Physiognomy and distribution of mountain meadows in an alpine valley over 150 years of spontaneous forest expansion
Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 9, Pages 52-62 (2012)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0684-009
Published: Feb 28, 2012 - Copyright © 2012 SISEF
Research Articles
Abstract
Through the classification of current and historical aerial photosbetween 1973 and 2006, we analysed the evolution of size, shape and connectivity of 59 mountain meadows (maggenghi) of the Pejo district (Trentino, Northern Italy). The maggenghi are scattered patches within a forested matrix. We conducted the same analysis on an Austro-Hungarian cadastral map of 1859. The total surface covered by maggenghi was 137.4 ha in 1973, and decreased to 78.3 ha (57%) in 2006. The mean shape and connectivity index in 1973 are significantly lower than those of 2006. Within a 1-km radius around the studied patches, woodlands increased by 7% in the same time range. Among the 25 maggenghi present in 1958, 12 has been subdivided into 39 smaller fragments and 13 has been reduced in their size without any fragmentation. A general process of meadow patches evolution which included area and connectivity reduction and shape simplification has been noticed. This process is common to many other alpine landscapes. The study of these processes is fundamental for policies aimed to conservation of mountain meadows, as well as to identify the single patches deserving conservation for their current and historical landscape structure, as many studies report their significant effects on local floristic diversity.
Keywords
Patch, Spontaneous reforestation, Landscape evolution, Biodiversity conservation, Fragmentation, GIS analysis
Introduzione
Un noto geografo italiano, Aldo Sestini, nel suo volume “Il paesaggio” ([67]) scriveva che il bosco di conifere, ora denso ora rado, è interrotto da chiazze di prato da sfalcio e pascolo: un mosaico che dava al paesaggio una sua tipica configurazione. All’epoca in cui l’opera fu scritta i prati e i pascoli permanenti occupavano il 28.6% della superficie del Trentino ([31]), provincia in cui si colloca l’area di studio. La gestione di questi spazi aperti è stata progressivamente abbandonata sulle Alpi ([58], [74], [9], [21], [24], [69]) ed in altre regioni montuose europee ([45], [39]). L’avanzamento del bosco che ne ha fatto seguito ha reso il paesaggio sempre più omogeneo ([8], [61]), ed oggi i prati e i pascoli permanenti occupano il 17.9% della superficie totale del Trentino ([62]).
Alla scomparsa dei prati e dei pascoli montani si accompagna la perdita di risorse biogenetiche, in quanto essi sono gli habitat di molte specie vegetali ([15], [42], [12]) ed animali ([34], [41]). I cambiamenti della fisionomia (intesa come forma, grandezza ed organizzazione spaziale) delle patch (in italiano, “tessera” - [17]) del paesaggio entro le quali gli habitat si organizzano hanno importanti effetti ecologici ([50], [38]), perché la dinamica delle popolazioni animali e vegetali dipende non solo dalle caratteristiche ecologiche degli habitat, ma anche dalla loro configurazione e distribuzione nel paesaggio ([28], [33]). La fisionomia delle patch componenti il paesaggio viene sovente analizzata con appositi indici ([19], [77]) alcuni dei quali non sono sempre di facile interpretazione ed applicazione ([14]). Tuttavia, la variazione nel tempo delle patch e degli indici ad esse associate produce una sequenza di differenti mosaici la cui interpretazione è fondamentale per sviluppare modelli spaziali ecologicamente comparabili ([19]) e per prevedere futuri cambiamenti ed assetti ([77], [79], [1]) al fine di individuare opportune strategie per la loro conservazione ([35], [46]). Lo studio che viene presentato in questo articolo riguarda l’analisi di una sequenza temporale della fisionomia e della distribuzione dei prati montani (maggenghi) in una valle alpina dal 1973 al 2006, attraverso l’interpretazione di foto aeree, mappe catastali ed informazioni storiche.
Materiali e metodi
Area di studio
L’area di studio è situata nella Val di Pejo (46° 21’ N, 10° 41’ E), a circa 50 km da Trento (nord Italia). Il comune di Pejo (1565 m s.l.m.) ha un’estensione di 160 km2 e manifesta un clima subartico secondo Köppen-Geiger, caratterizzato da estati fredde ed inverni asciutti. La temperatura media annuale nel comune di Pejo è 7 °C e la temperatura media mensile varia tra -1 °C nel mese di Gennaio e 15 °C nel mese di Luglio.
