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Province-scale comparison between harvest wood products reported by ISTAT and forested areas reported by INFC

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 8, Pages 113-120 (2011)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0661-008
Published: Jul 19, 2011 - Copyright © 2011 SISEF

Technical Reports

Abstract

The future agreements on the LULUCF sector will probably implement the role of harvest wood products (HWP) for climate change mitigation. As highlighted by many Authors however, for Italy to quantify the amount of HWP will impose a number of issues mainly related to the inconsistency of the data provided by the National Institute for Statistic (ISTAT). New data collected by the National Forest and Carbon Inventory (INFC) will probably provide useful information. In the meantime, however, a comparison based on the forest area reported by INFC and data on HWP provided by ISTAT, both scaled at province level, could be proposed. The 2005 was assumed as reference year for both data sources. At this purpose, grouping the 103 Italian provinces in 9 groups mainly based on the 20 administrative regions, the Pearson coefficient of correlation was estimated, for each group, comparing the amount of harvest reported by ISTAT with (i) the forest area, (ii) the plantation area and (iii) the total forest area, including both plantations and forests. Possible outliers were identified estimating the harvest rates per hectare of forest and considering the interquantile range of these values. A linear model was finally applied between the total forest area and the total amount of harvest estimated at regional level. The results highlighted a strong correlation between the amount of harvest reported by ISTAT and the forest area reported by INFC for 13 out of 21 regions. For 5 regions, including Lombardia, Piemonte, Lazio, Umbria and Marche the amount of harvest was only correlated with the area of plantations. No correlation was detected for Toscana region. Based on the harvest rate per hectare, 5 provinces out of 103 were identified as outliers. The amount of harvest reported for 3 of these provinces (Cremona, Mantova and Pavia) was clearly referred to plantations. The analysis of the studentized residuals based on the application of the linear model, highlighted outliers values also for Piemonte region. As in the previous case, the amount of harvest reported for this region was probably partially referred to plantations. We could therefore speculate that for many regions data reported by national statistics as referred to the amount of harvest in forest, were statistically correlated with the forest area detected by INFC. However, for some important regions, such as Piemonte and Lombardia, they were clearly correlated with plantations.

Keywords

Harvest wood products, Forest area, National forest inventory, National Institute of statistic, Plantations

Introduzione 

Il ruolo delle utilizzazioni forestali nel bilancio complessivo del carbonio stoccato in foresta è stato da tempo riconosciuto, tanto a livello nazionale ([7]) che internazionale ([10]). A tale scopo, sono stati proposti già nelle Good Practice Guidance for Land Use, Land Use Change and Forestry ([10]) diversi approcci per il computo effettivo dello stock di C fissato nei prodotti legnosi (harvest wood products, HWP). Come noto, tuttavia, il Protocollo di Kyoto (PK) prevede un approccio semplificato, basato sulla ossidazione istantanea di tali prodotti (ovvero il rilascio immediato in atmosfera del C in essi contenuto) al momento stesso del taglio ([10]). Tale metodologia, da un lato libera dalla necessità di disporre di accurate informazioni circa la quantità e la tipologia delle utilizzazioni forestali, dall’altro però non consente alcuna valutazione della cosiddetta funzione di ritenzione extra boschiva svolta dal bosco ([3]).

Proprio per ovviare a questa lacuna, la discussione circa i futuri meccanismi di computo del C stoccato in foresta ha già da tempo evidenziato la necessità di valutare il ruolo degli HWP nel secondo periodo di impegno (cioè a partire dal 2013) e nei futuri accordi riguardanti il settore LULUCF (Land Use, Land Use Change and Forest), applicando più realistici meccanismi di stima ([1]). A ciò si aggiunge la possibilità che in futuro il computo della capacità fissativa svolta dalle foreste si basi su di una proiezione delle emissioni/assorbimenti forestali previsti per ciascun Paese (il così detto reference level, [1]), superando gli attuali meccanismi legati al gross-net-accounting o al net-net accounting utilizzati nell’ambito del PK ([14]).

L’applicazione di questo nuovo approccio non può naturalmente prescindere da una accurata quantificazione delle utilizzazioni forestali realizzate a livello nazionale. Tale aspetto tuttavia, almeno per l’Italia, risulta tuttora problematico ([4], [12], [2]), stante la scarsa attendibilità dei dati riportati dalle statistiche ufficiali pubblicate principalmente a cura dell’Istituto Nazionale di Statistica ([11]).

