erbacei, arbustivi ed arborei. Gli interventi selvicolturali rappresentano azioni di prevenzione diretta più efficace, anche se, purtroppo, non la più diffusa. Si realizzano con varie attività (ripuliture, diradamenti, potature, ecc.), attuate e dimensionate in funzione del comportamento previsto del fronte di fiamma.

A tali principi sono ispirati i criteri di intervento oggetto del presente lavoro, che intende esporre i risultati della valutazione del pericolo di incendi per la definizione di interventi di selvicoltura di prevenzione in un’area WUI in cui vi sono previsioni progettuali di insediamenti edilizi ulteriori.

Area di studio 

L’area oggetto di studio ricade in agro di Dolianova (CA), comune di 8700 abitanti a circa 25 km di distanza da Cagliari, situato nella Sardegna Sud orientale, nella regione del “Parteolla” (Fig. 1).

Fig. 1 - Inquadramento regionale del limite amministrativo del comune di Dolianova.

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La zona è una tipica area di interfaccia urbano/foresta ai sensi dell’OPCM 360/6 2007 e 3680/2008, che definisce tale “una zona o fascia di contiguità nelle quali si verifica il contatto tra le strutture antropiche (ad es., strade, centri abitati, ecc.) e le aree boschive”. Il territorio di Dolianova è caratterizzato da colline subpianeggianti e/o pedomontane. I versanti sono interessati da fenomeni di erosione areale ed incanalata in ragione anche della pendenza, compresa tra 20-35% e 36-50%.

Analisi vegetazionale dell’area di indagine 

Secondo la Carta delle Serie della vegetazione SA21 ([5]), l’area ricade nella Serie sarda, calcicola, termo-mesomediterranea della Quercus robur L. Le principali categorie individuate nella carta della copertura forestale dell’area di indagine sono le seguenti:

  • Leccete invecchiate in conversione: aree composte quasi esclusivamente da ceduo molto invecchiato di Quercus ilex L. in fase di conversione naturale all’alto fusto, pertanto non più utilizzabile come tale.
  • Ceduo di leccio: rappresenta la categoria prevalente con il 48.4% di copertura dell’area oggetto di indagine.
  • Garighe: categoria presente solo in una piccola area, ma meritevole di essere messa in evidenza vista la scarsa copertura e protezione del suolo offerta dalla vegetazione.
  • Macchia evoluta e pre-forestale: macchia secondaria densa e compatta con altezze medie di 2 metri in evoluzione verso formazioni più complesse.
  • Rimboschimenti: densa copertura arborea costituita da piante di pino d’Aleppo (Pinus halepensis Mill.), con cui fu realizzato un rimboschimento negli anni ’€˜70.

Materiali e metodi 

Nell’intento di proporre una metodologia di applicazione della selvicoltura preventiva, sono state analizzate le caratteristiche ambientali strettamente connesse con le condizioni potenziali di pericolo incendi.

È stata pertanto condotta un’analisi climatica, vegetazionale, orografica e morfologica del territorio oggetto di indagine che ha consentito di produrre diversi supporti cartografici, quali carta dei vincoli e aree protette, carta delle pendenze, carta delle esposizioni, carta ex novo della vegetazione. Tutti i dati riguardanti le carte e le immagini aeree dell’area sono state ricavate dal sito del Geoportale online della Regione autonoma della Sardegna ([29]) dove si possono scaricare tutte le basi cartografiche presenti, e mediante la visualizzazione delle ortofoto regionali. La carta della vegetazione è stata redatta ex novo attraverso una digitalizzazione a video su base orto fotografica con software GIS in scala 1:4000 e poi validata mediante sopralluoghi puntuali vista l’assenza su base regionale di una carta forestale.

Per la definizione del pericolo, considerato esclusivamente legato al modello di combustibile presente ed al relativo carico (hazard), si è utilizzato il metodo proposto da Vicente Serrano et al. ([37]). Disponendo dell’interpretazione su base fotografica e mediante identificazione in campo della vegetazione presente, è stato attribuito a ciascuno il relativo modello di combustibile ([4], [32]), valutando l’indice di pericolosità Ri calcolato secondo la seguente espressione (eqn. 1):

\begin{equation} Ri = \frac{(Cp + \hat{M}c + V)}{3} \end{equation}

dove Cp è il coefficiente di pericolosità assegnato a ciascun modello di combustibile ([19]); Mc è il valore medio del range di carico di combustibile (t ha-1), riportato nella classificazione di Rothermel ([32]); e Vp è la velocità media di propagazione (in metri ora-1), il cui valore è indicato per ciascun modello da Anderson ([4]).

