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Current state and problems of noble hardwoods plants: the Regions’ point of view

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 8, Pages 121-125 (2011)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0666-008
Published: Jul 19, 2011 - Copyright © 2011 SISEF

Technical Reports

Abstract

This paper illustrates the current state of noble hardwoods plants established in Italy since early ’90s, with the aim of describing the extension, distribution and quality of wood production obtained. Based on both results of this investigation and advices issued by administrative Regions, several considerations are discussed aimed to identify new directions for research and extension activities, as well as to support appropriate managing practices, in the light of the absence of an integrated system among the noble hardwoods productions, the agricultural sector and the timber market.

Keywords

Arboriculture, Hardwood, Regions, Wood Industries

Introduzione 

Il presente lavoro intende fornire un approccio introduttivo ad una lettura generale del fenomeno degli impianti di latifoglie di pregio che si sono realizzati in modo massiccio in Italia a partire dai primi anni ’90 col favore di significative misure finanziarie comunitarie.

Il contributo illustra l’entità delle superfici realizzate, la qualità degli impianti, la valutazione dei risultati, il parere espresso da alcune regioni, per pervenire ad indicare alcune tracce di lavoro su cui promuovere nuove attività di ricerca e sviluppo.

Non si tratta di nuove informazioni, ma a partire dalla rilettura dei documenti presenti in letteratura, in primis il “Libro bianco sulle produzioni legnose fuori foreste in Italia” ([10]) e quanto prodotto dalle Regioni nel Gruppo di lavoro Selvicoltura-Arboricoltura della Rete Interregionale per la Ricerca in Agricoltura, foreste, acquacoltura e pesca, si evidenza che molte delle criticità ancor oggi presenti sono già state individuate da tempo; che la ricerca ha dato un contributo fondamentale ed importantissimo nella pratica colturale; che questa arboricoltura non si è ancora incardinata come opportunità produttiva nella pratica imprenditoriale agricola; che il problema degli sbocchi di mercato, sempre più attuale con il maturare degli impianti, non ha ancora trovato soluzioni di sistema.

Lo stato degli impianti 

Secondo i dati riportati in letteratura la superficie di nuovi impianti realizzata in Italia con i contributi comunitari del Reg. 2080/1992 e Reg. 1257/1999 fino al 2007 ammonta complessivamente a 140 576 ha, di cui i 3/4 realizzati con latifoglie di pregio (Tab. 1 - [8])

Tab. 1 - Superfici (ha) degli impianti a latifoglie e pioppo realizzati in Italia con regolamenti comunitari nel periodo 1992-2006.

Gruppo Reg. 2080/1992 Reg. 1257/1999 TOTALI
Latifoglie 78 362 28 897 107 259
Pioppo 22 730 10 587 33 317

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La distribuzione della superficie di tali impianti risulta per il 32.8 % al Nord, il 33.9 % al Centro ed il 33.3 % al Sud ed è stata realizzata da imprenditori agricoli per l’82%.

L’indagine citata illustra anche le previsioni di nuovi impianti con i finanziamenti previsti per il periodo 2007-2013 (Tab. 2), sulla base dei programmi dei Piani di Sviluppo Rurale delle singole Regioni, con un totale di 72 612 ha, che porterebbe il totale complessivo degli impianti di latifoglie da pregio ad una previsione di circa 180 000 ha e di pioppeti di circa 66 000 ha.

Tab. 2 - Previsioni di nuovi impianti (ha) con il Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013 (Misura 221 PSR 2007-2013).

