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Durban Climate Conference: new perspectives on forests

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 9, Pages 1-7 (2012)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0688-009
Published: Feb 28, 2012 - Copyright © 2012 SISEF

Short Communications

Abstract

The recent Durban Climate Conference can be considered a step forward in the agroforestry sector within the international climate regulatory regime. After four years of negotiations the long-awaited decision on Land Use, Land Use Change and Forestry for the second commitment period of the Kyoto Protocol was agreed, including a new activity (wetland drainage and rewetting), defining the accounting rules for forest management (which was shifted from voluntary to mandatory), the accounting for harvested wood products and the treatment of emissions from natural disturbances. Reducing emissions from deforestation and forest degradation, conservation, sustainable management of forest, and the enhancement of forest carbon stock (REDD+) has moved ahead as well, with the agreement of two decisions as an intermediate step for the finalization of the REDD+ mechanism architecture. The first decision is about methodological aspects on guidance on system for providing information on how safeguards are addressed and respected and on modalities relating to forest reference emission levels and forest reference levels that are benchmarks for assessing country’s performance in implementing REDD+ activities. The second decision is about policy approaches and incentives on REDD+ activities, that is the controversial issue on the sources of financing for REDD+ mechanism. As source of finance for result-based actions, a wide variety of sources are recognized: public and private, bilateral and multilateral, including the Green Climate Fund, provided that they are new, additional and predictable. Both market and non-market approaches were also considered as possible tool for financing REDD+ action, to be developed by the Conference of Parties. Although a more ambitious outcome would have been desirable, the conference in Durban concluded with the finalization of key outcomes in the forestry sector providing important operational instruments to incentivize sustainable forest management at global level, representing a significant step forward in the full recognition of the fundamental role of forests in the carbon cycle.

Keywords

Climate, Forest, Durban Climate Conference, Forest Management, Kyoto Protocol, REDD+, LULUCF

Introduzione 

Alle prime ore dell’alba di Durban, l’11 dicembre scorso si è conclusa, dopo due settimane di negoziazioni, la diciassettesima Conferenza delle Parti (COP 17) della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) ed il settimo incontro delle Parti del Protocollo di Kyoto (CMP 7), a cui hanno preso parte oltre dodicimila partecipanti. Dopo il sostanziale fallimento di Copenhagen (2009) e i modesti risultati di Cancun (2010), il risultato di Durban rappresenta un passo avanti nel processo negoziale, seppur abbia deluso le aspettative dei molti che avrebbero voluto vedere un accordo vincolate con tetti di emissione di gas ad effetto serra fissati per i maggiori emettitori. Lo scenario politico che si è delineato negli ultimi anni non presagiva conclusioni positive, con i paesi emergenti (quali Cina, India e Brasile) reticenti ad assumere obblighi di riduzione delle emissioni che possano rallentare il loro tasso di crescita, gli Stati Uniti di fatto refrattari a qualsiasi accordo internazionale vincolante sulle politiche del clima, l’UE che per accettare target di riduzione più ambiziosi ha posto la condizionalità di un accordo che includa tutti i grandi emettitori (inclusi quelli in via di sviluppo), ed il Canada che ha annunciato durante la conferenza di Durban la sua volontà a ritirarsi dal Protocollo di Kyoto, allineandosi alle posizioni di Federazione Russa e Giappone che hanno espresso la loro contrarietà ad assumere impegni di riduzione nel secondo periodo d’impegno del Protocollo. Anche Australia e Nuova Zelanda hanno espresso la loro preferenza per un accordo allargato rispetto alla continuazione di Kyoto, ponendo per quest’ultimo delle condizionalità che in larga parte riguardavano le regole di conteggio per il settore agro-forestale. In questo scenario Durban può considerarsi un successo, arrivando, dopo intense negoziazioni che hanno visto, nel rush finale, trenta ore d’incontri senza interruzione, al raggiungimento di tre i risultati principali: la decisione di prolungare il Protocollo di Kyoto per un secondo periodo d’impegno, anche se le modalità, come il termine del periodo (2017 o 2020?), i paesi che vi parteciperanno ed i relativi target di riduzione, dovranno essere definiti entro la prossima Conferenza (a dicembre 2012 in Qatar); è stato istituito un nuovo organo sussidiario della Convenzione, il Gruppo di Lavoro sulla Piattaforma di Durban, dando avvio alla negoziazione di un singolo strumento legale applicabile a tutti i paesi (inclusi Stati Uniti e paesi emergenti) che dovrà essere definito entro il 2015 ed entrare in vigore entro il 2020; è stato, infine, reso operativo il Fondo Verde per il Clima (Green Climate Fund), che dovrà mobilitare 100 miliardi di dollari statunitensi all’anno sempre entro il 2020.

