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Carbon credits to contrast tropical deforestation

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 3, Pages 320-322 (2006)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0406-0003
Published: Sep 20, 2006 - Copyright © 2006 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

Tropical deforestation accounts for about 15-20% of human-induced greenhouse gas emissions. Given the magnitude of this process, and the need of an active involvement of developing countries in future efforts to combat climate change, the possibility to reduce emissions from deforestation is emerging as a decisive element of the post-Kyoto negotiations. Here we present some relevant issues discussed during a recent UNFCCC workshop (Rome, 30 August - 1 September) on this topic, including scientific, technical and methodological issues, policy approaches and positive incentives. Overall, the workshop provided a good opportunity for UNFCCC Parties to share experiences on reducing emissions from deforestation in developing countries, clarify the key challenges in this area and identify useful ways to move forward. Although many important political and methodological details still need to be clarified, all the Parties showed a constructive attitude and the workshop ended in a positive and optimistic atmosphere.

Keywords

Deforestation, Kyoto protocol, Gas emissions

Introduzione 

Le foreste hanno sempre avuto un ruolo di rilievo nel dibattito sui cambiamenti climatici. E non solo del dibattito scientifico, per l’evidente importanza che esse ricoprono nel ciclo del carbonio, ma anche di quello politico. Se finora l’attenzione si è concentrata prevalentemente sugli assorbimenti di carbonio (generalmente modesti) derivanti dall’espansione e gestione delle foreste nei Paesi sviluppati, oggi la nuova frontiera nella lotta ai cambiamenti climatici appare essere la riduzione della deforestazione tropicale.

Le stime sulle emissioni di gas serra da processi di deforestazione e degradazione delle foreste tropicali oscillano tra 1.1 ± 0.3 GtC anno-1 ([1]) a 1.6 ± 0.6 GtC anno-1 ([2]). Per quanto l’incertezza sia ancora notevole, si tratta di cifre ragguardevoli, pari a circa il 15-20% delle emissioni totali di origine antropica. Combattere la deforestazione tropicale, oltre all’evidente beneficio per il clima, avrebbe anche altri importanti vantaggi quali la tutela della biodiversità e, potenzialmente, la promozione di un uso più sostenibile delle risorse naturali. Vista l’entità delle emissioni in gioco e la necessità di coinvolgere attivamente i Paesi in via di sviluppo nello sforzo di contenimento dei gas serra, il tema della deforestazione tropicale si sta delineando come uno dei nodi cruciali nelle negoziazioni post-Kyoto sui cambiamenti climatici.

Problema vecchio, approccio nuovo 

Di ridurre la deforestazione tropicale si parla da decenni. Nonostante gli enormi sforzi profusi, i risultati sono stati nella maggior parte dei casi inferiori alle aspettative, sia per l’estrema complessità del problema che per l’inadeguatezza di alcune delle soluzioni proposte.

Cosa allora sta oggi alimentando nuove speranze, qual’è l’elemento-chiave di un nuovo approccio per combattere la deforestazione? Sostanzialmente, i soldi. Semplificando un po’: perché mai i Paesi in via di sviluppo dovrebbero ridurre le emissioni di gas serra dovute alla deforestazione, quando il problema dei cambiamenti climatici è stato in larghissima parte causato dai Paesi industrializzati? Se si vuole preservare le foreste tropicali perché ricche di carbonio (oltre che di biodiversità), occorre offrire incentivi economici significativi per non tagliarle. Di riconoscimento economico dei servigi ambientali si parla da tanto, ma in relativamente pochi casi si è passati ai fatti. La novitàè che, con l’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, il “valore ambientale” delle foreste può finalmente uscire dall’accademia ed entrare in Borsa: così come oggi già esiste in Europa un mercato della CO2 (l’Emission Trading Scheme, che al momento non include il settore forestale), in un domani non troppo lontano potrebbe essere possibile assegnare un reale valore economico al carbonio contenuto nelle foreste tropicali. Allo stesso modo - e questo è il nocciolo della proposta - sarà possibile compensare economicamente anche la “deforestazione evitata”. Conti alla mano, questa compensazione potrebbe potenzialmente rappresentare un incentivo assai significativo per ridurre la deforestazione. Questa proposta, formalizzata da parte di Papua Nuova Guinea e Costa Rica alla scorsa conferenza della Convenzione ONU sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC - COP 11, Montreal, novembre 2005), ha aperto un nuovo, importante ambito negoziale.

