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Tree health monitoring: perspectives from the visible and near infrared remote sensing

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 9, Pages 89-102 (2012)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0691-009
Published: May 07, 2012 - Copyright © 2012 SISEF

Review Papers

Abstract

Based on a comprehensive literature analysis, we present a critical review of those optical remote sensing techniques operating with the visible (VIS) and near infrared (NIR) bands for the assessment of health in forest trees. Physical, biological and physio-pathological issues of VIS-NIR reflectance of leaves are described pointing out that a decrease of NIR reflectance is highly influenced by stress conditions on tree caused by abiotic and biotic factors. In many cases the NIR spectral band is more sensitive than the VIS one, allowing to detect plant stress long before the appearance of visible symptoms. A description of the main remote sensing methods is provided, including radiometric measurements and multispectral imaging approaches. False colour infrared (FCIR) images collection and their photointerpretation and processing are shown as they represent the most relevant means to acquire information of canopy from its reflectance properties. The amount and the quality of the obtainable data depend on: (i) field conditions; (ii) the type of the adopted instrument (camera, radiometer); (iii) the recording system position (ground platforms, aircraft, satellite); (iv) the format of the data (analogical, digitalised or digital); and (v) the photointerpretation technique. Results from literature are discussed stressing the limits of remote sensing methods. Remote sensing in VIS and NIR spectral bands is generally a powerful classification tool to detect and score tree stress. Nevertheless, it is not a diagnostic tool in that it does not provide information on the cause of stress. Moreover, the method should be adequately tested at single tree level for many important pathogens, in particular root rot, butt rot and stem rot fungi. In perspective, new high spatial resolution satellite images and their GIS software elaboration might be suitable to improve remote sensing analysis.

Keywords

Fungal pathogens, Remote sensing, FCIR, Canopy reflectance, Forest heath monitoring, NIR

Principi bio-fisici che regolano la risposta spettrale delle piante forestali 

Il telerilevamento o remote sensing è costituito dall’insieme delle tecniche e delle metodologie per l’acquisizione a distanza e l’elaborazione di dati concernenti le diverse componenti della superficie terrestre ([11]). Esso rappresenta uno strumento di indagine non invasivo e non distruttivo, che permette sessioni di rilievo ripetute senza danno alcuno per gli oggetti analizzati ([34]). Il mezzo fisico che veicola l’informazione è rappresentato dalle radiazioni elettromagnetiche ([4]), il cui insieme ordinato per lunghezza d’onda crescente definisce lo spettro elettromagnetico ([13]). Ciascun intervallo individuato internamente allo spettro elettromagnetico costituisce una banda: nella maggioranza delle applicazioni fitopatologiche del remote sensing le bande prese in considerazione sono il visibile (VIS) e l’infrarosso vicino (NIR - [30], [34]). Il visibile (400-700 nm) rappresenta la luce percepibile dall’occhio umano in condizioni normali ed è formato da tre bande: banda del blu (B: ~ 400-500 nm), banda del verde (G: ~ 500-600 nm), banda del rosso (R: ~ 600-700 nm - [30], [34]). L’infrarosso vicino si colloca su lunghezze d’onda maggiori (~ 700-1300 nm) che non sono in grado di impressionare la retina umana ([30], [34]).

Quando una radiazione elettromagnetica colpisce un corpo viene in parte assorbita, in parte trasmessa ed in parte riflessa ([13]). La riflettanza è definita come una grandezza adimensionale che esprime in percentuale il rapporto tra radiazione riflessa e radiazione incidente ([34]). Ogni corpo è in grado di riflettere solo alcune lunghezze d’onda dello spettro appartenente alla radiazione incidente ([20]). Rappresentando il valore di riflettanza al variare della lunghezza d’onda si realizza il grafico della firma spettrale, che caratterizza il comportamento di un corpo investito da un fascio di radiazioni elettromagnetiche ([20]).

La vegetazione è dotata di una firma spettrale caratteristica: una foglia verde in condizioni normali manifesta mediamente una riflettanza ripartita come segue: 20% nel verde, 10% nel blu e nel rosso, 70% nell’infrarosso vicino (Fig. 1 - [16], [30]). Tra 690 e 740 nm si verifica un deciso e repentino incremento della riflettanza noto come red edge che separa la riflettanza VIS dalla riflettanza NIR ([5]).

Fig. 1 - Firma spettrale media di una foglia verde in condizioni normali. L’asse delle ascisse indica i valori di lunghezza d’onda in nanometri e le relative bande VIS (400-700 nm) e NIR (700-1300 nm), mentre l’asse delle ordinate mostra la riflettanza in percentuale. Appaiono chiaramente i picchi di riflettanza nelle regioni G (500-600 nm) e NIR e l’incremento di riflettanza denominato red edge tra le bande R (600-700 nm) e NIR. Lo spazio compreso tra le due curve tiene conto delle differenze dovute alla variabilità interspecifica (da: [30], [20] - modificate).

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I fattori che naturalmente contribuiscono alla variabilità nella firma spettrale di una medesima specie sono molteplici e tra questi si possono annoverare le condizioni stazionali, l’età, lo stadio fenologico, l’orientamento delle foglie rispetto alla radiazione incidente, la struttura fogliare, il contenuto idrico, la concentrazione dei composti biochimici, il Leaf Area Index (LAI) e la presenza di tessuti legnosi ([30], [2], [20]). È stato altresì evidenziato come in alberi ed arbusti i tessuti legnosi forniscano un contributo trascurabile alle variazioni registrabili a livello di firma spettrale ([2]).

Strumenti analogici e digitali disponibili per la valutazione dello stato sanitario delle piante forestali 

Le fotocamere, in particolare quelle digitali, sono ampiamente utilizzate nel telerilevamento poiché producono un’immagine le cui caratteristiche sono determinate dalla sensibilità dello strumento a specifiche lunghezze d’onda e a prefissati valori di intensità della radiazione riflessa ([20]).

I radiometri sono invece strumenti più sofisticati in grado di fornire, per un numero assegnato di bande dello spettro elettromagnetico, i rispettivi valori di intensità della radiazione ([20]). I radiometri iperspettrali permettono di tracciare un grafico pressoché continuo della firma spettrale, poiché possono registrare su bande contigue di ampiezza molto ridotta (<10 nm); i radiometri multispettrali invece consentono analisi meno approfondite in quanto sono in grado di acquisire un numero inferiore di bande a maggiore ampiezza ([2], [28]). Alcuni radiometri registrano immagini simultanee dell’oggetto, una per ciascuna banda riflessa ([26], [20], [42]).