Il presente articolo si propone di fornire una panoramica delle decisioni adottate a Durban che interessano il settore forestale, senza soffermarsi troppo sui singoli temi e relativi dettagli tecnici, ma facendo puntuale riferimento alle decisioni in questione, nell’intento di delineare un quadro generale che possa guidare il lettore verso la piena comprensione delle decisioni adottare. In particolare saranno descritte le nuove modalità per la contabilizzazione del settore forestale per i paesi con obblighi di riduzione (come l’Italia), evidenziando le maggiori differenze con le regole in uso nel primo periodo d’impegno del Protocollo di Kyoto, e saranno illustrati i progressi nell’ambito del meccanismo per la riduzione delle emissioni di gas serra legate alle attività forestali nei paesi in via di sviluppo (REDD+) illustrando le relative decisioni sulle questioni metodologiche e finanziarie adottate a Durban.

Le foreste nel post-2012 

Il settore LULUCF

La Conferenza di Durban segna sicuramente una svolta decisiva per il settore agroforestale - identificato in ambito negoziale con l’acronimo LULUCF (Land Use, Land Use Change and Forestry) - che vede finalmente stabilite le sue regole per il secondo periodo d’impegno del Protocollo di Kyoto, dopo quattro anni d’intense negoziazioni. Questo settore riveste un ruolo importante nelle negoziazioni dell’accordo globale sul clima poiché il suo contributo può variare sensibilmente da paese a paese (risultando in alcuni casi determinante), in dipendenza del metodo di conteggio dei crediti derivanti dal settore, influenzando di conseguenza la determinazione degli obiettivi vincolanti di riduzione di emissioni dei gas serra.

La decisione di Durban contiene le definizioni, modalità, regole e linee guida relative al LULUCF per il secondo periodo d’impegno ([11]), cambiando quelle definite dagli Accordi di Marrakech ([8]) a cui vengono apportate alcune sostanziali modifiche di seguito elencate.

Definizioni - Vengono inserite due nuove definizioni: quella relativa ai “disturbi naturali”, quali eventi o circostanze oltre il controllo del paese le quali causano emissioni significative (ad esempio gli incendi) e la definizione di “drenaggio e ripristino di zone umide” che consiste nelle pratiche di drenaggio e re-inondazione di terreni con suoli organici (per le attività effettuate dal 1990).

Articolo 3.3 del Protocollo di Kyoto: imboschimento, rimboschimento e deforestazione - I metodi di conteggio per le attività dell’articolo 3.3 rimangono invariati rispetto al primo periodo d’impegno (conteggio per differenza di stock durante il periodo d’impegno, ovvero metodo gross-net). Viene eliminata la regola valida negli Accordi di Marrakech per la quale i debiti generati da attività di deforestazione su terreni rimboschiti dopo il 1990 non potessero essere maggiori dei crediti originati dal rimboschimento durante il periodo d’impegno.

