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Dynamics of the forest landscape: evolution of newly-established forests on pastures in Corte Pogallo - Val Grande National Park (VB - Italy)

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 3, Pages 213-221 (2006)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0359-0030213
Published: Jun 13, 2006 - Copyright © 2006 SISEF

Research Articles

Guest Editors: 5° SISEF Congress (Grugliasco, TO - 2005)
« Forests and Society - Changes, Conflicts, Sinergies »
Collection/Special Issue: E. Lingua, R. Marzano, G. Minotta, R. Motta, A. Nosenzo, G. Bovio

Abstract

The aim of the present study was to investigate forest expansion, dynamics and recolonization of former crop lands, fallows and hayfields in a mountainous area (Corte Pogallo - 777 m s.l.m.) located within Val Grande National Park (VB - Italy). The site has been characterized by mountainous forests for ages, until the beginning of XXth century, when a timbering company was settled there. The whole area has been hardly deforested until the 1960, when the settlement has been completely abandoned. By matching historical (1954, 2000) aerial photographs with several test plots on the ground, the dynamic evolution of the area at the study site was analyzed using a multi-scale sampling method. To assess the stand structure, two transects were established starting from the crop fields (occurring at the valley floor) up to the beech coppice stand (occurring along the mountain slope). A mixed composition of pioneer forest species and fruit trees was found at the ecotone, while pioneer species became more and more dominant along the slope up to the beech coppice stand (the former forest margin before abandonment). Using a GIS software, pinpoint sample data and historical aerial photographs were combined and compared. Maps of land-use change revealed that forests have recolonized about 71% of the former crop area since the last fifty years (1954-2000).

Keywords

Bosco di neoformazione, Cambiamenti di uso del suolo, Parco nazionale, Paesaggio forestale, Alpi occidentali

Introduzione 

L’uomo da alcuni millenni concorre a modificare il paesaggio attraverso le attività agricole e pastorali. Tale azione è soggetta ai periodi storici ed alle dinamiche demografiche e sociali ([22], [2]). La conoscenza della gestione passata delle risorse boschive e lo studio dell’uso attuale delle tipologie forestali sono elementi fondamentali nell’individuazione delle tendenze evolutive del paesaggio e dei rapporti tra i sistemi antropico, agricolo e forestale ([23], [25], [4]).

L’abbandono delle terre marginali, osservato in molte aree montane d’Italia e d’Europa e causato dalle profonde trasformazioni socio-economiche del dopoguerra, ha innescato un repentino passaggio dal paesaggio rurale alla “wilderness” ([6], [14]). Un esempio di questo fenomeno è il Parco Nazionale della Val Grande i cui boschi, in gran parte cedui, sono stati trasformati dalle ultime intense utilizzazioni dei primi anni del 1900, per essere abbandonati intorno agli anni ’60 ([1], [5]). L’abbandono pressoché totale di intere vallate del Parco ha favorito, parallelamente al degrado dei manufatti, la colonizzazione forestale secondaria dei pascoli che costituivano i numerosi alpeggi. Studi recenti dimostrano che il bosco di neoformazione risulta essere elemento assai dinamico e che, in particolare negli ultimi 50 anni, ha recitato e recita tuttora un ruolo da protagonista nelle trasformazioni del paesaggio forestale ([3]). L’interesse verso questi aspetti è dovuto al fatto che la scomparsa delle “radure” banalizza in modo sostanziale il paesaggio del Parco, trasformando il mosaico delle diverse patches in un unico “mare verde”. Questo fenomeno di semplificazione ecologica a scala paesaggistica coincide con una forte riduzione degli ecotoni e quindi della biodiversità.

La ricerca si inserisce nell’ambito del progetto Interreg P.I.C. III-A: “Formazione, gestione e salvaguardia delle tipologie forestali ed antropiche. Impatto tra sistemi antropici e geosistemi naturalistici”. Tra gli obiettivi di questo lavoro vi è lo studio delle dinamiche evolutive del bosco di neoformazione e, attraverso un’analisi dell’uso storico del suolo, la previsione delle tendenze di trasformazione del sistema agro-forestale, utili indicazioni per la gestione del Parco.