Tali lacune sono almeno in parte riconducibili alla metodologia di raccolta dei dati relativi alle utilizzazioni boschive, derivanti da rilevazioni di carattere amministrativo affidate alle singole regioni e come tali non pienamente omogenee in quanto connesse con la diversa normativa in materia forestale presente in ciascuna di esse. L’armonizzazione di questi dati, appare perciò un pre-requisito essenziale ad una successiva valutazione della bontà degli stessi. Ciò richiederebbe un confronto tra il dato riportato dalle statistiche ufficiali ed altre fonti informative, raccolte in modo omogeneo sull’intero territorio nazionale, indipendentemente dalla struttura amministrativa di appartenenza.

Un utile fonte informativa in tal senso sarà certamente rappresentata dai dati forniti dall’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi di Carbonio (INFC), in fase di ulteriore elaborazione, anche per quanto concerne le utilizzazioni ([16]).

Un raffronto preliminare tra le statistiche ISTAT e i dati INFC sulla superficie forestale può tuttavia essere proposto prendendo in considerazione, per entrambe le fonti, le informazioni disaggregate a livello provinciale. Tale analisi, può infatti fornire importanti indicazioni essenziali per un successivo confronto e per evidenziare eventuali discrepanze, già oggetto di interesse da parte di diversi Autori ([12], [15], [16]).

Scopo del presente contributo è perciò quello di analizzare su basi statistiche i dati forniti dall’ISTAT sulle utilizzazioni legnose in foresta e la superficie forestale riportata dall’INFC.

Materiali e metodi  

Come noto, i dati INFC riportano l’estensione dei boschi alti, degli impianti di arboricoltura da legno e delle aree temporaneamente prive di soprassuolo, ripartiti per regione e provincia ([9]). Tutte e tre tali categorie rientrano nella macrocategoria bosco, comprendente le superfici forestali che soddisfano la definizione di foresta adottata dal Forest Resource Assessment 2000 ([5]). Gli impianti si distinguono dai boschi alti per l’origine artificiale, la presenza di un sesto di impianto definito e l’impiego di pratiche colturali di tipo agronomico ([8]). Le aree temporaneamente prive di soprassuolo (escluse dalla presente analisi) comprendono invece aree forestali temporaneamente prive di copertura per cause naturali o antropiche per le quali si prevede una ricostituzione della copertura arborea in tempi brevi. Infine i boschi alti comprendono la restante superficie della macrocategoria bosco non ricompresa nei precedenti gruppi.

Per l’analisi di tali informazioni, rilevate nel periodo di tempo 2003 - 2005, quest’ultima data è stata assunta come anno di riferimento ([15]). Le superfici relative a boschi alti ed impianti di arboricoltura da legno sono state dunque raffrontate con i dati riportati nelle tabelle ISTAT riferite alle utilizzazioni legnose in foresta, relative al medesimo anno e a ciascuna provincia e comprendenti il legname da lavoro e per uso energetico e le perdite di lavorazione in foresta ([11] - tabelle F01A disponibili on-line all’indirizzo riportato in bibliografia).

Un primo confronto è stato eseguito calcolando il valore del coefficiente di correlazione di Pearson tra i dati di superficie boscata (riferita ai soli boschi alti) riportati dall’INFC ed i corrispondenti dati relativi alle utilizzazioni legnose complessive. Al fine di disporre di un numero minimo di osservazioni per effettuare tale raffronto ([6]), le singole regioni (ad eccezione di Toscana e Lombardia, comprendenti ciascuna almeno 10 province) sono state raggruppate in 7 gruppi di analisi definiti in base alla prossimità geografica. La regione Valle d’Aosta è stata perciò aggregata al Piemonte, il Trentino Alto Adige ed il Friuli Venezia Giulia al Veneto, la Liguria all’Emilia Romagna, l’Umbria e le Marche al Lazio, l’Abruzzo e il Molise alla Campania, la Basilicata e la Puglia alla Campania e la Sicilia è stata aggregata con la Sardegna. I 9 gruppi di analisi così definiti, sono indicati in Appendice 1.