Articolo 3.4 del Protocollo di Kyoto: attività addizionali (gestione forestale, gestione dei pascoli, gestione dei terreni agricoli e rivegetazione) - Di queste attività solo la gestione forestale passa da un regime volontario (cioè eleggibile a discrezione del paese) ad obbligatorio. Alle altre attività eleggibili si aggiunge il “drenaggio e ripristino delle zone umide”. Per queste attività addizionali viene mantenuto il metodo di conteggio utilizzato nel primo periodo d’impegno, metodo net-net, ovvero basato sulla differenza tra il bilancio netto degli scambi di gas serra esistente nella porzione di territorio soggetta a tali attività nell’anno base moltiplicato per gli anni del periodo d’impegno, ed il bilancio netto degli scambi di gas serra nel periodo d’impegno sull’area di pertinenza delle attività durante tale periodo.

Metodo di conteggio per la gestione forestale - La gestione forestale passa a un nuovo metodo di conteggio: da quello basato sulla differenza di stock nel periodo d’impegno (gross-net) con un limite massimo di contabilizzazione dei crediti (cap), a quello basato sui livelli di riferimento (reference level), i quali costituiscono il riferimento su cui confrontare il bilancio emissioni/assorbimenti netti durante il periodo d’impegno, generando debiti se gli assorbimenti diminuiscono rispetto a tali livelli e crediti se vi è invece un aumento degli assorbimenti, confermando per questi ultimi un limite per la loro contabilizzazione. A tal proposito si ricorda che i livelli di riferimento presenti nella decisione sono quelli inoltrati al segretariato dai vari paesi a febbraio 2011 e sottoposti a un processo di revisione da gruppi di revisori esperti, processo lanciato nel 2010 alla conferenza di Cancun ([9]), di cui è disponibile un rapporto di sintesi redatto dal Segretariato UNFCCC ([12]). Per l’UE e la maggior parte dei paesi industrializzati il livello di riferimento rappresenta la proiezione del settore forestale nel secondo periodo d’impegno ipotizzando una gestione di business-as-usual; fanno eccezione Russia, Bielorussia e Norvegia che hanno presentato un livello storico (1990) e Giappone, che ha presentato un livello di riferimento pari a zero. Considerando i valori scaturiti dal processo di revisione, nel suo complesso l’UE prevede nello scenario 2013-2020 un sink medio pari a circa -300 MtCO2eq anno-1 inclusi i prodotti legnosi, e circa -250 MtCO2eq anno-1 escludendoli, ipotizzando un decremento degli assorbimenti rispetto al periodo 1990-2007 del 34% ([5]), prevalentemente dovuto alla distribuzione delle classi di età delle foreste europee e alla previsione di un aumento delle utilizzazioni, trend confermato anche da letteratura ([7], [1]). Il livello di riferimento italiano si basa sulle proiezioni fornite dal centro di ricerche della Commissione europea (Joint Research Centre, Unità sul Cambiamento Climatico e Qualità dell’Aria), che ha elaborato le proiezioni per 14 Stati membri ed è pari a circa -22 Mt CO2 eq anno-1 includendo i prodotti legnosi e circa -21 Mt CO2 eq anno-1 escludendoli ([13]). Questo numero è comprensivo di quattro comparti di carbonio (biomassa epigea, ipogea, lettiera e necromassa) con una diminuzione complessiva del sink di circa il 26% rispetto alla media del periodo 1990-2007. Nell’elaborazione delle proiezioni italiane sono state considerate le politiche forestali messe in atto fino a luglio 2009, escludendo quindi le politiche del pacchetto Clima-Energia dell’UE (Obiettivo 20-20-20); tale approccio è stato deciso in sede UE per garantire l’integrità ambientale dei livelli di riferimento dell’Unione europea ([6]).

Mentre per tutte le altre attività dell’articolo 3.4 non è stato stabilito alcun limite per il conteggio dei crediti, per la sola gestione forestale viene imposto un limite massimo (cap) equivalente a 3.5% delle emissioni totali (escluse quelle relative al LULUCF) dell’anno base, che per l’Italia corrisponde a 18 milioni di tCO2eq/anno. Il cap è stato voluto particolarmente dai paesi in via di sviluppo per limitare il contributo della gestione forestale al raggiungimento degli obiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni, mantenendo così l’incentivo ad attuare politiche virtuose negli altri settori.