Sulla base delle modalità che portano alla formazione dell’immagine si possono distinguere le immagini analogiche e quelle digitali ([19]).

Le immagini analogiche si ottengono mediante specifiche reazioni chimiche che avvengono sulla superficie di una pellicola fotografica ([19]). Le pellicole sono sensibili a determinate bande dello spettro elettromagnetico; ad esempio le pellicole pancromatiche rimangono impressionate solo dalla banda visibile, mentre esistono altre pellicole in grado di rilevare anche l’infrarosso vicino ([19]). L’impiego di tali pellicole è generalmente subordinato all’utilizzo di appositi filtri ottici. Questi filtri sono in grado di schermare le lunghezze d’onda del blu, che degradano la qualità dell’immagine interagendo negativamente con le emulsioni presenti negli strati della pellicola ([43]).

Un apposito procedimento di sviluppo e stampa permetterà di visualizzare l’immagine dell’oggetto ([19]). In passato per l’analisi numerica delle immagini analogiche veniva utilizzato il densitometro ([34]). Questo strumento misura la densità di una immagine stampata, cioè il rapporto tra intensità della luce incidente e della luce riflessa su scala logaritmica decimale ([35]). Essendo una grandezza inversamente proporzionale alla riflettanza, di fatto fornisce una stima di quest’ultima ([35]).

Complessivamente la fotografia analogica e l’analisi dei suoi derivati è caratterizzata da processi ottico-meccanici e chimici ([19]). Tuttavia le immagini analogiche vengono spesso convertite nelle corrispondenti immagini digitali (dette “digitalizzate”) mediante l’acquisizione tramite sistemi di scansione dedicati (scanner). L’impiego delle fotografie analogiche è limitato a piattaforme terrestri o aeree, mentre non è normalmente adottato nelle piattaforme satellitari.

Le immagini digitali native sono invece create da un sensore che trasforma il flusso di radiazione elettromagnetica in impulsi elettrici convertiti successivamente in formato numerico ([19]). L’immagine che ne deriva è costituita da elementi fondamentali, generalmente di forma quadrata, denominati pixel (picture element - [19]). Ogni pixel è dotato di coordinate cartesiane ortogonali, che ne definiscono la collocazione spaziale all’interno dell’immagine, e di un valore numerico chiamato DN (Digital Number) che ne definisce la luminosità ([20]). Le immagini digitali sono pertanto suscettibili di analisi quantitative di tipo deterministico o statistico in quanto strutturalmente assimilabili ad una matrice numerica ([20]).

Il DN generalmente rappresenta un punteggio numerico della radianza media riflessa dalla porzione di superficie che ricade all’interno del pixel ([20]). L’intervallo di variazione dei DN (cioè il numero di toni di grigio osservabili sull’immagine) dipende dalla profondità del dato (risoluzione radiometrica), una grandezza espressa in bit che determina la quantità di informazione veicolabile ([20]). Le immagini digitali più comuni hanno una risoluzione radiometrica di 8 bit (256 livelli), ma alcune raggiungono anche gli 11 bit (2048 livelli), i 12 bit (4096 livelli), fino ad arrivare a 16 bit (65536 livelli). Ogni livello può essere rappresentato visivamente in scala di grigio ([20]).

Nelle immagini digitali a colori ciascun pixel è dotato di un colore la cui codifica avviene in forma numerica mediante apposite coordinate in sistemi di riferimento noti come spazi colore ([20]). Per le immagini digitali il sistema colorimetrico più comunemente utilizzato è quello della sintesi additiva RGB, acronimo dei colori rosso, verde e blu in lingua inglese ([20]). È infatti possibile creare qualsiasi colore utilizzando opportune combinazioni di questi tre colori primari, tecnicamente denominati canali ([20]). Nel sistema RGB qualunque colore è univocamente individuato da una stringa di tre numeri che rappresentano rispettivamente la quantità di rosso, verde e blu ([20]).

Le immagini digitali sono adottate da tutte le piattaforme: terrestri, aeree e satellitari.

In base all’informazione spettrale registrata nell’immagine è possibile distinguere tra immagini pancromatiche e multispettrali ([20]). Le immagini pancromatiche sono ottenute da strumenti sensibili unicamente alla banda VIS ([35]) che viene acquisita come un singolo segnale. Le immagini multispettrali sono invece derivanti da apparecchiature in grado di registrare specifiche bande dello spettro elettromagnetico ([35]).

Le modalità in cui avviene l’associazione tra le radiazioni elettromagnetiche riflesse dagli oggetti e i colori con i quali questi appaiono nell’immagine finale permette di classificare le immagini in grayscale (a scala di grigio), true-color (a colori reali) e false color (in falso colore - [20]).

Un’immagine in grayscale rappresenta gli oggetti con tonalità di grigio variabili dal bianco al nero proporzionalmente al quantitativo di radiazione registrata. Un’immagine true-color è generata a partire dalle tre bande del visibile (rosso, verde e blu) acquisite separatamente da un sensore multispetrale e a cui sono assegnati i canali di rappresentazione del rosso, del verde e del blu in una sintesi additiva RGB. In questa modalità gli oggetti appaiono esattamente come sono percepiti nella realtà dall’occhio umano.

Un’immagine in falso colore non rispetta invece la corrispondenza tra banda elettromagnetica e canale assegnato ([20]). Questa tipologia è particolarmente utile per visualizzare bande che non appartengono alla regione del visibile ([20]). Ad esempio, per osservare un’immagine satellitare che comprenda le bande VIS e NIR occorrerà necessariamente ricorrere al falso colore. Essendo disponibili solo tre canali (R, G, B) per quattro bande (B, G, R, NIR), per visualizzare il NIR occorrerà attribuirgli un canale; conseguentemente i due canali restanti verranno assegnati ad altre due bande del visibile, mentre l’ultima banda verrà esclusa dalla sintesi. Generalmente un’immagine all’infrarosso falso colore (FCIR - Fig. 2) viene rappresentata assegnando alla banda del NIR il canale R, alla banda del verde il canale B, alla banda del rosso il canale G; la banda del blu non viene rappresentata ([20]). Le fotocamere analogiche ottengono questo effetto montando apposite pellicole in grado di filtrare il segnale e fissare le componenti di interesse (verde, rosso e NIR), mentre nel digitale il filtraggio avviene ad opera di filtri ottici che dividono il segnale nelle n bande desiderate e lo indirizzano verso il sensore di pertinenza. In questo modo si formano n rappresentazioni della scena in toni di grigio ciascuna delle quali definisce la radianza registrata dal sensore per quella specifica banda. La formazione delle immagini a colori avviene in questo caso a posteriori mediante la desiderata associazione banda-canale da parte dell’utente.