Si è proceduto a scalare per semplicità e immediatezza di lettura i valori di velocità di propagazione da un valore 0 a 100, per considerare i valori in percentuale rispetto al massimo, moltiplicando il valore di velocità ottenuto da Anderson ([4]) per 100 e dividendo per il valore massimo presente. L’indice di pericolo è stato graduato da 0 (min) a 10 (max), ricavando 5 scale di pericolo. Le strade e le aree antropizzate sono classificate con un valore hazard nullo, vista l’assenza di vegetazione.

Il valore dell’indice di pericolositàè stato attribuito a tutti modelli di combustibile presenti nell’area di studio, al fine di elaborare la “mappa del pericolo AIB”. E’ stata così possibile la redazione delle tre diverse carte del pericolo in tre momenti diversi (stato attuale, stato durante i trattamenti selvicolturali, e stato post-trattamenti) con 5 classi di pericolo (Fig. 2, Fig. 3, Fig. 4). Per ogni modello di combustibile identificato sono stati quindi definiti i principali interventi selvicolturali finalizzati a ridurre il pericolo.

Fig. 2 - Carta del pericolo AIB hazard allo stato attuale.

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Fig. 3 - Carta del pericolo AIB hazard durante i trattamenti selvicolturali.

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Fig. 4 - Carta del pericolo AIB hazard post-trattamenti.

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Gli interventi selvicolturali per la gestione del combustibile nelle aree di interfaccia studiate sono quelli suggeriti dal D.P.C.M. 20 dicembre 2001: “Linee guida relative ai piani regionali per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi”.

Si riportano in dettaglio gli interventi selvicolturali di mitigazione, individuati come idonei e da eseguire nelle diverse forme fisionomiche vegetazionali.

Cedui invecchiati di leccio

Si è individuato come intervento più adeguato il cambio della forma di governo (conversione del ceduo in fustaia) nelle formazioni a Quercus ilex L., principalmente nelle aree in cui esse si presentano a ceduo invecchiato. La conversione di cedui in alto fusto, laddove praticabile per condizioni stazionali, è una misura efficace di prevenzione contro gli incendi ([10]).

L’avviamento all’alto fusto determina conseguenze complesse ed efficaci:

  • aumento del fattore CBH, l’altezza minima dal terreno alla quale si trova combustibile in quantità tale da consentire la propagazione di un incendio alla chioma ([33]);
  • l’interruzione della continuità dei combustibili;
  • la riduzione del CBD (densità dei combustibili di chioma) nelle parti più prossime al suolo.

Se integrato dal pascolo, come misura per contenere il ricaccio vegetativo, l’avviamento ad alto fusto rende difficile il passaggio a fuoco di chioma. Il pascolo, nei cedui avviati ad alto fusto, è tecnica auspicata di completamento ([9], [10], [12]).

La conversione da ceduo a fustaia mira ad avere una struttura spaziale dei combustibili meno vulnerabile al passaggio del fuoco; tra l’altro, rappresenta la forma di intervento selvicolturale indicata nelle prescrizioni gestionali dei boschi in area protetta (D.M 25 marzo 2005: “Gestione e misure di conservazione delle Zone di Protezione Speciale - ZPS - e delle Zone Speciali di Conservazione - ZSC”).

La conversione dei cedui in fustaia si può attuare laddove il soprassuolo forestale ha già un’età avanzata e una buona differenziazione sociale per interruzione delle ceduazioni, nelle stazioni favorevoli per giacitura e di buona fertilità, per precise scelte gestionali. Il metodo che meglio si adatta a questo tipo di formazione è rappresentato dal taglio di avviamento ([3]); in esso si prevede di far invecchiare il ceduo fino a quando non abbia perduto la sua capacità pollonifera. Dopo un periodo di attesa, oltre lo scadere del turno del ceduo, è prevista una serie di diradamenti (3-4) dal basso o misti, moderati (con funzione di taglio di avviamento all’alto fusto il primo e di modellamento della struttura del bosco con i diradamenti successivi). La densità del soprassuolo transitorio si deve mantiene relativamente elevata per non favorire il ricaccio delle ceppaie. È consigliabile introdurre il pascolo per deprimere l’eventuale ricaccio di polloni dalle ceppaie tagliate.