Prendendo atto dell’elevata incertezza intrinseca alle stime forestali, che si aggira intorno al 25 - 30% per i paesi UE, e la frequente rielaborazione delle serie storiche del settore alla luce di nuovi dati, durante il secondo periodo d’impegno sarà possibile effettuare degli aggiustamenti tecnici in fase di contabilizzazione dei crediti, allorquando vi sia una rielaborazione della serie storica dovuta, ad esempio, alla revisione dell’area sottoposta a gestione forestale o alla rielaborazione della serie storica alla luce di dati più aggiornati. Questo permette di “riallineare” il livello di riferimento alla serie storica, lasciando invariate le assunzioni su cui si basa il livello di riferimento stesso, come, ad esempio, le politiche considerate.

Infine è stata accettata una nuova regola proposta dalla Nuova Zelanda che permette di conteggiare quale gestione forestale (e non nell’ambito dell’articolo 3.3), attività di deforestazione di rimboschimenti nel caso in cui un’area di pari superficie venga ripiantata in un altro sito. Questo permette di computare le emissioni/assorbimenti connesse a tali attività come differenza con il livello di riferimento e non con il metodo gross-net (previsto per le attività dell’articolo 3.3). La regola è applicabile solo alle piantagioni e non alle foreste naturali.

Carbonio nei prodotti del legno - Un altro cambiamento importante rispetto agli Accordi di Marrakech è l’inserimento del conteggio del carbonio stoccato nei prodotti legnosi quali carta, segati e lavorati, derivanti dalle utilizzazioni nelle aree sottoposte a gestione forestale e a rimboschimento/imboschimento, sia che questi vengano consumati nel mercato domestico sia esportati. Di contro, il legname ricavato da attività di deforestazione dovrà essere considerato come immediatamente ossidato, come anche il legname destinato a uso energetico. L’inclusione dei prodotti legnosi è obbligatoria solo per le nazioni che hanno scelto come livello di riferimento le proiezioni, per gli altri paesi questo comparto deve essere conteggiato come immediatamente ossidato o conteggiato solo in presenza di dati disponibili per le categorie di prodotto incluse. Il conteggio dovrà essere effettuato sulla base dei cambiamenti di carbonio nel comparto dei prodotti del legno durante il periodo d’impegno, stimando ciascuna categoria di prodotto utilizzando la funzione di decadimento di primo ordine suggerita dalle linee guida dell’IPCC del 2006 (equazione 12.1, in [4]) con la possibilità, nel caso di mancanza di dati nazionali specifici, di utilizzare tempi di dimezzamento di default pari a 2 anni per la carta, 25 per i pannelli e 35 per i segati. Questi tempi si riferiscono al numero di anni in corrispondenza dei quali si assume una perdita di prodotto pari alla metà di quello iniziale.

Disturbi naturali - La decisione di Durban prevede una metodologia per l’esclusione delle emissioni da disturbi naturali che eccedono un limite specifico per ogni paese, basato sui livelli storici delle emissioni derivanti da tali disturbi. L’esclusione può essere fatta solo nel caso i disturbi soddisfino specifici criteri (l’evento deve essere “fuori dal controllo e non influenzato dal paese”, nessun cambio d’uso del suolo nelle aree interessate, georeferenziazione delle stesse, ecc.). L’esclusione delle emissioni si applica sia alle attività dell’articolo 3.3 (afforestazione/riforestazione) sia alle aree sottoposte a gestione forestale (articolo 3.4).