Fig. 2 - Esempio di immagine satellitare all’infrarosso falso colore. La figura mostra il procedimento di associazione dei canali RGB a bande spettrali rilevate in digitale dal satellite GeoEye-1 ([10]) per ottenere un’immagine all’infrarosso falso colore (RGB 432). In questo caso alle bande viene conferito un colore dettato da necessità interpretative. Alla banda NIR è assegnato il rosso mente alla banda del blu non è assegnato alcun canale. La numerazione delle bande segue il criterio della lunghezza d’onda crescente adottato dall’azienda fornitrice delle immagini.

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Per descrivere il modo in cui un’immagine digitale è stata trattata durante il procedimento di assegnazione dei canali alle bande, è consuetudine indicare i canali RGB seguiti da una tripletta di numeri indicanti le bande assegnate (il numero delle bande dipende dalla numerazione adottata dal sistema di ripresa - [9]).

Si ritiene che la capacità di identificazione di uno stato fisiopatologico o fitopatologico alterato sia maggiore nel telerilevamento basato su immagini FCIR rispetto al telerilevamento effettuato nelle sole lunghezze d’onda del visibile ([30]). In una immagine FCIR una foglia in condizioni normali appare di colore rosso-magenta, mentre in individui sottoposti a stress tende a schiarire fino al bianco o assume altri colori quali il viola o il giallo a seconda dei casi ([30]).

Le immagini per il telerilevamento si possono inoltre distinguere per la scala e la prospettiva con le quali viene ritratto l’oggetto da analizzare. Nel caso del monitoraggio dello stato sanitario di piante arboree, tra le varie modalità possibili sono utilizzate le seguenti:

  • immagini da piattaforme terrestri (proximal sensing): caratterizzate da distanza ravvicinata (da pochi metri ad alcune centinaia di metri) con soggetto ripreso in genere frontalmente;
  • immagini aeree: acquisite da distanze maggiori (da poche centinaia ad alcune migliaia di metri) con visione nadirale (perpendicolare al piano normale) o pseudo-nadirale del soggetto;
  • immagini satellitari: simili a quelle aeree ma acquisite generalmente a scale più piccole a causa della distanza del satellite dalla superficie terrestre (dell’ordine di centinaia di chilometri).

Definito l’ambito di indagine, tra i parametri da tenere in considerazione nella scelta dell’immagine più idonea rientrano:

  • la sua risoluzione spaziale (o geometrica): espressa in m pixel -1, indica la dimensione fisica del pixel a terra e condiziona il grado di dettaglio con cui risultano visibili i particolari ([44]). Attualmente le massime risoluzioni geometriche dei dati satellitari disponibili in commercio arrivano a 0.41 m pixel -1 per bande pancromatiche e 1.64 m pixel -1 per bande multispettrali ([44]). I satelliti che montano questo tipo di sensori sono detti “ad altissima risoluzione” e identificati dall’acronimo VHRS (Very High Resolution Satellites). In genere dispongono di un sistema di ripresa duale che realizza una acquisizione pancromatica a più alta risoluzione geometrica e una acquisizione multispettrale a 4 bande (B, G, R, NIR) con risoluzione geometrica ridotta a circa un quarto rispetto a quella pancromatica. In tali condizioni è possibile utilizzare una procedura informatica nota come pan-sharpening che permette di combinare l’informazione spettrale delle immagini multispettrali con l’informazione spaziale più accurata del pancromatico ([37]) generando immagini multispettrali fittizie alla risoluzione geometrica della banda pancromatica;
  • la sua risoluzione spettrale: definisce il numero e l’ampiezza delle bande spettrali disponibili, oltre alla loro collocazione all’interno dello spettro elettromagnetico ([44]);
  • la sua risoluzione radiometrica: indica la sensibilità del sensore alla radianza ed è misurata in numero di bit per pixel. Determina conseguentemente la profondità del dato ed i livelli di grigio disponibili entro ciascuna banda e nel pancromatico ([44]);
  • la risoluzione temporale: indica l’intervallo di tempo che intercorre tra due acquisizioni successive della stessa area ([44]).

In fase di scelta del dato da acquisire presso i distributori commerciali è sempre concesso all’utenza di definire alcuni parametri:

  • il livello di copertura nuvolosa: individua la percentuale massima di copertura nuvolosa accettabile sulla scena. Tenuto conto che le nubi non sono trasparenti al segnale nelle bande considerate, la loro presenza sull’immagine può rappresentare un forte limite all’utilizzo della stessa ([44]);
  • il livello di correzione e pre-processamento: all’atto dell’acquisto di un dato satellitare è possibile selezionare diversi livelli di correzione per il prodotto selezionato ([20], [44]). Si può propendere per l’acquisto di immagini con diversi livelli di correzione sia geometrica che radiometrica ([9]). Si ricorda che è sempre possibile risalire in modo approssimato ai valori di riflettanza delle superfici attraverso l’utilizzo di curve di calibrazione del sensore (note e fornite con i dati); queste hanno il compito di tradurre i DN (mere rappresentazioni simboliche della radianza al sensore) nel loro corrispondente valore di radianza, convertito a sua volta in valore di riflettanza a terra mediante l’applicazione di formulazioni più o meno rigorose ([39], [42]). Inoltre, al fine ottenere una corretta stima quantitativa della riflettanza, è necessario apportare apposite correzioni per tener conto degli effetti che l’atmosfera produce sulla radiazione elettromagnetica che la attraversa ([20]). Per coprire aree molto estese, che superano l’estensione di una singola scena, le immagini possono essere ricomposte in mosaico e rese radiometricamente omogenee ([9], [42]). Alcune missioni satellitari, soprattutto di tipo VHRS, sono in grado di procedere ad acquisizioni stereoscopiche delle scene utili per applicazioni fotogrammetriche tridimensionali ([9]).

