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Practices to manage chestnut orchards infested by the Chinese gall wasp

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 9, Pages 227-235 (2012)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0701-009
Published: Oct 04, 2012 - Copyright © 2012 SISEF

Technical Reports

Abstract

The rapid spread of the Chinese gall wasp (Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu) in Italian chestnut growing areas is causing new criticisms. In this context, in addition to a clear plant suffering due to the wasp infestation, the dangerous recurrence of chestnut blight and the sudden spread of Gnomoniopsis sp., a coloniser of galls but also the etiological agent of nut brown rot, must be considered. Therefore, it is very important to increase the plants’ vigour and prevent their decline. Preliminary experiments were carried out in different Italian regions between 2010 and 2011. Organic plant fertilizers were applied to plants showing middle or high defoliation levels caused by the wasp attacks. The observations carried out during the growing season indicate a good vegetative restart in the treated plants compared to the untreated controls, in all the situations and independently of the fertilizers applied. Most of the treated plants (between the 75% and the 100%) showed an evident improvement in the canopy vegetation, while the untreated controls were always classified in the worse classes of crown condition. These preliminary results highlight the efficacy of this kind of treatments for infested chestnut stands. This strategy, which is based on the preliminary evaluation of the plant vigour (following the proposed scale of attack severity and lack of foliage), consists in a manuring treatment at vegetative restart, which can be repeated in the following years in dependence on the results obtained. Moreover, pruning may be suggested only to manage the development of plants showing a definite recovery. The gall wasp pullulation requires new management strategies aimed at preserving the chestnut orchards, in order to avoid the chestnut cultivation to be marginalized or abandoned.

Keywords

Management, Decline, Manuring

Introduzione 

Dopo 10 anni dalla prima segnalazione in Italia ([3]), Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu risulta ormai presente ed insediato in tutto l’areale del castagno, isole comprese. Un’intensa attività di monitoraggio è stata messa in atto per seguire accuratamente la diffusione del cinipide e per pianificare gli interventi di profilassi fitosanitaria. Tuttavia i numerosi tentativi di eradicazione sono stati di fatto vanificati dall’elevata potenzialità invasiva di questo imenottero: ogni adulto può infatti deporre per partenogenesi fino a 100-150 uova all’interno delle gemme del castagno. Le gemme colpite rimangono asintomatiche fino alla primavera dell’anno successivo e ciò ha favorito la diffusione dell’insetto attraverso il commercio di materiale di propagazione infestato. Inoltre il particolare ciclo biologico del cinipide, espletato in gran parte dentro gemme e galle ([3], [13]), lo rende inaccessibile agli insetticidi di sintesi, ove consentiti. A questi elementi si sono aggiunte un’ampia adattabilità ad ambienti molto diversi e, probabilmente, una notevole ma sottostimata capacità di auto-diffusione mediante il volo, favorita anche dai fattori ambientali locali (ad es., venti dominanti) e dalla continuità delle superfici castanicole.

La comparsa di galle sia sulle foglie che sui getti è il sintomo evidente della presenza della vespa cinese. Questa sintomatologia è stata dettagliatamente analizzata e classificata per polloni di cedui da Maltoni et al. ([7], [6]), che hanno evidenziato fondamentalmente due tipologie di danni: uno fogliare e l’altro sui getti. Tuttavia, per una adeguata valutazione della pericolosità di questo fitofago, è opportuno considerare gli effetti dell’invasione sull’intera chioma, specie nelle piante adulte, in quanto le galle presenti sui rametti riducono o bloccano il loro sviluppo, determinando una mancata o limitata produzione fogliare e fiorale. Pesanti infestazioni portano così rapidamente le piante ad acquisire un aspetto sofferente, se non deperiente, anche se finora non risultano segnalate morie causate dal cinipide ([2]). In questo contesto negli ultimi anni sono però comparse situazioni anomale che aumentano le preoccupazioni sull’effettivo impatto di questa nuova invasione biologica. In particolare, sono state riscontrate in diversi castagneti ([15], [11]) evidenti ed estese recrudescenze mortali causate da Cryphonectria parasitica (Murr.) Barr, l’agente del cancro della corteccia. Queste sintomatologie, che si manifestano a carico soprattutto dei rametti di uno o due anni, possono limitare le future produzioni ed accentuare la sofferenza delle piante. Inoltre, sta dilagando nei castagneti fortemente infestati dal cinipide la “mummificazione bianca delle castagne”, capace di danneggiare pesantemente la produzione. Questo nuova emergenza è causata dal fungo patogeno Gnomoniopsis sp. ([20], [8]), già identificato come colonizzatore delle galle del cinipide ([4]).