Lecceta giovane

Per la conversione in fustaia nella giovane lecceta, da poco sottoposta al taglio di ceduazione (4 anni), si provvederà ad applicare il metodo della matricinatura progressiva, rilasciando al momento dell’utilizzazione del ceduo oltre agli usuali 100 allievi, prescritti dalla normativa regionale, anche altre 20-25 matricine del ciclo precedente ([11]). Infatti l’avviamento all’alto fusto favorisce un’organizzazione strutturale più complessa e una migliore funzionalità dei popolamenti ([8]).

Pineta artificiale di pino d’Aleppo

Interventi preventivi sono indispensabili in rimboschimenti realizzati prevalentemente con conifere mediterranee (Pinus halepensis M., Pinus pinea L., Cupressus sempervirens L., ecc.); si tratta, infatti, di soprassuoli particolarmente sensibili al fuoco per la frequente concomitanza di condizioni predisponenti quali l’eccessivo accumulo di combustibile, in particolare necromassa che consente la continuità verticale dei combustibili presenti. In questo tipo di popolamenti il diradamento è la misura elettiva di selvicoltura di prevenzione; in particolare, il diradamento dal basso ([23]). Oltre a migliorare la stabilità e funzionalità complessiva dei soprassuoli, il diradamento dal basso aumenta, infatti, la distanza media tra terreno e chiome, e nel caso del diradamento “dal basso di grado forte” (sensu [38]), rilascia soggetti con diametri più elevati, a maggior resistenza specifica legata allo spessore della corteccia ([26]). Il diradamento dal basso di grado forte eleva il valore dell’altezza di inserzione chioma e rende meno agevole la continuità verticale, riducendo sensibilmente il rischio di incendi di chioma.

Gestione del pascolo come strumento di riduzione del combustibile

L’uso del pascolo come mezzo di riduzione del carico di combustibile rappresenta la forma più sostenibile di prevenzione selvicolturale in ambiente mediterraneo ([7]). Il pascolo può aumentare l’efficacia di taluni trattamenti, quali il decespugliamento, contribuendo a mantenere basso il volume dei cespugli ([20]). L’utilizzazione viene operata mediante recinti elettrificati, spesso alimentati con batterie solari, programmando preliminarmente densità, ampiezza dei recinti, durata del pascolo in funzione delle specie vegetali da ridurre o contenere; il più delle volte le greggi sono prese in affitto ([1], [27]).

Macchia alta

Anche in questo tipo di formazione vegetazione l’impiego del pascolo costituisce la forma di intervento di riduzione del combustibile più adeguata ([22], [6]). Più recentemente è stata oggetto di ampi studi l’utilizzazione di greggi di capre, utilizzati per trasformare in proteine nobili (carne, ma soprattutto latte) combustibili grossolani e non appetiti da altre specie ([28], [18], [27]).

Pertanto nelle aree a macchia alta si utilizzerà il pascolo gestito al fine di limitare la crescita del potenziale combustibile, con preventiva richiesta di autorizzazione da parte del CFVA rispettando le Prescrizioni di Massima e Polizia Forestale. Questa scelta può valorizzare non poco le attività legate alla pastorizia nell’isola e ridurre lo storico contrasto tra pastorizia e attività forestale ([27]).

Pineta artificiale di pino d’Aleppo con sottobosco a macchia

In queste aree si applicheranno gli interventi di mitigazione già previsti per le pinete artificiali ai quali si abbinerà l’apertura e chiusura al pascolo controllato, con lo scopo di ridurre il carico di combustibile nel periodo in cui l’operazione è permessa, rispettando le Prescrizioni di Massima e Polizia Forestale.

Gariga

Anche nelle aree a gariga il pascolo prescritto è l’intervento più adeguato per mitigare il pericolo in relazione al contenimento dei combustibili più infiammabili ([14]).

Si riporta la carta degli interventi di selvicoltura preventiva relativa all’area oggetto di indagine (Fig. 5).

Fig. 5 - Carta degli interventi selvicolturali.

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Si è successivamente provveduto alla previsione del comportamento di possibili fronti di fiamma con uno specifico software. Per tutti i modelli di combustibile individuati, prima e dopo gli interventi di prevenzione, è stato così possibile ipotizzare i possibili scenari di incendi potenziali, che potrebbero svilupparsi nell’area di studio in condizioni critiche, sulla base dei valori meteoclimatici massimi al fine di considerare le condizioni predisponenti più difficili.

I valori massimi hanno consentito di ipotizzare le condizioni più critiche da affrontare in termini di pianificazione, simulando il comportamento del fuoco mediante apposito software.