Metodi manuali ed automatici per l’interpretazione delle informazioni 

La fotointerpretazione è un procedimento mediante il quale a partire dall’osservazione visiva di immagini telerilevate si derivano informazioni relative all’oggetto di studio ([20]). L’obiettivo di fondo è il riconoscimento e la classificazione degli oggetti in categorie ([44]). Tra le diverse metodologie possibili, nel contesto del presente lavoro sono state esaminate quelle ritenute potenzialmente più idonee ad una concreta applicazione in campo fitopatologico.

La fotointerpretazione visiva, in cui è l’operatore ad eseguire la classificazione, a volte con l’ausilio di tecniche informatiche per l’elaborazione dell’immagine ([34]), è la più utilizzata in campo forestale e ambientale ([25]).

La classificazione pixel-based di tipo assistito (supervised) è invece una procedura informatica basata su algoritmi che assegnano ciascun pixel della scena ad una classe di pertinenza rappresentata dalla firma spettrale media di un campione significativo e rappresentativo di pixel di riferimento (training pixels) estratti dalla medesima immagine e indicati dall’operatore ([44]).

La classificazione di tipo automatico (unsupervised) rispetto alla precedente non richiede firme spettrali di riferimento ottenibili dai training pixels; l’algoritmo classifica autonomamente i pixel della scena in un predefinito numero di classi ([44]). Le classi risultanti costituiranno gruppi di pixel spettralmente omogenei (firma spettrale simile) ma il cui significato non è dichiarato esplicitamente.

Questi metodi, eventualmente combinati, possono anche essere di supporto ad un processo di vettorializzazione, cioè di generazione dei poligoni che circoscrivono un dato oggetto dotato di attributi di interesse, come ad esempio la chioma di un albero. La vettorializzazione potrà avvenire per mezzo dell’intervento di un operatore (delineazione manuale) o tramite algoritmi di segmentazione, fase operativa preliminare che appartiene al processo di classificazione delle immagini detto object oriented ([3]). Secondo questa metodologia, una volta che la fase di segmentazione ha individuato e separato gli oggetti spettralmente simili in poligoni indipendenti, sulla base delle loro proprietà spettrali, morfologiche e tessiturali viene operata una classificazione (supervised o unsupervised) che definirà l’immagine tematica finale.

A partire dai dati iperspettrali o multispettrali telerilevati sono stati derivati numerosi indici per l’analisi numerica della riflettanza e la sintesi dell’informazione residente nelle bande originali. Questi differiscono per la scala a cui possono essere applicati (foglia o chioma), per il parametro biologico a cui sono principalmente correlati (clorofilla, LAI, stato di stress, biomassa, contenuto in azoto, pigmenti totali, contenuto idrico), per il grado di correlazione, per la specie su cui sono stati sperimentati ([41], [24]).

L’indice più utilizzato per studi vegetazionali è il Normalized Difference Vegetation Index (NDVI), un indice multispettrale fortemente correlato al contenuto di clorofilla e definito mediante la seguente formula ([41] - eqn. 1):

\begin{equation} NDVI = \frac{NIR - RED}{NIR + RED} \end{equation}

dove NIR e RED rappresentano la riflettanza delle bande dell’infrarosso vicino e del rosso. Sebbene sia generalmente raccomandato l’uso dei valori di riflettanza, spesso a fini pratici vengono usati i valori grezzi dei DN nelle rispettive bande NIR e RED ([20]). L’indice NDVI varia tra -1 e +1, tendendo ad assumere valori positivi in presenza di alti contenuti di clorofilla ([49]). Tradizionalmente utilizzato per realizzare carte vegetazionali mediante procedimenti automatizzati a partire da dati multispettrali, ha trovato proficue applicazioni in campo fitopatologico ([44]) ed in particolare nel monitoraggio dello stato sanitario di piante arboree ([49]). Tra gli altri numerosi indici vegetazionali (per una rassegna completa si consulti [24] e [20]) se ne evidenziano alcuni che includono correzioni specifiche volte ad attenuare certi svantaggi intrinseci all’indice NDVI. Il Soil-Adjusted Vegetation Index (SAVI) ed il Perpendicular Vegetation Index (PVI) limitano l’effetto della riflettanza del suolo, l’Atmospherically Resistant Vegetation Index (ARVI) tiene conto degli effetti atmosferici sulla trasmissione delle onde elettromagnetiche, il Soil and Atmospherically Resistant Vegetation Index (SARVI) e l’Enhanced Vegetation Index (EVI) combinano le proprietà di ARVI e SAVI.

Potenzialità e limiti del telerilevamento nella valutazione dello stato sanitario delle piante forestali 

Gli alberi in ambiente forestale, agrario e urbano possono essere sottoposti a una vasta gamma di stress dovuti a cause biotiche (come attacchi da parte di funghi, insetti, nematodi, batteri, virus, fitoplasmi) o abiotiche (quali siccità, inquinamento, salinità, ferite meccaniche, scottature, gelate) nonché alle loro molteplici sinergie ed interazioni ([29]).

Gli effetti di un’alterazione dello stato di salute possono essere riscontrabili tanto a livello fisiologico, quanto a livello morfologico; in entrambi i casi la riflettanza caratteristica dell’individuo sano subisce delle modificazioni più o meno marcate ([30], [34], [2]). Ad esempio, una sintomatologia che preveda la diminuzione del livello di clorofilla, l’alterazione dei cloroplasti e l’ingiallimento delle foglie sarà evidenziata nel grafico della firma spettrale da una traslazione del picco nella banda del visibile dalle lunghezze d’onda del verde verso quelle del rosso ([30]) e da un progressivo slittamento verso lunghezze d’onda inferiori del red edge ([6]). Ma prima che i sintomi si manifestino nel visibile dovrebbero evidenziarsi nella banda dell’infrarosso vicino con un decremento della riflettanza ([30], [40], [27], [36]), la quale continuerà a diminuire con il progressivo aggravarsi della sintomatologia ([6]). La riflettanza NIR delle foglie è infatti maggiormente suscettibile nel subire variazioni rispetto alla riflettanza VIS, risultando particolarmente sensibile al contenuto idrico dei tessuti fogliari ([2]).