Materiali e Metodi 

Area di studio

L’area oggetto di studio è Corte Pogallo, sito nella parte intermedia della Val Pogallo a 777 m s.l.m. di quota; tale valle, ad andamento nord-sud, risulta l’unico accesso naturale diretto verso il cuore del Parco Nazionale della Val Grande (Fig. 1).

Fig. 1 - L’abitato di Corte Pogallo, localizzato nel cuore del Parco Nazionale Val Grande nella parte settentrionale della regione Piemonte.

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Istituito nel 1992, questo Parco di 14598 ha è circondato da alte vette che costituiscono un’aspra morfologia di profonde valli e ripidi pendii che un articolato reticolo idrografico ha scavato nella roccia metamorfica ([8]); quest’area protetta è situata nel Piemonte nord-est, in provincia di Verbania, tra la Val Ossola ed il Lago Maggiore. L’abitato di Pogallo è caratterizzato da un livello di precipitazioni fra i più alti dell’intera regione, la cui media annua si assesta sui 2661 mm, mentre le temperature medie annue si aggirano tra i 5.0 °C (la minima) ed i 14.8 °C (la massima - [24], [7]).

Antropizzazione del territorio

Per comprendere le trasformazioni paesaggistiche in atto in Val Pogallo è stato adottato un approccio di studio multi-scala, che permetta un’osservazione da diversi punti di vista ([12], [18], [19], [26]).

Parallelamente alle analisi di campo ed agli studi a scala di paesaggio, è stata effettuata un’indagine storica e bibliografica mirata al reperimento di informazioni relative all’antropizzazione dei territori del Parco. In tal senso è risultata utile la riclassificazione, in ambiente GIS, delle tipologie forestali del Piemonte ([17], [9]) secondo 3 “categorie di antropizzazione” che indicano il grado di sfruttamento dei boschi avvenuto negli ultimi 50 anni. Le categorie individuate sono: (a) il bosco conservato, che non ha subito interventi antropici tali da modificarne in maniera rilevante la struttura e la composizione specifica originaria; (b) il bosco trasformato, si tratta principalmente di boschi cedui, impianti artificiali e “formazioni antropogene” ([10], [11]) e (c) il bosco di neoformazione, caratterizzato da una struttura irregolare e da un’alta capacità di colonizzare i terreni abbandonati dall’uomo ([20], [2], [21]).

Dinamiche di uso del suolo

Un’importante parametro di analisi delle dinamiche del paesaggio agro-forestale è il confronto tra le coperture del suolo di differenti periodi storici ([15], [13], [16], [4]). A tal fine sono state utilizzate, previa digitalizzazione, le foto aeree degli anni 1954 (Volo Gai) e 2000 (Volo Alluvione). Il procedimento operativo adottato è consistito in fasi successive: (a) una fase di georeferenziazione dei fotogrammi, attraverso l’estensione del software ArcView 3.2 Image warp 2.0, utilizzando come riferimento la CTR 1:10000 del Piemonte; (b) una fase di foto-interpretazione on-screen e restituzione dei dati in ambiente G.I.S., che ha permesso la redazione di carte dell’uso del suolo alle due date. L’informatizzazione dei dati ha consentito, attraverso un’operazione di intersezione per “stratificazione” delle carte dell’uso del suolo, la redazione di una carta delle dinamiche recante informazioni sulle variazioni di superficie e del tipo di copertura.

Analisi dendrometriche

Per lo studio della struttura e delle dinamiche del bosco di neoformazione sono stati tracciati 2 transetti per il rilievo dendro-auxometrico a livello di popolamento. I transetti, distanziati tra loro di 60 metri, attraversano, lungo la linea di massima pendenza, il bosco di neoformazione di Pogallo fino a raggiungere il ceduo di faggio. All’interno di queste due aree sono stati mappati e misurati (altezza, diametro, proiezione ed inserzione della chioma) tutti gli individui arborei ed arbustivi con diametro superiore a 2.5 cm all’altezza di 1.30 m dal suolo ed è stato prelevato un campione dendrocronologico (carota) a 50 centimetri di altezza sul fusto. Il rilievo della rinnovazione (presenza e altezza delle piante con H > 20 cm e D < 2.5 cm) è avvenuto all’interno di sotto-transetti di 1 m di larghezza posizionati al centro dei 2 transetti. La determinazione delle età, effettuata in laboratorio con l’ausilio di un dendrocronografo, ha avuto come unico scopo l’individuazione delle fasi successive di insediamento delle diverse specie forestali.