Come in tutta la Provincia di Trento, il periodo post-bellico è stato caratterizzato da profondi cambiamenti economici, che hanno visto il progressivo abbandono dell’agricoltura e dell’allevamento in montagna ([53], [6]). Tra il 1951 ed il 1991, la popolazione nel comune di Pejo è diminuita del 13% ([49]), mentre la copertura forestale è aumentata del 26% ([7]). Nel ventunesimo secolo si è verificata una debole ripresa demografica nella valle, ma il tasso d’occupazione in attività quali agricoltura ed allevamento continua a diminuire.
Il paesaggio tipico del piano montano è costituito da una matrice di boschi di abete rosso e larice che racchiude piccole patch prative (Fig. 1 e Fig. 2). Alcune porzioni di queste sono ancora gestite in maniera tradizionale (segate o pascolate), altre sono state completamente abbandonate. Le prime sono definite “maggenghi” ([2]).
Fig. 1 - Mosaico del paesaggio forestale sul versante destro orografico della Val de la Mare, sottovalle della Val di Pejo. I prati montani (maggenghi) appaiono come patch dotate di dimensioni e forme che cambiano al variare della gestione agronomica e dell’avanzamento spontaneo dei boschi circostanti.
Fig. 2 - Particolare del maggengo dei Masi Zampìl in Val di Pejo (1664 m s.l.m.), a sinistra, e disegno di R. Albertini ([2]), a destra, che riproduce un paesaggio molto simile a quello studiato (versante sinistro della Valfurva dalle Baite di Pradaccio di Sotto).
Il maggengo, origine ed importanza
Con il termine maggengo si indica l’area intermedia di pascolo del bestiame tra le sedi invernali di pianura o di fondovalle e le sedi estive di alpeggio in alta quota ([73], [65]). La monticazione delle mandrie infatti non avveniva quasi mai mediante trasferimento diretto dal villaggio all’alpeggio. I maggenghi rappresentavano una realtà intermedia tra il villaggio e l’alpeggio: su di essi ci si trasferiva con il bestiame in primavera (e in autunno) per produrre fieno da utilizzare in larga misura sul posto e, in parte, destinato ad essere trasportato al villaggio come scorta invernale. Dal maggengo si saliva all’alpeggio alle date stabilite e si tornava a fine alpeggio ([10]).
Questi prati sono caratterizzati da una gran varietà di fioriture, variabili a seconda delle facies stagionali (di particolare bellezza quelle primaverili a Crocus ed autunnali a Colchicum). Prescindendo dall’importanza storico-culturale e paesaggistica di queste formazioni, i maggenghi oggi sono sotto tutela ai sensi della direttiva habitat 92/43/CEE, in quanto rientrano nell’habitat 6520 “Praterie montane da fieno”. Questi prati sono riconducibili all’alleanza Polygono-Trisetion e sono di chiara origine secondaria. In assenza infatti di falciature regolari, o turni di pascolamento, l’ingresso di specie arboree o arbustive all’interno di queste formazioni è inevitabile ([36]).
Individuazione e perimetrazione dei maggenghi
I maggenghi presenti nell’area di studio sono stati individuati attraverso una mappa redatta da Albertini ([2]) che fornisce l’esatta localizzazione e descrizione degli stessi all’epoca in cui venne realizzata. Attraverso informazioni acquisite da proprietari terrieri e guardaboschi, una ortofoto digitalizzata del 2006, una carta della vegetazione ([54]), una carta digitalizzata degli habitat Natura 2000 ([68]) ed una carta di Pedrotti ([52]) è stato possibile localizzare approssimativamente il centroide di tutte le patch corrispondenti ai maggenghi individuati da Albertini ([2]). I maggenghi analizzati hanno la caratteristica comune di essere sempre stati gestiti con tecniche estensive e tradizionali, cioè segati una volta l’anno, non fertilizzati, fatta eccezione per lo spargimento del letame, e non irrigati.