Concentrandosi sulle esperienze legate a soprassuoli arborei, è possibile annoverare diversi contributi significativi, alcuni dei quali, seppure effettuati in ambito agronomico, presentano spunti interessanti per le applicazioni forestali dell’analisi di riflettanza VIS e NIR.

In uno studio relativo al monitoraggio degli effetti negativi di fumaggini, ragnetto rosso e cocciniglie sulle chiome delle piante in un agrumeto sono state impiegate fotografie analogiche FCIR e pancromatiche a colori, da supporto fisso e distanza ravvicinata con prospettiva frontale sui soggetti ([40]). Gli Autori sottolineano la maggiore efficacia delle foto FCIR nell’evidenziare i sintomi, anche quando questi sono poco evidenti o addirittura non visibili nelle corrispondenti pancromatiche ([40]). Inoltre, nelle foto FCIR è emersa una minore influenza delle condizioni di luminosità sulla qualità dell’immagine e una più agevole interpretazione dei sintomi grazie al maggiore contrasto con lo sfondo ([40]). Le considerazioni incluse nel lavoro sono basate su una interpretazione visiva di tipo qualitativo delle immagini.

Una analoga esperienza è stata condotta per la valutazione dei danni provocati su pino dal lepidottero Dendrolimus punctatus Walker e dal nematode Bursaphelencus mucronatus Mamiya & Enda ([21]). In questo caso però la ripresa FCIR è avvenuta in digitale ed è stata realizzata da distanze maggiori (fino a 1.5 km), adeguate ad includere vaste porzioni di territorio ([21]). Le immagini sono state successivamente elaborate con software grafici per aumentare specifici parametri colorimetrici, quali il contrasto o la saturazione di alcune tonalità, e stampate per una fotointerpretazione visiva volta a stimare entità ed estensione dei danni ([21]). Nell’ambito della stessa campagna di studi sono state scattate anche immagini digitali FCIR da aereo per il monitoraggio dei danni da insetti in foresta ([21]). Le immagini FCIR sono risultate idonee al raggiungimento degli obiettivi prefissati, dimostrandosi adatte all’uso anche in condizioni di luminosità che avrebbero reso di difficile interpretazione le corrispondenti pancromatiche a colori ([21]).

In un altro lavoro, fotografie analogiche FCIR scattate da aereo hanno permesso un efficace monitoraggio del deperimento della palma Phoenix canariensis Chabaud lungo un viale di 25 esemplari: sono stati eseguiti 9 scatti a cadenza mensile, verificando nel contempo la concordanza tra informazione dedotta dalla fotointerpretazione visiva e monitoraggio in situ delle condizioni di chioma ([18]).

In ambito più propriamente forestale, il controllo delle condizioni fitosanitarie di foreste miste di abete bianco e faggio deperienti è stato realizzato mediante l’analisi assistita di immagini aeree FCIR digitali in ambiente GIS, con creazione di apposite carte tematiche ([36]). Per effettuare la fotointerpretazione è stata costruita una chiave di fotolettura mediante rilievi in campo di punti noti sulle immagini ([36]). In un altro studio, le farnie del Parco del Ticino sono state monitorate mediante immagini aeree riprese da un sensore iperspettrale dotato di una risoluzione spaziale di 4 m pixel -1 ([38]). Confrontando i rilievi effettuati in campo con i dati telerilevati è stata riscontrata una correlazione tra indici ottici iperspettrali e concentrazione di clorofilla che, essendo notoriamente legata allo stato di salute generale dell’albero, ha permesso la successiva mappatura delle condizioni fitosanitarie dei querceti del Parco ([38]). La mappatura di aree forestali soggette a fenomeni di deperimento è stata oggetto di un altro lavoro condotto mediante tecniche di classificazione pixel oriented e object oriented di immagini satellitari multispettrali del satellite IKONOS (risoluzione spaziale multispettrale 4 m pixel -1; risoluzione spaziale pancromatica 1 m pixel -1 - [12]). Il confronto tra le elaborazioni dei dati spettrali e i rilievi effettuati a terra ha evidenziato come non sia possibile distinguere tramite fotointerpretazione tra discontinuità della copertura arborea ascrivibile al deperimento e altre discontinuità attribuibili a cause non patologiche ([12]).

Il telerilevamento ha trovato anche applicazioni nel monitoraggio dei danni causati da diversi funghi fitopatogeni. Ad esempio, immagini aeree analogiche FCIR sono state proficuamente impiegate per il monitoraggio dei centri di mortalità e dei danni causati da Heterobasidion annosum (Fr.) Bref. ([14]), Phellinus weirii (Murr.) Gilbertson ([46], [47]), Armillaria mellea (Vahl) P. Kumm. ([47]) e in generale da agenti di marciumi radicali ([48], [45]). Nei lavori citati, l’utilizzo di scale diverse (da 1:35000 fino a 1:1200) ha permesso l’individuazione delle piante sofferenti, anche se con risultati migliori a grande scala. Occorre però precisare che queste piante manifestavano chiaramente sintomi in chioma. In altri lavori, tuttavia, è stata evidenziata la possibilità di una diagnosi precoce sugli alberi infetti da Heterobasidion annosum ([31], [32]) sempre però su ospiti suscettibili di marciume radicale e dunque di deperimento e morte. Nel monitoraggio di Hevea brasiliensis (Willd. ex A. Juss.) Müll. Arg. soggetta ad attacchi da parte di agenti di marciume radicale quali Phellinus noxius (Corner) G. Cunn. e Rigidoporus lignosus (Berk. & M.A. Curtis) Murrill, fotografie aeree analogiche digitalizzate FCIR sono state interpretate visivamente e mediante misurazioni densitometriche ([33]). Sopralluoghi in campo sono stati accompagnati da misure radiometriche sulle foglie di alberi sani ed infetti, ma sia le fotointerpretazioni, sia le misure di riflettanza non hanno permesso la discriminazione tra individui sani e malati ([33]). Analogamente, una ricerca sul cancro basale del pino strobo effettuata comparando le immagini aeree analogiche FCIR con rilievi effettuati in campo ha sottolineato l’impossibilità di diagnosi precoce mediante fotointerpretazione, riportando inoltre come sia spesso difficile distinguere tra piante sane e piante infette in assenza di evidenti sintomi in chioma ([17]). In uno studio su tracheomicosi da Ceratocystis fagacearum (Bretz) Hunt a carico di Quercus fusiformis Small, il monitoraggio della malattia è stato condotto tramite immagini aeree analogiche e digitali FCIR con risoluzioni equivalenti a 1.08 e 2.15 m pixel -1 ([6]). Contestualmente sono state acquisite delle misure radiometriche a terra con un radiometro multispettrale, accompagnate da verifica visiva delle condizioni fitosanitarie di alcuni esemplari e da esami diagnostici in laboratorio volti a confermare la presenza del patogeno ([6]). L’impiego del radiometro multibanda ha comportato l’asportazione di rami dagli individui esaminati e l’uso di uno standard (disco riflettente bianco in solfato di bario) per convertire le misure radiometriche in valori esatti di riflettanza ([6]). L’andamento della firma spettrale in funzione dell’aggravarsi della sintomatologia ha confermato quanto noto da precedenti lavori ([30]), mentre le immagini FCIR hanno dimostrato di essere utilizzabili per la ripartizione dei soggetti in classi stabilite in base alla gravità dei sintomi ([6]). Anche in questo caso gli effetti della malattia (clorosi, necrosi, trasparenza) erano rilevabili in chioma ([6]). L’espansione dei centri di infezione da Ceratocystis fagacearum, i livelli di defogliazione delle chiome e la mortalità sono stati studiati con successo mediante l’analisi assistita da software di fotografie FCIR aeree digitali riprese ad intervalli di tempo regolari ([1]).

