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Carbon balance assessment at regional scale

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 4, Pages 469-477 (2007)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0486-0040469
Published: Dec 20, 2007 - Copyright © 2007 SISEF

Research Articles

Guest Editors: Joint Session SITE-SISEF (Viterbo 2006)
« Forests and Climate: 10 years of Research in Italy »
Collection/Special Issue: Paolo De Angelis, Riccardo Valentini

Abstract

The mechanisms involved in carbon exchange between terrestrial ecosystems and the atmosphee are mostly well known. Reliable estimates of CO exchange can be done using biological simulation models at plant, plot and, with lower accuracy, at ecosystem scale. Direct measurement of such exchange is of outmost importance to verify models and the hypothesis on which they rare based, and also to investigate, verify and model new and poorly known processes. Until today scientific research has been provided with reliable tecniques to measure carbon exchange at leaf and plant level (chambers), and ecosystem level (eddy covariance), while difficulties exist into up scaling these figures to the regional and the global scales. The advent of compact instruments and data systems has recently allowed small research aircraft to measure mass, momentum, and energy fluxes at the regional scale with the eddy covariance tecnique. This paper describes the aerial platform and the application of micrometeorological methods from moving platforms. A methodology, applied within international research projects, aimed at quantifying the regional annual carbon balance is described, based on the computation of mean daily fluxes for ecosystem type. The advanteges and the limitations of using such approach to derive regional fluxes are discussed, while potential improvements based on the integration of direct flux measurements with multispectral remote sensing are highlighted.

Keywords

Airborne eddy covariance, Regional carbon fluxes, Upscaling procedures

Introduzione 

La biosfera terrestre gioca un ruolo fondamentale nella regolazione dei processi alla base del ciclo del carbonio, dell’effetto serra e della sua evoluzione futura, evidenziando l’importanza di una migliore caratterizzazione e conoscenza dei meccanismi che sono alla base del sequestro e del rilascio del carbonio da parte degli ecosistemi terrestri. La scelta di appropriate scale di misurazione sia temporali sia spaziali è fondamentale per una efficace interpretazione dei risultati che questi studi possono fornire. Ad oggi, esiste un divario tra la conoscenza dei meccanismi di scambio di CO2 a livello locale, regionale e continentale. Studi basati sull’utilizzo di stazioni di misura locali, oggi organizzate all’interno di un network mondiale denominato Fluxnet comprendente alcune centinaia di siti ([2]), in cui vengono impiegate tecniche micrometeorologiche quali l’eddy covariance per la misura diretta dei flussi hanno permesso di caratterizzare con precisione le dinamiche giornaliere, intra ed inter-annuali su un sempre più vasto spettro di ecosistemi e condizioni ambientali ([7]). A più vasta scala, tecniche di modellistica inversa capaci di stimare il flusso globale di CO2 a partire da misure di concentrazione in atmosfera hanno portato ad utili indicazioni sulla quantificazione degli scambi a scala globale o quantomeno continentale ([3]), con ovvie limitazioni invece sulla localizzazione più dettagliata dei sinks e dei source sul territorio. Necessitano invece di nuove e migliori conoscenze i meccanismi di scambio alle scale intermedie, su aree eterogenee dal punto di vista biogeofisico, morfologico, demografico, molto comuni in Europa (aree dell’ordine di 104 km2). A questa scala le emissioni industriali ed antropogeniche contribuiscono al pari della biosfera terrestre nel regolare il contenuto di CO2 in atmosfera. La conoscenza e la quantificazione di tali contributi si deve basare necessariamente sulla considerazione delle emissioni e degli assorbimenti da parte degli ecosistemi, insieme ai meccanismi meteorologici coinvolti nel trasporto dei gas.

L’impiego della tecnica eddy covariance tramite piattaforme aeree, rappresenta una nuova opportunità scientifica per la misura dello scambio di massa ed energia che avviene fra la superficie terrestre e l’atmosfera. Ciò consente di ottenere dati relativi a contesti caratterizzati da alta eterogeneità e variabilità, e quindi di integrare in modo sostanziale le informazioni che possono essere ottenute con misure da torri, modelli ed anche prodotti satellitari. L’accuratezza e l’affidabilità delle misure aeree di flusso sono ormai ampiamente dimostrate per diverse piattaforme e condizioni di utilizzo ([11], [9]). In questo lavoro verranno mostrati alcuni risultati relativi alla misurazione diretta di flussi di carbonio a scala regionale derivanti dall’impiego della piattaforma SkyArrow ERA (Environmental Research Aircraft) nell’ambito del progetto CARBIUS (Cooperazione Italia-USA su Scienza e Tecnologia dei Cambiamenti Climatici), su un’area di studio situata in Toscana centrale. Le potenzialità ed i limiti di tecniche di upscale di tali misure ad aree più vaste anche tramite l’integrazione di misure di telerilevamento verranno mostrati.