Articolo 12: Meccanismi di sviluppo pulito - Le attività di rimboschimento/imboschimento sono confermate come le uniche eleggibili come progetti forestali nell’ambito dei Meccanismi di Sviluppo Pulito (Clean Development Mechanism - CDM), è anche confermato il limite dell’utilizzo dei crediti generati da tali attività per i singoli paesi, pari all’ 1% delle emissioni dell’anno base. Inoltre la decisione dà l’avvio a un processo nell’ambito dell’organo sussidiario di consulenza scientifica e tecnologica della convenzione (SBSTA) per valutare l’inclusione di attività LULUCF addizionali per i CDM e metodi alternativi per affrontare il problema della non-permanenza dei crediti (attualmente i progetti forestali CDM generano solo crediti temporanei). Ambedue i processi dovranno terminare alla diciannovesima Conferenza delle Parti del 2013.

Il meccanismo REDD+

Sempre in campo forestale a Durban sono state approvate due importanti decisioni riguardanti il meccanismo volto alla riduzione delle emissioni da attività di deforestazione e degrado delle foreste, alla conservazione e aumento degli stock di carbonio e alla gestione sostenibile delle foreste nei paesi in via di sviluppo (identificato con l’acronimo REDD+). L’idea alla base del REDD+ è quella di creare un meccanismo d’incentivazione per i paesi in via di sviluppo nella riduzione delle emissioni del comparto forestale attraverso l’attuazione di idonee politiche ed attività.

La prima decisione ([14]) riguarda gli aspetti metodologici per le attività REDD+ definendo le modalità di comunicazione delle informazioni sull’attuazione ed il rispetto delle misure di tutela socio-ambientali e le modalità relative alla costruzione dei livelli forestali di riferimento (Forest Reference Levels) e quelli di emissioni forestali (Forest Reference Emission Levels). Questi costituiscono i livelli (benchmarks) sulla base dei quali quantificare le performance relative alle attività REDD+, i primi riferibili alle attività di gestione sostenibile delle foreste, conservazione ed aumento degli stock di carbonio, i secondi alle attività di deforestazione e degrado forestale. Seppur sia stato stabilito che i livelli di riferimento debbano basarsi, per quanto possibile, sulle serie storiche, potranno essere apportate modifiche che tengano in considerazione particolari circostanze nazionali. La decisione risulta evasiva nel definire specificatamente le modalità di costruzione dei livelli di riferimento, ma definisce solo alcuni principi (quali trasparenza, consistenza e stime prudenziali coerenti con gli inventari nazionali dei gas serra) e regole generali da seguire nella loro costruzione (quali la comunicazione della definizione di foresta utilizzata, elenco dei comparti di carbonio considerati e attività incluse), lasciando di fatto ad ogni singolo paese la scelta di approcci e metodi da utilizzare. Per la loro definizione viene ammesso un processo graduale (per passi successivi) dando ai paesi in via di sviluppo la possibilità di incorporare dati e metodologie più aggiornati e di coprire gradualmente l’intero territorio nazionale. A tal proposito, possono essere utilizzati anche livelli di riferimento sub-nazionali, ma solo in forma transitoria. I livelli forestali di riferimento e quelli di emissioni forestali dovranno essere trasmessi su base volontaria al segretariato UNFCCC, resi pubblici attraverso una piattaforma web, e sottoposti a un processo di verifica tecnica le cui linee guida verranno stabilite entro il 2012. La decisione prevede il rinvio all’incontro negoziale di maggio 2012 (SBSTA 36) del lavoro relativo alle modalità di misurazione, reporting e verifica (MRV) ed ai sistemi di monitoraggio forestali.