In contesti urbani e periurbani vi sono esperienze altrettanto significative. Nel 2004, l’Azienda dei Servizi Territoriali ha realizzato uno studio nel comune di Genova per valutare lo stato di salute delle alberate urbane mediante foto aeree analogiche FCIR ([27]). Tra gli agenti di stress delle varie specie arboree sono stati individuati insetti ed inquinamento atmosferico ([27]), mentre non sono stati riportati dati concernenti le malattie fungine. Di notevole interesse scientifico è lo studio condotto con un radiometro aviotrasportato e le immagini digitali da esso derivate per la valutazione dello stress delle alberate urbane ([26]). Le immagini digitali sono state realizzate impostando lo strumento al fine di ottenere una risoluzione spaziale di 1 m pixel -1 su 13 bande spettrali ([26]). Contemporaneamente sono state effettuate in campo accurate indagini dei parametri biometrici ritenuti rilevanti per caratterizzare lo stato sanitario degli alberi ([26]). Il confronto tra rilievi a terra e dati spettrali è stato eseguito vettorializzando manualmente le chiome sulle immagini in ambiente GIS e sottoponendo a correlazione i valori biometrici (o gli indici da questi derivati) con la risposta spettrale ([26]). Nei risultati sono riportate significative correlazioni tra NDVI e condizioni complessive di salute degli alberi. Durante le elaborazioni, immagini raster dell’indice NDVI sono state impiegate come supporto alla vettorializzazione delle chiome ([26]).

Gli Autori precisano infine che per ottenere una risoluzione spaziale congruente con le necessità di valutazione delle condizioni di salute delle alberate è opportuno ricorrere ad immagini aeree, anche se ipotizzano in futuro un possibile e fruttuoso impiego delle immagini satellitari ad alta risoluzione ([26]).

Una ricerca analoga è stata condotta a Berna e Losanna per valutare le potenzialità di immagini aeree FCIR analogiche nella discriminazione tra piante sane e piante sofferenti a causa di inquinamento atmosferico e sali distribuiti sul manto stradale per agevolare la circolazione dei veicoli in inverno ([8]). Le fotografie aeree sono state digitalizzate e sottoposte ad analisi assistita da software, con vettorializzazione manuale delle chiome per il calcolo dei parametri relativi all’immagine e le statistiche associate ([8]). Contestualmente sono stati rilevati in campo dati biometrici, fisiologici e fitopatologici di un sottocampione di piante per realizzare una chiave su cui basare la fotointerpretazione ([8]). In base ai risultati ottenuti gli autori riportano come il metodo applicato consenta la corretta classificazione degli individui sofferenti e di quelli sani, a patto di disporre di sufficienti dati raccolti in campo ([8]). Inoltre, prove comparative effettuate confrontando la classica interpretazione visiva con la supervised classification computerizzata mostrano come l’errore di classificazione si riduca del 75% attestandosi al 5% con quest’ultima procedura, essendo meno influenzata da valutazioni soggettive ([8]). Si noti tuttavia come anche in questo caso le piante malate censite manifestassero sintomi in chioma quali necrosi dei margini fogliari e microfillia ([8]).

Uno studio simile è stato condotto più di recente per determinare le condizioni fitosanitarie delle alberature e delle zone boscate presenti in un campus universitario della California ([49]). A tale scopo sono state impiegate immagini aeree multispettrali analogiche digitalizzate singolarmente per le bande B, G, R, NIR ed elaborate in ambiente GIS ([49]). La mappatura della vegetazione è stata realizzata mediante il calcolo dell’indice NDVI e la successiva vettorializzazione manuale delle chiome ([49]). Per la valutazione delle condizioni fitosanitarie sono state adottate delle soglie di NDVI applicate prima ai singoli pixel e successivamente alla chioma ([49]). La classificazione ottenuta è stata verificata con valutazioni in campo basate sull’osservazione dello stato vegetativo di un campione rappresentativo, ottenendo una percentuale di individui correttamente classificati pari a 88% ([49]).

Uno studio sperimentale condotto su un viale di Platanus acerifolia (Aiton) Willd. mediante immagini aeree analogiche FCIR ha verificato la concordanza dei risultati tra analisi di fluorescenza della clorofilla e metodologie fotointerpretative ([15]). Le misure di fluorescenza delle piante campionate sono state realizzate su foglie di rami recisi da operatori in tree-climbing, mentre le valutazioni delle condizioni delle chiome sono state effettuate esaminando visivamente un modello tridimensionale ottenuto con tecniche fotogrammetriche applicate alle immagini FCIR ([15]). Le classificazioni ottenute dall’impiego delle due tecniche sono risultate altamente correlate, confermando come l’infrarosso falso colore percepisca alterazioni dell’efficienza fotosintetica a carico della chioma ([15]).

La disamina della letteratura fitopatologica che si è avvalsa di tecniche di telerilevamento delle bande VIS e NIR ha permesso di prendere nota di alcuni aspetti interessanti collegati alle peculiarità del remote sensing in specifiche condizioni e di sottolineare quali fattori possano risultare determinanti nella produzione dei risultati.