Materiali e metodi 

La piattaforma SkyArrow ERA (Environmental Research Aircraft)

La misurazione tramite piattaforma aerea degli scambi di massa, energia e quantità di moto tra la biosfera e l’atmosfera ha trovato le prime applicazioni più di 20 anni fa nell’ambito della ricerca scientifica in diversi settori legati allo studio dell’atmosfera ([5]). Fino a non molti anni fa per tali scopi erano necessari aerei di medie/grandi dimensioni, capaci di trasportare strumentazione complessa e pesante, oltreché il personale dedicato alla sua gestione. Con l’avvento di una sensoristica con caratteristiche di ridotte dimensioni e consumi energetici, bassi costi, tempi di risposta molto ridotti, è stato possibile allestire aerei di piccole dimensioni. I vantaggi sono stati importanti, non solo in termini di costi e di facilità di gestione, ma anche in termini di qualità delle misurazioni: la possibilità di volare a bassa quota ed a bassa velocità permette di ottenere un’alta risoluzione spaziale delle misure, nonché una maggiore precisione delle misure di turbolenza, in virtù del fatto che la distorsione del flusso turbolento naturale operata dall’aereo risulta estremamente limitata. Il primo velivolo di questo tipo è stato sviluppato nei primi anni novanta da NOAA ATDD (National Oceanic and Atmospheric Administration, Atmospheric Turbulence and Diffusion Division) sulla base di un aereo di tipo LongEZ. Nel 1999 la società Iniziative Industriali Italiane, ha provveduto all’integrazione della sensoristica NOAA sul velivolo di sua produzione SkyArrow, e nacque così lo SkyArrow ERA, il primo velivolo ad essere certificato sia in Europa sia negli USA per l’effettuazione di misure ambientali con la strumentazione MFP (Mobile Flux Platform). Ad oggi sono operativi sette di questi velivoli nel mondo presso diverse Università ed Enti di ricerca. CNR IBIMET ha introdotto questa tecnologia in ambito europeo tramite il progetto EU-RECAB. Lo sviluppo della piattaforma ed il suo impiego scientifico sono poi proseguiti con i progetti CARBIUS e EU-CarboEurope IP, attualmente in corso di svolgimento.

La tecnologia MFP (Mobile Flux Platform)

Lo SkyArrow ERA è dotato di sensori per la misura del vento e della turbolenza, per la misura di concentrazioni gassose di CO2 e vapore acqueo, della radiazione netta, incidente e riflessa, e per la ripresa di immagini multispettrali da telerilevamento (Fig. 1). Esso utilizza la BAT probe (Best Atmospheric Turbulence) per la misurazione della turbolenza ([4]).

Fig. 1 - SkyArrow ERA e strumentazione scientifica di bordo.