Fino ad oggi l’attenzione si è ovviamente concentrata sulla situazione fitosanitaria dei castagneti da frutto e sulle implicazioni della sua evoluzione; non vanno però sottovalutati gli effetti dell’invasione del cinipide sui cedui che spesso appaiono pesantemente aggrediti e molto sofferenti. Una grave conseguenza potrebbe derivare da una riduzione della fioritura, con ripercussioni sulla potenzialità produttiva degli impianti da frutto. Al riguardo è opportuno segnalare che non esistono tuttora dati certi sui danni arrecati alla produzione dagli attacchi del cinipide anche perché, come ben noto, è forte l’influenza degli andamenti meteorologici, spesso anomali negli ultimi anni.

La complessità delle problematiche che si stanno delineando nei castagneti evidenzia la necessità di un approccio più completo ed integrato di quanto finora prospettato ed attuato con le metodiche di lotta biologica, impostata sull’introduzione e diffusione del parassitoide specifico Torymus sinensis Kamijo ([12]). In questo contesto vengono indicati alcuni interventi finalizzati al contenimento delle problematiche fitosanitarie e al mantenimento delle potenzialità produttive dei castagneti.

Approcci di difesa e interventi integrativi 

L’invasione del cinipide può influire sull’evoluzione dei castagneti intesi come ecosistemi forestali. Le ripercussioni di un deperimento generalizzato, oltre i già citati aspetti, potrebbero interessare altre componenti quali i pronubi e la microflora del suolo, con conseguenze sia sulla funzionalità ecologica che sulle produzioni di miele e funghi. D’altro canto, proprio dall’ecosistema castagneto vengono segnali positivi di reazione all’invasione: è ormai accertata la presenza di diversi parassitoidi autoctoni ([10], [14]), in grado di attaccare le larve della vespa cinese all’interno delle galle, nonché di funghi che sono risultati colonizzatori sia dei tessuti delle galle sia degli insetti in esse contenuti ([4], [1], [18]). Il ruolo di questi potenziali agenti di biocontrollo è ancora da verificare e da quantificare, ma potrebbero emergere prospettive interessanti per un’eventuale integrazione della lotta biologica attuata con i lanci del parassitoide specifico T. sinensis.

L’introduzione di questo parassitoide deriva da un approfondito lavoro di ricerca finalizzato alla successiva diffusione in tutti i contesti italiani, con notevole dispendio di energie ed investimenti. Finora i lanci e le aree di moltiplicazione attuati con i finanziamenti del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e degli Enti locali hanno dimostrato la capacità del parassitoide di adattarsi alle diverse realtà trattate. Va però ricordato che T. sinensis, per potersi insediare e diffondere, necessita di castagneti con elevati livelli di infestazione e abbondante presenza di galle. Sulla base di quanto sinora rilevato, è facilmente comprensibile che la lotta biologica attuata con il metodo propagativo, avendo come obiettivo il ripristino degli equilibri fitofago-parassitoide, richieda tempi medio-lunghi. In questo contesto, la gestione dei castagneti assume importanza prioritaria per la necessità di evitare sia l’aggravarsi dei fenomeni di deperimento sia il crollo delle produzioni, con conseguente rischio di disaffezione e di abbandono della coltura in quelle aree montane dove il castagno ancora rappresenta la principale fonte di reddito. Il mantenimento della vigoria vegetativa è fondamentale e, a tal fine, le concimazioni organiche costituiscono un approccio sostenibile e con buone prospettive per gli incoraggianti risultati finora conseguiti. Già nei confronti del mal dell’inchiostro una simile metodica di intervento ha prodotto risultati positivi su piante fortemente sofferenti ([17]). Questo tipo di trattamenti è di facile applicazione e permette agli operatori del settore di intervenire anche in autonomia, dopo aver valutato la situazione sanitaria delle piante.