Le misure di tutela socio-ambientali che andrebbero garantite nell’attuazione delle attività REDD+ sono quelle elencate nella decisione di Cancun ([10]) e riguardano, tra l’altro, il rispetto dei diritti delle popolazioni indigene e delle comunità locali e la conservazione della biodiversità e delle foreste naturali al fine di preservarne le funzioni ecosistemiche ed i benefici socio-ambientali. Secondo la decisione approvata a Durban, i paesi in via di sviluppo dovrebbero fornire informazioni trasparenti e coerenti, utilizzando, ove possibile, gli schemi nazionali esistenti. Un riassunto delle informazioni dovrà essere fornito periodicamente e incorporato nelle Comunicazioni nazionali o attraverso altri canali decisi dalla Conferenza delle Parti della Convenzione; le tempistiche riguardo alla presentazione del primo riassunto e la frequenza dei successivi sarà oggetto del lavoro del SBSTA nella prossima sessione (Bonn, maggio 2012). E’ da notare che non vi è alcun obbligo di segnalazione del successo, o peggio delle lacune, nell’attuazione delle misure di tutela, né sono previste penalizzazioni nel caso che non vengano attuate in modo efficace, quest’ultimo elemento è causa di critiche al meccanismo REDD+, soprattutto da parte delle organizzazioni non-governative ed alcuni paesi in via di sviluppo.

Nel corso del 2012 sarà inoltre intrapreso dal SBSTA il lavoro per l’identificazione di attività LULUCF legate alle cause di deforestazione e degrado forestale (come ad esempio l’espansione dei terreni agricoli), definendone il contesto metodologico, e delineando eventuali guide aggiuntive volte a garantire maggiore trasparenza, coerenza e completezza nel fornire informazioni sull’attuazione e rispetto delle misure di tutela socio-ambientali, da approvare alla prossima COP in Qatar.

La seconda decisione riguarda i finanziamenti della fase di piena attuazione del meccanismo REDD+, o terza fase ([15]). Secondo quanto stabilito nel sedicesimo incontro delle Parti della convenzione tenutosi a Cancun nel 2010 ([10]), il meccanismo si struttura in tre fasi: una prima fase preparatoria (definizione della strategia nazionale REDD+ e attività di capacity building); una seconda fase di iniziale attuazione delle strategie nazionali e piani d’azione definiti nella prima fase (incluse la realizzazione di attività dimostrative ed ulteriori attività di capacity building); una terza fase di piena attuazione del meccanismo che prevede misure di incentivi basate su riduzioni reali e verificate delle emissioni e sulla conservazione e incremento degli stock forestali di carbonio.

Alcune nazioni (tra cui Bolivia e Venezuela) sono restie ad accettare il legame tra la terza fase ed il mercato dei crediti di carbonio, seppur nel medio e lungo termine, altre (tra cui il Brasile) sono riluttanti all’idea che in seno al REDD+ possa svilupparsi un meccanismo finalizzato al raggiungimento degli obiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni (offsetting). Di contro, la maggior parte dei paesi vede favorevolmente una combinazione flessibile di finanziamenti pubblici nazionali e multilaterali, finanziamenti privati, meccanismi di mercato ed anche fonti finanziarie alternative quali ad esempio quelle legate ai trasporti aerei e marittimi, considerando le varie opzioni complementari piuttosto che in competizione tra loro (posizione UE).

La decisione approvata a Durban sugli aspetti finanziari del meccanismo stabilisce che le attività REDD+ possono essere finanziate da un’ampia varietà di risorse (private, pubbliche, bilaterali, multilaterali ed alternative, includendo anche il Green Climate Fund) purché siano addizionali e prevedibili; si prende in considerazione l’eventualità che la COP sviluppi da una parte appropriati meccanismi di mercato per supportare le azioni REDD+, dall’altra, approcci che non si basino sul mercato (proposta della Bolivia) volti congiuntamente alla mitigazione e adattamento dei cambiamenti climatici attraverso l’attuazione di una gestione sostenibile delle foreste rafforzandone la governance. Entrambe le tipologie di approcci prevedono il rispetto di quanto stabilito sulle misure tutela socio-ambientali definite negli Accordi di Cancun ([10]). La decisione avvia inoltre un processo per valutare le opzioni sulle modalità e procedure per i finanziamenti delle azioni della terza fase del meccanismo, i cui risultati saranno presi in considerazione dalla COP 18 nel 2012.

