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Proposal of a simplified method for the assessment of carrying capacity of woods in territorial forest planning

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 6, Pages 129-136 (2009)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0575-006
Published: Mar 25, 2009 - Copyright © 2009 SISEF

Research Articles

Abstract

Methods for carrying capacity estimation are standardised for pastoral resources, but in particular environments it is important to assess the potential utilisation of forests as forage source for grazing animals. Some experimental methods are money and time consuming and they need the accurate evaluation of production from woody species that can be utilised by animals. This work suggests a simplified methodology of vegetation sampling to be used inside forest planning to evaluate the carrying capacity of woods. The proposed technique needs the determination of a maximum animal stocking rate and the assessment of herbaceous and woody vegetation and their palatability to evaluate the eventual occurrence of negative parameters to be taken into account as reductive factors of the maximum stocking rate previously identified. The research was carried out inside the forest planning of the complex “Gallipoli-Cognato” (Basilicata). About 100 sample areas were conducted to assess the woody and the herbaceous layers present in the forest. Based on these findings, three classes of overall forage quality were identified and to them a different and decreasing level of potential stocking rate was attributed, starting from the maximum that for the studied area was considered as 0.3 LU ha-1 year-1. Proposed methodology resulted simple and fast, even if some improvements are necessary concerning the evaluation of the herbaceous vegetation and the assessment of the damages caused by animals grazing to soil and forest.

Keywords

Forest, Carrying capacity, Grazing, Management, Basilicata

Introduzione 

Le risorse pastorali spontanee possono essere considerate delle risorse assimilabili a quelle forestali per complessità vegetazionale e funzioni ad esse assegnate, nelle quali è possibile coniugare l’attività produttiva con la salvaguardia delle importanti funzioni extraproduttive che sono ad esse riconosciute ([19]). Per i pascoli sono necessarie delle linee guida relative alla gestione, così come accade per le foreste con le quali le risorse pascolive sono spesso profondamente correlate. Uno dei primi parametri da stabilire per la gestione razionale dei pascoli è quello del carico animale potenzialmente mantenibile, rappresentato dal numero di capi animali che può essere mantenuto su una certa superficie pastorale per un certo periodo di tempo evitando o limitando l’insorgere di fenomeni degradativi relativi alla qualità e alla produttività della risorsa. Per quanto riguarda le superfici a pascolo sono state messe a punto diverse metodologie di calcolo del carico che prevedono sia il rilevamento di parametri vegetazionali, morfologici e produttivi ([16], [14]), sia esclusivamente il rilevamento della composizione vegetazionale mediante transect lineari ([9], [4]). Questo ultimo approccio permette di determinare un parametro semplice e di riferimento universale (detto valore pastorale) che individua con buona approssimazione il potenziale foraggero di una superficie a pascolo e attraverso il quale è possibile stimare il carico potenziale ([6]). Mediante le metodologie brevemente richiamate, si ottengono una serie di parametri che permettono la determinazione del carico animale potenziale, il quale viene generalmente espresso in numero di UBA (Unità di Bestiame Adulto, equivalenti ad un bovino di circa 500 kg) che insistono su una certa superficie per un determinato periodo di tempo.

Ovviamente i metodi per il calcolo del carico sono standardizzati per le risorse pastorali, ma in alcuni contesti è stata anche valutata la possibilità di mettere a punto dei metodi per la determinazione della vocazione del bosco ad essere pascolato in quanto tale risorsa può rappresentare, in molti ambienti, una buona fonte complementare di alimento e di ricovero per il bestiame, soprattutto nei periodi di scarsa o nulla produttività ([13], [21], [10]). In questo caso però esistono serie difficoltà operative, legate alla tipologia della risorsa e alla determinazione dei parametri che devono essere studiati per il calcolo del carico animale potenziale. Alcune metodologie messe a punto in ambito sperimentale risultano piuttosto onerose e spesso prevedono la determinazione (mediante pascolamento reale o simulato) della componente arborea o arbustiva edibile da parte degli animali ([18], [15]). L’utilizzazione delle risorse forestali mediante pascolamento diretto deve però essere condotta in maniera molto cauta e attraverso una gestione razionale della tecnica di pascolamento, per evitare danni al bosco e alla sua rinnovazione ([11]).

