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Concerns about the boreal forest in Europe

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 18, Pages 38-40 (2021)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0055-018
Published: Jun 14, 2021 - Copyright © 2021 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

This note reports some concerns about the conservation of the boreal forest in Europe. In the Fennoscandia, there has been a significant increase in forest clearcutting in recent years, likely affecting even the remnants of natural forest. In Sweden, due to the long-term application of plantation forestry, a small fraction of the original boreal forest remains: its further fragmentation may jeopardize forest biodiversity and forest’s ability to cope with ongoing climatic changes. Outside protected areas, clearcutting followed by soil scarification, plantation, forest vegetation management, etc. grants financial profitability and large volumes of wood products, but not the conservation of biodiversity. Negative effects might be also expected on the ecosystem carbon balance due to large carbon-dioxide emissions for long years after clearcutting. It is good that these issues are being brought to the forefront of the environmental and scientific debate.

Keywords

Sweden, Forestry, Wood Harvesting, Clearcutting, Biodiversity

 

La patria di Greta Thunberg (dove si fanno ricerche di ecologia forestale all’avanguardia e in cui chi scrive ha passato utili e piacevoli periodi di studio, sviluppando amichevoli relazioni professionali) non brilla molto per la conservazione di quel che resta della foresta boreale primaria, né per una gestione forestale pienamente sostenibile, che sia orientata all’adattamento e alla mitigazione nei confronti del cambiamento climatico. Circa tre settimane fa, nel corso di un’iniziativa congiunta della Royal Swedish Academy of Sciences (l’istituzione che assegna i premi Nobel per la Fisica e la Chimica) e dell’associazione Future Earth, alcuni dei principali esperti (ecologi, climatologi, forestali), si sono confrontati sul funzionamento e sulla gestione della foresta boreale, e sulle sue prospettive nel quadro del cambiamento climatico (⇒ https:/­/­www.youtube.com/­watch?v=TxnL393sh0A, ⇒ https:/­/­www.youtube.com/­watch?v=bACy3UfEbTI). Avendo tempo, è un ascolto istruttivo.

In Svezia la discussione sulla gestione forestale è spinosa, e non sembra facile arrivare a posizioni condivise. L’industria forestale è l’attore dominante e tende a non spostarsi dal BAU (business-as-usual), vale a dire da una gestione agronomica della foresta, praticata ininterrottamente dalla metà del secolo scorso, nell’ambito della quale si procede a utilizzare il bosco con tagli raso su superfici anche molto estese (Fig. 1, Fig. 2), facendo seguire lavorazioni del suolo, controllo della vegetazione, ricostituzioni artificiali, ecc.: il sistema forestale svedese, ovvero di “tutto e di più” dalla foresta ([7]).

Fig. 1 - Esteso taglio raso (o quasi) nella foresta boreale svedese.

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Fig. 2 - Mosaico di tagli raso (o quasi) nella foresta boreale svedese.

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A sostegno di questo modo di procedere, l’industria forestale usa come argomento il fatto che si tratta di un sistema coerente con l’obiettivo della transizione “ecologica” verso la bio-economia, tema al centro del Green Deal europeo. Un documentario che ha avuto notevole diffusione (vedi: ⇒ https:/­/­moreofeverything.org/­) solleva, peraltro, diversi dubbi sulla sua sostenibilità. Si tratta di un quadro che s’intona con la corrente di pensiero per la quale la foresta è da intendersi soprattutto come una “infrastruttura verde” fornitrice di servizi: idea lontana da quella della foresta come sistema adattativo complesso, da sottrarre a una gestione mono-obbiettivo ([11]). L’industria forestale svedese mette anche in evidenza, a supporto della sostenibilità del sistema, il fatto che il tasso di prelievo è comunque inferiore a quello di crescita: ma questo appare un criterio assai riduttivo di sostenibilità gestionale; così come reclamizza il dato secondo il quale la Svezia è uno dei paesi con la più alta percentuale di superficie forestale “certificata”: se non fosse che la certificazione, per i criteri con cui viene assegnata, non offre convincenti garanzie sul piano della conservazione ambientale e bio-ecologica ([3]).

I principali motivi delle preoccupazioni, richiamate nel titolo, in sintesi sono questi: (i) in generale, negli ultimi decenni sono state documentate perdite a carico della foresta boreale ancora intatta e, soprattutto, della sua continuità, anche come effetti delle utilizzazioni forestali ([5], [10]). Nella Fenno-Scandinavia è stato stimato negli ultimi anni un aumento significativo dei tagli raso ([4], [6]), che possono interessare anche i resti della foresta naturale e semi-naturale ([14]). In Svezia, per la lunga storia di gestione di stampo industriale, rimane intatta una frazione non elevata della foresta boreale originaria: la sua ulteriore frammentazione può compromettere la conservazione della biodiversità e la capacità della foresta di fronteggiare i cambiamenti climatici in corso ([9], [13]). È quasi superfluo ricordare che le foreste primarie, in cui è custodita gran parte della biodiversità terrestre, rappresentano un sistema difficilmente recuperabile qualora sia distrutto o compromesso. (ii) Al di fuori delle aree tutelate, la gestione forestale di stampo agronomico (tagli raso, seguiti da lavorazione del suolo, controllo meccanico e talvolta chimico della vegetazione, ecc.) se è efficace nel garantire redditività finanziaria e alti volumi di produzione legnosa, non lo è nella conservazione della biodiversità, alle diverse scale in cui questa viene considerata ([2]); e ci sono dubbi che sia favorevole anche al bilancio del carbonio, dal momento che dopo forti disturbi, come il taglio raso, permangono per molti anni alti tassi di emissione di CO2 ([8], [15]). Per ovviare a queste difficoltà, stanno emergendo, fra i forestali scandinavi, posizioni che sollecitano il passaggio a una selvicoltura di copertura ([12]), ma allo stato delle cose si tratta di una prospettiva poco condivisa e realistica ([1]).

Quando si parla di alterazione della foresta e di metodi impropri di gestione, il pensiero corre soprattutto a regioni lontane, ai tropici e a quei paesi in cui i motivi alla base della distruzione o alterazione della foresta sono spesso riconducibili al soddisfacimento dei bisogni primari delle comunità locali. Si pensa di meno al fatto che anche vicino a noi, in paesi altamente sviluppati, si possano sviluppare, per motivi in questo caso diversi (quelli imposti da un business abile nel dipingersi di verde), situazioni di criticità nella gestione forestale. È un bene se questi aspetti sono portati al centro del dibattito ambientale e di quello scientifico.

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