Un successivo raffronto ha invece riguardato la superficie boschiva delle sole piantagioni e la superficie complessiva (comprendente sia il bosco che gli impianti di arboricoltura da legno, escluse le aree temporaneamente prive di soprassuolo) riportata dall’INFC ed i corrispondenti dati ISTAT, utilizzando i medesimi gruppi definiti in precedenza e stimando anche in questo caso il coefficiente di correlazione di Pearson.

Allo scopo di evidenziare eventuali discrepanze tra le due variabili oggetto di indagine (superficie e volume), è stato poi calcolato il tasso di utilizzazione (U) per unità di superficie boscata, riferito sia alla superficie dei boschi alti che alla superficie complessiva, comprendente anche le piantagioni. Tale parametro è stato definito attraverso le seguenti relazioni (eqn. 1, eqn. 2):

(1)
UB = H / SB
(2)
UT = H / ST

dove H rappresenta le utilizzazioni totali riportate dall’ISTAT (in m3), UB è il tasso di utilizzazione (in m3 ha-1) riferito alla superficie dei boschi alti (SB, in ha) e UT è il tasso di utilizzazione riferito alla superficie totale riportata dall’INFC (ST) comprendente anche le piantagioni. Entrambe le equazioni sono state stimate utilizzando i dati riportati a livello provinciale. Le variabili UB e UT sono state poi analizzate attraverso la procedura PROC UNIVARIATE del pacchetto statistico SAS®, al fine di stimare le principali statistiche descrittive (media, mediana e deviazione standard) ed individuare i possibili valori anomali (outliers), aventi una distanza dal valore mediano maggiore di 3 interquantili ([13]).

Escluse le singole province individuate come outliers mediante l’approccio precedente, è stata infine calcolata la somma delle superfici e delle utilizzazioni afferenti a ciascuna regione e, mediante la procedura PROC REG del pacchetto statistico SAS®, è stato applicato il seguente modello di regressione lineare (eqn. 3):

(3)
V = a + b · S

dove V ed S rappresentano rispettivamente il volume (in m3) e la superficie boscata complessiva (in ha) riportati dalle statistiche, ed a e b i coefficienti della retta di regressione. I possibili outliers rispetto a tale modello, rappresentati in questo caso da singole regioni, sono stati individuati stimando il valore dei residui “studentizzati” di ciascun punto, assumendo come soglia limite il valore della statistica t di Student (per p = 0.05) corrispondente agli n gradi di libertà relativi al modello di regressione ([13]). Questi saranno naturalmente dati dal numero di osservazioni presenti (21), meno il numero di coefficienti utilizzati nell’equazione (nel caso di un modello di regressione lineare quale quello proposto, pari a 2).

Risultati 

Il coefficiente di correlazione di Pearson, stimato utilizzando come variabile di confronto con le utilizzazioni la sola superficie dei boschi alti, ha evidenziato una correlazione statisticamente significativa (p < 0.05) per i gruppi comprendenti le regioni Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Liguria, Campania, Abruzzo, Molise, Calabria, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna (Fig. 1). Nel gruppo comprendente Lazio, Umbria e Marche il coefficiente di correlazione, pari a 0.58, è risultato di poco inferiore alla soglia di significatività (p = 0.056). Nelle restanti regioni non sono state individuate correlazioni significative tra le utilizzazioni e la superficie dei boschi alti.

Fig. 1 - Coefficiente di correlazione di Pearson (r) e significatività dello stesso (riportata per ciascun gruppo all’interno dell’istogramma), relativi al confronto tra i valori totali delle utilizzazioni boschive riportati dall’ISTAT e la superficie riportata dall’INFC per il bosco alto, gli impianti di arboricoltura da legno e la somma di tali categorie. I valori di r negativi sono stati riportati come nulli.

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Il confronto con la superficie riportata dall’INFC per le piantagioni ha invece evidenziato una correlazione statisticamente significativa nei gruppi comprendenti: Piemonte con Valle d’Aosta (in quest’ultima regione tuttavia non sono presenti piantagioni), Lombardia, Lazio con Umbria e Marche, Calabria con Puglia e Basilicata, oltre che in Sicilia e Sardegna. Per le regioni Piemonte e Lombardia, ove il coefficiente è risultato particolarmente elevato (r > 0.85), il precedente confronto non aveva evidenziato alcuna correlazione.