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In sintesi, L’MFP misura la velocità dell’aria rispetto all’aereo utilizzando una sonda emisferica con 9 fori calibrati che servono a misurare le pressioni statiche e dinamiche per mezzo di trasduttori di pressione. Poiché il motore dello SkyArrow è montato in configurazione “pusher” (Fig. 1), la sonda per la misura atmosferica è stata montata sulla parte anteriore (naso) del velivolo in modo da minimizzare la distorsione del flusso di aria causata dal movimento del velivolo. Le componenti dinamiche del vento (orizzontali U e V, e verticale W) misurate come differenziali di pressione, vengono poi corrette per la velocità 3D e per gli angoli di assetto (rollio, beccheggio e prua) usando una combinazioni di segnali GPS (Novatel, mod. RT20, USA; Javad, mod. AT4, USA) ad alta frequenza e array di accelerometri posti nel baricentro del velivolo e della semisfera. I dati di vento nelle 3 dimensioni vengono acquisiti e calcolati ad una frequenza di 50Hz. In questo modo, la turbolenza atmosferica viene misurata ad un rateo molto elevato che combinato con una velocità di volo molto bassa (circa 35-40 m s-1), consente di risolvere scale orizzontali dell’ordine di circa 0.7 metri, ovvero lunghezze d’onda dell’ordine di circa 1.4 metri. Un radiometro netto (Rebs, mod. Q7, USA) ed un sensore di PAR (Licor, mod. 610, USA) incidente e riflessa sono montati sul piano di coda del velivolo; l’umidità dell’aria viene anche misurata con un misuratore di temperatura di rugiada (EdgeTech, mod. DewTrak, USA) e la temperatura di superficie viene monitorata da un termometro all’infrarosso (Evertest, mod. 4000.4GH, USA). La densità atmosferica di anidride carbonica e vapor acqueo viene misurata con un sensore veloce all’infrarosso a cammino aperto (LiCor, mod. 7500, USA). Il velivolo è inoltre equipaggiato con una camera multispettrale, (Redlake, mod. MS4100, USA), capace di acquisire immagini alla risoluzione di 2M pixel nelle bande del rosso, del verde e del vicino infrarosso.

La tecnica eddy covariance da piattaforma mobile

Il calcolo diretto del flusso di energia, quantità di moto e massa di uno scalare tramite la tecnica eddy covariance si basa sulla misura ad alta frequenza della componente verticale della velocità del vento e della concentrazione dello scalare. Matematicamente, il flusso FΦ viene espresso come la covarianza tra la velocità verticale e la concentrazione dello scalare (eqn. 1):

\begin{equation} F_{\phi} = \frac{1}{T} \sum \rho w^{\prime} \phi^{\prime} \Delta t \end{equation}

dove ρ è la densità dell’aria secca, w la velocità verticale del vento, Φ la concentrazione dello scalare di cui si determina lo scambio. I segni primi indicano la fluttuazione turbolenta della grandezza rispetto alla sua media calcolata su un opportuno intervallo di tempo T. L’intervallo di tempo su cui calcolare queste statistiche (media e covarianza) deve essere sufficientemente lungo da campionare tutte le strutture turbolente responsabili del trasporto dello scalare, in particolare quelle a bassa frequenza ed elevata lunghezza d’onda, e sufficientemente corto da permettere di considerare le condizioni al contorno stazionarie. Per misure effettuate da postazione fissa, tipicamente tale intervallo viene scelto pari a 30 minuti ([1]).

Per postazioni mobili, le metodologie di calcolo dei flussi sono le stesse utilizzate per torri fisse, con alcune importanti differenze. Muovendosi l’aereo generalmente molto più velocemente del vento, il numero di strutture turbolente campionate nell’unità di tempo è molto maggiore rispetto ad un punto di misura a terra. Per questo è necessario acquisire a frequenze più elevate (50Hz contro 10-20 Hz), e per questo l’intervallo spazio-temporale su cui calcolare una covarianza, e di conseguenza un flusso, risulterà molto più piccolo dei 30 minuti tipicamente impiegati sulle torri, tipicamente 1-2 minuti. Una misura aerea di questo tipo è una sorta di “istantanea” delle strutture turbolente presenti nello spazio, e le relative statistiche che vi vengono calcolate non si basano necessariamente sulla nota ipotesi di Taylor della frozen turbulence, che sta alla base di tutte le misurazioni atmosferiche da postazione fissa ([10]).

La lunghezza “spaziale” della finestra su cui calcolare le statistiche deve essere sufficientemente ampia da far sì che i contributi al flusso a più bassa frequenza vengano inclusi, ma allo stesso tempo una ampiezza eccessiva della finestra porterebbe ad una bassa risoluzione spaziale dei flussi misurati, e ad una maggiore probabilità di avere discontinuità e non stazionarietà nei segnali di base, dal momento che il punto di misura si sta muovendo ad alta velocità sul territorio. Il miglior compromesso viene ricercato tramite il metodo delle ogive, basato sull’analisi dei cospettri tra velocità verticale del vento W e grandezza scalare ([6]). Poiché questo parametro dipende fortemente dall’altezza di volo, dalla rugosità superficiale, dalle condizioni di stabilità atmosferica, non si può generalizzare la scelta di un valore ma è necessario fare un’analisi caso per caso. I valori della finestra spaziale su cui calcolare i flussi nelle diverse condizioni sono in genere compresi tra 2500 e 4000 metri. I risultati presentati in questo lavoro sono riferiti ad una finestra di 4000m.