In ogni caso una formazione forestale presenta una ridotta capacità di carico, in quanto è piuttosto bassa la produzione erbacea all’interno dei boschi in virtù della poca luce che arriva al suolo e dell’elevata densità della componente arborea, che in ridotta misura può contribuire all’alimentazione animale. In passato alcuni studi hanno tentato di delineare la produzione foraggera media di una superficie di bosco che può essere stimata intorno a 200-400 UF ha-1 anno-1 ([21], [7]). Ipotizzando, per un bovino adulto un fabbisogno annuale di circa 2500 UF per il mantenimento ([12]), si può ipotizzare un carico massimo, per una formazione forestale media, dell’ordine di 0.10-0.15 UBA ha-1 anno-1. Per alcune aree litoranee pisane Bonari et al. ([3]) riportano carichi mantenibili di circa 100-120 kg di peso vivo per ettaro e per anno, corrispondenti a circa 0.2-0.25 UBA ha-1 anno-1. Questo dato sembra confermato anche da quanto stimato da Susmel & Viola ([20]) per cui, pur non trovando in letteratura dati omogenei e univoci, si può affermare che il carico potenziale da parte di una formazione forestale si situa intorno a valori di 0.1-0.2 UBA ha-1 anno-1. Tali valori sono ovviamente indicativi e riferiti ad una formazione forestale generica, e possono variare in più o in meno sulla base di osservazioni dirette sulla presenza e qualità delle specie legnose o erbacee esistenti nell’area esaminata.

Sulla base di queste considerazioni e sulla constatazione che per la stima della possibilità del pascolamento in bosco nell’ambito della pianificazione territoriale non si possano utilizzare metodologie troppo onerose come quelle che prevedono il rilevamento della produzione, si propone la presente metodologia speditiva. Lo scopo è stato quello di semplificare al massimo il rilievo dei dati di campagna e di permettere il rilevamento dei parametri necessari, nell’ambito dei normali rilevamenti svolti durante la pianificazione forestale, anche da parte di personale tecnico non specialista del settore pastorale.

Materiali e metodi 

La ricerca è stata condotta in Basilicata all’interno del complesso “Gallipoli-Cognato” interessato negli anni 2006-2007 dalla realizzazione del Piano Forestale Territoriale di Indirizzo (PFTI). L’area studiata, estesa per una superficie di circa 4.000 ha intensamente pascolata da bovini, presenta ridottissime superfici aperte ed è principalmente costituita da formazioni forestali a prevalenza di specie quercine, soprattutto cerrete. L’approccio seguito per la valutazione della capacità di carico globale è stato diversificato a seconda che si trattasse delle risorse erbacee permanenti o delle formazioni boscate. In questo lavoro si riporta esclusivamente la metodologia proposta e i risultati ottenuti per quanto riguarda la vocazione all’utilizzazione con il pascolamento delle risorse forestali, rimandando al PFTI per i dettagli relativi alle risorse erbacee ([2]).

Lo scopo principale è stato quello di mettere a punto una metodica semplice in termini di rilevamento dei dati di campagna (evitando in maniera categorica il rilievo diretto della produttività della frazione edibile delle specie legnose) ma al tempo stesso in grado di dare indicazioni gestionali, anche se generali e su vasta scala. L’approccio seguito non ha previsto un calcolo del carico animale potenziale in senso analitico, consistente cioè nel determinare il potenziale foraggero di un bosco sulla base di alcuni parametri in esso rilevati e dalla loro combinazione in formule elementari. Si è preferito invece fare un ragionamento inverso, ossia individuare il livello di carico massimo mantenibile da parte delle migliori formazioni forestali e poi identificare dei fattori negativi di cui tenere conto per ridurre il carico massimo teorico individuato. I fattori considerati si riferiscono esclusivamente alla composizione floristica dei diversi strati vegetali che si ritrovano all’interno di un bosco, relativi alla frazione erbacea presente in foresta e alla frazione legnosa, sia arborea che arbustiva. In questo modo le diverse formazioni forestali presenti vengono classificate in categorie tenendo conto della qualità dal punto di vista pabulare e, attribuendo ad ogni categoria identificata un certo livello medio di carico mantenibile, si può arrivare alla determinazione del carico potenziale dell’intero territorio in esame.