Risultati 

Antropizzazione del territorio

Il 52% del territorio del Parco è costituito dai popolamenti trasformati dalle ultime intense utilizzazioni della prima metà del secolo 1900; questa categoria (bosco trasformato), che racchiude in se tutti i cedui di castagno e soprattutto di faggio, è il segno tangibile dell’intervento antropico sul paesaggio forestale della Val Grande. La consistente quota di neoformazioni forestali (9%) è invece indice incontestabile della profonda trasformazione in atto in Val Pogallo ed in tutta l’area del Parco. Inoltre l’alto numero di terreni abbandonati (11% di ex-coltivi ed ex-pascoli) può essere considerato un fattore di potenziale espansione dei nuovi boschi (Fig. 2). La distribuzione spaziale delle categorie individuate indica che i boschi conservati (9%) occupano le aree più difficilmente raggiungibili, mentre coltivi e pascoli attualmente in uso sono localizzati generalmente nelle “aree periferiche” del Parco. In molti casi è possibile individuare una successione dall’alto verso il basso del tipo: bosco conservato - bosco trasformato - bosco neoformato - ex-coltivo - coltivo, ad indicare che spesso l’elemento scatenante le dinamiche di abbandono sia la scarsa accessibilità dei siti.

Fig. 2 - Antropizzazione del territorio: ripartizione percentuale delle “categorie di antropizzazione” sull’intera superficie del Parco Nazionale della Val Grande.

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Dinamiche di uso del suolo

Lo studio delle dinamiche di uso del suolo è stato condotto su una superficie di 11.47 ha che comprende al suo interno l’abitato di Pogallo. L’interpretazione del fotogramma aereo dell’anno 1954 indica che l’area non boscata e destinata a pascolo e/o coltivo era di 7.28 ettari (Fig. 3). Oggi, circa il 71% (5.15 ha) di questa superficie è stato colonizzato da un bosco di neo-formazione, mentre i restanti 2.13 ha sono occupati da prato (Tab. 1).

Fig. 3 - Ripartizione spaziale e percentuale delle superfici di dinamiche di uso del suolo occorse a Corte Pogallo nel periodo d’indagine (1954 - 2000).

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Tab. 1 - Cross tabulation relativa all’evoluzione di ciascun uso del suolo del periodo 1954 (lungo le righe) e 2000 (lungo le colonne). Le dinamiche evolutive evidenziate (a = Invariato; b = Forestazione; c = Evoluzione forestale) sottolineano l’importanza del fenomeno di successione secondaria (forestazione) a Corte Pogallo. I dati riportati sono espressi in ettari e, fra parentesi, in percentuali sul totale della categoria.

Anno / Uso del Suolo 2000
Area
edificata
Prato Neoformazione Transizione Totale
(ha)
1954 Area
edificata
0.43 a
(100%)
- - - 0.43
(4%)
Coltivo/Prato - 2.13 a
(29%)
5.15 b
(71%)
- 7.28
(63%)
Neoformazione - - - 3.76 c
(100%)
3.76
(33%)
Totale
(ha)
0.43
(4%)
2.13
(18%)
5.15
(45%)
3.76
(33%)
11.47
(100%)

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La foto a colori dell’anno 2000 ha permesso di distinguere a video, per differenze cromatiche, il confine tra il bosco di neoformazione ed il bosco ceduo. La non coincidenza tra tale confine ed il limite della superficie dell’alpeggio individuato sulla foto dell’anno 1954, indica che l’abbandono delle aree marginali dell’alpeggio ha avuto inizio in data antecedente al ’54 (Fig. 4). L’area compresa tra questi due confini (3.76 ha) è un bosco di transizione in cui il faggio ha incominciato a rinnovare sotto la copertura del bosco di neoformazione.