All’interno di un buffer di 1 km intorno ai centroidi, sono state distinte aree di pertinenza dei maggenghi ed aree caratterizzate da altri usi del suolo, utilizzando ortofoto (1973-2006) ed una mappa catastale asburgica del 1859 ([5]). L’intervallo temporale delle foto (1973-2006) è stato scelto per essere sicuri che l’associazione Polygono-Trisetion, tipica dei maggenghi, non avesse subito cambiamenti rispetto a quanto indicato nella carta della vegetazione redatta da Pedrotti et al. ([54]). La mappa catastale è stata digitalizzata dal Servizio Catasto della Provincia di Trento ([66]), mentre la carta della vegetazione di Pedrotti et al. ([54]) dagli autori. Nelle Tab. 1 e Tab. 2 è riportato il materiale fotografico e cartografico utilizzato.
Tab. 1 - Foto aeree digitali utilizzate per identificare i maggenghi.
Nome del volo | Data | Scala media nominale | Lunghezza focale (mm) | Risoluzione media immagine (m) | Colore |
---|---|---|---|---|---|
Rossi s.r.l. | 11.10.1973 | 1:25000 | 153.12 | 1 | b/n |
TerraItaly 1994 | 13.10.1995 | 1:70000 | 152.82 | 1 | b/n |
TerraItalyTM 98/99 | 02.10.1999 | 1:40000 | 153.31 | 1 | Colore |
Digital TerraItalyTM | 01.09.2006 | 1:10000 | 62.5 | 0.5 | Colore |
Tab. 2 - Mappe utilizzate per identificare i maggenghi.
Descrizione della mappa | Riferimento bibliografico | Data rilievodi campo | Scala | Categorie |
---|---|---|---|---|
Catasto austriaco | Bednarr et al. ([5]) | 1859 | 1:2880 | Usi del suolo |
Carta economico-pastorale del gruppo Ortles-Cevedale | Albertini ([2]) | 1955 | 1:180000 | Usi del suolo ed agricoli (maggenghi) |
Carta della vegetazione del Parco Nazionale dello Stelvio | Pedrotti et al. ([54]) | 1961-1970 | 1:50000 | Comunità vegetali |
Carta del limite potenziale del bosco in Trentino | Piussi ([56]) | 1987-1990 | 1:25000 | Usi del suolo potenziali |
Habitat Natura 2000 | Sitzia ([68]) | 2007-2008 | 1:10000 | Habitat natura 2000 |
La foto-interpretazione e tutte le altre analisi spaziali sono state condotte utilizzando il software GIS ESRI ArcMap 9.2 ([16]) ad una scala fissa di 1:5000 per minimizzare gli errori di mappatura e con celle di 5 x 5 m come unità di riferimento, corrispondente, sullo schermo, a 1 x 1 mm. Sulla mappa grid risultante sono stati perimetrati i maggenghi, adottando i seguenti parametri di calcolo nell’estensione per ArcGIS PatchMorph ([23]): neighborhood radius: 17.84 m, density filter mask threshold: 0.8, gap e spur thresholds: 10 e 0 m, rispettivamente. Infine, sono stati eliminati tutti i maggenghi con una estensione inferiore a 0.1 ha. I parametri adottati sono stati scelti in base alla definizione di foreste secondarie adottata dal Servizio Foreste della Provincia di Trento ([69]), che definisce criteri minimi per considerare una superficie prato e/o pascolo, ovvero area minima di 0.1 ha, densità di alberi minore del 20 % e la larghezza di almeno 10 m (corrispondenti a due celle contigue di 5 x 5 m).
Analisi dei dati
Sono stati calcolati cinque attributi spaziali dei maggenghi ovvero superficie, un indice di forma, un indice di dimensione frattale, un indice di allungamento ed un indice di connettività. Questi indici sono stati scelti poiché non ridondanti ed ecologicamente significativi ([76], [80]).
L’indice di allungamento è dato dal rapporto tra l (lunghezza) e w (larghezza - [13]); l’indice di forma e l’indice di dimensione frattale sono stati calcolati come in McGarigal & Marks ([44]) attraverso l’estensione Patch Analyst 4 per ArcGIS ([59]).
All’interno di un buffer di 1000 m di raggio è stata poi calcolata la distanza massima tra i più vicini centroidi di tutti i prati posti ad altitudine inferiore a 2100 m s.l.m., cioè a valle del limite superiore del bosco ([56]). Entro la distanza così ottenuta, è stata calcolata la superficie relativa di maggenghi attorno ai 59 prati individuati, cui è stato dato il significato di indice di connettività (sensu [32]) per le cenosi prative oggetto dello studio. E’ stata quindi calcolata la lunghezza dell’asse (l) e la larghezza (w) del più stretto rettangolo possibile che includesse ciascun maggengo.