Come fattori riduttivi si è deciso di prendere in considerazione la presenza delle singole specie e la relativa appetibilità. È stato così deciso di suddividere la vegetazione forestale in tre “strati”:

  • strato arboreo: quello compreso tra 0 e 3 m, considerando questo come limite massimo che gli animali possono utilizzare direttamente ([3]); per tale motivo, per la valutazione della vocazione pastorale di una formazione boscata, tutto ciò che si trova oltre tale limite superiore perde interesse dal punto di vista foraggero;
  • strato arbustivo: questo viene ritenuto tutto ricadente nei limiti spaziali definiti al punto precedente;
  • strato erbaceo: costituito dalle specie erbacee presenti nel sottobosco.

Nei diversi strati così definiti è stata rilevata sia la copertura che la composizione botanica specifica mediante stime visive. Il rilevamento è avvenuto utilizzando la scheda “Boschi” del sistema messo a punto nell’ambito del progetto Ri.Selv.Italia nella quale l’operatore deve stimare la presenza delle singole specie per ogni strato considerato.

La determinazione delle risorse legnose è avvenuta all’interno di 93 aree di saggio coincidenti con i punti di rilievo (PDR) individuati in fase di attuazione del PFTI. Le aree di rilievo (ADR), di forma circolare e dimensione di 5.024 m2 (raggio pari a 40 m), avevano come centro il PDR, non dovevano essere obbligatoriamente delimitate sul terreno ma erano sufficienti dei confini provvisori utili al rilevatore in fase di raccolta dati. All’interno di ogni superficie di campionamento sono state censite le specie arboree ed arbustive presenti ed è stato dato un giudizio visivo sulla percentuale con cui esse concorrono a determinare la copertura. Delle risorse erbacee è stato previsto il rilevamento delle sole 5 specie prevalenti (con determinazione della copertura percentuale) tenuto conto delle difficoltà oggettive del rilievo e della necessità di non appesantire la scheda con dati di marginale rilevanza. La scelta di rilevare solamente le 5 specie più rappresentative è dettata dal fatto che esse sono quelle che influenzano maggiormente il giudizio sulla pabularità globale dello strato erbaceo e sono quindi determinanti nello stabilire il livello di riduzione del carico animale rispetto al massimo teorico.

Una volta determinata la composizione botanica per piano vegetale, l’elaborazione successiva ha avuto lo scopo di valutare la qualità e l’appetibilità di ogni strato individuato e quindi di giudicare se, per ognuno di essi, fosse necessario un ridimensionamento del carico rispetto a quello teorico individuato.

Per quanto riguarda la componente legnosa, la determinazione della qualità dell’offerta foraggera è avvenuta attraverso alcuni indici di appetibilità di specie arboree ed arbustive proposti da Covarelli et al. ([8]), mentre quella dell’offerta erbacea è stata determinata sulla base degli indici specifici delle specie foraggere comunemente reperibili ([5], [17]). L’utilizzazione di questi valori permette di calcolare, per ogni strato individuato, un indice sintetico della qualità alimentare (QA) teoricamente variabile da 0 a 1 utilizzando la formula del valore pastorale divisa per 100 sia per la parte erbacea che per la componente arborea ed arbustiva, considerato che l’appetibilità delle specie del lavoro di Covarelli et al. ([8]) riporta indici variabili da 0 a 5, così come avviene per gli indici specifici del valore pastorale (eqn. 1):

\begin{equation} QA = \frac{\sum (CS_i \cdot IS_i)}{5 \cdot 100} \end{equation}

dove CSi rappresenta la percentuale di copertura di ogni specie (legnosa o erbacea) presente in ciascun strato nell’area di saggio esaminata e ISi l’indice specifico o di appetibilità che stima la qualità alimentare globale di ogni specie erbacea o legnosa registrata.