Comparto Superficie (ha) Percentuale
Nord 18 400 25.34 %
Centro 13 316 18.34 %
Sud 40 896 56.32 %
Totale 72 612 100 %

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Rispetto alla loro genesi ed evoluzione è possibile suddividere gli impianti destinati alla produzione di legname di qualità in quattro categorie generazionali:

  • Impianti di prima generazione, in cui dominava la semplicità di modelli colturali (generalmente monospecifici con noce o ciliegio) ed ubicati in stazioni marginali;
  • Impianti di seconda generazione, con moduli colturali più ricchi (plurispecifici e con impiego di specie accompagnatorie di natura arbustiva) ed ubicati anche in aree di buona fertilità agricola;
  • Impianti di terza generazione, con moduli articolati e sofisticati, determinati con specifica attenzione alle singole necessità di ciascuna specie utilizzata e con l’impiego di specie non tradizionali (sorbo, pero, pioppo);
  • Impianti di quarta generazione, come forma di integrazione tra l’arboricoltura da legno di qualità e la produzione di biomassa.

La qualità degli impianti 

Che risultati hanno prodotto questi sforzi economici e questi investimenti?

Il tema, ancora oggi certamente di grande attualità, è stato spesso affrontato e discusso in convegni ed incontri, ma esistono solo sporadici tentativi di risposta attraverso indagini mirate.

Recentemente sono stati definiti alcuni strumenti di valutazione ([4], [5]), ma ancora nessun lavoro complessivo è stato condotto con criteri univoci.

In Regione Lombardia Calvo e Mantovani hanno valutato in tempi diversi quasi 4000 piante distribuite in 18 impianti della Rete Regionale ERSAF di impianti sperimentali di arboricoltura da legno, secondo criteri di valutazione che permettono di suddividere le piante in 4 classi di qualità ([7] - Tab. 3)

Tab. 3 - Valutazione della qualità degli impianti di latifoglie della Rete Regionale Sperimentale ERSAF in Regione Lombardia, anni 2001 e 2008 ([7], [6]). Numero di impianti valutati: 18; Numero di piante valutate: 3 933; Classe 1: soggetti di elevata qualità; Classe 2-3: soggetti di media qualità; Classe 4: soggetti di non idonei a produzioni di qualità.

Classe Anno di valutazione 2001 Anno di valutazione 2008
Classe 1 9 % 37 %
Classe 2 e 3 33 % 27 %
Classe 4 57 % 36 %

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Si tratta di impianti che non possono essere ritenuti rappresentativi dello stato reale, in quanto sono stati seguiti e condotti con regolari interventi di natura colturale (lavorazioni, potature, diradamenti) e che quindi evidenziano come con una buona gestione colturale dell’impianto sia possibile ottenere positivi risultati dal punto di vista della ricerca di materiale di qualità.

Gli stessi autori hanno condotto con lo stesso metodo una valutazione del materiale ritraibile dagli impianti di arboricoltura da legno realizzati in provincia di Cremona.

Si tratta complessivamente di 274 impianti per una superficie di 1574 ettari, da cui è stato estratto un campione di 41 impianti.

In questo caso si è proceduto simulando le produzioni ottenibili a fine turno e classificandole in 4 categorie (Tab. 4).

Tab. 4 - Valutazione della qualità degli impianti di latifoglie in provincia di Cremona, anno 2001 ([1]). Numero di impianti valutati: 41; Numero di piante valutate: 105 043; Classe 1: soggetti da trancia; Classe 2-3: soggetti di seconda scelta per trancia e segheria; Classe 4: soggetti non idonei a produzioni di qualità.

Classe Anno di valutazione 2001
Classe 1 5 %
Classe 2 e 3 47 %
Classe 4 48 %

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Buresti e Mori hanno condotto uno studio su 50 impianti realizzati in provincia di Arezzo, rappresentativi di 530 ettari distribuiti in 216 piantagioni, raccogliendo un elevato numero di informazioni, che hanno permesso tra l’altro di valutare le condizioni generali degli impianti, classificate in tre classi (Tab. 5).

Tab. 5 - Valutazione della qualità degli impianti di latifoglie in provincia di Arezzo, anno 2001 ([3]).