La significatività della variazione delle superfici, degli indici di forma e dell’indice di connettività nel periodo compreso tra il 1973 ed il 2006, è stata testata tramite il test ANOVA ad una via. La fisionomia e la distribuzione attuali dei prati è stata infine confrontata con quella dei prati del 1859, quando l’attività agricola e zootecnica era ancora predominante nell’area esaminata. Le correlazioni tra gli attributi spaziali all’interno dell’anno di riferimento sono state calcolate attraverso il coefficiente di Pearson. L’analisi statistica è stata effettuata mediante il software Statistica 9.0 ([72]).
Analisi dell’evoluzione degli usi del suolo
All’interno dei medesimi buffer utilizzati per il calcolo dell’indice di connettività dei maggenghi, è stata calcolata poi la variazione di superficie di 5 categorie di uso del suolo (abitati e/o edifici, prato e/o pascolo, fiumi e/o laghi, rocce e/o detriti, bosco) nel 1973 e nel 2006, al fine di descrivere in maniera più completa l’evoluzione dei diversi usi del suolo attorno ai maggenghi analizzati. All’interno di ciascun buffer sono state creati dei temi poligonali per ciascun uso del suolo.
Risultati
Attraverso l’interpretazione delle foto aeree e delle mappe catastali si è potuto ottenere un database spaziale costituito da cinque layer temporali (1859, 1973, 1995, 2000, 2006) dei maggenghi precedentemente selezionati (Fig. 3).
Fig. 3 - Evoluzione dei maggenghi della Val di Pejo dal 1859 al 2006: 1859 (A), 1973 (B), 1995 (C), 2000 (D), 2006 (E).
La superficie totale dei 59 maggenghi attuali è di 78.3 ha. L’estensione di ciascun maggengo varia da 0.10 a 11.40 ha. La loro lunghezza (l) varia tra 45 m e 865 m, mentre la larghezza (w) tra 20 m e 395 m. L’indice di allungamento varia tra 1.09 (forme compatte) e 5.00 (forme più allungate). L’indice di forma denota la presenza di forme quasi circolari poiché varia tra 1.47 e 3.99. L’indice di dimensione frattale varia tra 1.36 (perimetri regolari), e 1.65 (perimetri più complessi). La distanza massima tra i centroidi dei maggenghi è risultata di 527 m ed è stata, come già detto, utilizzata per dimensionare il raggio entro cui calcolare la connettività, che è risultata compresa tra 0.08 e 0.23. Il fatto che questa distanza corrisponda, secondo Tscharntke et al. ([75]), a quella massima entro la quale può avvenire la dispersione di semi di specie vegetali tra popolazioni locali, conferma la validità ecologica dell’indice calcolato per una parte degli organismi legati ai prati.
L’area totale dei maggenghi indagati è nel 2006 pari al 57 % di quella rilevata per il 1973, e quattordici dei maggenghi presenti oggi sono il risultato della frammentazione di sette maggenghi presenti nel 1973. I risultati mostrano come si sia verificata una riduzione significativa delle superfici dei maggenghi (F[3, 232] = 5.5; p = 0.0012). Analogamente, è stata osservata una significativa riduzione dell’indice di forma (F[3, 232] = 4.3; p = 0.006) e dell’indice di connettività (F[3, 232] = 17.0; p < 0.0001). L’indice di allungamento (F[3, 232] = 0.8; p < 0.521) e quello di dimensione frattale (F[3, 232] = 0.4; p < 0.732) non hanno invece manifestato alcun trend significativo (Fig. 4). Tra le metriche analizzate, solamente estensione e indice di forma sono sempre correlate positivamente (r > 0.43; p < 0.001).
Fig. 4 - Andamento della superficie (A), dell’indice di allungamento (B), dell’indice di forma (C), dell’indice di dimensione frattale (D) e dell’indice di connettività (E) tra il 1973 ed il 2006. I quadrati indicano la media, le barre l’intervallo di confidenza al 95%.