Specialmente in riprese nadirali o pseudo-nadirali di formazioni forestali rade, la firma spettrale di un individuo arboreo può essere soggetta a significativi errori di misura a causa della lettiera e della copertura vegetale sottostanti. Inoltre la riduzione della riflettanza collegata al deperimento di alcune specie forestali può non essere percepita correttamente in quanto compensata dalla riflettanza di altre specie sane che si insediano sotto copertura ([12]). Questa colonizzazione sotto copertura è dovuta alla maggiore luminosità che filtra dal soprassuolo dominante attraverso le chiome divenute rade a causa del deperimento ([12]). Nei popolamenti forestali densi è invece l’angolo di riflessione a condizionare pesantemente la riflettanza NIR ([2], [20]). Infatti la struttura della chioma dell’albero e l’angolo di riflettanza con il quale lo strumento rileva i dati influiscono sull’accuratezza della fotointerpretazione ([49], [20]). Inoltre, la presenza di ombre e la sovrapposizione tra la chioma e lo sfondo possono portare ad una errata valutazione di parametri quali l’indice NDVI ([49]). Pertanto, il telerilevamento su piante isolate risulta più efficace in quanto non si riscontrano gli effetti negativi dovuti all’ombra delle chiome vicine ([49]). Tuttavia, anche in questo caso, un pixel può contenere oggetti diversi tra loro, la cui firma spettrale non coincide; in tal caso si parla di mixed picture element (mixel) che può causare notevoli problemi in fase di fotointerpretazione nel classificare gli oggetti, in particolare quando la risoluzione spaziale è bassa in confronto al grado di dettaglio degli oggetti che si stanno analizzando ([50]). Anche l’immagine analogica derivante da riprese aeree è influenzata da molteplici fattori limitanti quali variazioni della sensibilità spettrale della pellicola, l’invecchiamento della pellicola, la tipologia di filtri utilizzati, le modalità di esposizione, il procedimento di sviluppo e stampa, gli effetti di distorsione atmosferica e la scala ([7]). Tanto nelle immagini analogiche quanto in quelle digitali, la scala e gli effetti atmosferici possono assumere un ruolo rilevante nello schermare modeste variazioni spettrali a carico delle piante stressate ([30], [20]). Occorre anche considerare come in riprese nadirali o pseudo-nadirali problemi fitopatologici concentrati in un settore della chioma possano essere mascherati dalle condizioni delle restanti porzioni della chioma stessa ([49]). Si pensi ad esempio a molte malattie fogliari (es. attacchi da Mycosphaerella pini Rostr. ap. Munk, Phacidium infestans P. Karsten su pino) che manifestano i sintomi a partire dalle parti basse della chioma o a disseccamenti causati da alcuni cancri (ad es., Cryphonectria parasitica (Murrill) Barr. su castagno, Cronartium flaccidum (Alb. Et Schw.) Wint. su pino) che viceversa si manifestano a partire dalle parti alte della chioma.

Un limite importante che sembra emergere riguarda il fatto che il remote sensing valuta esclusivamente lo stato della chioma. In certi casi le condizioni della chioma possono non essere direttamente correlate a problemi afferenti l’apparato radicale ed il cilindro centrale delle piante (ad es., carie - [23], [49]), che determinano però gravi difetti tecnologici e possono essere causa di instabilità meccanica e schianti.

Valutazioni critiche conclusive 

La validità del metodo ed i risultati conseguibili dipendono tanto dalle modalità di attuazione quanto dagli obiettivi perseguiti, oltre che dalle condizioni operative in cui si esercita.

L’uso di piattaforme terrestri a supporto di radiometri è tecnicamente complessa in quanto comporta la necessità di recidere i rami degli individui arborei su cui poi effettuare le analisi a terra. Questo implica l’impiego di maestranze abilitate ad operare in tree-climbing o all’uso di cestelli, con tempi di lavoro prolungati e difficoltà logistiche notevoli. Tali pratiche paiono incompatibili con l’esecuzione dei rilievi nei comprensori forestali. Inoltre, la loro esecuzione comporta ferite da taglio e danni alla vegetazione che potrebbero favorire l’infezione e la propagazione di patogeni di varia natura, soprattutto agenti di batteriosi e di micosi. L’impiego di fotocamere digitali o analogiche capaci di produrre immagini FCIR da postazioni a terra risulta più semplice ed economico nella fase di acquisizione dei dati, ma decisamente sconsigliabile per la modesta qualità dei dati stessi. Le immagini sono infatti difficilmente analizzabili sotto il profilo quantitativo e statistico essendo prospettive centrali riprese da distanze diverse, in condizioni di luminosità variabili e con uno sfondo non omogeneo. Foto analogiche FCIR potrebbero essere utilizzate come ulteriore dato qualitativo a sostegno di altri strumenti di indagine su aree di studio di ridotte dimensioni.

Il ricorso a supporti aerei per la realizzazione di immagini FCIR tramite fotocamere o radiometri aviotrasportati è la metodologia maggiormente utilizzata tanto a livello di ricerca quanto ai fini applicativi per il monitoraggio delle foreste. Un rilievo di questo tipo è in grado di coprire vaste superfici in tempi brevi, ma con costi elevati. Una volta stabilita la quota di volo, le immagini ottenute garantiscono una scala di lavoro adeguata e la possibilità di eseguire indagini accurate dello stato fitosanitario. Inoltre la rotta di volo può essere pianificata per riprendere unicamente le zone di interesse, scartando le aree prive di vegetazione. Il periodo di volo deve però essere individuato in funzione delle condizioni meteorologiche e di luminosità.

