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The carbon balance of terrestrial ecosystems of China

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 6, Pages 137-139 (2009)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0584-0006
Published: May 19, 2009 - Copyright © 2009 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

A comment is made on a recent letter published on Nature, in which different methodologies are applied to estimate the carbon balance of terrestrial ecosystems of China. A global carbon sink of 0.19-0.26 Pg per year is estimated during the 1980s and 1990s, and it is estimated that in 2006 terrestrial ecosystems have absorbed 28-37 per cent of global carbon emissions in China. Most of the carbon absorption is attributed to large-scale plantation made since the 1980s and shrub recovery. These results will certainly be valuable in the frame of the so-called “REDD” (Reducing Emissions from Deforestation forest Degradation in developing countries) mechanism (UN convention on climate change UNFCCC).

Keywords

Carbon, Terrestrial sink, Estimate procedure, REDD mechanism, China

 

Come noto, la rapida industrializzazione degli ultimi anni, sostenuta dal crescente impiego di carbone come principale fonte energetica e dal forte sviluppo dell’industria cementiera, ha recentemente portato la Cina a superare gli Stati Uniti nella produzione di anidride carbonica a livello mondiale. Il ruolo assunto dal Paese asiatico sarà dunque ancora più rilevante nelle future negoziazioni sulla riduzione delle emissioni di gas serra, così come la valutazione di tutte le misure atte a mitigarne gli effetti. Tra esse un ruolo fondamentale è svolto naturalmente dagli ecosistemi terrestri, a cominciare dalle foreste.

Un interessante contributo per la valutazione delle potenzialità di tali componenti è stato recentemente presentato da Piao e colleghi sulla rivista Nature ([5]). Gli Autori propongono una stima del carbonio presente negli ecosistemi terrestri della Cina, e delle relative capacità di assorbimento, basata sull’applicazione ed il confronto tra tre diverse metodologie: (i) un approccio inventariale combinato con immagini satellitari; (ii) cinque diversi modelli di processo, volti a quantificare gli effetti dei cambiamenti di CO2 e delle condizioni climatiche sul bilancio del carbonio; (iii) misurazioni dirette di CO2 in atmosfera combinate a tecniche di inverse modeling.

Il primo approccio, che prevede l’impiego di fattori di espansione della biomassa specifici per ciascun tipo forestale, si basa sui dati raccolti nell’ambito degli inventari forestali realizzati tra il 1977 ed il 2003 e su una serie di rilevazioni eseguite negli arbusteti, opportunamente combinati con un indice vegetazionale (Normalized Difference Vegetation Index, NDVI) basato su immagini satellitari. Il carbonio organico presente nel suolo (SOC) è stato invece stimato, per l’ambiente forestale, integrando i dati climatici relativi a temperatura e precipitazioni con l’NDVI e con i dati raccolti su 2437 profili e, per quello agrario, attraverso una meta-analisi basata su 132 pubblicazioni.

I cinque modelli di processo, utilizzati come termine di raffronto, costituiscono invece delle rappresentazioni semplificate della struttura e delle dinamiche di sistemi ecologici volte, nel caso in esame, a quantificare l’effetto di una variazione della concentrazione di CO2 e delle condizioni climatiche sul bilancio del carbonio, attraverso l’analisi dei flussi superficiali di anidride carbonica e acqua. Rispetto alle misure inventariali, i modelli utilizzati - pur tenendo conto delle variazioni climatiche e vegetazionali - non sono in grado di valutare i cambiamenti d’uso del suolo (Land use change) e le eventuali variazioni nelle modalità di gestione dei diversi soprassuoli presi in esame.

Infine, lo scambio di anidride carbonica tra il suolo e l’atmosfera è stato stimato mediante una serie di misurazioni dirette del gradiente di CO2, tenendo conto del flusso proveniente da combustibili fossili e analizzando i dati raccolti da 75 stazioni di rilevamento attraverso un modello di inversione atmosferica. Al sink medio stimato con tale approccio, pari a 0.35 PgC/anno, deve essere sottratto il così detto “flusso laterale” (comprendente il carbonio restituito all’atmosfera sotto forma di composti diversi dalla CO2, quello rilasciato nei processi di decadimento del legno e dei prodotti alimentari e le perdite legate al deflusso idrico) e sommato il carbonio presente nei prodotti legnosi di importazione. Il valore risultante, pari a 0.261 PgC/anno, può essere comparato con il sink medio stimato dal metodo inventariale, pari a 0.177 PgC/anno, cui va aggiunto il carbonio stoccato nei prodotti legnosi (0.009 PgC/anno). I cinque modelli di processo hanno fornito risultati mediamente comparabili con la stima proposta con l’approccio inventariale.

Il sink complessivo stimato con l’applicazione dei tre metodi oscilla dunque, per gli anni ’80 e ’90, tra 0.19 e 0.26 PgC/anno e risulta analogo a quanto indicato da Janssens et al. ([3]) per l’Europa (0.14-0.21 PgC anno) ma inferiore a quanto riportato da Pacala et al. ([4]) per gli Stati Uniti (0.30-0.58 PgC anno). La maggiore incertezza nella stima è naturalmente legata al suolo, per il quale gli autori riportano un sink medio di 0.177 ± 0.073 PgC/anno.