Interventi preliminari di concimazione organica sono stati attuati in diversi contesti italiani. In questo lavoro vengono riportati i primi risultati relativi ai trattamenti effettuati in Liguria (Val di Vara), Toscana (Mugello e Colline Metallifere), Piemonte (Val Susa) e Trentino (Valsugana). Si tratta di interventi che hanno interessato impianti recentemente recuperati, con alberi in alcuni casi anche di discrete dimensioni. Nei castagneti trattati l’intensità degli attacchi del cinipide sulle piante è stata valutata secondo la seguente scala, adottando la terminologia indicata da Maltoni et al. ([6]):

  • sporadico: presenza di galle solo sulle foglie (LL);
  • intermedio: presenza di galle su foglie (LL) e su getti (S);
  • forte: galle su foglie (LL) e getti (S) con sviluppo anormale o bloccato dei rametti.

I soggetti sono stati valutati per la riduzione della superficie fogliare adattando la scala proposta da Müller & Stierlin ([9]) per la stima della trasparenza della chioma. Per il castagno sono previsti 4 livelli di alterazione (Figure 1-4):

Per le prove sono state selezionate piante che presentavano attacchi di cinipide compresi tra intermedio e forte e con evidenti effetti già presenti sulla chioma, valutabili sempre con mancata fogliazione superiore al 30% e con singoli casi che raggiungevano anche l’85%. In ogni area di studio sono stati selezionati come controlli alcuni soggetti con gli stessi danni su cui non è stato eseguito alcun tipo di trattamento (Tab. 1).

Tab. 1 - Caratteristiche generali degli impianti e del tipo di trattamenti adottati.

Regione Prov. Località Quota(m) Esp. Etàpiante Livello
infestazione cinipide
Livello mancata
fogliazione
Concime
utilizzato
Piemonte Torino Banda 600 NNE 10 anni-secolari Forte >60 % Pollina
Pognant 600 NNO 10 anni-secolari Intermedio 30%- 60% Compost + letame
S. Giorio 550 NO 10 anni-secolari Forte >60% Compost + letame
Mattie 600 NO 10 anni-secolari Forte >60% Pollina
Boarda 450 NE 10-90 anni Forte >60% Compost + pollina
Gramonai 450 NNO 20 anni Forte >60% Compost+ pollina
Liguria La Spezia Bardellone 600 NNO 10 anni-secolari Forte >60% Compost+ pollina
Toscana Firenze Marradi 600 N 10 anni-secolari Forte >60% Compost+letame
Pisa CastelnuovoVal di Cecina 580 NE 10 anni-secolari Forte >60% Compost+pollina
TrentinoAlto Adige Trento Ischia 500 ESE 10-15 anni Intermedio 30%-60% concime organico NPK 6.5.13

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Gli interventi di concimazione sono stati effettuati nel 2010 e ripetuti nel 2011. La concimazione è stata somministrata in aprile, al momento della ripresa vegetativa del castagno; in Trentino è stato effettuato anche un intervento più leggero in autunno. Sono stati utilizzati ovunque concimi organici reperibili in loco, ammessi per la coltivazione biologica. In alcuni casi è stato somministrato un compost di ricci e foglie di castagno integrato con pollina o letame. I prodotti sono stati distribuiti nelle zone di insidenza delle chiome, a spaglio e con modalità diverse (dalla distribuzione superficiale all’interramento) in relazione alle condizioni di declività e d’impianto. La dose somministrata era variabile in funzione delle dimensioni delle piante: la concimazione primaverile in tutti gli impianti ha visto l’impiego di 6 - 10 kg per pianta, mentre nel trattamento autunnale in Trentino sono stati impiegati 3 kg di prodotto/pianta.

Già al primo anno di trattamento le piante hanno dimostrato maggior vigore vegetativo rispetto ai controlli non trattati (Tab. 2, Fig. 5). I getti terminali delle piante si presentavano molto allungati e privi di galle (Fig. 6). Queste risultavano invece presenti nella parte basale dei getti ed erano molto abbondanti anche nel tratto terminale nel caso delle piante vicine non trattate, dove anche la base degli amenti fiorali risultava spesso attaccata (Fig. 7). Su queste piante testimoni, gli accrescimenti erano ridotti e la mancata fogliazione è risultata sempre alta (Tab. 2). Praticamente la totalità delle piante trattate ha mostrato già alla prima stagione vegetativa un notevole recupero; nel 2012 sono state tutte attribuite alle classi di mancata fogliazione B e C, a differenza delle testimoni che nello stesso contesto sono apparse sempre abbastanza sofferenti (classi C e D).

Tab. 2 - Effetti dei trattamenti riscontrati nella primavera 2012: percentuali di soggetti non trattati e trattati afferenti alle diverse classi di valutazione di compattezza della chioma.