Condizioni Anno di valutazione 2001
Buone condizioni 20 %
Medie condizioni 60 %
Pessime condizioni 20 %

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In Regione Piemonte sono stati esaminati 15 impianti con un lavoro condotto da Berretti nel 2007.

Si tratta di una prima indagine realizzata negli impianti dimostrativi regionali, finalizzata a definire un protocollo per la valutazione delle potenzialità produttive degli impianti per gli aspetti legati alla qualità degli assortimenti.

Anche in questo caso i soggetti sono stati suddivisi in quattro classi di qualità (Tab. 6).

Tab. 6 - Valutazione della qualità degli impianti di latifoglie della Rete Regionale Sperimentale in Regione Piemonte, anno 2007 ([2]). Numero di impianti valutati: 15; Numero di piante valutate: 1500; Classe I: soggetti da trancia; Classi II e III: soggetti di seconda scelta o falegnameria scadente; Classe IV: materiale non lavorabile.

Classe Anno di valutazione 2001
Classe I 10 %
Classe II e III 53 %
Classe IV e V 37 %

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Nessun impianto di arboricoltura da legno con specie legnose pregiate risulta certificato, ad eccezione di 2.5 ha in Lombardia certificati secondo lo standard FSC ([9]).

Al di là della diversità di metodi, approcci e valutazioni emerge una quadro abbastanza critico rispetto agli obiettivi attesi di produzione di materiale di elevata qualità.

Resta però uno spazio non indifferente di opportunità, relativo alla quota di materiale legnoso valutato nelle classi medie che con adeguati interventi colturali potrebbe essere condotto a transitare in classi superiori.

Anche il confronto tra due valutazioni temporali diverse operate su medesimi impianti a seguito di interventi mirati depone a favore di tale prospettiva.

La valutazione dei risultati 

Un’attenzione particolare merita il giudizio più articolato sui risultati che questi impianti possono conseguire rispetto agli obiettivi di finanziamento.

Un lavoro di interesse generale è dato dalla ricerca condotta nel 2001 dall’Institut pour le Développement Forestier sui risultati conseguibili dall’applicazione del Regolamento 2080/1992 a scala di Unione Europea ([11]).

Il lavoro ha interessato tre ambiti (a, b, c - vedi sotto) per i quali sono stati individuati differenti parametri descrittori dell’impatto con valutazioni di ordine qualitativo (++: significativo; +: abbastanza significativo; 0: poco significativo).

(a) Riduzione delle superfici agricole e delle produzioni eccedentarie

Gli impianti hanno interessato a livello europeo lo 0.71% della SAU, con queste previsioni:

  • Incremento del reddito atteso dalle attività forestali: +
  • Supporto al reddito dei beneficiari: ++
  • Mantenimento della popolazione rurale: +
  • Lotta contro l’abbandono delle terre: +
  • Diversificazione delle attività: ++
  • Riduzione delle eccedenze agricole: 0

(b) Contribuzione al miglioramento delle risorse della selvicoltura

Al termine del loro ciclo gli impianti dovrebbero assicurare un massa di 620 000 mc di legname di qualità, per le quali si avrà:

  • Capacità di produzione forestale: +
  • Aumento della produzione del legname: +
  • Incremento delle superfici forestali aziendali: 0

(c) Maggiore compatibilità della gestione dello spazio naturale con l’ambiente

Attraverso:

  • Stoccaggio carbonio: +
  • Aumento della biodiversità: +
  • Protezione delle risorse naturali: +

Il parere di alcune regioni 

In occasione di questo incontro sono stati interpellati i funzionari delle Regioni, per avere il punto di vista delle stesse rispetto alle attese, alle previsioni, alle necessità, ai problemi degli impianti di latifoglie.