Ampie variazioni nell’assorbimento netto complessivo si registrano anche tra le regioni settentrionali del Paese, che appaiono come una fonte di carbonio per l’atmosfera a causa del degrado delle foreste e dell’eccessivo prelievo legnoso, e le regioni meridionali ove, secondo le stime proposte, si realizza il 65% degli assorbimenti. Questi ultimi sono imputabili, oltre che ai cambiamenti climatici che hanno portato ad un aumento delle precipitazioni estive, anche ai programmi di riforestazione realizzati a partire dal 1980 (elemento questo non valutato dai modelli di processo) e dai cambiamenti in atto nel settore agrario. Lo spostamento della popolazione dalle zone rurali alle città infatti, se da un lato ha determinato un aumento del fabbisogno energetico, in parte sostenuto da un maggior consumo di carbone ed altri combustibili fossili, dall’altro ha portato ad una sensibile riduzione della raccolta di legna da ardere, specialmente negli ambienti di macchia.

Anche il forte aumento della produzione agraria registrato negli scorsi decenni è stato accompagnato, negli ultimi anni, da un cambiamento delle tecniche di lavorazione con un maggior rilascio di residui vegetali e radici (in precedenza utilizzati nelle aree rurali a scopo energetico) ed un conseguente aumento dello stock di carbonio presente nel suolo.

Secondo i dati forniti da Piao et al. gli ecosistemi terrestri hanno assorbito circa il 28-37% delle emissioni complessive di CO2 prodotte in Cina da combustibili fossili nel 2006, pari a 1.56 PgC/anno. Tale percentuale risulta maggiore del contributo attribuito da Janssens et al. ([3]) agli ecosistemi terrestri dell’Europa (12%) ma comparabile a quanto riportato da Field & Fung ([1]) per gli Stati Uniti (20-40%). Tuttavia, se da un lato il rapporto tra le emissioni da combustibili fossili e la densità di popolazione risulta nettamente inferiore per la Cina (1.18 PgC pro capite) rispetto agli Stati Uniti (5.26 PgC pro capite), dall’altro lo stesso valore rapportato al Prodotto Interno Lordo, è pari a 0.17 PgC/US$ per il Paese asiatico rispetto a 0.14 PgC/US$ relativo agli USA ([2]). Tale differenza, che riflette in parte un impiego relativamente meno efficiente delle risorse energetiche in Cina rispetto agli stessi Stati Uniti, sembra però destinata a diminuire, assieme tuttavia ad una progressiva riduzione anche del contributo relativo che potranno offrire gli ecosistemi terrestri nel bilanciare le crescenti emissioni di anidride carbonica da parte del Paese asiatico.

I risultati del lavoro Piao et al. ([5]) saranno di sicuro interesse nell’ambito delle negoziazioni in corso sul cosiddetto meccanismo “REDD” (Reducing Emissions from Deforestation forest Degradation in developing countries) nell’ambito della Convenzione ONU sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC). Difatti, dietro forte spinta di Cina ed India, tale meccanismo dovrebbe includere anche una parte relativa al “ruolo della conservazione, gestione forestale sostenibile, variazione della copertura forestale e dei relativi carbon stocks”, concetto che forse si rivelerà analogo a quello di gestione forestale (forest management) attualmente presente per i paesi “Annex 1” (industrializzati) nell’ambito del Protocollo di Kyoto. Nei prossimi mesi ci sarà un intenso lavoro tecnico e negoziale per definire le modalità di stima delle variazioni di C stocks e soprattutto di conteggio degli eventuali crediti nell’ambito di un accordo globale post-2012. Se per le modalità di stima delle emissioni e degli assorbimenti ci si atterrà comunque alle linee-guida IPCC, sulle modalità di conteggio dei crediti ci sono ancora numerose incertezze ed attualmente è prematuro fare previsioni.

References

(1)
Field CB, Fung IY (1999). The not-so-big US carbon sink. Science 285: 544-545.
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(2)
Gurney KR (2009). China at the carbon crossroads. Nature 458: 977-979.
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(3)
Janssens IA, Freibauer A, Ciais P, Smith P, Nabuurs GJ, Folberth G, Schlamadinger B, Hutjes RWA, Ceulemans R, Schulze ED, Valentini R, Dolman AJ (2003). Europe’s terrestrial biosphere absorbs 7 to 12% of European anthropogenic CO2 emissions. Science 292: 1538-1542.
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(4)
Pacala SW, Hurtt GC, Baker D, Peylin P, Houghton RA, Birdsey RA, Heath L, Sundquist ET, Stallard RF, Ciais P, Moorcroft P, Caspersen JP, Shevliakova E, Moore B, Kohlmaier G, Holland E, Gloor M, Harmon ME, Fan S-M, Sarmiento JL, Goodale CL, Schimel D, Field CB (2001). Consistent land- and atmosphere-based US carbon sink estimates. Science 292: 2316-2320.
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(5)
Piao S, Fang J, Ciais P, Peylin P, Huang Y. Sitch S, Wang T (2009). The carbon balance of terrestrial ecosystems in China. Nature 458: 1009-1013.
CrossRef | Google Scholar
 
 
 

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