Infine, il confronto relativo alla superficie complessiva di bosco alto e piantagioni, ha fornito i medesimi risultati ottenuti dall’analisi basata sulla sola superficie dei boschi alti.

Nessuna correlazione tra le utilizzazioni riportate dall’ISTAT e la superficie boscata è stata invece evidenziata per la regione Toscana.

Il tasso di utilizzazione media per unità di superficie boscata è risultato pari a 2.8 m3 ha-1 (con una deviazione standard, σ = 16.1 m3 ha-1) e 1.2 m3 ha-1 (σ = 2.3 m3 ha-1), considerando rispettivamente la superficie del bosco alto e la superficie boscata complessiva. Il dettaglio dei tassi di utilizzazione calcolati per le singole province, è stato riportato in Appendice 1. Le principali statistiche descrittive relative a tali variabili sono state riportate in Tab. 1.

Tab. 1 - Nella tabella vengono riassunte le principali statistiche (media, deviazione standard, errore standard della media, mediana, e distanza interquantile) relative al tasso di utilizzazione (m3 ha-1) riferito alla sola superficie dei boschi alti (UB) ed alla superficie boscata totale (UT).

Tasso Utilizzazione
(m3 ha-1)
Media Deviazione Std. Errore Std.
media
Mediana Distanza
interquantile
UB 2.8447 16.1055 1.5869 0.5980 0.9583
UT 1.1790 2.2612 0.2228 0.5952 0.8839

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In base alla distanza interquantile stimata attraverso la procedura PROC UNIVARIATE, risultata pari a 0.9583 e 0.8839 per UB e UT rispettivamente, sono stati individuati 2 valori estremi nel primo caso e 5 valori estremi nel secondo. Per quanto riguarda i tassi di utilizzazione rispetto alla superficie dei boschi alti, si tratta delle province di Cremona e Mantova, con tassi pari rispettivamente a 33 e 160 m3 ha-1. Il valore della variabile UT, rappresentato in Fig. 2 dal rapporto tra ordinate ed ascisse, è risultato invece maggiore del triplo della distanza interquantile, oltre che nelle medesime province di Cremona (UT = 12.10) e Mantova (UT = 17.59), anche nelle province di Pavia (UT = 6.66), Padova (UT = 6.03) e Grosseto (UT = 4.14). Escludendo quest’ultima provincia, il coefficiente di correlazione di Pearson è risultato statisticamente significativo (p = 0.02 - 0.06) anche per la regione Toscana con r = 0.73, confrontando le utilizzazioni con la superficie delle piantagioni ed r = 0.63, nel confronto con la superficie complessiva. Per la Lombardia invece, escludendo le 3 province sopra individuate, è emersa una correlazione (r = 0.93) statisticamente significativa (p = 0.0007) soltanto tra la superficie delle piantagioni e le utilizzazioni complessive.

Fig. 2 - Il rapporto tra i prelievi legnosi ISTAT (riportati per ciascuna provincia in ascissa ed espressi in m3) e la superficie boscata complessiva INFC (riportata in ordinata ed espressa in ha), rappresenta il tasso di utilizzazione totale (T) relativo a ciascuna provincia. Il coefficiente angolare della retta tratteggiata riporta in figura il corrisponde tasso di utilizzazione medio stimato per tale variabile (1.17 m3 ha-1). Vengono infine rappresentati i punti relativi alle province individuate come outliers rispetto a tale parametro (Cremona, Grosseto, Mantova, Padova e Pavia).

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Il modello definito dall’eqn. 3 è stato applicato alla superficie totale ed alle utilizzazioni totali calcolate per ciascuna regione, escludendo dal dataset le 5 province identificate dalla precedente analisi. I residui “studentizzati” stimati dalla procedura PROC REG per la regione Piemonte tuttavia sono risultati nettamente superiori (-2.89) rispetto all’intervallo definito dalla statistica t di Student (t = 2.101). Escludendo tale gruppo dall’applicazione del modello, il coefficiente di determinazione è risultato pari a 0.53 (p = 0.0003) mentre i parametri a e b sono risultati pari a -94773 (p = 0.3915) e 1.15733 (p = 0.0003), rispettivamente.