Dai valori di copertura di ogni specie e dagli indici di qualità alimentare così calcolati per la frazione erbacea e legnosa si ricava per ogni strato considerato un parametro variabile tra 0 e 1. Il valore di questo parametro permette di determinare la classe di qualità dello strato a cui si riferisce: in particolare per valori compresi tra 0 e 0.3 la classe di qualità attribuita è 1, per valori tra 0.3 e 0.6 la classe è 2 e per valori superiori a 0.6 è 3. In questo modo, all’interno di ciascuna area di saggio, ogni strato presenterà un valore di qualità di 1, 2 o 3. Sommando i valori di ogni strato si ottiene un valore globale di qualità per ogni punto di campionamento a cui è stato dato il nome di Indice di Qualità Alimentare (IQA) che rappresenta un giudizio sintetico e complessivo riferito alle specie arboree/arbustive ed erbacee che risulta oscillante tra 3 (valore minimo, dato dalla somma di tre 1) e 9 (valore massimo dato dalla somma di tre 3). I valori di IQA ottenuti per ogni punto possono essere riportati ad uno schema di classificazione che prevede tre classi di qualità alimentare come illustrato in Tab. 1 in cui le classi di qualità dell’offerta foraggera sono individuate sulla base di intervalli di IQA. La classe 3 è quindi quella con la qualità alimentare complessiva migliore e quindi questa non subirà alcuna riduzione, ossia il carico massimo teorico individuato per quel punto di rilevamento sarà attribuito alle aree di saggio con IQA di 3, mentre le altre due classi subiranno delle riduzioni graduali in funzione dei rilievi botanici eseguiti. Una volta attribuito ad ogni classe un valore di carico medio mantenibile è possibile determinare il carico mantenibile da parte di tutta la superficie forestale indagata.

Tab. 1 - Classi di Indice di Qualità Alimentare (IQA) individuate.

Classe di qualità Valore di IQA
Scarsa ≤ 4
Media 5-6
Buona > 6

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Infine, dato che la base del calcolo è costituita dal carico massimo mantenibile, nell’ambito di questa sperimentazione pilota si è ritenuto opportuno avere delle indicazioni certe su questo aspetto da paragonare con quanto emerso in letteratura. Per tali motivi sono state eseguite nell’area di studio alcune analisi botaniche mediante transect lineari secondo la già citata metodologia fitopastorale ([9]) in modo da ottenere dati puntuali utili per la stima del carico massimo mantenibile da una formazione forestale in assenza di fattori riduttivi.

Risultati 

Per i boschi del comprensorio Gallipoli-Cognato sono state individuate le principali tipologie forestali; tra esse, le più diffuse sono le cerrete, cui seguono i boschi a prevalenza di roverella associata a latifoglie decidue e i boschi di farnetto, i querceti a roverella, i boschi a prevalenza di frassini, quelli a prevalenza di carpini ed infine i boschi con dominanza di pioppo tremolo.

La distribuzione dei punti di rilievo (Tab. 2) nelle diverse tipologie forestali è risultata eterogenea. All’interno delle cerrete è ricaduto il maggior numero di punti di rilevo (60), i restanti 33 rilievi sono invece stati distribuiti nelle rimanenti tipologie forestali e precisamente, 7 nel querceto di roverella con altre latifoglie decidue e nel bosco di farnetto, 6 nel querceto di roverella, 9 nella tipologia altro mentre le altre tipologie sono caratterizzate dalla presenza di 1 solo punto ciascuna. I 93 PDR sono risultati ripartiti in maniera eterogenea all’interno delle 3 diverse classi di qualità: infatti, nella IQA scarsa ne rientra il maggior numero (72), nella IQA media 20 ed infine nella IQA buona solamente 1. Dal rilievo della vegetazione compresa nell’intervallo fra 0-3 m di altezza, suddiviso in tre distinti strati - arboreo, arbustivo ed erbaceo - è possibile ottenere importanti indicazioni utili a caratterizzare la vegetazione presente. L’analisi generale dei dati senza tener conto delle tipologie forestali sopra riportate evidenzia che le specie arboree più diffuse nello strato arboreo compreso fra 0-3 m sono Carpinus orientalis (17.8%), Ilex aquifolium (12.4%), Quercus ilex (11.2%), Quercus pubescens (9.1%), Pyrus amygdaliformis (8.7%) e Quercus cerris (7.6%). Le specie arbustive a maggiore diffusione sono invece Crataegus monogyna (9.5%), Phillyrea latifolia (9.4%), Spartium junceum (9.1%), Crataegus oxyacantha (8.8%), Juniperus communis (7.6%) e Prunus spinosa (7.0%).