La regione di studio ed il protocollo dei voli sperimentali

Un’area di studio idonea a realizzare campagne sperimentali per la misura dei flussi a scala regionale con tecniche micrometeorologiche deve possibilmente comprendere zone rappresentative del contesto regionale oggetto di studio, non presentare orografia complessa, ed essere facilmente raggiungibile dal velivolo. Sulla base di queste considerazioni è stata quindi identificata un’area localizzata in Toscana centrale, ed una rotta ben precisa è stata tracciata internamente all’area di studio (Fig. 2). Per arrivare a tracciare questa rotta, sono stati necessari diversi voli di prova ed alcune osservazioni in quota. La rotta è stata ripetuta lungo tutto il periodo della sperimentazione, e comprende una zona a prevalenza di ecosistemi forestali nella parte SW, ed una zona prevalentemente agricola nella parte NE. L’orografia della zona forestale è comunque non pianeggiante, pertanto particolare cura è stata dedicata all’impiego di metodi di QA/QC in grado di evidenziare la presenza di condizioni non stazionarie e quindi di permettere di scartare tutti i dati non rispondenti ai requisiti richiesti. Da un punto di vista tecnico le missioni sono state realizzate secondo un protocollo operativo, che ha previsto voli sulla tratta Siena-Arezzo (ecosistemi agricoli) e Siena-Follonica (ecosistemi forestali). I voli sono stati effettuati con cadenza intensiva (2-3 volte al giorno) all’interno di missioni della durata di 3 giorni. I voli hanno compreso sia attività di misura dei flussi che attività di profilazione atmosferica, per l’individuazione dell’altezza dello strato limite convettivo e per la parametrizzazione di scalari della troposfera libera, utili per un successivo calcolo della divergenza verticale dei flussi. La quota di volo, durante le missioni per la misura dei flussi è stata di 300ft (circa 100m) al di sopra della superficie, mentre i profili verticali sono stati realizzati fra quote comprese fra 100 e 7.000 ft. Nell’anno 2005, cui si riferiscono i risultati di questo lavoro, sono stati realizzati oltre 140 transetti alternativamente su ecosistemi agricoli o forestali, totalizzando oltre 100 ore di volo sperimentale. Nel corso del Settembre 2005 è stata anche realizzata una campagna di volo per misure di telerilevamento multispettrale. Le immagini acquisite, georeferenziate tramite i dati del sistema GPS, hanno permesso il calcolo di indici vegetazionali di base quali l’NDVI alla risoluzione a terra di 2m in un’area dello stesso ordine di grandezza dell’area media di footprint delle misure di flusso, con lo scopo di rendere direttamente confrontabili le due fonti di dati.

Fig. 2 - Dettaglio della rotta di volo (traccia viola) delle campagne in Toscana meridionale e centrale. Le aree indicate con un riquadro bianco, sono quelle dove sono stati realizzati i profili verticali atmosferici per la caratterizzazione dello strato limite convettivo. I cerchi bianchi individuano, invece, le aree forestali delle Colline Metallifere e le zone prettamente agricole della Valdichiana.

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Risultati e Discussione 

I risultati presentati in questa sede fanno riferimento a dati acquisiti nel corso delle campagne dell’anno 2005 ed al volo di telerilevamento che è stato effettuato nel mese di Settembre dello stesso anno. I voli sono stati effettuati nell’arco della stagione e nell’arco delle diverse ore del giorno con l’obiettivo di misurare la risposta della vegetazione in diverse condizioni ambientali, meteorologiche, fenologiche, e quindi di caratterizzare quanto meglio la variabilità temporale, oltreché spaziale, presente nei flussi. La Fig. 3 mostra la distribuzione di frequenza delle misure rispetto al mese dell’anno ed all’ora del giorno in cui sono state effettuate, mostrando una maggiore rappresentatività in alcuni periodi dell’anno più importanti per l’attività degli ecosistemi quali la primavera e l’estate, ed in alcune ore del giorno quali le parti centrali della mattina e del pomeriggio. Questo ultimo aspetto è dovuto a motivi essenzialmente logistici legati alla organizzazione dei voli e degli scali. Sulla base di queste distribuzioni sono stati identificati quattro sottoperiodi equamente rappresentati, Gennaio-Marzo, Aprile-Giugno, Luglio-Agosto, Settembre-Dicembre, cui fare riferimento per lo studio della risposta degli ecosistemi nell’arco dell’anno.