Le risposte hanno toccato ed evidenziato le seguenti necessità:

  • La promozione ed attuazione di azioni per il recupero produttivo degli impianti, prima che sia troppo tardi, favorendo corretti interventi di potatura e diradamento, soprattutto per valorizzare quelle situazioni che si collocano nelle classi intermedie di valutazione qualitativa;
  • Il coinvolgimento di agricoltori ed imprese per rendere l’arboricoltura una pratica agricola compatibile con le esigenze della nuova agricoltura e per favorire lo sviluppo di imprese capaci di gestione efficiente degli impianti;
  • Lo sviluppo di azioni permanenti di formazione ed assistenza tecnica, a favore sia degli operatori che dei tecnici;
  • La promozione di campagne di promozione dell’uso di legname di provenienza locale;
  • La costruzione di un sistema di raccolta e commercializzazione del legname, alla luce della prossima maturità degli impianti;
  • L’adozione di strumenti finanziari adeguati per i sostegno delle azioni necessarie;
  • La gestione continua di una rete di monitoraggio di impianti e di raccordo operativo tra Regioni, valorizzando il Gruppo di competenza Selvicoltura - arboricoltura da legno - PFNL della Rete interregionale per la ricerca in Agricoltura, foreste, acquacoltura e pesca.

Conclusioni 

Al termine di questa breve rassegna, si conferma la centralità di tre temi principali, che, in una prospettiva di razionale gestione degli investimenti fatti ed alla luce del quadro internazionale della disponibilità di risorse legnose, devono essere affrontati adeguatamente per garantire all’arboricoltura da legno un ruolo idoneo nella valorizzazione del sistema legno del paese:

  • L’adozione di adeguati e continui strumenti di inventario, monitoraggio e valutazione degli impianti;
  • La valutazione delle prestazioni ambientali degli impianti per offrire all’agricoltura uno strumento di ulteriore ed efficacie diversificazione delle sue attività, soprattutto nella prospettiva del cambiamento delle politiche agricole comunitarie;
  • Lo sviluppo di modelli di filiere corte territoriali per legname pregiato a Km zero.

Tuttavia in questo quadro è necessario che il mondo imprenditoriale, il mondo della politica agricola e forestale, le istituzioni deputate alla gestione delle politiche e delle risorse, il sistema della ricerca affrontino in modo condiviso e partecipe le seguenti problematiche:

  • Tra 10 anni cominceranno ad arrivare a maturità i primi impianti: come programmare il mercato?
  • Molti impianti sono di qualità scadente: come recuperare qualitativamente la produzione? Quale destinazione produttiva proporre agli impianti irrecuperabili?
  • C’è sempre necessità di assistenza tecnica e divulgazione: come riuscire a raggiungere le decine di migliaia di agricoltori? Come attivare azioni durature di accompagnamento?
  • Sul territorio si diffondono tipologie d’impianto differenti (nuovi boschi di pianura, infrastrutture verdi, compensazioni, reti ecologiche, ecc.): come integrare modelli diversi per valorizzare le latifoglie di pregio anche dal punto di vista produttivo?

La ricerca, in questi ultimi 15 anni, ha offerto un contributo di enorme qualità e rilevanza, mettendo a punto strumenti e metodi per investimenti produttivi, efficaci e mirati rispetto al contesto economico, sociale ed ambientale.

Forse, proprio osservando l’evoluzione di questo settore, è possibile capire il valore della ricerca e sostenere che essa è il motore dei cambiamenti necessari.

La fruttuosa esperienza di un progetto nazionale come “Ri.Selv.Italia” mostra il valore della partecipazione di tutti gli attori nei processi di ricerca, con ricadute immediate sul territorio e nelle aziende.

Le Regioni chiedono che questi processi continuino.

Ringraziamenti 

Si ringraziano per il contributo offerto: R. Tonetti, Regione Lombardia; L. Camoriano, Regione Piemonte; R. Zampieri, Regione Veneto; R. Comino, Regione Friuli Venezia Giulia; D. Penco, Regione Liguria; F. Cerasoli, Regione Marche.

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