Tab. 2 - Principali formazioni forestali presenti, numero di aree di saggio eseguite in ognuna di esse e appartenenza alla classe di qualità (classe IQA).

Formazione forestale N. punti Classe IQA
scarsa
Classe IQA
media
Classe IQA
buona
Cerreta 60 44 16 0
Querceto di roverella con altre latifoglie decidue 7 7 0 0
Bosco misto di conifere mediterranee 1 1 0 0
Bosco di farnetto 7 6 0 1
Bosco a frassini (ossifillo o maggiore) 1 1 0 0
Bosco a prevalenza di carpino nero o orientale 1 1 0 0
Querceto di roverella 6 2 4 0
Bosco a prevalenza di pioppo tremolo 1 1 0 0
Altro 9 9 0 0
Totale punti rilevati 93 72 20 1

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Il rilievo dello strato erbaceo ha invece fornito dati non sempre chiari e di difficile interpretazione, probabilmente a causa della notevole difficoltà da parte dei rilevatori, che non possedevano una preparazione specifica, a riconoscere le specie presenti. Infatti, all’elenco floristico riferito al solo strato erbaceo, appartengono specie definite in maniera spesso non chiara come: “graminacee”, “graminoidi”, “trifoglio giallo”, “cardo”, “ombrellifere”, ecc, che creano difficoltà nell’attribuire gli indici specifici in fase di calcolo dell’IQA e di conseguenza possono portare a valori di carico potenziale delle risorse considerate scorretti. In fase di elaborazione è risultato necessario riorganizzare i dati raccolti nel seguente modo: le graminacee singole e quelle indicate genericamente come graminacee e graminoidi sono state considerate come un’unica specie, ugualmente è stato fatto per la voce leguminose considerata come l’insieme di tutte le specie elencate non correttamente ma che si possono ricondurre a tale famiglia botanica. Alle specie definite come graminacee e leguminose è stato attribuito l’IS utilizzato per il calcolo del VP con il metodo di rilievo speditivo messo a punto per i pascoli ([1]) e presente nella relativa scheda di rilievo del PFTI.

Lo strato erbaceo (Tab. 3) risulta essere composto prevalentemente da graminacee (33.8%), da leguminose (21.2%) da specie spinose tipo cardo (7.2%), da ortiche (10%) e da ombrellifere (4.5%), anche in questo caso riconosciute solamente a livello di famiglia. Da questo breve elenco è possibile fare alcune osservazioni. Pur facendo riferimento ad una risorsa erbacea presente in bosco, si può notare come essa possieda buone caratteristiche foraggere essendo composta principalmente da specie appartenenti alla famiglia delle graminacee e delle leguminose alle quali vengono associati IS di elevato valore che di conseguenza contribuiscono ad innalzare la qualità foraggera della risorsa erbacea presente in bosco. Le leguminose, generalmente poco diffuse nel sottobosco, nel caso specifico si avvantaggiano invece delle favorevoli condizioni stazionali derivanti dalla scarsa copertura arborea che consente loro di affermarsi nonostante la loro marcata eliofilia. Da notare, oltre alla presenza di specie con buona attitudine foraggera, la presenza di specie tipo cardo e ortica, conosciute come indicatrici di sovraccarico.

Tab. 3 - Percentuale di presenza specie strato erbaceo.