Fig. 3 - Istogramma riportante il numero di misure di flusso, intese come singole misure relative ad una finestra di 4 km, nei diversi mesi dell’anno e nelle diverse ore del giorno nel corso di tutti i voli effettuati nel 2005.

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Un importante pre-requisito per l’impiego di dati eddy covariance da piattaforma mobile, specialmente in un contesto orograficamente complesso come quello delle Colline Metallifere che comprende le zone forestali oggetto di questo studio, è una verifica anche indiretta della consistenza e della qualità dei dati stessi. La Fig. 4 riporta la chiusura del bilancio energetico relativa alle due tipologie di ecosistema. Non potendo misurare il termine di flusso di calore nel suolo (G), questo è stato assunto pari al 15% della radiazione netta. In questo modo si sono ottenuti valori di pendenza della retta di regressione lineare sui dati pari a 0.68 per ecosistemi agricoli e 0.80 per ecosistemi forestali. Trascurando il termine G, tali valori scendono a 0.53 per ecosistemi agricoli e 0.65 per ecosistemi forestali. Trattasi di valori comunque in linea con quanto generalmente misurato anche da postazioni fisse, dove si osserva nella quasi totalità dei casi una mancata chiusura del bilancio di energia che ha diverse cause insite nella metodologia stessa ([8]). La dispersione dei punti è similare per le due tipologie di ecosistema, evidenziando come l’aspetto orografico, non presente nelle aree agricole perfettamente pianeggianti, non modifica la consistenza dei dati, che forniscono pertanto una conferma indiretta dell’efficacia e l’affidabilità con cui il velivolo sperimentale riesce a misurare gli scambi che sono alla base delle stime di bilancio regionale.

Fig. 4 - Chiusura del bilancio di energia per le due tipologie di ecosistema nell’intero periodo di studio. Sull’asse X sono riportati i valori di radiazione netta, sull’asse Y la somma del flusso di calore sensibile (H), calore latente (LE), calore nel suolo (G). Il termine G, in assenza di misure dirette è stato imposto pari al 15% della radiazione netta. La retta indica la pendenza 1:1.

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Questo lavoro ha l’obiettivo di investigare la possibilità, ancora poco esplorata fino ad oggi, di ottenere informazioni di carattere regionale, ovvero di stimare se un determinato territorio è, nel suo complesso, un source o un sink di CO2 su un certo intervallo di tempo. Questo può essere fatto mediando i dati di flusso misurati nei diversi ecosistemi sull’intera area di studio alle diverse ore del giorno e nei diversi periodi dell’anno, come illustrato nella successiva Fig. 5. I valori massimi (più negativi) di NEE si osservano per entrambi gli ecosistemi nel periodo primaverile e nelle ore centrali della giornata come logica conseguenza dei livelli di irraggiamento solare. Il flusso medio diurno in questo periodo (Aprile-Giugno) risulta pari a -7.1 ± 2.6 μmol m-2 s-1 per le aree forestali delle Colline Metallifere e -7.6 ± 3.1 μmol m-2 s-1 per gli ecosistemi agricoli della Valdichiana. L’analisi di questi dati di flusso ha permesso di osservare una interessante differenza fra la NEE nelle due aree di studio nel periodo autunnale ed invernale. Nel primo caso, infatti, sono stati osservati valori negativi di NEE (Fig. 5) anche nel periodo Gennaio-Marzo nelle prime ore della giornata, che indicano che l’ecosistema è un sink di CO2, mentre nel secondo caso, sono stati osservati valori pressoché nulli. Una serie di risposte che non sono sicuramente inattese, ma che confermano la fattibilità di misurazioni a carattere regionale come queste. Combinando gli andamenti medi giornalieri diurni in ogni stagione con la durata della stagione stessa è possibile calcolare un bilancio annuo per le due tipologie di ecosistema, che risulta pari ad un flusso netto diurno di CO2 di -3.6 ± 2.1 μmol m-2 s-1 per la componente forestale e -4.0 ± 2.6 μmol m-2 s-1 per la componente agricola. Quest’ultima ovviamente contabilizza soltanto il carbonio sequestrato dall’ecosistema e non il carbonio sottratto tramite il raccolto.