Fig. 4 - Confronto tra le foto aeree del Volo Gai - 1954 (A) e del Volo Alluvione - 2000 (B). Si noti la scomparsa pressoché totale dell’Alpe Corte del Piano, situato nella parte bassa dei due fotogrammi.

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L’azione saltuaria di sfalcio, operata da alcuni “residenti stagionali” di Pogallo, ha certamente limitato la successione secondaria operata dal bosco di neoformazione; mentre in altri siti del parco (es. Corte del Piano), l’abbandono di pratiche agricole o pastorali ha portato alla scomparsa pressoché totale dell’alpeggio.

Analisi dendrometriche

Il bosco di neoformazione è molto denso (1319 alberi ha-1), la copertura è colma e la struttura irregolare. Si tratta di una boscaglia d’invasione del sottotipo montano in fase di perticaia in cui è presente una commistione fra specie pioniere, specie a seme pesante e alberi da frutto. La distribuzione dei singoli esemplari indica che, a ridosso del bosco ceduo di faggio, era presente una fascia coltivata a castagno (412 polloni ha-1), probabilmente per non sottrarre spazi al prato-pascolo (Fig. 5). Più in basso, completamente fuori dal bosco, erano presenti esemplari più o meno isolati di noce e ciliegio.

Fig. 5 - Distribuzione diametrica all’interno dell’area di studio di Corte Pogallo.

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La successione forestale secondaria ha interessato la superficie disponibile tra la faggeta e le piante portaseme isolate: le specie anche con comportamento pioniero secondario, tra cui frassino maggiore, acero di monte, sorbo montano e salicone, si sono diffuse in gruppi, mentre la betulla (478 alberi ha-1) ha riempito in modo andante tutti gli spazi disponibili. Le nuove piante di noce (nate da seme) e ciliegio (polloni radicali) si sono sviluppate intorno alle chiome delle piante madri, già presenti al momento dell’abbandono. Lo strato arbustivo è piuttosto povero e costituito quasi esclusivamente da nocciolo; al margine, in condizioni di maggiore illuminazione, è presente il rovo.

La dinamica temporale indica che le ultime utilizzazioni del ceduo matricinato di faggio risalgono a circa 50 anni fa e che le matricine hanno un’età di circa 80 anni, quindi il turno del ceduo doveva essere presumibilmente di 30 anni. L’età stimata della nuova formazione non indica un gradiente spaziale di ricolonizzazione dalla faggeta verso la parte bassa del versante; gli alberi di classe diametrica maggiore di ogni specie risultano possedere un’età intorno a 20-25 anni, il che colloca l’abbandono presumibilmente a qualche anno prima (Tab. 2).

Tab. 2 - Caratteristiche dendrometriche principali del bosco di neoformazione insediatosi sugli ex-pascoli di Corte Pogallo (n/a = dato non disponibile).

Parametro Betulla Castagno Faggio Altre Totale
Numero piante, n ha-1 748 412 297 132 1319
Area basimetrica (G), m2 ha-1 4 5 3 2 12
Diametro medio (Dm), cm 10 12 11 16 18
Altezza media (Hm), m 11 9 9 14 n/a
Rinnovazione, n ha-1 0 0 0 0 0
Età, anni 20-25 20-30 45-80 n/a n/a

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Al momento, la densità e la copertura delle chiome sono talmente elevate da non permettere l’affermazione di nuova rinnovazione, peraltro presente solo in forma potenziale nello strato erbaceo e composta esclusivamente da frassino. Le giovani piante di faggio sono relegate ai bordi delle chiome delle piante madri, ad una distanza non maggiore alla decina di metri.

L’attuale margine boschivo è artificiale e viene a tutt’oggi mantenuto attraverso attività saltuaria di sfalcio e decespugliamento (Fig. 6).