Specie % presenza
Graminacee 14.1
Graminoidi 11.6
Bromo 4.1
Falso panico 2.7
Poa 1.3
Totale graminacee 33.8
Trifoglio 4.7
Leguminose 3.6
Veccia 3.6
Trifoglio giallo 2.7
Trifoglio rosso 2.7
Medicago 2.2
Lathyrus 1.7
Totale leguminose 21.2
Tipo cardo 7.2
Ortiche 10.0
Ombrellifere 4.5
Felci 3.6
Altre specie 19.7
Totale altre famiglie 45.0

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Per calcolare il carico teorico massimo sono state realizzate 44 analisi lineari adottando la metodologia fitopastorale brevemente illustrata in precedenza. Tali rilievi sono serviti per determinare il carico massimo mantenibile in maniera oggettiva e di conseguenza per “tarare” il metodo attualmente in fase di sperimentazione. Il valore pastorale medio di tali determinazioni è risultato piuttosto alto (30) a dimostrazione delle buone condizioni del cotico erbaceo presente per cui si è supposto di poter innalzare, rispetto ai dati reperibili in letteratura, il carico massimo portandolo a 0.3 UBA ha-1 anno-1. Sulla base di questo valore si sono poi ipotizzati gli altri valori di carico per ogni classe di IQA (Tab. 4). Tali valori indicano che per ogni UBA sono necessari da 3.3 a 10 ha per capo a seconda della classe di riferimento. Nel caso del territorio in esame, per un totale di 4172 ha, il carico medio ponderato sulle superfici di ogni categoria forestale e calcolato sui 93 punti rilevati è pari a 0.15 UBA ha-1 anno-1, per cui il carico potenziale totale è di 626 UBA anno-1. La somma di questo dato e di quello mantenibile dalle aree aperte ([2]) produce un carico mantenibile totale annuo pari a 748 UBA anno-1.

Tab. 4 - Valori di carico animale mantenibile per ogni classe di qualità individuata.

Classe di qualità Valore di carico
(UBA ha-1 anno-1)
Scarsa 0.10
Media 0.20
Buona 0.30

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Le specie animali presenti sono principalmente bovini di razza “Podolica”, ovini di razza “Gentile di Puglia”, equini ed infine suini. Il carico animale che insiste sul territorio oggetto di studio (carico reale) è stato desunto dai dati relativi alle “fide dei pascoli” forniti dall’INEA (Tab. 5). Risulta che il periodo di pascolamento è nella maggior parte dei casi di 12 mesi, esistono però alcune situazioni in cui il periodo di permanenza degli animali è ridotto; ne deriva una durata media di monticazione pari a 10 mesi. Durante tale periodo non viene praticata alcuna tecnica di pascolamento razionale, gli animali non hanno alcun vincolo territoriale e sono lasciati pascolare allo stato brado sull’intera superficie a loro disposizione. Il numero totale di UBA presenti è di 1484 che corrispondono a circa 0.36 UBA ha-1; se si considera il periodo medio di pascolamento (10 mesi) e si rapporta il carico all’anno esso risulta pari a 1090 UBA anno-1 (pari a 0.26 UBA ha-1 anno-1). Comparando i dati di carico mantenibile con quello reale si può notare una situazione di sovraccarico accentuato all’interno delle superfici boscate. I danni sono stati evidenziati dal rilievo descrittivo della scheda “Boschi” utilizzata per la realizzazione del PFTI, in particolare sono emerse situazioni di compattazione ed erosione del terreno oltre a danni alla componente arborea soprattutto per quanto riguarda lo stato della rinnovazione.

Tab. 5 - Carico reale nell’area studiata.

Numero di allevamenti 34
Numero totale di capi 2.472
Bovini (UBA) 1.344
Ovini (UBA) 119
Equini (UBA) 13
Suini (UBA) 8
UBA totali 1.484
UBA ha-1 0.36
UBA anno-1 748

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Conclusioni 

La qualità delle risorse foraggere del territorio di “Gallipoli-Cognato” risulta essere molto buona. Le aree aperte, seppur non molto estese, grazie alla loro composizione garantiscono un’ottima fonte di sostentamento per gli animali al pascolo. La stessa situazione si può ritrovare all’interno del bosco dove, nonostante il livello qualitativo sia leggermente inferiore, si può ugualmente riscontrare la presenza di un’ottima fonte di foraggiamento nel sottobosco.