Fig. 5 - Andamento giornaliero del flusso netto diurno di CO2 misurato nei due tipi di ecosistema, ottenuto come media dei valori di NEE misurati nelle diverse ore del giorno e nei diversi sottoperiodi dell’anno.

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Un approccio di questo tipo possiede alcuni limiti che è importante evidenziare: la rappresentatività spaziale delle zone oggetto di misura campionaria diretta, comprendenti essenzialmente le aree di footprint dei flussi, del più vasto contesto regionale; la non continuità e quindi la rappresentatività temporale delle misurazioni, che pur coprendo uno spettro di condizioni più vasto possibile, hanno carattere sporadico e devono essere quindi estrapolate nel tempo; la impossibilità di effettuare misure notturne, e quindi di caratterizzare la componente esclusivamente respiratoria degli ecosistemi.

Un altro aspetto interessante che prende origine dall’analisi dei dati di flusso delle campagne di misurazione, riguarda una significativa ed evidente correlazione fra uno dei più noti indici di telerilevamento (NDVI, Normalized Difference Vegetation Index) ed i flussi di NEE misurati dall’aereo nelle ore centrali della giornata (Fig. 6). È noto che NDVI correla significativamente con la quantità di biomassa vegetale a terra e questo poiché sfrutta un picco di riflettanza nell’infrarosso vicino della clorofilla. È evidente come a valori negativi (sink) di flusso di CO2 corrispondano valori elevati dell’indice di NDVI e come l’inverso valga per valori prossimi a zero o positivi di NEE. Questa correlazione è di fatto importante anche perché consente di estrapolare il dato misurato con l’aereo ad aree territoriali più vaste per giungere ad un’effettiva integrazione di tipo regionale non solo basata su un approccio di tipo campionario, mettendo a punto relazioni di upscale appropriate. Inoltre, misure di telerilevamento possono essere impiegate anche nel pianificare i voli sulle zone oggetto di misura campionaria in modo da ricercare la più alta rappresentatività del più vasto contesto regionale, verificando come la risposta spettrale della superficie delle due aree sia similare.

Fig. 6 - Dinamica dei flussi lungo la rotta di volo fra le Colline Metallifere e la Valdichiana. La linea tratteggiata sull’asse di destra mostra i valori dell’indice NDVI misurato con telecamera multispettrale; la linea continua sull’asse di sinistra mostra il flusso di CO2 medio dei voli del periodo nelle ore centrali della giornata.

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Conclusioni 

I risultati di campagne di misurazione dei flussi di CO2, energia e quantità di moto tra la biosfera e l’atmosfera, hanno recentemente messo in evidenza interessanti potenzialità legate all’impiego di piattaforme aeree. La quantificazione del bilancio del carbonio a scala regionale, teso a determinare e a quantificare se un dato territorio sia nel suo complesso un sink o un source per la CO2 atmosferica, è un’area di studio particolarmente critica specialmente in contesto europeo, caratterizzato da un’elevata eterogeneità ecologica, demografica, micrometeorologica, che rendono difficilmente applicabili ed estrapolabili approcci basati su misure puntuali e strumenti modellistici calibrati su tali misure. Quando applicate ad intere regioni, queste misure sono in grado di fornire informazioni utili a capire la dinamica e la variabilità spaziale dei flussi di calore sensibile, evaporativi, di gas ad effetto serra. Tali informazioni possono essere di importanza per il settore modellistico, al fine di parametrizzare correttamente le proprietà della superficie, e mettere a punto nuovi schemi per la descrizione delle interazioni tra biosfera ed atmosfera. Altre ricadute e sinergie si hanno nel settore del telerilevamento, dove indici telerilevati possono essere usati per estrapolare misure territoriali. Esistono inoltre potenzialità nell’impiego di queste misurazioni per la calibrazione e validazione di prodotti satellitari sviluppati per la stima di GPP e NEE, oggi ancora in fase sperimentale.

Ringraziamenti 

Si ringrazia il comandante Paolo Amico (AvioRoma srl), pilota dello SkyArrow durante tutti i voli sperimentali. L’attività oggetto di questo lavoro è stata supportata dal progetto CARBIUS (Cooperazione Italia-USA su Scienza e Tecnologia dei Cambiamenti Climatici).

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