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Population genetics provides an efficient tool to quantify fragmentation impact in forest ecosystems

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 2, Pages 153-155 (2005)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0278-0002
Published: Jun 08, 2005 - Copyright © 2005 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

A method in population genetics (Dutech et al. ([1])) is described and discussed as an interesting tool for investigating the effects of fragmentation in forest ecosystems.

Keywords

Gene flow, Spatial autocorrelation, Fragmentation, Quercus lobata, conservation

 

Il recente lavoro apparso su American Journal of Botany di Cyril Dutech e collaboratori ([1]) ha fornito nuove evidenze che lo studio della struttura genetica spaziale di una popolazione di piante può garantire una solida base scientifica per la “conservation in practice” di popolazioni che sperimentano un declino demografico. In organismi sessili, come le piante forestali, il movimento dei geni avviene principalmente attraverso la dispersione del polline e la disseminazione. Di conseguenza, la distanza esistente tra gli individui e l’assenza di habitat adatti all’insediamento dei semi possono limitare fortemente la fitness di una popolazione.

La distribuzione spaziale della variabilità genetica è stata studiata diffusamente in specie forestali, evidenziando diversi possibili scenari. Molti studi hanno dimostrato ’esistenza di un’aggregazione di genotipi simili su piccola scala spaziale, mentre in alcuni altri è stata riscontrata una debole strutturazione oppure una distribuzione casuale dei genotipi nello spazio. Ognuna di queste possibili situazioni può venire interpretata come il risultato dell’azione di differenti forze evolutive, quali la storia demografica della popolazione, il livello del flusso genico e la selezione. Questi fattori sono sempre maggiormente influenzati dall’azione antropica, soprattutto quando questa si manifesta come cambio di uso del suolo e sfruttamento non sostenibile delle foreste ([4]).

Intendendo il flusso genico come ogni movimento dei geni nelle popolazioni che determina un cambiamento della distribuzione spaziale dei geni stessi ([6]), è chiaro come nelle piante venga principalmente determinato dalla distanza che possono raggiungere polline e semi. Per spiegare il fenomeno, Wright ([12]) propose un modello di “isolation-by-distance”, in cui la probabilità di dispersione cala esponenzialmente all’aumentare della distanza. Di conseguenza, la quantificazione del flusso genico entro popolazione permette di determinare quale sia la distanza oltre la quale la probabilità di scambio genetico fra due individui diventa troppo bassa. Ciò consente di comprendere quale livello di frammentazione determini isolamento riproduttivo, provocando una diminuzione della variabilità genetica potenzialmente deleteria per la popolazione ([10]).

Dutech e collaboratori affrontano lo studio dell’effetto della frammentazione sul flusso genico con un nuovo approccio. Essi, per la prima volta, confrontano nella stessa popolazione parametri stimati sia per il flusso genico attuale, sia per quello storico.

La specie studiata in questo lavoro, Quercus lobata, ha sperimentato un forte declino demografico nell’area di studio (California centrale) causato dallo sviluppo agricolo negli ultimi 200 anni ([8]). Solitamente questa quercia si ritrova a densità molto basse in condizioni naturali (2-10 individui/ha), ma nell’area di studio il valore medio è decisamente inferiore: 1.13 individui/ha. L’ipotesi formulata dagli autori è che la progressiva diminuzione della densità degli individui abbia provocato una riduzione del flusso genico entro popolazione. Questa limitazione potrebbe aumentare la probabilità di inincrocio e condurre ad una riduzione della capacità riproduttiva. Essendo già stato studiato in un lavoro precedente il flusso genico attuale ([9]), l’interesse degli autori si è focalizzato sul confronto tra la dispersione dei geni attuale e il flusso genico storico, per comprendere se si sia verificata una diminuzione imputabile alla frammentazione.