Visti gli interessi in gioco e la complessità del problema, le questioni aperte - di natura scientifico-metodologica e politica - sono subito apparse difficili e numerose. Anzitutto, cosa si intende per “deforestazione”, e cosa per “degradazione delle foreste”? Entrambi i processi sono causati dall’uomo, ma se per il primo è chiaro che ci si riferisce al cambio di uso da foresta a non-foresta, sulla definizione del secondo non c’è pieno accordo (in genere lo si intende come riduzione del grado di di copertura della foresta pur rimanendo l’uso forestale). È possibile misurare entrambi questi processi in modo accurato? La deforestazione sarebbe “evitata” rispetto a quale scenario di base? Con quale meccanismo verrebbe distribuita, e a chi sarebbe destinata, l’eventuale compensazione economica? Non si rischia di ottenere solo uno “spostamento” della deforestazione da una zona all’altra, senza un beneficio reale a livello globale? Vista la complessità e l’urgenza del tema (la negoziazione si dovrà concludere entro la COP 13, a fine 2007), si è iniziato ad affrontare subito le questioni più rilevanti. A tale fine, intorno a queste ed ad altre domande si è discusso lo scorso 30 agosto - 1 settembre a Roma, presso la sede FAO, durante il workshop “Reducing emission from deforestation in developing countries”, organizzato dall’UNFCCC ed a cui hanno partecipato oltre 180 delegati di Paesi aderenti alla Convenzione, ONG ed altri rilevanti organismi internazionali. Di seguito sono riportati alcuni degli elementi di riflessione emersi durante le presentazioni e la discussione.

Monitorare le emissioni dovute alla deforestazione sarà possibile 

Relativamente alle questioni di natura scientifica, tecnica e metodologica, il workshop ha offerto lo stato dell’arte sulla possibilità di stimare le emissioni derivanti da processi di deforestazione (relazioni di F. Achard, S. Brown, R. Houghton). Tale possibilità dipende sostanzialmente dalla capacità di misurare: a) le variazioni di copertura forestale, b) le variazioni degli stock di carbonio, per le principali tipologie forestali, a seguito di processi di deforestazione. Per quanto riguarda il primo aspetto, negli ultimi anni c’è stato un notevole progresso nell’acquisizione di dati da satellite (remote sensing) e nello sviluppo di metodi di analisi. Sebbene esistano ambiti in cui l’incertezza è ancora elevata (ad esempio, nei processi di degradazione), il monitoraggio delle variazioni di copertura forestale a vasta scala e con un soddisfacente livello di accuratezza non è troppo lontano dall’essere operativo. Per quanto riguarda il secondo aspetto, il vero problema è la scarsità di dati da cui stimare il carbonio contenuto nelle diverse tipologie forestali. Sebbene metodologie di stima esistano (IPCC GPG), la raccolta dei dati necessari per giungere ad un minimo livello di accuratezza richiederà necessariamente un notevole investimento di risorse.

Nel complesso, sebbene sia necessario ancora molto lavoro metodologico (in termini di accuratezza, verifica, adattamento alle specificità locali e sviluppo di protocolli condivisi), c’è ormai un vasto consenso sul fatto che una combinazione di remote sensing, misure in campo ed inventari forestali possa arrivare a fornire, nell’arco di non molti anni, stime sufficientemente accurate delle emissioni derivanti dalla deforestazione. L’elemento più limitante, a questo riguardo, non appare tanto le conoscenze tecniche, quanto la possibilità (soprattutto economica) di applicarle su vasta scala, in funzione degli scopi e delle definizioni che saranno concordati e del grado di accuratezza che sarà richiesto.