Località Piante non trattate Piante trattate
A B C D Totale
piante
A B C D Totale
piante
Banda - - 70% 30% 10 - 75% 25% - 20
Pognant - - 100% - 40 - 91% 9% - 105
San Giorio - - 100% - 10 - 100% - - 10
Mattie - - 100% - 10 - 100% - - 25
Banda - - 67% 33% 15 - 100% - - 20
Gramonai - - 87% 13% 23 - 93% 7% - 27
Bardellone - - 100% - 30 - 100% - - 50
Marradi - - 80% 20% 150 - 93% 7% - 150
Castelnuovo di Val di Cecina - - 44% 56% 80 - 89% 11% - 90
Ischia (Valsugana) - - 100% - 3 - 100% - - 50

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Fig. 5 - Buona vegetazione osservata nel luglio 2012 su una pianta trattata.

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Fig. 6 - Getti di pianta trattata.

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Fig. 7 - Vegetazione stentata di pianta non trattata.

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Le piante trattate hanno dato luogo ad una buona produzione, quantitativamente maggiore di quella dei testimoni non trattati.

Nella primavera 2012 gli accrescimenti riscontrati, complice anche un andamento meteorologico molto favorevole, sono stati elevati in tutti i soggetti concimati.

Prospettive 

Il nuovo scenario aperto dalla colonizzazione dei castagneti ad opera della vespa cinese impone il superamento di alcuni criteri che hanno caratterizzato la castanicoltura negli ultimi anni. Va infatti considerato che:

  • il cinipide da invasore, come già il cancro della corteccia e, forse, il mal dell’inchiostro, è diventato in tempi rapidi una componente dell’ecosistema castagneto. Nella futura gestione degli impianti non si potrà quindi fare a meno di tenere nel dovuto conto la sua presenza.
  • La diffusione del parassitoide specifico per il contenimento della popolazione del parassita non risolve il problema nel breve periodo e potrebbe non essere completamente efficace nei diversi contesti, come invece molti operatori del settore sperano. Dobbiamo attenderci infatti una riduzione degli attacchi al di sotto della soglia di danno in tempi più o meno lunghi (5 - 8 anni), con possibili oscillazioni delle popolazioni del cinipide e dell’intensità dei danni anche in relazione agli andamenti stagionali più o meno favorevoli al fitofago, ai suoi limitatori naturali o alla pianta ospite.
  • Non possiamo comunque attenderci l’eradicazione della vespa cinese dai castagneti.
  • L’ecosistema castagneto si trova ad affrontare non solo il cinipide ma anche danni legati al riscoppio del cancro della corteccia ed al marciume dei frutti da Gnomoniopsis sp., che potrebbero costituire le nuove problematiche indotte da questa invasione. L’attivazione dei suddetti patogeni fungini sembra infatti collegata allo stress delle piante causato anche dal cinipide.
  • Le condizioni climatiche svolgono, in questo quadro, un ruolo chiave. Infatti i ripetuti e prolungati periodi di stress idrico possono compromettere direttamente o indirettamente lo stato vegetativo degli impianti.
  • Il mantenimento della vitalità delle piante, o meglio della vitalità dell’intero ecosistema castagneto, è perciò il presupposto fondamentale per evitare pericolose derive di deperimento e per garantire un livello di produzione che giustifichi la coltivazione.

Ciò implica che i castagneti debbano essere gestiti con un impegno maggiore che nel recente passato e che, attraverso la sperimentazione, debbano essere definiti ed introdotti criteri di gestione funzionali, di facile attuazione ed economicamente sostenibili.

In questo contesto, occorre partire dalla valutazione della vigoria della pianta che può essere mantenuta attraverso regolari concimazioni ed adeguate potature in un contesto di oculata gestione del suolo e della sua vitalità microbica. Le esperienze condotte finora indicano come attraverso le concimazioni organiche sia possibile stimolare l’accrescimento della vegetazione e garantire, anche alle piante fortemente attaccate dal cinipide, un adeguato sviluppo fogliare. Il mantenimento di un buono stato vegetativo può contenere anche la mortalità dovuta al cancro della corteccia, dato che l’efficacia dell’ipovirulenza è minacciata dalle situazioni di stress ([16]); inoltre ciò potrebbe avere riflessi anche sugli attacchi da Gnomoniopsis sp., visto il ruolo di endofita o patogeno latente individuato per questo parassita ([19]). Non va poi dimenticato come un suolo microbiologicamente vitale sia anche il presupposto per il contenimento dei rischi legati al mal dell’inchiostro ([17]).