La presenza degli animali nel bosco può essere considerata sicuramente positiva per quanto riguarda la componente erbacea che, grazie al prelievo animale, riesce a mantenere una buona composizione con assenza di fenomeni degradativi e perdita di biodiversità conseguente alla dominanza di poche specie erbacee (esempio brachipodio) come spesso accade. Va però puntualizzato che le specie presenti con spiccate caratteristiche di eliofilia, come ad esempio le leguminose, sono sicuramente favorite anche dalla copertura non troppo fitta della componente arborea ed arbustiva che consente il passaggio del quantitativo di luce necessario al loro sviluppo. La situazione appena descritta non deve però essere utilizzata per giustificare un uso indiscriminato del bosco per l’allevamento zootecnico. Vanno infatti tenuti presenti i danni degli animali alla componente legnosa emersi durante la realizzazione del PFTI; tali danni si sono manifestati localmente anche a livello di suolo, con situazioni di calpestamento accentuato da non sottovalutare in quanto potrebbero innescare fenomeni di dissesto idrogeologico molto pericolosi.

Il metodo innovativo adottato si è rilevato attendibile, vista anche la concordanza con quanto emerso dal tradizionale metodo fitoecologico che è stato eseguito per convalidare i risultati ottenuti. Si può ritenere quindi affidabile e facilmente applicabile, grazie alla riduzione dei tempi di rilievo, nella raccolta dati su ampie superfici come accade nella realizzazione dei PFTI.

Va però ricordato, come nota negativa, la difficoltà dei rilevatori nel riconoscere le specie erbacee del sottobosco, difficoltà che si può successivamente ripercuotere sui risultati e di conseguenza sulla gestione delle risorse presenti. Per ovviare a tale inconveniente potrebbe essere utile applicare il metodo semplificato che prevede il rilievo per categorie vegetazionali ([1]) e non il riconoscimento delle singole specie. Si potrebbe così avere, oltre al vantaggio della riduzione dell’errore da parte del rilevatore, anche la possibilità di garantire una maggiore esperienza ai rilevatori che eseguono tale metodologia semplificata anche per il rilievo delle formazioni erbacee.

Al fine di migliorare il metodo in fase di sperimentazione potrebbe risultare interessante individuare, oltre alla composizione floristica, anche altri fattori riduttivi del carico animale. Sicuramente sarebbe opportuno considerare l’esposizione, la pendenza e il danno al terreno in termini di erosione così come accade per il calcolo del carico con il metodo ponderale ([16]) che prevede l’utilizzo di un coefficiente di riduzione K che prende in considerazione tali fattori topografici. Il rilievo di questi parametri non comporterebbe alcun aggravio in fase di raccolta dati in quanto queste grandezze vengono rilevate per il PFTI; inoltre, a seconda dei casi, si potrebbero individuare parametri diversi in grado di soddisfare maggiormente le esigenze locali e di conseguenza il carico mantenibile si quantificherebbe diversamente a seconda delle diverse realtà territoriali.

Inoltre, in base ai dati riportati nella scheda Boschi per il rilevamento specifico degli eventuali danni da animali domestici e selvatici, si dovrà valutare se ridurre ulteriormente il carico in presenza di aree notevolmente danneggiate, arrivando così ad integrare nel calcolo del carico non solo i rilievi botanici e di appetibilità delle piante, ma anche osservazioni che in qualche modo possono essere messe in relazione diretta con la presenza o meno di sovraccarico e di cui tenere conto nella eventuale riduzione del carico mantenibile rispetto al massimo teorico individuato.

Infine sembra necessario sottolineare l’importanza di un’indagine preliminare di valutazione del cotico erboso per determinare il carico massimo mantenibile, che in questo caso specifico è stato leggermente innalzato rispetto a quanto riscontrato in letteratura. Sembrerebbe quindi auspicabile poter disporre di dati certi, anche pregressi, sulla vegetazione erbacea presente nelle formazioni forestali al fine di individuare il carico massimo teorico da parte di una formazione forestale per poter applicare anche in altre situazioni la metodologia speditiva qui proposta nel modo corretto.

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