Dei venticinque maggenghi presenti nel 1859, dodici si presentano attualmente suddivisi in 39 frammenti più piccoli e 13 si sono ridotti in estensione senza fenomeni di frammentazione. Sette maggenghi presenti nel 2006 non esistevano nel 1859. Nel 1859 l’estensione totale dei maggenghi era di 468.75 ha, la media 18.75 ha, ma con un intervallo di variazione molto ampio, tra 0.7 e 186 ha. I valori medi dell’indice di allungamento e dell’indice di forma si sono ridotti rispetto alla situazione attuale (Tab. 3); essi avevano inoltre una ben più ampia variabilità. L’indice di dimensione frattale assumeva valori leggermente più bassi, mentre il valore medio dell’indice di connettività era più elevato.
Tab. 3 - Media ed intervalli di confidenza al 95% per superficie (ha), indici di allungamento, forma, dimensione frattale e connettività per i prati attuali (N = 59) e per quelli del 1859 (N = 25).
Variabile | Media (interv. conf.) | |
---|---|---|
Attuale | 1859 | |
Superficie (ha) | 1.32 (± 0.46) | 18.75 (± 17.52) |
Indice di allungamento | 1.98 (± 0.22) | 2.80 (± 0.95) |
Indice di forma | 2.35 (± 0.15) | 2.97 (± 0.99) |
Indice di dimensione frattale | 1.48 (± 0.02) | 1.39 (± 0.02) |
Indice di connettività | 0.10 (± 0.01) | 0.25 (± 0.03) |
Come era logico aspettarsi, l’analisi degli usi del suolo tra il 1973 ed il 2006 mostra chiaramente come le superfici occupate dai maggenghi siano state progressivamente invase dal bosco (Fig. 5). In particolare il bosco ha avuto un incremento di circa il 7% intorno al buffer considerato, seguito da un leggero aumento delle superfici abitative. Fiumi, laghi e rocce non hanno subito variazioni significative.
Fig. 5 - Evoluzione degli usi del suolo tra il 1973 ed il 2006 entro un buffer di 1 km dai maggenghi studiati.
Discussione
I risultati dello studio mostrano chiaramente il processo di frammentazione dei maggenghi avvenuto nel periodo compreso tra il 1973 ed il 2006. Tale processo si è manifestato sia con la riduzione dell’estensione totale dell’habitat dei maggenghi sia nella parcellizzazione degli stessi in frammenti più piccoli con diverso grado di isolamento all’interno della matrice boschiva ([63]). Questo trend è evidenziato da altri autori in Italia ([43], [78], [3], [1], [22]) ed in Europa ([71]) e può essere interpretato come una lenta riconquista del bosco e della vegetazione naturale che produce un inglobamento dei vecchi frammenti di bosco in nuclei progressivamente più grandi ([22]).
L’estensione dei prati ed i valori degli indici di forma di un paesaggio dipendono da come è avvenuto il processo di frammentazione ([19]). Tra il 1973 ed il 2006, l’indice di dimensione frattale è rimasto pressoché invariato, poiché, come riportato in Hargis et al. ([29]), l’irregolarità media del perimetro delle patch che compongono un paesaggio non mostra variazioni lineari con l’espansione del bosco. Anche l’indice di allungamento non ha manifestato variazioni significative poiché la lunghezza e la larghezza sono cambiate più o meno con le stesse proporzioni. La significativa riduzione nel tempo dei valori dell’indice di forma, invece, dimostra chiaramente come sia avvenuto un processo di riforestazione naturale nelle porzioni più difficilmente accessibili e marginali dei maggenghi per le attività agri-zootecniche, come i lobi dei prati, i quali rendono i confini degli stessi maggiormente curvilinei ([19]). Questo fenomeno porta quindi ad una semplificazione delle forme nel tempo, fornendo anche indicazioni sull’evoluzione della biodiversità legata a questi habitat. Come riportato in Forman ([18]), una patch dalle forme compatte ospita generalmente un maggior numero di specie specialiste dell’habitat che trova nella patch la sua manifestazione spaziale. Il trend evidenziato potrebbe quindi aver favorito l’espansione delle specie erbacee tipiche dei prati montani, caratterizzate cioè da fabbisogni di luce elevati, a scapito di quelle nemorali ([20], [37]). Tuttavia, la forte riduzione della superficie dei prati avvenuta tra il 1973 e il 2006 potrebbe aver condotto ad un’eccessiva riduzione della variabilità delle nicchie ecologiche e quindi alla riduzione della ricchezza in specie prative, indipendentemente dalla presenza di ambienti nemorali al margine.