Per offrire maggiori elementi di valutazione sugli aspetti tecnico-metodologici, il Max Planck Institute di Jena ed il Joint Research Centre della Commissione Europea di Ispra stanno analizzando un caso di studio reale (l’intera Papua Nuova Guinea), dove mostrare in concreto cosa si possa misurare, con quale accuratezza, a quali costi e con quali tempi. I dati preliminari di tale studio saranno presentati alla prossima conferenza UNFCCC di Nairobi, il prossimo novembre, in un “side-event” organizzato dal governo italiano.

Proposte diverse, ma c’è volontà di andare avanti 

Prima di addentrarsi nei possibili meccanismi ed approcci politici, il workshop ha discusso le complesse cause della deforestazione tropicale ed ha ascoltato alcune significative esperienze di lotta alla deforestazione. Essendo le cause numerose, interagenti e diverse da regione a regione, risulta chiaro che non potrà esistere un singolo approccio applicabile con successo dovunque, ma sarà invece necessario prevedere un meccanismo flessibile, volontario e capace di adattarsi alle specificità locali. Nel corso della discussione sui possibili approcci si sono affrontati gli aspetti più problematici della questione, tra i quali:

  • il rischio di leakage, cioè di spostare la deforestazione da una zona all’altra (all’interno dei singoli Paesi questo rischio può essere affrontato con impegni a livello nazionale);
  • la necessità di sviluppare tassi di deforestazione di riferimento (ad esempio, il tasso medio osservato durante un periodo passato) rispetto ai quali misurare l’eventuale deforestazione “evitata”;
  • la necessità di premiare quei Paesi che hanno già bassi tassi di deforestazione;
  • l’importanza di coinvolgere le comunità locali e di verificare che l’eventuale incentivo promuova uno sviluppo forestale sostenibile;
  • la necessità di un incentivo che, oltre a coprire i “costi opportunità” più tutti i costi di transazione, sia certo anche nel lungo periodo.

Al di là delle considerazioni di carattere generale sui possibili approcci, l’aspetto più rilevante è che durante il workshop sono state avanzate proposte concrete per compensare la deforestazione evitata. Per quanto tali proposte siano ancora piuttosto diversificate, soprattutto per quanto riguarda il finanziamento del meccanismo (ad es. Papua Nuova Guinea e numerosi altri Paesi in via di Sviluppo auspicano un meccanismo di mercato legato ad accordi analoghi al Protocollo di Kyoto, mentre il Brasile propone un fondo internazionale finanziato dai Paesi sviluppati), è emersa chiaramente la volontà di tutti i partecipanti di andare avanti su questa strada.

In definitiva, il convegno UNFCCC ha rappresentato un’ottima opportunità per condividere le esperienze maturate finora nella lotta alla deforestazione tropicale, discutere degli aspetti più controversi ancora da risolvere ed iniziare a proporre strategie concrete per un meccanismo di compensazione della deforestazione tropicale.

Per quanto la strada sia ancora lunga prima di giungere ad un possibile accordo negoziale, tutti i partecipanti hanno mostrato un atteggiamento costruttivo ed ottimista. I risultati del workshop saranno riferiti ed ulteriormente discussi alla prossima conferenza UNFCCC a Nairobi (novembre 2006), in attesa di un altro analogo workshop all’inizio del prossimo anno.

Le presentazioni effettuate durante il workshop sono disponibili al seguente sito:

References

(1)
Achard F, Eva H, Mayaux P, Stibig HJ, Belward A (2004). Improved estimates of net carbon emissions from land cover change in the Tropics for the 1990’s. Global Biogeochemical Cycles 18, GB2008.
CrossRef | Google Scholar
(2)
Houghton RA (2005). Aboveground forest biomass and the global carbon balance. Global Change Biology 11: 945-958.
CrossRef | Google Scholar
 
 
 

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