Conclusioni 

Indubbiamente le nuove modalità per la contabilizzazione del settore forestale (LULUCF) per i paesi con obblighi di riduzione (come l’Italia), rappresentano un passo avanti rispetto al primo periodo d’impegno, garantendo i necessari incentivi per una gestione delle foreste attiva e sostenibile, soprattutto se il livello di riferimento è basato sulle proiezioni di business-as-usual. Il conteggio dei prodotti legnosi allarga la contabilità del carbonio stoccato dal comparto forestale a tutta la sua filiera, traducendosi in uno stimolo alla produzione di assortimenti di lunga durata come il materiale per l’edilizia con benefici indiretti per la sostituzione di altri materiali ad alti livelli emissivi come il cemento. Anche l’industria del mobile potrebbe beneficiarne, settore quest’ultimo in cui l’Italia è leader a livello mondiale, seppur faccia un uso limitato del legname domestico. Infine la possibilità di esclusione di disturbi causati da eventi eccezionali rende il metodo di conteggio del settore forestale meno sensibile a circostanze di forza maggiore quali incendi straordinari, generalmente correlati a situazioni meteorologiche estreme (lunghi periodi di siccità, forti venti, ecc.), le cui emissioni connesse potrebbero vanificare gli sforzi di politiche nazionali volte all’aumento degli stock di carbonio correlati ad una gestione sostenibile delle risorse forestali. Alla luce dei nuovi metodi di conteggio per la gestione forestale, è indispensabile che l’Italia attui una gestione attiva delle foreste dotandosi di strumenti programmatici a livello nazionale volti ad integrare le politiche di intensificazione delle utilizzazioni forestali richieste nell’ambito del pacchetto “Clima-Energia” dell’UE ([2], [3]) con una gestione forestale sostenibile, che non penalizzi l’importante ruolo di sink di carbonio delle foreste ed i servizi ecosistemici connessi, assicurando un rilevante contributo del settore forestale nel raggiungimento degli obiettivi di riduzione dell’Italia nel secondo periodo d’impegno del Protocollo di Kyoto. A questo proposito, le decisioni di Durban possono servire da stimolo alla comunità scientifica, chiamata a fornire stime dei flussi di carbonio nel comparto forestale sempre più accurate e precise, soprattutto in relazione alle variazioni di contenuto di carbonio nei vari comparti (inclusi i prodotti del legno) dovute alle diverse forme di gestione forestale, al fine di dare indicazioni su quali siano le tipologie di gestione che ottimizzano la capacità di assorbimento nei vari ecosistemi forestali senza penalizzarne la funzione economica.

Riguardo alle decisioni sul REDD+, queste costituiscono un progresso nella definizione dell’architettura di questo meccanismo che, se ben attuato, rappresenta uno strumento capace di garantire riduzioni di emissioni di gas serra su larga scala, in tempi relativamente rapidi e a costi inferiori rispetto a quelli di altri strumenti di mitigazione dei cambiamenti climatici, contribuendo allo stesso tempo alla conservazione della biodiversità e al mantenimento dei servizi ambientali e socio-economici forniti dalle foreste. Tuttavia, per la piena attuazione del meccanismo in seno alla Convenzione bisognerà ancora attendere, principalmente a causa delle interconnessioni con il più ampio dibattito sui temi della mitigazione e sugli strumenti finanziari nell’ambito di un accordo allargato a tutti i paesi i cui nodi verranno sciolti nel corso del negoziato recentemente avviato a Durban e che verosimilmente verrà concluso nel 2015.

Seppur il risultato generale della Conferenza non abbia risposto a pieno alla necessità di un accordo ambizioso per un’efficace mitigazione dei cambiamenti climatici (rimandando la sua definizione al 2015), dall’altra parte si può affermare che le nuove regole pongono le basi per fornire gli strumenti operativi volti alla promozione di una gestione delle foreste attiva e sostenibile a livello globale, nel pieno riconoscimento dell’importante ruolo che le foreste rivestono nel ciclo del carbonio.

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