Discussione 

L’analisi precedente ha evidenziato una correlazione statisticamente significativa tra le utilizzazioni boschive riportate dall’ISTAT e la superficie dei boschi alti, per le regioni Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Liguria, Campania, Abruzzo, Molise, Calabria, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. A queste regioni, si aggiungono Lazio, Umbria e Marche, ove, pur a fronte di coefficienti non significativi, r è risultato sempre maggiore di 0.50.

Per le regioni Piemonte e Lombardia i dati relativi alle utilizzazioni sono risultati correlati con la sola superficie delle piantagioni ma non hanno evidenziato alcuna correlazione con la superficie dei boschi alti, né con la superficie boscata complessiva. Da ciò si desume che le utilizzazioni riportate dall’ISTAT siano in questo caso in gran parte attribuibili alle piantagioni e non alla superficie boscata. Tale peculiaritàè infatti emersa anche dall’applicazione del modello di regressione lineare, ove la sola regione Piemonte presenta un valore dei residui “studentizzati” del tutto anomalo rispetto alle altre osservazioni, e dall’analisi condotta, su base provinciale, sul tasso di utilizzazione. In questo caso infatti, le province di Cremona, Mantova e Pavia, presentano valori del tasso di utilizzazione anomali rispetto alle restanti osservazioni, probabilmente imputabili all’elevata presenza di piantagioni, a fronte invece di una scarsissima presenza di boschi alti. La superficie delle piantagioni, rappresenta infatti il 21%, il 64% e l’89% della superficie boscata complessiva, rispettivamente nelle province di Pavia, Cremona e Mantova. Rilevante del resto appare anche la superficie delle piantagioni in alcune province piemontesi quali Cuneo (40 014 ha), Torino (11 050 ha) ed Alessandria (6 913 ha). In questi casi tuttavia, la presenza nei medesimi ambiti territoriali di ampie superfici boschive complessive ha portato ad una riduzione del tasso di utilizzazione che non ha consentito di identificare le medesime province come outliers nell’analisi basata sulla distanza interquantile.

Quest’ultimo approccio ha identificato dei valori anomali anche per le province di Padova e Grosseto, probabilmente però imputabili a fattori locali, con una maggiore utilizzazione delle risorse boschive presenti nel territorio o una più accurata registrazione delle stesse. Quest’ultimo aspetto potrebbe essere legato alla presenza di parchi naturali, quale il Parco Naturale dei Colli Euganei (PD), che determinano una maggiore vigilanza da parte delle autorità forestali in ambito locale. Il valore anomalo registrato nella provincia di Grosseto potrebbe in parte spiegare la scarsa correlazione rilevata tra le utilizzazioni boschive e la superficie forestale per la regione Toscana considerata nel suo complesso. Infatti, escludendo tale provincia dall’analisi, è emersa una correlazione statisticamente significativa tra le utilizzazioni riportate dall’ISTAT e la superficie delle piantagioni e, seppur con una minore significatività (p = 0.06), con l’intera superficie boscata regionale.

Escludendo invece le tre province lombarde ove è stata evidenziata una così netta prevalenza delle utilizzazioni legate alle piantagioni, in Lombardia il coefficiente di correlazione è risultato ancora statisticamente significativo nel solo confronto con la superficie degli impianti di arboricoltura da legno. Ciò da un lato potrebbe evidenziare, anche per altre province della medesima regione come Lodi, Milano o Varese (dove si registrano tassi di utilizzazione piuttosto elevati), una netta prevalenza delle utilizzazioni derivanti da piantagioni sulle utilizzazioni boschive complessive; dall’altro invece suggerisce una certa prudenza nella valutazione complessiva delle utilizzazioni riportate dalle statistiche ufficiali per questa regione.

Anche nella regione Lazio si registrano tassi di utilizzazione piuttosto elevati rispetto alla media nazionale, soprattutto nella provincia di Viterbo. Nel gruppo comprendente, oltre a tale regione, anche Marche ed Umbria, è stata rilevata una correlazione maggiormente significativa tra le utilizzazioni e la superficie delle piantagioni (r = 0.61, p = 0.0042), rispetto alla superficie dei boschi alti (r = 0.58, p = 0.056).