Anche l’analisi dell’evoluzione della connettività tra le patch potrebbe avere grande influenza sulla biodiversità attuale; essa infatti è spesso legata in particolar modo all’assetto spaziale storico del paesaggio ([30], [70]). L’impatto delle attività agricole nel secolo scorso era molto elevato e la dispersione dei semi delle specie potrebbe essere stata sicuramente favorita, data la maggiore connessione di questi habitat. Il processo di frammentazione porta alla formazione di patch tra loro isolate e quindi meno connesse, trasformando la matrice ambientale da favorevole ad ostile ([17]). La possibilità di dispersione delle specie quindi diminuisce esponenzialmente, toccando livelli minimi nella situazione attuale. L’espansione della matrice boschiva a scapito dei maggenghi potrebbe causare nel lungo periodo una estinzione a livello locale delle specie tipiche di questi habitat.
L’analisi dei maggenghi “storici”, relativi cioè al 1859, evidenzia infine come la loro diminuzione di complessità ed estensione negli ultimi 40 anni sia solo un’appendice di un processo iniziato il secolo scorso, quando l’assetto spaziale della valle era molto differente da oggi. L’abbandono infatti dei prati e dei pascoli ha portato all’espansione delle neoformazioni forestali, anche se con tempi e modi differenti ([57], [69]). Le cause di questo fenomeno sono da ricercarsi nei cambiamenti socio-economici avvenuti non solo nella valle oggetto dello studio ma in tutta Italia ed in Europa, in particolar modo a partire dagli anni cinquanta del secolo scorso (ad esempio: [39], [58], [64], [60]).
Conclusioni
Lo studio dell’evoluzione del paesaggio è fondamentale per capire le dinamiche avvenute in un territorio e per prevedere possibili scenari futuri ([77]). In questo lavoro si è voluto focalizzare l’attenzione sulle dinamiche che hanno interessato patch erbacee, ovvero i maggenghi considerati, presenti nella Val di Pejo, poiché, come avviene a livello di tutto il distretto alpino, questi habitat stanno progressivamente scomparendo a causa della riforestazione naturale. L’analisi ha evidenziato un chiaro fenomeno di frammentazione e semplificazione delle forme dei maggenghi, a causa del processo di riforestazione naturale conseguente l’abbandono dell’agricoltura in montagna. Le dinamiche hanno portato ad un profondo cambiamento dell’assetto spaziale della valle dal 1859 ad oggi. Le conseguenze di questo fenomeno sono la perdita degli aspetti culturali del paesaggio ([39], [47]), dell’eterogeneità nel mosaico paesaggistico ([50]) e l’evoluzione della biodiversità ([70]). Studi di questo tipo possono essere molto utili nell’indirizzare le politiche di conservazione delle cenosi prative, che purtroppo sono ancora oggi spesso troppo aleatorie, con imprevedibili conseguenze sulla biodiversità presente nel territorio ([60]). Considerando infatti l’elevato valore paesaggistico di questo habitat, una politica di incentivi allo sfalcio appare una delle poche possibilità per evitare l’ulteriore erosione di questo habitat ([36]). È però importante che questi incentivi vengano indirizzati alle aree dove il fenomeno è più intenso, selezionando le singole patch sulle quali intervenire anche sulla base della loro struttura spaziale attuale e passata, che è spesso in relazione alla loro diversità floristica, come dimostrato da molteplici studi ([26], [25], [11], [27]). Ciò significa adottare un approccio di paesaggio nella pianificazione forestale e nella selvicoltura ([4], [51], [40]) che, oltre a considerare i boschi ([48], [55]), tenga conto, nelle valutazioni sull’equilibrio ecosistemico, anche degli altri usi del suolo seminaturali che con esse hanno rapporti di tipo funzionale.
Ringraziamenti
Un sentito ringraziamento è rivolto agli ex studenti che hanno collaborato alla realizzazione delle mappe d’uso del suolo (M. Ciesa, M. Groppo, C. Picotti, A. Martinelli, L. Veronesi) e al Servizio Catasto, nella persona di D. Buffoni, per aver reso disponibile la mappa catastale asburgica.
References
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