Il software utilizzato è il Visual Behave v.2007 (versione italiana - [25]). Benché non molto sofisticato, esso ha il pregio dell’estrema semplicità e facilità di impiego, con risultati sufficientemente attendibili.

Il software richiede i seguenti input:

  • modello di combustibile;
  • condizioni meteo (velocità e direzione del vento);
  • condizioni di umidità del combustibile;
  • aspetti orografici e morfologici.

La simulazione è stata elaborata considerando una giornata tipo estremamente critica.

I dati meteo, riferiti alla stazione di Dolianova (⇒ http:/­/­www.ilmeteo.it/­portale/­archivio-meteo/­Dolianova/­2012/­Luglio), sono i valori estremi nei mesi di giugno, luglio ed agosto 2012, annata particolarmente difficile per le condizioni meteo, e risultano i seguenti: (i) temperatura estrema: 32.4 °C; (ii) umidità relativa: 63.3%; (iii) velocità vento: 17.9 km h-1. Per gli aspetti morfologici i valori adottati risultano quelli presenti nell’area esaminati: (i) pendenza maggiore del 30%; (ii) esposizione Sud Sud Est.

In Tab. 1 e Tab. 2 vengono riportati i parametri di comportamento del fuoco più importanti dal punto di vista operativo e nelle diverse fasi di intervento: stato attuale, durante gli interventi e post-intervento selvicolturali.

Tab. 1 - Modelli di combustibile allo stato attuale e risultati della simulazione.

Categoria forestale Modello di combustibile Area (ha) Percentuale
(%)
Intensità
lineare (Kw/m)
Velocità di
avanzamento (m/min)
Strade e aree antropizzate 0 2.29 7.21 0 0
Boschi di leccio 8 0.79 2.49 58 1.6
Rimboschimenti di specie autoctone 9 5.32 16.76 823 12
Garighe pioniere 5 1.2 3.78 2.093 17
Rimb. di specie autoctone con macchia alta 7 5.45 17.15 1.886 19
Boschi di leccio ceduato e/o Macchia evoluta pre-forestale 4 16.71 52.61 12.086 24
Totale - 31.75 100 - -

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Tab. 2 - Modelli di combustibile durante le tre fasi e risultati della simulazione.

Categoria forestale Intensità (kW/m) Velocità avanzamento (m/min)
Stato
attuale
Durante
trattamento
Post
trattamento
Stato
attuale
Durante
trattamento
Post
trattamento
Boschi di leccio 59 59 59 1.6 1.6 1.6
Rimboschimenti di specie autoctone 823 823 823 12 12 12
Garighe pioniere 2.093 2.093 2.093 17 17 17
Rimboschimenti di specie autoctone con macchia alta 1.886 1.886 823 19 19 12
Boschi di leccio ceduato 12.086 1.886 59 24 19 1.6
Macchia evoluta pre-forestale 12.086 2.093 1.895 24 17 21

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Risultati 

Gli interventi selvicolturali di natura preventiva possono limitare e abbattere la potenza energetica del fronte di fiamma e la sua velocità ma non eliminare del tutto il pericolo. I parametri di intensità lineare e di velocità di avanzamento del fronte di fiamma simulati prima, durante e dopo i trattamenti di selvicoltura preventiva in base ai trattamenti eseguiti nei diversi modelli di combustibile e che ne hanno modificato la fisionomia e quindi la denominazione, sono evidenziati in Fig. 6 e in Fig. 7.

Fig. 6 - Intensità lineare delle categorie forestali pre, durante e post trattamento.

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Fig. 7 - Velocità di avanzamento delle categorie forestali pre, durante e post trattamento.

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Si può notare che i valori di intensità lineare e di velocità di avanzamento si riducono principalmente nelle formazioni più pericolose per struttura e infiammabilità, quali i rimboschimenti con sottobosco costituito da macchia alta (modello di combustibile n. 7), i cedui giovani di leccio (modello di combustibile n. 4) e nella macchia evoluta (modello di combustibile n. 4) che sono presenti in gran parte nel territorio.

In formazioni come il bosco invecchiato di leccio (modello di combustibile n. 8), e le garighe pioniere (modello di combustibile n. 5) gli interventi non modificano granché i parametri di comportamento che rimangono dello stesso valore pur interessate da interventi di riduzione del combustibile.

Discussione e conclusioni 

I risultati più significativi, in termini di riduzione del livello di gravità di un potenziale incendio, si raggiungeranno nei rimboschimenti con sottobosco costituito da macchia alta, nei cedui giovani di leccio e nella macchia evoluta presenti in gran parte nel territorio.