Le immagini multispettrali da piattaforma satellitare ad opera di satelliti quali QuickBird, GeoEye-1 e WorldView-2 sono attualmente in condizione di raggiungere risoluzioni geometriche comparabili con quelle delle immagini aeree ([22], [9], [20], [42]). Le immagini satellitari offrono una gamma di opzioni interessanti per le analisi quantitative delle bande spettrali, ma presentano alcune difficoltà di acquisizione. Le aziende garantiscono infatti una copertura nuvolosa al di sotto del 15-20%, ma la copertura residua può interessare aree importanti dal punto di vista sperimentale e gestionale, rendendole insondabili. Inoltre sussistono problemi temporali relativi alla dislocazione del satellite, alla rigidità del sistema nelle ore di acquisizione (che influenzano la luminosità ), alla risoluzione temporale e al tempo necessario per espletare l’ordine. L’area ripresa deve essere specificata all’azienda fornitrice mediante un poligono, che quasi inevitabilmente contiene zone prive di interesse per la ricerca. Le immagini possono infine essere complesse da trattare sotto il profilo informatico in virtù della memoria occupata e della profondità del dato. La copertura sistematica di un comprensorio forestale può risultare tecnicamente complessa ed economicamente onerosa. L’impiego dei satelliti ai fini del monitoraggio fitosanitario sembra essere stato sottovalutato fino ad ora, presumibilmente a causa del fatto che i satelliti ad altissima risoluzione QuickBird, GeoEye-1 e WorldView-2 sono stati messi in orbita recentemente, rispettivamente nel 2001, 2008 e 2009 ([22], [9], [42]), mentre i satelliti già disponibili precedentemente consentivano risoluzioni spaziali modeste in confronto (dai 4 ai 30 m pixel -1 in modalità multispettrale) nonostante si siano dimostrati utili per svariate indagini in campo forestale ([4]). A livello sintomatologico ed epidemiologico è indubbiamente consigliabile tendere all’utilizzo di mezzi che garantiscano una risoluzione spaziale tale da cogliere gli aspetti patologici che esplicano la loro azione a scala di singolo albero. L’utilità di questo approccio appare evidente nella gestione forestale di comprensori a prevalente finalità turistico-ricreativa e paesaggistica in cui l’estetica e la stabilità meccanica rivestono un ruolo predominante per la fruizione del bosco e dove diagnosi tempestive potrebbero prevenire parte dei danni ed i relativi costi associati.

Rispetto alle misure effettuate mediante radiometri posti a terra, il dato telerilevato da aereo e satellite necessita talora di apposite correzioni atmosferiche e topografiche, la cui applicazione rigorosa può risultare particolarmente complessa, anche se i calcoli sono spesso implementati in pacchetti software.

La delimitazione delle chiome rappresenta un ulteriore punto da tenere in considerazione: chiome isolate su sfondo uniforme risultano chiaramente delineabili, mentre chiome sovrapposte non sono talora separabili in modo univoco. L’impiego di tecniche fotogrammetriche per la realizzazione di modelli tridimensionali risolverebbe in parte il problema, ma determinerebbe contemporaneamente un incremento esponenziale delle difficoltà di elaborazione e dei tempi di lavoro. Inoltre, parchi e foreste possono offrire notevoli problemi di analisi per la mescolanza interspecifica, la quale non è percepibile e classificabile senza un oneroso intervento esplorativo a terra o una preliminare classificazione spettrale delle specie. Sebbene l’impiego del telerilevamento per la realizzazione di cartografie vegetazionali sia ampiamente diffuso, sono carenti le informazioni relative alla possibilità di discernere gli spettri di specie arboree diverse in presenza di ulteriore variabilità spettrale dovuta alla mescolanza di individui sani e individui con stato sanitario alterato.

A tal proposito si rammenta che tanto maggiore è la superficie indagata, quanto più numerosi dovranno essere i rilievi in campo per correlare le misure biometriche e fitopatologiche ai dati spettrali: questo vale per le fasi sperimentali del metodo e per le prime fasi applicative su realtà nuove. Sotto il profilo tecnico, il monitoraggio fitosanitario di foreste monospecifiche e coetanee dovrebbe pertanto risultare più agevole da realizzare.

A livello diagnostico la metodologia dell’analisi di riflettanza pone non pochi quesiti, pur presentando delle potenzialità interessanti. È importante sottolineare come le alterazioni spettrali indichino la presenza di uno stato di stress ([30]) e permettano di stabilirne l’intensità ([34]), ma non costituiscono uno strumento diagnostico atto a rilevarne le cause ([30], [34], [20]).

Inoltre, come già ribadito, i sintomi individuati nella maggioranza delle esperienze censite in letteratura erano a carico della chioma. Tuttavia, è possibile immaginare piante con chioma vigorosa e fusto cariato da funghi lignivori, accanto a piante con chioma deperiente in seguito all’attacco di insetti fitomizi o fillofagi; mentre le prime appaiono con una firma spettrale nella norma, pur essendo malate e meccanicamente instabili, le altre mostrano un profilo radiometrico anomalo, ma non rappresentano un pericolo. Tuttavia alcuni lavori indicano come uno stress idrico indotto da danni a livello radicale possa essere precocemente individuato tramite la riflettanza NIR, mentre risulterebbe più difficile da diagnosticare tramite le sole osservazioni effettuate da terra ([49]).

Dalla disamina degli studi condotti appare comunque evidente come le malattie causate da funghi siano state scarsamente esplorate. Future linee di ricerca potrebbero essere proficuamente indirizzate a verificare le potenzialità del telerilevamento nel rilevare precocemente i sintomi di malattie specifiche, con particolare riferimento ai marciumi radicali e alle carie del cilindro centrale.

In conclusione, pur con i limiti precedentemente descritti, il telerilevamento nel visibile e nell’infrarosso può rappresentare una valida metodologia per il monitoraggio sanitario delle foreste, in particolare perché è applicabile su grandi comprensori forestali, non provoca alcun danno alle piante esaminate ed è suscettibile di analisi oggettive, quantitative e ripetibili in ambiente GIS. Inoltre, con il telerilevamento si può rapidamente discriminare tra zone boschive in buone condizioni fitosanitarie e zone potenzialmente compromesse, limitando a queste ultime gli approfondimenti diagnostici da eseguire in campo. Questo consente di economizzare risorse, riducendo ai casi di effettiva necessità il ricorso a sopralluoghi. Inoltre, il telerilevamento effettuato su immagini acquisite in periodi diversi può fornire un quadro esaustivo sull’evoluzione temporale di incidenza e gravità di alcuni fenomeni patologici in atto. Al momento, tra le varie opzioni sembra promettente la prospettiva di utilizzare immagini FCIR ottenute da satelliti ad altissima risoluzione spaziale congiuntamente a fotointerpretazione in ambiente GIS, che preveda l’impiego sinergico di sistemi di classificazione in cui l’operatore è supportato dalle potenzialità operative del calcolatore.

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