Il flusso genico attuale (flusso genico riferito all’ultimo evento riproduttivo) è stato stimato utilizzando il metodo TwoGener ([7]), che combina l’approccio dell’analisi di paternità (piante madri utilizzate come trappole di polline - [3]), con l’AMOVA (analisi della varianza molecolare, [2]). I risultati hanno evidenziato come il valore della distanza d’impollinazione vari tra 64 e 110 m, mentre la sua deviazione standard vari tra 50 e 88 m ([9]).

Per determinare l’entità del flusso genico storico (flusso genico che ha generato l’attuale struttura spaziale della popolazione) sono state utilizzate due metodologie: l’autocorrelazione spaziale e una variante della regressione di Rousset. L’autocorrelazione spaziale, una tecnica basata sullo studio della relazione tra la distanza genetica e geografica di coppie di individui, permette di indagare l’eventuale esistenza di aggregazione spaziale tra individui geneticamente simili, e di quantificare le dimensioni del patch all’interno del quale tale relazione non è casuale. La regressione di Rousset ([5]) si basa sull’assunzione che la pendenza della regressione tra distanze genetiche e il logaritmo delle distanze geografiche tra coppie di individui possa costituire un valido stimatore del parametro 1/(4πDeσ2), dove De rappresenta l’effettiva densità dei riproduttori e σ 2 è la varianza della distanza di dispersione. Nota De è possibile stimare la deviazione standard della distanza di dispersione. Per evitare problemi legati allo schema di campionamento, gli autori utilizzano una modifica del metodo di Rousset proposta da Vekemans & Hardy ([11]).

Infine, poiché in specie anemofile, come Quercus lobata, il vento può influenzare distanza e direzione d’impollinazione, è stato verificato se lungo la direttrice del vento prevalente esistesse un pattern di autocorrelazione spaziale differente rispetto alle altre direzioni. In questa analisi le distanze genetiche vengono pesate in funzione dell’angolo tra la retta passante tra ciascuna coppia di individui e la direzione del vento.

I risultati mostrano come il raggio dei patch ottenuto con l’autocorrelazione spaziale isotropica, dato che considerare il vento non ha migliorato il modello, sia paragonabile alla distanza media d’impollinazione ottenuta con il metodo TwoGener (90 m e 50-88 m rispettivamente), confermando la bassa capacità della specie di disperdere i propri geni. Differente è il risultato che emerge dal confronto tra le deviazioni standard dell’entità del flusso genico (64-110 m per quello pollinico attuale, 350 m per quello storico, comprensivo di flusso pollinico e via seme). Questi valori indicano come stia calando drasticamente la distanza a cui un individuo potenzialmente potrebbe disperdere i propri geni, evidenziando come la frammentazione di questa popolazione stia causando un allontanamento dalla condizione di panmissia. Questa condizione promuove un alto tasso di incroci tra individui vicini geneticamente simili, esponendo la popolazione ai rischi legati alla perdita di variabilità genetica. Un’ipotesi alternativa, ma che non esclude la precedente, è che il flusso genico via seme sia spazialmente meno limitato di quanto assunto in base alle osservazioni sul comportamento dei dispersori (soprattutto piccoli roditori), ma è altamente improbabile che esso possa spiegare la differenza riscontrata, in quanto dovrebbe rappresentare più del doppio di quello via polline.

Questo lavoro su Q. lobata fornisce l’evidenza che l’integrazione dello studio del flusso genico attuale con dati relativi a quello storico rappresenta uno strumento potente per comprendere come si modifichi la capacità di dispersione dei geni in una popolazione soggetta a disturbi che causano un declino demografico.

In una situazione globale in cui l’attività antropica favorisce l’incremento della frammentazione di habitat forestali, è prioritario lo sviluppo di strumenti utili per una corretta pianificazione di interventi volti alla salvaguardia del potenziale adattativo delle popolazioni, e questo lavoro di Dutech e collaboratori rappresenta un metodo intelligente per sfruttare tecniche standard dell’ecologia evoluzionistica a fini conservazionistici.

References

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