Un’oculata gestione della copertura del suolo potrebbe ridurre anche gli effetti negativi della siccità, mentre, dove è possibile, le irrigazioni di soccorso hanno confermato una notevole efficacia nel mantenimento della vitalità delle piante e quindi della produzione.

Stimolare la crescita delle piante impone, di conseguenza, potature più regolari basate su interventi di rimonda del secco e su tagli di ritorno o potature verdi per gestire la crescita dei rami dopo il termine del volo del cinipide. Va tenuto presente, però, che le potature sono fattibili solo su piante che abbiano già mostrato segni di ripresa vegetativa, mentre aggraverebbero l’indebolimento di piante deperienti. Inoltre, le potature verdi e quelle invernali non vanno effettuate nei comprensori dove è stato lanciato il Torymus sinensis. Va precisata l’esigenza di non ostacolare la diffusione del parassitoide T. sinensis nei castagneti interessati dai lanci, evitando se possibile interventi di potatura negli anni immediatamente successivi agli stessi o la distruzione dei residui fino all’estate dell’anno successivo. Il parassitoide, come alcune specie autoctone, trascorre l’inverno all’interno delle galle secche. In questo contesto sono da integrare le esperienze iniziali di Maltoni et al. ([5]), tenendo conto delle criticità sopra riportate.

Sulla base delle considerazioni esposte, nella Tab. 3 viene sintetizzata una serie di interventi per la gestione dei castagneti invasi dal cinipide.

Tab. 3 - Schema dei possibili interventi di gestione dei castagneti invasi dal cinipide.

Periodo Intervento
Primavera Valutazione della vitalità delle piante e concimazione organica
Fine estate Valutazione della vitalità delle piante e della produzione
Inverno Potatura di rimonda
Primavera Nuovo ciclo di concimazioni

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Si può ipotizzare un’alternanza di concimazioni e di potature con ciclo biennale o triennale. Occorrerà però valutare di volta in volta lo stato vegetativo delle piante in considerazione dell’elevata variabilità genetica e della diversa reazione individuale agli attacchi del cinipide.

È ovvio che una coltivazione più intensiva è proponibile per i castagneti specializzati nonché più accessibili. È infatti fondamentale salvaguardare i nuclei più produttivi per mantenere vivo l’interesse dei castanicoltori, fortemente penalizzato dagli ultimi mutamenti della situazione fitosanitaria.

L’evoluzione dei castagneti semicoltivati e dei soprassuoli abbandonati, così come quella dei cedui, richiede una serie di indagini fitosanitarie e selvicolturali che al momento appaiono di difficile attuazione. È auspicabile un adeguato investimento nella sperimentazione anche in questo settore meno legato alla realtà produttiva: l’enorme patrimonio castanicolo italiano richiede infatti una gestione globale se si vogliono superare i problemi emersi e se si vogliono salvaguardare tutte le potenzialità legate alla coltura, comprese quelle paesaggistiche ed ambientali.

La nuova castanicoltura ha come tappa obbligata la formazione continua dei castanicoltori e dei tecnici ed esige un fecondo interscambio tra operatori e ricercatori del settore, al fine di poter perfezionare quegli interventi necessari per affrontare una situazione che si sta rivelando assai dinamica e mutevole. È altresì auspicabile che la necessità di maggiori interventi nel castagneto venga supportata da opportuni contributi ad hoc che permettano agli operatori di affrontare questo periodo di emergenza.

In conclusione, l’invasione del cinipide ha aperto una fase nuova nella gestione degli impianti e nel futuro della castanicoltura, con scenari e prospettive non ancora ben definiti. Un forte impegno di tutte le parti coinvolte è necessario onde evitare il verificarsi di rischi capaci di provocare il totale abbandono dei territori interessati dalla castanicoltura che potrebbero essere nuovamente relegati oltre i confini della marginalità, in assenza di redditi importanti quali quelli legati ai prodotti primari (marroni, castagne e assortimenti legnosi) e secondari (miele, funghi, ecc.) ottenibili dai castagneti.

Ringraziamenti 

Si ringraziano Stefano Delugan, Franco Andreoni e Giovanni Falchero per l’efficiente conduzione delle prove sperimentali e per il grande contributo di entusiasmo e di idee.

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