Nei rimboschimenti, identificati allo stato attuale come modello di combustibile n. 7, senza interventi si può stimare un potenziale energetico di 1886 kW m-1 di intensità lineare.

Se sottoposti al diradamento dal basso, congiuntamente al pascolo controllato, essi non presenteranno rilevanti modifiche nella struttura e nel carico del combustibile; pertanto rientreranno nella medesima classe originaria di combustibile.

Nella fase di post-trattamento, gli effetti dell’intervento di mitigazione produrranno un significativo cambiamento della struttura verticale del combustibile, che passerà pertanto dal modello di combustibile n. 7 ad un modello di combustibile n. 9, cui si attribuisce un evento con intensità lineare pari a 8 kWm-1.

Sicuramente più vulnerabili e con potenza energetica del fronte di fiamma molto superiore alle altre tipologie sono i i giovani cedui di leccio e la macchia evoluta e pre-forestale, identificati entrambi come modello di combustibile n. 4, per i quali si può stimare, in assenza di interventi, un’intensità lineare di 12 086 kW m-1.

Allorché interessati dalla conversione in fustaia, se opportunamente eseguita, i giovani cedui di leccio saranno riclassificati come modello di combustibile n. 7 (intensità lineare 1886 kW m-1), durante il trattamento, e modello di combustibile n. 8 a fine conversione (intensità lineare 59 kW m-1).

Per la categoria della macchia evoluta e pre-forestale, identificata con il modello di combustibile n. 4 e con intensità lineare pari a 12 086 kWm-1, l’intervento di pascolo controllato nei diversi periodi dell’anno, potrà modificare l’attuale modello di combustibile che passerà ai modelli n. 5 e n. 6, rispettivamente, durante e dopo gli interventi di mitigazione, a cui corrisponde un’intensità lineare pari a 2093 kW m-1 e 1895 kW m-1 (Tab. 1, Tab. 2).

Al fine di valutare in termini qualitativi i risultati pre- e post-intervento, i valori ottenuti con la simulazione sono stati riferiti alla classificazione di gravità proposta da Scott & Reinhardt ([33]), che classifica il comportamento in cinque classi in funzione della velocità di avanzamento e della lunghezza di fiamma, come esposto in Tab. 3.

Tab. 3 - Criteri di classificazione del comportamento previsto

Classe R.O.S.
Velocità di avanzamento
(m min-1)
FL Lunghezza di fiamma
(m)
Molto contenuto < 0.67 0.30
Contenuto 0.67 -1.67 0.30-1.20
Moderato 1.67 - 6.67 1.20-2.40
Alto 6.67 - 16.67 2.40-3.60
Molto alto 16.67 - 50 3.60-7.50
Estremo > 50 7.50

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Circa i possibili interventi di estinzione in funzione dei parametri di comportamento attesi, si fa riferimento alla efficacia in rapporto all’intensità lineare (Tab. 4).

Tab. 4 - Limiti di efficacia dell’attività di estinzione in rapporto all’intensità lineare ([2]) intensità espressa in kW m-1.

Intensità lineare
(kW m-1 )
Modalità operative
500 Personale a piedi con attrezzi manuali
500-2000 Uso di acqua in pressione e/o macchinari pesanti
2000-4000 Mezzi aerei con sgancio di acqua e ritardante
>4000 Controllo molto difficile se non impossibile

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Analizzando i dati di comportamento del potenziale evento critico simulato nelle diverse fasi di pre-, durante e post-trattamento si può concludere che:

  • le garighe pioniere con valore di 2093 kWm-1, che non si riduce anche dopo i trattamenti, e la macchia evoluta pre-forestale con valore di 1895 kWm-1 in fase di post-trattamento, sono le categorie in cui un eventuale incendio comporterebbe comunque problemi di contenimento e alto rischio per le persone, dovendo ricorrere a interventi soltanto di lotta attiva;
  • in termini di velocità di avanzamento del fronte di fiamma si possono comunque verificare differenti situazioni di comportamento: (i) di gravità alta per i rimboschimenti di specie autoctone, garighe pioniere e rimboschimento di specie autoctone con macchia alta; (ii) di gravità molto alta per la categoria macchia evoluta e pre-forestale.

I risultati ottenuti sottolineano, che gli interventi di mitigazione atti a modellare e ridurre il quantitativo di combustibile presente possono contenere in parte il comportamento di potenziali incendi che, in condizioni estreme, rimangono comunque eventi critici.

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