Fig. 6 - Vista panoramica di Corte Pogallo in due foto scattate negli anni 1915 (pannello superiore) e 2003 (pannello inferiore). Si noti (indicata con la freccia) la sede della ditta Sutermeister e la presenza (al di sotto della linea rossa) del bosco di neoformazione (pannello inferiore) che ha sostituito l’uso agro-pastorale del suolo (pannello superiore).

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Discussione e Conclusioni 

Il paesaggio forestale della Val Grande è dominato da due principali fenomeni che ne regolano le tendenze evolutive: (a) il lento invecchiamento dei boschi cedui che si esprime con un aumento di densità dei popolamenti e (b) l’espansione, assai più percepibile, delle neoformazioni forestali legate all’abbandono dei pascoli e dei terreni coltivati. In tal senso la Val Pogallo risulta un esempio emblematico della mutata influenza dell’uomo nelle dinamiche vegetazionali che dominano il paesaggio del Parco. I boschi di neoformazione, che già occupano circa il 9% del territorio del Parco, sono destinati a raddoppiare la propria estensione nei prossimi anni, grazie all’importante quota (11%) di terreni abbandonati tuttora presenti.

Il caso studio di Corte Pogallo rivela che, nelle condizioni stazionali e ambientali di questa parte della Val Grande, il bosco ha delle fortissime potenzialità colonizzatrici e si rivela estremamente aggressivo rispetto ad altre formazioni vegetali non arboree. Per questo motivo, se non contenuto, è in grado di ricoprire con estrema velocità anche superfici notevoli; un esempio di questo fenomeno è il caso osservato all’alpe Corte del Piano, posta nei pressi di Corte Pogallo ed oggi totalmente colonizzata dal bosco (Fig. 4).

L’assenza di un gradiente di colonizzazione è riconducibile al fatto che la rinnovazione delle specie pioniere si sia insediata in pochissimi anni dopo l’abbandono occupando in una “ondata” tutti gli spazi disponibili. Se la prima fase di colonizzazione ed occupazione da parte delle specie arboree più o meno pioniere è stato molto repentino e diffuso (nel corso di un decennio le aree resesi disponibili sono state completamente occupate), è presumibile che le fasi successive della dinamica del popolamento risulteranno più lente. Inizialmente (nel medio periodo) la struttura dovrà normalizzarsi, il numero di alberi diminuire (passaggio alla fustaia) e definirsi il ruolo delle diverse specie presenti. Nel lungo periodo le specie più spiccatamente pioniere, quali la betulla o il salicone, tenderanno a scomparire ed il loro posto verrà occupato da altre specie latifoglie mesofile e dal faggio che lentamente prenderà il sopravvento.

Dal punto di vista paesistico ed ecologico queste formazioni possono essere considerate come una sorta di “mantello” della faggeta e, benché comportino sicuramente una omogeneizzazione del paesaggio agro-forestale, continuano a mantenere un fondamentale ruolo nella biodiversità del sistema.

La descrizione e la previsione degli scenari futuri del paesaggio forestale assume un ruolo di particolare importanza soprattutto se si considera che, pur in assenza di gestione ed interventi antropici, tale sistema continua ad evolvere e trasformarsi. Da un punto di vista gestionale, vista la relativa diffusione di queste formazioni all’interno del Parco, è possibile prevedere due tipi di intervento: a) taglio raso a buche di 3000-5000 m2, con turni di 40-50 anni, teso a mantenere il bosco misto di latifoglie mesofile, da considerarsi un importante elemento di biodiversità; b) eliminazione, con taglio raso, del soprassuolo forestale volto a ritornare all’uso agricolo o pastorale del suolo.

Ringraziamenti 

Si ringraziano Berretti R, Ascoli D e Lorenzoni G per i rilevamenti in campo. Questa ricerca è stata finanziata con fondi europei Interreg III-A Italia-Svizzera 2000/2006 e resa possibile grazie alla Regione Piemonte, al Parco della Valle del Ticino (capofila), al Parco Nazionale della Val Grande e tutti gli enti partners coinvolti.

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