Laddove, come nelle province di Mantova, Pavia, Cremona e Lodi, la superficie delle piantagioni costituisce una porzione rilevante dell’intera superficie boscata provinciale, il tasso di utilizzazione riferito alla sola superficie dei Boschi Alti, é risultato nettamente superiore al tasso di utilizzazione calcolato sull’intera superficie boscata (si veda l’Appendice 1 per ulteriori dettagli). Ciò spiega la stima di un tasso di utilizzazione media (calcolato sulla base dei valori relativi alle singole province) nettamente superiore per i boschi alti (con una deviazione standard anch’essa molto elevata), rispetto alla media dei tassi calcolati sull’intera superficie boscata provinciale, cui corrisponde anche una deviazione standard più contenuta (Tab. 1).

Per quanto riguarda il modello di regressione lineare proposto, la presenza di un coefficiente di determinazione non molto elevato (R2 = 0.52) e di un valore non significativo (p = 0.39) dell’intercetta non consente una sua applicazione su base nazionale per la previsione del volume delle utilizzazioni basata sulla sola superficie boscata riportata dall’INFC. L’esame dei residui “studentizzati” ha tuttavia consentito, come evidenziato in precedenza, di analizzare la distribuzione dei dati relativi alle utilizzazioni su base regionale, suggerendo anche per la regione Piemonte la presenza di prelievi afferenti agli impianti di arboricoltura da legno nei dati relativi alle utilizzazioni legnose in foresta.

Conclusioni 

A conclusione di quest’analisi si può dunque evidenziare come i dati riportati dall’ISTAT come “utilizzazioni legnose in foresta”, comprendano invece anche le utilizzazioni relative agli impianti di arboricoltura da legno, almeno per le regioni in cui le piantagioni (ed in particolare la pioppicoltura) rappresentano una componente rilevante della superficie boscata complessiva e, ancor più, delle utilizzazioni. Le sole regioni Piemonte e Lombardia infatti, per le quali sono stati evidenziati valori anomali o strettamente legati agli impianti di arboricoltura da legno, costituiscono circa il 16% delle utilizzazioni totali riportate dalle statistiche ufficiali per l’Italia.

Assumendo dunque che il dato complessivo sulle utilizzazioni riportato dall’ISTAT, pari, per il 2005, a 8 059 939 m3, includa anche gli impianti di arboricoltura da legno, esso può essere confrontato con la stima recentemente riportata da Tabacchi et al. ([16]) per i boschi alti e le piantagioni, desunta dai rilievi eseguiti nell’ambito dell’inventario e pari a 13 796 864 m3. Pure a fronte, per quest’ultimo dato, di un’incertezza campionaria pari al 25.8% (con un livello di significatività del 95%), il rapporto tra i due valori, uguale, a livello nazionale, a 1.71, potrebbe rappresentare un generico fattore di correzione da applicare, previa quantificazione dello stesso su scala regionale, ai valori ISTAT relativi al medesimo anno, o anche all’intera serie storica disponibile. Ciò tuttavia, come dimostrato dalla presente analisi, non può in alcun modo prescindere da un’accurata valutazione preliminare della consistenza, su base regionale o provinciale, dei dati forniti dalle statistiche ufficiali sulle utilizzazioni boschive. La consistente differenza tra il dato riportato dall’INFC e il dato ISTAT infatti, potrebbe essere in parte imputabile ad una sottostima dei residui delle utilizzazioni, quantificabili mediamente nel 15% dei prelievi realizzati in foresta ([10]), ma pari mediamente al 6% delle utilizzazioni totali riportate dall’ISTAT. Restano tuttavia notevoli incongruenze, già evidenziate da precedenti studi ([4], [12]). L’applicazione su larga scala di nuove metodologie di stima, basate ad esempio su tecniche di remote sensing ([2]), può fornire un ulteriore strumento di verifica dei dati ISTAT ma non può prescindere da un adeguato sforzo di armonizzazione delle diverse definizioni e delle modalità di rilevamento e raccolta dei dati su base regionale ([15]).

Ringraziamenti 

Si ringraziano il Dr. Giacomo Grassi e il Dr. Giovanni Tabacchi per i suggerimenti forniti durante la stesura del manoscritto.

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Supplementary Material

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    Dati di superficie riportati dall’INFC (
    [9]) e dati relativi alle utilizzazioni ISTAT per l’anno 2005, distinti per gruppo di analisi, regione e provincia. Vengono inoltre indicati i valori totali relativi a ciascuna regione ed i tassi di utilizzazione calcolati rispetto alla superficie del bosco alto (UB) ed alla superficie totale (UT).
 
 
 

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